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Attualità

L’Università del Salento si prepara per i 70 anni

Nata il 22 novembre 1955. Fino al Secolo Ventesimo, se la Sicilia aveva più sedi universitarie, l’unica città dell’Italia meridionale continentale che vantava una Università era Napoli…

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di Hervé Cavallera


Prof Hervè Cavallera


In ogni anno, si sa, si festeggia qualche anniversario – e ciò vale particolarmente in Italia con la sua storia plurimillenaria – e accanto alle ricorrenze per così dire nazionali vi sono quelle proprie di un territorio.


Per quanto riguarda il Salento è opportuno ricordare che nel 2025 ricorre il 70° della fondazione dell’Ateneo leccese.


E non è una ricorrenza di poco conto in quanto un’Università non solo è un bene per gli abitanti del territorio che possono evitare costosi spostamenti in altre parti della Penisola, ma, essendo in primo luogo l’Università un centro di ricerca, essa stessa non può che dare, attraverso i corsi di laurea presenti, degli impulsi innovativi al luogo ove si trova e alla stessa nazione.


DAL CAPO DI LEUCA A NAPOLI


Ora, fino al Secolo Ventesimo, se la Sicilia aveva più sedi universitarie, l’unica città dell’Italia meridionale continentale che vantava una Università era Napoli, il cui ateneo era stato fondato dall’imperatore Federico II di Svevia nel 1224. Grande il prestigio dell’Università napoletana, ma si trattava di una sede non da tutti facilmente raggiungibile.


Si deve inoltre ricordare che andare a scuola non era affatto facile e agevole; spesso nei paesi non vi erano neanche le scuole elementari e l’istruzione elementare divenne obbligatoria solo con l’unità della Penisola (1861). Sempre nel 1861, in Calabria e Sicilia l’analfabetismo raggiungeva il 90% della popolazione e il numero degli analfabeti era elevato in tutto il Mezzogiorno.


Né la legge dell’obbligo scolastico fu sempre rispettata anche nei paesi in cui esisteva la scuola. Ora, se si andava poco a scuola elementare, figuriamoci quanti studenti andavano alla secondaria e all’università. L’Università di Napoli, comprendendo praticamente tutto il Meridione continentale, era l’Università più popolosa del Sud.


Secondo alcuni dati del 1861/62 Medicina e Chirurgia e Veterinaria contava a Napoli 3.483 studenti, seguiva Giurisprudenza con 2.278 studenti, Fisica, Chimica e Scienze naturali con 1.441 studenti, Filosofia e Filologia con 1.149 studenti e Matematica, Architettura e Agrimensura con 1.108 studenti. Il che significava che l’accesso alla frequenza universitaria era di fatto riservata per i pugliesi e per i salentini ai ceti benestanti. Spostarsi dal Capo di Leuca nella capitale del Regno non era affatto agevole ed è quindi ben comprensibile il limitato numero di laureati.


Naturalmente è chiaro che gli intellettuali hanno avvertito da sempre l’importanza della presenza della scuola ed è pur vero che nel Settecento e nel primo Ottocento non erano mancate nel Salento delle Scuole Regie, per lo più gestite da religiosi.


GLI ALBORI DI UNISALENTO


Nel giugno del 1869 era fondato a Lecce, con rettore V. Pizzolante, l’Ateneo di Scienze legali, che però chiuse dopo due anni.

Tutto questo mostra chiaramente come fosse viva l’esigenza di scuole superiori.


Prevaleva l’istanza umanistica che trovava la sua espressione, nella città di Lecce, nel collegio gesuitico maschile “Argento”, fondato nel 1874 da padre Nicodemo Argento, e nell’educandato delle Suore Marcelline giunte a Lecce nel 1882.


Esisteva inoltre una vivace vita letteraria.


Divenuto ministro della Pubblica Istruzione nel 1922 Giovanni Gentile, questi decise, nel 1923, la nascita di un’Università a Bari attraverso l’istituzione della Facoltà di Medicina e Chirurgia.


Il riconoscimento dell’Università barese (1925) accentuò la volontà di una autonomia amministrativa e culturale dell’antica Terra d’Otranto.


