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Xylella: La morte dei giganti

L’autore, Stefano Martella: «La storia ci insegna che le monoculture hanno sempre esposto le civiltà a una fitopatia e, di conseguenza, alla distruzione paesaggistica, culturale, economica»

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Con “La morte dei GigantiStefano Martella, giornalista (Quotidiano di Puglia) di Andrano, ha ripercorso le fasi che hanno portato alla quasi desertificazione del Salento.


Dopo aver sondato le motivazioni che hanno spinto la magistratura a mettere sotto inchiesta gli stessi scienziati che hanno scoperto il microrganismo patogeno, il volume mostra come la popolazione si sia divisa in due fazioni contrapposte: chi era convinto che la pianta si potesse salvare e chi la reputava spacciata; chi credeva nelle tesi della scienza e chi invece che sia stato ordito un complotto diabolico.


È stato il primo libro dedicato all’argomento ad essere pubblicato. Nasce nel 2022 e, dal volume, è stato tratto un docufilm (“Il tempo dei giganti” diretto da Davide Barletti e Lorenzo Conte, prodotto da Dinamo Film e Fluid Produzioni con il contributo di Apulia Film Fund di Apulia Film Commission e Regione Puglia. È stato girato tra Bari, Valle d’Itria, Alliste, Erchie, Lecce, Brindisi, Otranto e Castellana Grotte) che ha ricevuto il consenso unanime di critica e pubblico oltre che numerosi premi.


Come è nata l’idea di questo libro?


«In modo molto semplice: da salentino avevo la contezza di trovarmi al centro di uno dei cambiamenti più importanti della storia dell’homo sapiens. Il Salento ha, aveva, milioni di ulivi millenari, cioè risalenti all’epoca in cui Nerone si suicidò pugnalandosi alla gola o che il Vesuvio seppellì Pompei. Pensare che abbiano deciso di morire nella nostra epoca, è un evento di portata storica. Da giornalista, ritrovandomi nell’epicentro di quanto stava accadendo ho avuto la certezza di essere al centro di un cambiamento epocale. Così come per un cronista per il crollo del muro di Berlino o nel cuore del Vietnam durante la guerra con gli Stati Uniti. Mi sentivo testimone ed osservatore di un grande cambiamento della storia. Era necessario, a mio parere, mettere tutto in un libro provando a fare un’operazione di carotaggio».


In che senso?


«Distanziandomi dalle due grandi curve che si erano create, ovvero una che sosteneva che la Xylella è inguaribile, l’altra invece che si può debellare. Due tifoserie opposte che si urlavano contro senza dialogarsi».


Quali sono i temi centrali trattati? 

«Innanzitutto, la simbiosi tra un popolo ed una pianta, un albero. Gli alberi sono da sempre, a tutti gli effetti, pezzi fondamentali della cultura e dell’identità dei popoli. Quindi raffronto le radici antropologiche e spirituali, culturali, storiche di questa pianta con la popolazione salentina, analizzo le origini dell’arrivo del batterio sul territorio e le falle all’interno del sistema di controllo fitosanitario europeo. Faccio un excursus storico su quali siano state le malattie delle piante nella storia. La Xylella non è un fatto del tutto eccezionale ma una delle tante patologie che hanno sconvolto l’esistenza degli uomini. Analizzo la psicosi che si è instaurata all’interno delle persone, quasi fosse uno shock post traumatico, analizzo anche le reazioni più assurde, grottesche e traumatiche che le persone hanno iniziato a mostrare quando gli alberi hanno iniziato a morire. Analizzo le lotte sociali che le donne salentine, le raccoglitrici di olive hanno fatto per emanciparsi da un sistema schiavista, che era quello dell’economia dell’olio rampante. Va ricordato che il Salento era il più grande produttore di olio rampante d’Europa. Il primo anello di questo grandissimo comparto erano proprio le “schiave”, le donne salentine. Un altro capitolo è dedicato alla famosa teoria del complotto».


Hai parlato con tante persone per la tua ricerca, per il libro, ma anche dopo, nei diversi incontri a cui hai partecipato. Che idea ti sei fatto di tutta la vicenda? 


