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Attualità

Nardò e Galatone: “Non vogliamo la centrale a biogas”

Il MoVimento 5 Stelle di Nardò: “Inutile e potenzialmente dannosa per il territorio. Un impianto industriale altamente impattante per il nostro territorio

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Il MoVimento 5 Stelle di Nardò è nel Comitato Associazioni Ambientaliste Cittadini e Industriali, un comitato spontaneo nato per contrastare la realizzazione di una centrale a biogas in agro di Galatone (ma molto più vicina al centro abitato di Nardò) che ritiene “inutile e potenzialmente dannosa per il territorio. Un impianto industriale altamente impattante per il nostro territorio”.


Questa è la storia: il 22 febbraio 2012 viene protocollato il progetto di una Centrale a biogas sulla ZI di Galatone presso il Comune di Galatone, Sindaco Miceli; il 27 settembre 2012 l’Ufficio Tecnico dello stesso Comune rilascia la “Presa d’atto” e dà il via ai lavori di realizzazione dell’impianto, allora Sindaco Nisi.  Secondo M5S “Né Franco Miceli né Livio Nisi hanno voluto informare e coinvolgere i cittadini che, su questioni di tale importanza, devono essere sempre interpellati. La centrale di Galatone sfrutterà il metano che si sprigiona dalla decomposizione di  residui vegetali (mais, loietto, triticale etc.) che interesseranno la coltivazione di ben 260 ettari (tra gli agri di Nardò, Galatone e Galatina). I raccolti (parte epigea della pianta) verranno fatti confluire nell’impianto di Galatone e saranno destinati al processo di decomposizione organica, che tuttavia necessita di “letame-liquame bovino suino” al fine di aumentare la concentrazione batterica, come si evince nella relazione tecnica dell’impianto fatta pervenire al protocollo del comune di Galatone a febbraio 2012”.


I grillini elencano poi i punti che contestano:


La sottrazione di  260 ettari di terreni produttivi a favore di colture rese non ecosostenibili quali il  mais, il  loietto ed triticale che si troverebbero ad essere inserite intensivamente in luoghi che per caratteristiche pedoclimatiche sono vocati alla coltivazione di colture di pregio. Inoltre è palese che l’ industrializzazione delle colture citate nel progetto, richiederebbe forti imput energetici (grosse quantità di acqua, lavorazioni eccessive dei terreni, trattamenti fitosanitari con prodotti chimici nocivi all’ambiente e alle colture limitrofe), senza i quali l’impianto di biogas  non è redditizio.


– Un tale impianto non apporterebbe alcun beneficio economico ed occupazionale all’agricoltura dei comuni interessati, le tabelle ettaro/coltura della Regione Pugliaper le colture citate in progetto forniscono un dato di circa 35ore/ha all’anno, contro le 400 ore di un qualsiasi ortaggio o 500 ore di colture fruttifere!

– Nella relazione protocollata al Comune ad un certo punto si afferma che “.. l’area di intervento non risulta interessata da particolari componenti di riconosciuto valore scientifico e/o importanza ecologica, economica, di difesa del suolo e di riconosciuta importanza sia storica che estetica…”. E’ singolare fare una simile affermazione quando poi il sito individuato per la sua realizzazione è a ridosso. Peccato che ci si riferisca solo ed esclusivamente all’ultima fase del processo di filiera ( i locali di trasformazione) dimenticando i 260 ha coltivati a monte, dove vengono depauperate le risorse del suolo, dell’ambiente e del paesaggio in generale. E’ già ampiamente dimostrato in letteratura e, dall’esperienza di altre realtà, che una tale soluzione è  contro ogni logica agronomica, soprattutto in luoghi come i nostri, ricchi di terroir e biodiversità. Vi è, evidentemente, una contraddizione rispetto ai principi di eco sostenibilità e conservazione ambientale tanto caldeggiati dalle politiche comunitarie.


– Non è specificato, nella relazione tecnica, la percentuale di “letame-liquame bovino suino” che si utilizzerà insieme alla biomassa vegetale (mais, loietto, triticale ). Ci chiediamo dove sono situate le aziende zooteniche nelle zone di riferimento? Ci risultano essere presenti piccole realtà zootecniche, non sufficienti, probabilmente, a soddisfare i fabbisogni giornalieri del biodigestore. Chi controllerà a questo punto  se invece del liquame bovino-suino non arrivi altro tipo di liquame? Come già successo in altre realtà questi impianti hanno raccolto le materie prime a diversi km di distanza, trasformandosi in grossi contenitori di speculazione energetica, con il risultato di essere altamente impattanti per l’ambiente circostante e le comunità che ivi risiedono.


– Un ulteriore grave problema dovuto alle centrali alimentate a biogas è rappresentato dal fatto che i digestori non riescono a neutralizzare completamente i batteri presenti, soprattutto quelli termoresistenti. Questi batteri sono presenti nel digestato che è lo scarto dei digestori e che viene poi utilizzato per la concimazione dei terreni . Attraverso numerosi studi ed esperimenti alcuni ricercatori del CRPA stanno valutando tutte le conseguenze a livello di proliferazione collaterale di batteri da parte di simili centrali . In Germania addirittura alcuni ricercatori hanno associato l’epidemia di Escherichia coli dell’estate del 2011, che ha causato 18 morti e le migliaia di casi di botulismo osservato negli animali tra l’estate del 2011 e l’inizio del 2012, con la presenza di centrali a biogas”.