Così, nel 1951, come ben ricostruito dalla prof.ssa Ornella Confessore in Le origini e l’istituzione dell’Università degli Studi di Lecce (Congedo ed. 1990), furono istituite le “Celebrazioni salentine”, con interventi dei professori Giuseppe Codacci-Pisanelli, Giovanni Calò, Pier Fausto Palumbo e tanti altri, le quali, dal 1952 al 1957, oltre a ricordare illustri personalità del passato sostennero la opportunità di far sorgere a Lecce un’Università.


Come è noto, principale promotore dell’iniziativa fu Giuseppe Codacci- Pisanelli (1913-1988), professore ordinario nell’ Università di Bari, deputato al Parlamento, varie volte ministro, il quale, vincendo le naturali resistenze baresi, realizzò il Consorzio Universitario Salentino e promosse la nascita della Libera Università di Lecce attraverso la Facoltà di Magistero (con i corsi di laurea in Pedagogia, Materie letterarie e Lingue e letterature straniere e con la scuola in Vigilanza scolastica).


NEL 1955 L’INAUGURAZIONE


L’inaugurazione della Facoltà si ebbe il 22 novembre 1955 con la prolusione del pedagogista prof. Giovanni Calò (1882 –1970), nato a Francavilla Fontana e ordinario nell’Università di Firenze.

Iniziava così una storia che continua nel tempo e su cui ritorneremo quando si avvieranno le celebrazioni.

Al momento è giusto ricordare il debito che i salentini devono in particolare a Codacci-Pisanelli che si spese in prima persona per tale realizzazione.


In due interviste che realizzai nel 2015 per una rivista da me diretta (“Leucadia”, 2015, n.1), due protagonisti dell’epoca ne celebrano la figura.

Così l’on. Giacinto Urso ricorda che «la tenera creatura [l’Università] ebbe continuo bisogno di cure e sostegno prima e dopo la concessa statizzazione. Compito che fu espletato, in prima fila, dal rettore, dal docente, dal politico Giuseppe Codacci-Pisanelli, che patì anche ingenerose critiche, le quali, però, non offuscarono la limpidezza del suo impegno, totale, fecondo, ostinato. Seppe amarla devotamente» (p. 19).

E il senatore Giorgio De Giuseppe: «Per sé nulla chiese. Ricordo ancora il suo modesto ufficio, nella prima sede dell’Università ubicata in un palazzetto di Corso Vittorio Emanuele, condiviso con il segretario amministrativo. Le due scrivanie occupavano la stanzetta tanto da rendere problematico al visitatore di poter utilizzare l’unica sedia disponibile» (p.29).


Era l’inizio di una avventura di idee attraverso la quale il Salento avrebbe dato in maniera esplicita il proprio contributo culturale alla vita della nazione.





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Attualità

La precisazione dell’Ordine dei Medici sulle certificazioni d’invalidità e il pagamento

In particolare, l’articolo 54 stabilisce che il compenso per le prestazioni professionali debba essere equo e proporzionato alla complessità dell’atto, ai mezzi impiegati e al tempo necessario per l’esecuzione…

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Riceviamo e Pubblichiamo

Certificazioni di invalidità civile – Precisazioni dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Lecce

In relazione alle recenti prese di posizione della Cgil e della Fp Cgil di Lecce, in merito al rilascio dei certificati di invalidità civile, l’Ordine dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Lecce ritiene opportuno fornire chiarimenti utili a garantire una corretta informazione ai cittadini e a ricondurre il confronto nell’ambito delle norme vigenti e dei principi deontologici.

Il presidente dell’Ordine, Antonio Giovanni De Maria, richiama innanzitutto quanto previsto dal Codice di deontologia medica. In particolare, l’articolo 54 stabilisce che il compenso per le prestazioni professionali debba essere equo e proporzionato alla complessità dell’atto, ai mezzi impiegati e al tempo necessario per l’esecuzione, e che lo stesso debba essere comunicato preventivamente all’assistito.

La normativa deontologica consente inoltre al medico di prestare gratuitamente la propria opera, qualora le condizioni lo permettano, a condizione che ciò non configuri concorrenza sleale o indebito accaparramento di clientela.

Il presidente evidenzia, inoltre, che la legislazione nazionale vigente non attribuisce agli Ordini professionali alcun potere di determinare o imporre tariffe, né minime né massime.