«Che da salentini ci siamo svegliati tardi e tardi ci siamo resi conto che questa pianta non era immortale. Avevamo dato per scontato che questa pianta, lì da millenni, potesse vivere per sempre. Sotto certi aspetti aveva sconfitto la più grande condanna per gli uomini, cioè il tempo. Mentre le persone nascevano, consumavano la loro vita fino alla fine dei loro giorni, gli ulivi rimanevano. Diventavano un grande lascito, da generazione in generazione, creando una grande memoria collettiva e divenendo un tratto identificativo del Salento. Tutto questo è originale sotto certi aspetti. Per la prima volta l’uomo si è scoperto a provare dei sentimenti nei confronti delle piante. Siamo sempre stati abituati, come specie a provare dei sentimenti per la morte di parenti, amici o comunque di appartenenti alla nostra specie. Da qualche tempo avevamo già sentimenti nei confronti degli animali di affezione. Le piante erano invece considerate un po’ come la carta da parati del mondo. Tale sentimentalismo nei confronti degli alberi ci fa comprendere come la nostra stessa esistenza sia in realtà legata al destino delle piante. Ritengo, poi, ci sia ancora molto da lavorare nell’ambito della comunicazione scientifica. Il mondo della scienza è una grande conquista della civiltà occidentale. I ricercatori, nostri scienziati sono una risorsa fondamentale nella nostra civiltà. Mai come in questo periodo c’è stata comunicazione scientifica. Allo stesso tempo, però, mai come in questo periodo aumentano le teorie antiscientifiche. Anche questa è una chiave da analizzare, perché l’epidemia è una cosa scientifica. Xyella è poco precedente, per esempio, all’arrivo del Covid ed anche in quel caso sono nate teorie del complotto. Teorie che, banalmente, rivedo anche nell’altra classica questione identitaria del Salento, il ritorno del lupo sul nostro territorio. Stanno nascendo teorie cospirative che vogliono il lupo non arrivato spontaneamente, ma portato da qualcuno che aveva non meglio precisati torbidi interessi».


Secondo te come andrà a finire tutta questa storia? Come si potrà chiudere il cerchio? 


«Partendo da un dato di fatto: la monocoltura, è stata un errore storico. Non potevamo certo prevedere quanto accaduto, ma la storia ci insegna che le monoculture hanno sempre esposto le civiltà a una fitopatia e di conseguenza alla distruzione paesaggistica, culturale, economica. Quindi il futuro dovrà passare da una diversificazione culturale e anche dalla riscoperta di antiche culture che la monocultura dell’olivo aveva castrato. Altro aspetto importante, a proposito di riforestazione, è il cambiamento climatico, di cui il Salento è hotspot, cioè un luogo, all’interno del Mediterraneo, dove le mutazioni climatiche sono più evidenti, accelerate e più forti. Quindi, qualsiasi ragionamento dovrà tenere conto che la nostra è una terra che sta andando verso un clima molto diverso rispetto a quello del passato».


Con annessi e connessi: emergenza incendi, disboscamento, inquinamento e chi più ne ha più ne metta. Siamo senza speranza?


«Come sempre accade dopo una crisi, dalla vicenda Xylella possiamo imparare tanto. Una cosa che dobbiamo imparare in fretta è che il paesaggio non è immutabile nel tempo ma si trasforma a seconda di decisioni nostre. Ad esempio, la monocultura dell’olivo prima non c’era e il paesaggio del Salento era composto da querce, lecci, frassini… Tutti abbattuti per darci all’economia dell’olio rampante e dell’olivo. Adesso l’olivo, almeno quello monumentale, ha ceduto il passo per mano di una fitopatia e, direttamente o indirettamente, degli uomini. Il paesaggio è sempre in evoluzione, fondamentale è provare a renderlo più resiliente possibile».


Giuseppe Cerfeda


Andrano

Comitato spontaneo contro gli incendi estivi nel Salento

Mercoledì 23 luglio ad Andrano la prima riunione organizzativa per condividere idee, proposte di iniziativa di contrasto alla devastazione in corso. Incontro aperto a tutti i  cittadini, oltre ad associazioni, enti e aziende

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Stiamo raccontando quotidianamente come il Salento sia continuamente devastato da incendi.

Le fiamme hanno divorato la vegetazione in diverse zone del lungomare adriatico come di quello ionico e anche all’interno, nell’entroterra.

