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Cronaca

L’associazione Angelica Pirtoli al fianco del sindaco di Melissano

L’associazione Angelica Pirtoli esprime solidarietà al primo cittadino Alessandro Conte e invita a rafforzare il sostegno a chi denuncia: «Non c’è spazio per il compromesso: denunciare non è solo un diritto, è un dovere»

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L’associazione Angelica Pirtoli – Semi di giustizia e rinascita esprime la propria solidarietà e il massimo sostegno al sindaco di Melissano, Alessandro Conte, per il coraggioso gesto di denuncia contro la tentata estorsione subita.


«In un contesto in cui spesso paura e omertà diventano terreno fertile per il potere mafioso», sottolineano dall’associazione, «il sindaco ha dimostrato con il suo atto che la legalità non è solo un principio astratto, ma un valore concreto da difendere con fermezza. Il suo esempio deve servire da guida per tutti i cittadini e le istituzioni: denunciare è un dovere morale e civico, l’unico strumento per spezzare il giogo dell’illegalità e restituire dignità al nostro territorio. È diritto di ogni cittadino vivere la propria vita nella libertà e nella legalità».


La criminalità organizzata si nutre della paura e del silenzio.


Per questo, è fondamentale che ogni cittadino e ogni amministratore pubblico scelga la strada della trasparenza e del coraggio, rompendo quel muro di omertà che ancora troppo spesso protegge chi vive ai margini della legalità.

Per questo l’associazione con sede a Casarano lancia un appello a tutte le istituzioni e alle forze dell’ordine «affinché si rafforzi il sostegno a chi denuncia, offrendo protezione e risorse adeguate per combattere ogni tentativo di intimidazione».


L’associazione Angelica Pirtoli si schiera «al fianco del sindaco e di tutti coloro che con fermezza e senso di responsabilità scelgono di opporsi alla criminalità organizzata. È solo unendo le forze, senza paura e senza esitazioni, che possiamo costruire una comunità più libera, più giusta e più sicura. Non c’è spazio per il compromesso: denunciare non è solo un diritto, è un dovere».


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Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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Cronaca

Mancaversa: giovane denuncia stupro di gruppo

Turista riminese, in vacanza nella marina di Taviano, una volta appartatasi con un ragazzo, sarebbe stata raggiunta da altri due e abusata con tanto di ripresa con il telefonino

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Sarebbe stata violentata da tre ragazzi la giovane riminese in vacanza in Salento.

Ha presentato denuncia ai carabinieri. Secondo il suo racconto lei e le tre amiche compagne di viaggio (tutte tra i 23 e i 25 anni), avrebbero conosciuto 4 ragazzi in un bar di Gallipoli.

Fatta amicizia li avrebbero invitati nella casa che hanno preso in affitto a Mancaversa.

Ad un certo punto della serata, qunado una delle quattro giovani si è appartata con uno dei ragazzi sarebbe stata raggiunta da altri due del gruppo e tutti tre gli uomini, insieme avrebbero abusato della giovane riminese.

Secondo quanto si apprende gli esami a cui la vittima si è sottoposta in ospedale avrebbero già la violenza degli abusi subiti.

Ulteriore fattore ci sarebbe anche un video ripreso con il telefonino e proprio gli smartphone dei giovani implicati sarebbero oggetto di indagine da parte dei carabinieri.

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Cronaca

Supersano: fermati con mezzo chilo di eroina

Erano in tre su un’auto sottoposta a controllo dalla Polizia di Taurisano. In casa uno di loro aveva sostanza stupefacente e un taccuino con nomi e somme di denaro. Per gli arrestati, tutti con precedenti, disposto il carcere

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Gli agenti della Squadra di Polizia Giudiziaria e dell’Ufficio Controllo del Territorio del Commissariato di Taurisano, a Supersano in via Derna, hanno controllato tre uomini, rispettivamente di 47, 46 e 43 anni, che viaggiavano a bordo di un’autovettura.

All’atto del controllo gli occupanti dell’auto hanno subito mostrato segni di nervosismo.

Visti anche i loro precedenti penali e di polizia e le notizie acquisite, glia genti hanno proceduto alla perquisizione dell’auto.

Il 47enne che occupava il sedile posteriore, ha messo le mani sotto al sedile anteriore, lato passeggero, su cui era seduto invece seduto l’uomo di 46 anni, e ha prelavato un panetto avvolto in nastro da imballaggio marrone.

Quindi ha cercato di occultarlo in una giacca di tuta da ginnastica che teneva ripiegata nelle mani.

Il movimento è stato notato dagli agenti operanti che hanno sequestrato l’involucro contenente eroina per un peso complessivo di grammi 514.

La perquisizione, inoltre, ha consentito di rinvenire nel porta oggetti sul lato destro del cruscotto un involucro in cellophane trasparente contenente un grammo di cocaina.

Gli agenti hanno poi effettuato delle perquisizioni domiciliari nei confronti dei tre arrestati.

In casa del 47ennehanno ritrovato e sequestrato 63,4 grammi di cocaina e 15,4 grammi eroina oltre a un taccuino su cui sono riportati nomi e le somme in denaro dell’attività di spaccio.

Il PM di turno presso la Procura della Repubblica di Lecce ha disposto per tutti e tre il carcere.

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