L’abolizione delle tariffe professionali, sancita dall’articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, impedisce qualsiasi fissazione vincolante dei compensi da parte degli Ordini. In tale quadro, eventuali accordi sottoscritti a livello territoriale con le organizzazioni sindacali devono intendersi esclusivamente come indicazioni orientative, prive di efficacia cogente.

Con riferimento alla certificazione di invalidità civile, De Maria sottolinea che essa rientra a pieno titolo nell’ambito della libera professione medica e comporta un’assunzione diretta di responsabilità da parte del medico certificatore.

Il professionista, infatti, è chiamato a condividere e attestare il contenuto diagnostico della documentazione clinica allegata, quali diagnosi specialistiche o certificazioni di dimissione ospedaliera, assumendone piena responsabilità sotto il profilo professionale e deontologico. In questo contesto, l’eventuale variazione dei compensi richiesti da alcuni professionisti è da ricondurre all’aumentata complessità dell’atto certificativo e al maggiore tempo necessario per la sua compilazione rispetto al passato.

È fondamentale, precisa il presidente, evitare che si diffonda l’idea di una contrapposizione tra medici e cittadini o che i professionisti della salute possano essere percepiti come un ostacolo al riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità. L’azione del medico è orientata alla tutela della salute e dei diritti dell’assistito, nel rispetto delle regole e della responsabilità professionale.

L’Ordine dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Lecce ribadisce infine la propria disponibilità al confronto istituzionale e alla collaborazione con tutte le parti coinvolte, con l’obiettivo di garantire chiarezza, uniformità di informazione e tutela dei cittadini, in particolare di quelli in condizioni di maggiore fragilità.

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Tre ragazzi dalle mani d’oro: miniature e presepi rifulgono nei dettagli

Il successo ottenuto ha già però posto le basi per nuove e più ampie collaborazioni fuori regione, aprendo scenari promettenti per il futuro…

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Dalla passione condivisa di tre amici nasce RKR, una realtà artistica tutta salentina che sta conquistando pubblico e addetti ai lavori grazie a un linguaggio originale, capace di fondere tradizione, innovazione e narrazione visiva.

Roberta Esposito e Roberto Memmi, entrambi di Casarano, insieme a Katia Luzio di Serrano, hanno trasformato il loro amore per la bellezza e l’artigianato in un progetto creativo che parla al cuore attraverso opere minuziose e altamente evocative.

La maestria di questi ragazzi si distingue per la capacità di muoversi con naturalezza tra diverse forme d’arte: dalle miniature, dove la precisione della piccola scala diventa espressione di grande bravura, alla presepistica, reinterpretata con realismo ed emozione, fino ai diorami, veri e propri mondi immersivi in grado di raccontare storie complesse in pochi centimetri. Ogni creazione nasce sempre ed interamente a mano, utilizzando materiali autentici, ed è arricchita da una progettazione 3D estremamente accurata, che consente di raggiungere livelli di dettaglio altrimenti impossibili.

La tecnologia però non sostituisce certo l’anima artigianale, ma la valorizza. Le opere vengono dipinte a mano con grande cura, per dare profondità e carattere a ogni figura, mentre la stampa 3D permette di realizzare miniature e soggetti altamente personalizzabili. È così che prende forma un’“arte fatta su misura”, in cui ogni lavoro diventa unico e irripetibile.

Uno degli aspetti più apprezzati del progetto è infatti la possibilità di personalizzazione dei personaggi, sapendo realizzare ritratti miniaturizzati che immortalano persone reali, familiari o figure significative, trasformandole in protagonisti di presepi e diorami o in opere da esporre in qualsiasi contesto. Un modo originale e intimo di rendere l’arte parte della propria storia personale.

Le opere di “RKR” sono attualmente esposte in diverse mostre locali, a testimonianza di un percorso in costante crescita.

A Casarano, presso Palazzo D’Elia, e a Matino, nel suggestivo Frantoio ipogeo all’interno del Presepe Vivente, le installazioni sono visitabili nei fine settimana e nei giorni festivi.

A Ugento, il Museo Diocesano ospita alcune creazioni del collettivo, mentre a Cannole, presso Masseria Torcito e partecipando al Presepe Vivente allestito nel Parco di Torcito, visitabile il  4, 5 e 6 gennaio 2026, dalle 17:00 alle 20:00.

