Attualità
Scuola, le novità: il forum con i dirigenti scolastici/6
La dirigente del comprensivo di Taurisano (in reggenza), Paola Apollonio: «Lo smartphone? Preoccupazione legittima. Però, viviamo in un mondo sempre più digitale e limitare l’uso del cellulare potrebbe ridurre le opportunità di insegnarne un utilizzo corretto, etico e sicuro»

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Abiamo coinvolto i dirigenti scolastici di alcuni Istituti comprensivi del territorio su cellulari vietati in classe (clicca qui per leggere l’approfondimento del prof. Hervé Cavallera), grembiule unisex, popolazione scolastica e PNNR alle scuole.
Già pubblicati gli interventi degli altri dirigenti scolastici (I.c. di Taviano, Ivano De Luca, del comprensivo di Calimera (con sedi anche a Martignano e Caprarica di Lecce), Piera Ligori, e del Comprensivo Polo 3 di Galatina e Noha, Rosanna Lagna, dell’I.c. “Principe di Piemonte” di Maglie, Roberta Longo, e del comprensivo di Salve-Morciano-Patù, Antonella Augenti), l’onere di chiudere il tavolo alla dirigente del comprensivo di Taurisano (in reggenza, la titolarità è sull’I.I.S.S. A. Vespucci di Gallipoli), Paola Apollonio.
In vista del nuovo anno scolastico, la novità annunciata da Valditara è lo stop al cellulare in classe anche per scopi didattici dalle classi delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione (scuola media compresa). Qual è la sua opinione in merito?
«La decisione di vietare l’uso dei cellulari in classe anche per scopi didattici riflette una preoccupazione legittima per il benessere e la concentrazione degli studenti. Tuttavia, questa misura potrebbe risultare eccessivamente restrittiva, ignorando le potenzialità educative offerte dalla tecnologia. Sicuramente gli smartphone sono una fonte significativa di distrazione per molti studenti. Eliminandone l’uso, si può creare un ambiente di apprendimento più concentrato, favorendo l’attenzione su ciò che avviene in classe. Inoltre, senza dispositivi digitali, gli studenti potrebbero essere più incentivati a interagire direttamente tra loro e con gli insegnanti, sviluppando competenze sociali fondamentali e riportare l’attenzione agli strumenti tradizionali di apprendimento, come i libri e la scrittura, può migliorare l’acquisizione di alcune competenze di base, come la lettura e la scrittura manuale. D’altro canto, i dispositivi mobili possono essere strumenti potentissimi per l’apprendimento, offrendo accesso a risorse online, applicazioni educative, e strumenti interattivi. Il loro uso mirato e consapevole potrebbe arricchire l’esperienza didattica. Viviamo in un mondo sempre più digitale, e l’alfabetizzazione tecnologica è fondamentale. Limitare l’uso del cellulare potrebbe ridurre le opportunità di insegnare un utilizzo corretto, etico e sicuro di questi dispositivi».
La consigliera provinciale di pari opportunità, dopo l’adozione del grembiule neutro da parte dell’istituto comprensivo di Salice Salentino-Guagnano, ha dichiarato che chiederà a tutte le altre scuole di fare lo stesso. Lei che ne pensa?
«L’idea di un grembiule neutro nelle scuole può rappresentare un passo importante verso la promozione dell’uguaglianza di genere e la riduzione delle discriminazioni. Tuttavia, è fondamentale considerare possibili implicazioni e limiti di tale iniziativa. Piuttosto che un’imposizione uniforme, potrebbe essere più efficace lasciare alle singole scuole la possibilità di decidere in base al proprio contesto e ai bisogni specifici degli studenti, magari accompagnando l’adozione di abbigliamenti neutri con programmi educativi più ampi sulla parità di genere e il rispetto delle diversità».
Popolazione scolastica: qual è il trend degli iscritti nella sua scuola? Nell’ultimo anno sono aumentati o diminuiti? E in che numero?
«Negli ultimi anni siamo per il Tecnico rimasti stazionari sia nell’indirizzo Economico che Tecnologico e si è consolidato il corso del Tecnologico di progettazione navale (unico in Puglia). Tenendo conto dell’importante calo demografico e della corsa smodata verso i Licei questo risultato per noi può costituire un successo. Il settore alberghiero ha visto un momento di crescita ma perché di nuova istituzione e adesso che il quinquennio si è completato si attesta sulle 2/3 sezioni».
Il PNRR sta offrendo nuove opportunità ma anche una mole di lavoro esagerata che rende difficile alle scuole, come già accaduto per i comuni, la programmazione. A quanto ammontano i finanziamenti a cui il suo Istituto è riuscito ad accedere? E cosa, fino ad oggi, siete riusciti a fare con quei soldi?
«Il PNRR rappresenta un’occasione unica per accedere a risorse significative per migliorare l’infrastruttura, la didattica e l’organizzazione. Il nostro istituto ha valorizzato al massimo quei finanziamenti per migliorare la dotazione tecnologica delle aule e dei laboratori creando ambienti di apprendimento innovativi e altamente specializzati. È stata implementata la dotazione tecnologica del nuovo laboratorio di progettazione e modellazione navale, rinnovato il simulatore di navigazione, quello di macchine e di elettrotecnica e automazione. Aggiornata tutta la strumentazione di bordo delle imbarcazioni. Implementato il laboratorio di economia aziendale e potenziata la dotazione dei laboratori linguistici nonché creati nuovi ambienti di apprendimento diffuso quali l’Agorà e la Web library, senza dimenticare tutta la dotazione per il settore enogastronomia 4.0 con il controllo delle filiere e della sostenibilità ambientale. Riguardo la formazione e l’aggiornamento professionale del personale docente e amministrativo, molti fondi sono stati utilizzati per corsi di aggiornamento sulle nuove metodologie didattiche, sull’uso delle tecnologie digitali e sulla gestione dei progetti. Parte dei finanziamenti del PNRR è stata destinata a progetti di inclusione per studenti con bisogni educativi speciali o provenienti da contesti svantaggiati. Abbiamo avviato programmi di tutoraggio, sostegno psicologico, attività extrascolastiche e progetti di integrazione. Altri progetti mirano a sviluppare competenze nelle aree delle scienze, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica (STEM), tramite l’acquisto di strumenti di laboratorio, l’organizzazione di corsi specialistici, e la promozione di attività di coding e robotica. Uno dei problemi principali resta l’enorme mole di lavoro amministrativo richiesto per accedere e gestire questi fondi. Questo include la redazione di progetti dettagliati, la partecipazione a bandi, la rendicontazione delle spese e il monitoraggio dell’avanzamento dei progetti. Inoltre, la carenza di personale amministrativo e di competenze specifiche nelle scuole può rendere difficile la gestione di questi fondi».
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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