Attualità

Uova di tartaruga sul lido, zona in sicurezza in attesa dell’arrivo dei piccoli

Mamma Caretta Caretta ha depositato le uova su un lido a Pescoluse; il locale WWF ha provveduto a recintare la zona in attesa della schiusa che dovrebbe avvenire tra fine agosto e inizio settembre

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A Pescoluse, marina di Salve, sul Lido L’Arena bagnanti hanno assissitito allo spettacolo di una Caretta Caretta intenenta a depositare le sua uova sulla sabbia.

Lasciata tranquilla mamma tartaruga mentre faceva il suo e hanno avvertito il locale WWF che ha provveduto a mettere in sizurezza con un’apposita recinzione la zona in attesa dell’arrivo dei piccoli.

La schiusa dovrebbe avvenire entro 45 giorni da calcolare a partire dal 18 luglio data in cui la tartaruga ha depositato le uova.

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Recuperati in mare pezzi di artiglieria del XVII e XVIII secolo

Quelli recuperati dai sommozzatori erano già stati oggetto di verifiche nelle scorse settimane e di un attento monitoraggio da parte dell’Ufficio Locale Marittimo di Ugento

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Importante ritrovamento nello specchio d’acqua salentino in prossimità della marina ugentina.

La Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi e Lecce ha diretto le operazioni di documentazione e di recupero di alcuni pezzi di artiglieria risalenti ai secoli XVII-XVIII.

Le attività, regolamentate dall’ordinanza della Capitaneria di Porto di Gallipoli, sono state effettuate dalla società ASPS Archaeo Services grazie al supporto della Guardia di Finanza, Sezione operativa navale di Gallipoli, II Nucleo Sommozzatori di Taranto.

I reperti, individuati e prontamente segnalati e monitorati da un residente nelle immediate prossimità del luogo di ritrovamento, erano già stati oggetto di verifiche nelle scorse settimane e di un attento monitoraggio da parte dell’Ufficio Locale Marittimo di Ugento, tempestivamente informato del ritrovamento.

Il recupero, oltre a scongiurare il rischio di danneggiamenti e trafugamenti, ha consentito l’acquisizione di dati

che saranno oggetto di un prossimo approfondimento, e ancora una volta evidenzia gli ottimi risultati raggiunti

grazie alla sinergia tra Enti e alla doverosa ma non scontata collaborazione dei cittadini.

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Attualità

Parlami di Gaza, Melpignano ha scelto di esserci

Domani, mercoledì 30 luglio, dalle 21, al palazzo Marchesale di Melpignano, serata intensa e necessaria con unas mostra itinerante che dà voce al popolo palestinese, tra diaspora e resistenza e racconta la Palestina di ieri, oggi e domani

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Approda nel Salento un evento che unisce arte, memoria e impegno civile.

Domani, mercoledì 30 luglio, dalle 21, al palazzo Marchesale di Melpignano, una serata intensa e necessaria: “Parlami di Gaza”, mostra itinerante che dà voce al popolo palestinese, tra diaspora e resistenza e racconta la Palestina di ieri, oggi e domani.

Un momento di testimonianza viva, per guardare oltre il silenzio e ascoltare la Palestina attraverso i racconti di chi ne porta ancora le ferite sulla pelle.

Le fotografie di Ahmad Jarboa, infermiere e fotografo sfollato dopo aver perso casa nei bombardamenti israeliani, offriranno uno sguardo potente sulla bellezza martoriata di Gaza.

La sua assenza fisica sarà colmata dalla forza delle immagini: scatti intimi, profondi, che attraversano dolore e speranza.

Darà voce all’anima spezzata di una terra Mervat Alramli, sceneggiatrice e scenografa nata nell’ospedale Al Shifa, oggi raso al suolo: interpreterà quattro testi scritti di suo pugno, tra cui “Tracce ed Aria”, dedicato alla memoria di un’infanzia rubata.

Le sue parole, cariche di nostalgia e dignità, saranno accompagnate dalla musica struggente di Mohammed Abusenjer, giovane musicista palestinese sopravvissuto all’ultimo genocidio e recentemente arrivato in Italia.

Con il suo oud, tra brani tradizionali e improvvisazioni, guiderà il pubblico in un viaggio sonoro attraverso la resistenza e la resilienza.

«Come giovani palestinesi di Gaza, in diaspora e non abbiamo deciso di continuare a farci portavoce di una ferita aperta da più di 77 anni. Attraverso l’arte e la musica, contribuiremo a smascherare il progetto di pulizia etnica in atto da parte dell’occupazione sionista. È ora di decolonizzare il pensiero occidentale, ricostruire Gaza e sostenere la sua popolazione», sostengono i tre artisti.

L’iniziativa, promossa da attivisti palestinesi in collaborazione con realtà italiane solidali, è anche occasione concreta per sostenere Gaza.

Durante l’evento sarà possibile acquistare le cartoline tratte dalle fotografie di Jarboa.

Melpignano sceglie così di esserci: dando spazio all’arte, alla verità, alla memoria.

«Perché», come sottolinea la sindaca di Melpignano Valentina Avantaggiato, «il genocidio non si combatte con l’indifferenza, ma con la scelta di ascoltare, raccontare e restare umani».

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