Un traguardo particolarmente significativo è arrivato poi con la selezione di due opere per la storica Mostra d’Arte Presepiale “Città di Salerno”, giunta alla sua XXXI edizione e capace di attirare ogni anno decine di migliaia di visitatori. Un riconoscimento importante non solo per l’impegno di questi ragazzi ma per l’intera arte presepiale salentina, accolta con entusiasmo in una delle capitali italiane di questa tradizione (e, siccome nessuno è profeta in patria, fra i mille complimenti, attestazioni ed interessamenti è mancato purtroppo proprio quello della propria cittadina).

Il successo ottenuto ha già però posto le basi per nuove e più ampie collaborazioni fuori regione, aprendo scenari promettenti per il futuro. Un percorso che conferma come il presepe salentino possa ritagliarsi un ruolo di primo piano nel panorama artistico nazionale, continuando a rinnovarsi senza perdere la propria identità.

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Casarano, l’Associazione Placemaking boccia i lavori in centro

Placemaking una preparazione professionale ce l’ha e, in maniera documentata, interviene nel dibattito di questi lavori (che, ricordiamolo, sono finanziati con fondi PNRR per circa 3,5 milioni di Euro).

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di Antonio Memmi

Quando iniziarono lavori di Piazza San Domenico e giardini William Ingrosso a Casarano, il mondo era diverso: Trump non era stato ancora rieletto, non era ancora cominciato il conflitto israelo-palestinese e chat GBT era riservata a pochi eletti. 

Si sa: i lavori pubblici non finiscono, entrano nella leggenda.

In un modo o nell’altro però, fra imprecazioni dei cittadini ed esercizi commerciali chiusi (anche) per l’impossibilità di raggiungerli, pare che almeno i primi abbiano trovato una conclusione. Tutti quindi contenti? Assolutamente NO!

I commenti sui social si rincorrono fra coloro che ne parlano male (tanti) e coloro che vedono qualcosa di positivo (pochi) ma, come sempre accade sui social, la maggior parte dei commentatori non ha alcuna preparazione tecnico artistica per parlare ed il tutto rimane confinato nel gradimentopersonale.

L’Associazione Placemaking invece una preparazione professionale ce l’ha e, in maniera documentata, interviene nel dibattito di questi lavori (che, ricordiamolo, sono finanziati con fondi PNRR per circa 3,5 milioni di Euro).

Nel documento, firmato dalla presidente arch. Loredana Manco, l’Associazione solleva una critica tecnica e civica, non politica, al metodo progettuale adottato e agli esiti degliinterventi. 

Il nodo centrale è l’assenza di una reale coprogettazione con i cittadini: le piazze, secondo l’associazione, non sono semplici superfici da pavimentare, ma luoghi sociali, storici e simbolici che richiedono ascolto e partecipazione autentica.

Viene ricordato come le normative nazionali ed europee, comprese quelle legate al PNRR, promuovano processi partecipativi strutturati e trasparenti, non consultazioni di facciata ed evidenzia inoltre che i fondi PNRR non sono “regali”, ma debito pubblico che graverà sulle future generazioni, rendendo ancora più necessaria una visione strategica di lungo periodo.

Secondo Placemaking Casarano, i due interventi si sono invece limitati a una riqualificazione estetica, senza creare nuove funzioni, opportunità sociali o sviluppo economico, e particolarmente critiche sono le valutazioni su Piazza Umberto I, dove la fontana viene definita un elemento puramente scenografico, e su Piazza San Domenico, giudicata invece priva di una logica urbana, mancando allineamenti, assi civici e gerarchie spaziali.

Un altro punto centrale è poi l’assenza quasi totale di verde, ritenuto un grave errore in termini di sostenibilità climatica e qualità dello spazio pubblico così come viene criticata anche la demolizione del bar storico, sostituito poi da un edificio anonimo, considerato uno strappo all’identità del luogo.

L’Associazione infine contesta le modifiche alla viabilità e la discrepanza tra il progetto realizzato e quello presentato, sottolineando come la piazza rischi di perdere il suo significato simbolico; il tutto porta quindi verso una conclusione che è una bocciatura netta: le critiche, aggiunge, non sono un attacco politico, ma un atto di cittadinanza attiva.

E così, dopo anni in cui si attende l’inaugurazione più come una liberazione, si comprende come non sempre ciò che dura a lungo lascia il segno… qualche volta lascia solo domande.

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