In alcune circostanze sono state in pericolo le abitazioni e alcuni cittadini sono stati fatti momentaneamente evacuare, in un’altra, a Depressa di Tricase, sono stati arsi vivi gli animali di un allevamento.

I vigli del fuoco sono allo stremo, non bastano neanche più i canadair che arrivano da Lamezia Terme: si sente sempre più l’urgenza di contromosse, prima che si arrivi all’irreparabile.

Anche per questo nasce il Comitato spontaneo contro gli incendi estivi nel Salento che organizza la prima riunione organizzativa per condividere idee, proposte di iniziativa di contrasto alla devastazione in corso.

Sono ovviamente invitati tutti i cittadini, oltre ad associazioni, enti e aziende.

L’incontro si terrà mercoledì 23 luglio, a partire dalle ore 18,30, presso il castello di Andrano, nella sede del Parco Costa Otranto Leuca e Bosco Tricase.

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Andrano e il tifo per il Lecce: una sede giallorossa intitolata alla first lady

Taglio del nastro… rosa, domani alle 19 in piazza Maria S.S. delle Grazie, alla presenza di Marina D’Arpe e del Presidente Saverio Sticchi Damiani

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Il direttivo di Andrano Giallorossa 1908 inaugurerà domani una sede ufficiale intitolata a Marina D’Arpe, moglie del Presidente dell’U.S. Lecce, Saverio Sticchi Damiani.

L’appuntamento è alle 19, in piazza Maria S.S. delle Grazie.

Al taglio del nastro… rosa, saranno presenti la first lady, Marina D’Arpe e il presidente del Lecce, come sempre presente sul territorio quando si tratta di ribadire i valori dello sport, rinsaldando il legame tra squadra, territorio e comunità.

Seguirà il taglio del nastro “rosa”.

Coordineranno la serata

 Pino GRECO (Nuovo Quotidiano di Puglia)

 Valentina Martella presidente di Andrano Giallorossa 1908 e Pino Greco di Nuovo Quotidiano di Puglia.

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Andrano

Castiglione d’Otranto: il mistero di Era e Argo

Labrador Scomparsi: l’appello dell’associazione “Noi come loro” e della famiglia adottante: “Aiutateci a ritrovarli!”

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Il 20 giugno, in una calda mattina a Castiglione, frazione di Andrano, Era e Argo, due Labrador, affettuosi e vivaci, escono accidentalmente dal loro giardino, senza più fare ritorno.

Era, femmina dal mantello cioccolato, e Argo, maschio color miele chiaro, sono inseparabili.

Ma da quel giorno sono spariti nel nulla.

UNA CORSA SENZA RITORNO

I loro padroni, componenti di una famiglia del posto, non si danno pace da quel 20 giugno.

I due cani, regolarmente microchippati e iscritti all’anagrafe canina, non hanno lasciato traccia.

Era indossava un collare nero, Argo uno azzurro – dettagli che possono aiutare chi dovesse avvistarli a riconoscerli.

Eppure, nonostante i volantini affissi, i post sui social e le ricerche con drone e termocamere, nessun indizio concreto è emerso.

Dove Sono Finiti?

C’è chi sospetta che qualcuno li abbia presi con sé, ignaro del fatto che abbiano una famiglia che li cerca disperatamente.

Oppure, forse, si sono allontanati troppo e non riescono a tornare.

Come è possibile che nessuno li abbia visti?

Due Labrador di taglia media, socievoli e abituati alla presenza umana, sono difficili da non notare.

L’associazione Noi Come Loro si unisce all’appello: «Se li avvistate, anche solo per un attimo, contattateci immediatamente».

Anche una foto sfocata o un video da lontano potrebbero essere fondamentali per restringere il campo delle ricerche.

Il numero da chiamare per eventuali segnalazioni è 3288317664

SPERANZA SEMPRE VIVA

La famiglia non smette di cercarli, passando in rassegna campagne, strade secondarie e persino i boschi vicini.

Ogni suono, ogni movimento fa sobbalzare il cuore: «Era e Argo devono tornare a casa. Se li avete visti, se sapete qualcosa, non esitate. La loro storia potrebbe finire bene, ma serve l’aiuto di tutti».

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