Attualità
Da lunedì via libera a centri benessere, tatuaggi e piercing
Ordinanza della Regione Puglia. Restano interdette le attività di sauna, bagno turco, bagno di vapore e vasca idromassaggio

Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha emanato un’ordinanza per tatuaggi, piercing e attività dei centri per il benessere fisico che dispiegherà i suoi effetti dal prossimo 18 maggio.
È consentito l’esercizio delle attività di tatuaggio e piercing, nonché delle attività dei centri per il benessere fisico a condizione che vengano svolti per appuntamento, assicurando il rispetto delle misure generali per la prevenzione della trasmissione del virus ed in particolare, il distanziamento fisico, l’igiene delle mani e della persona, la pulizia e la sanificazione degli ambienti di lavoro e l’uso di dispositivi di protezione individuale laddove il distanziamento fisico non possa avere luogo nonché nel rispetto delle misure specifiche di seguito stabilite.
IL PROTOCOLLO DI SICUREZZA
Al fine di assicurare il necessario livello di cautela e di prevenzione dei rischi da contagio COVID-19, gli esercenti devono:
a) seguire una scrupolosa igiene personale prima di recarsi sul posto di lavoro, procedendo ad una completa detersione del corpo, compresi i capelli;
b) all’inizio di ogni turno di lavoro, assicurare che agli operatori sia misurata la temperatura corporea e, nel caso di temperatura superiore a 37,5 C°, assicurare che l’operatore abbandoni immediatamente il luogo di lavoro con rientro a domicilio e che lo stesso si rivolga alle autorità sanitarie per l’attivazione delle procedure di isolamento, come previste per legge;
c) all’inizio di ogni turno di lavoro, assicurare che gli operatori indossino una divisa pulita che dovrà essere cambiata ad ogni turno;
d) osservare il divieto, per gli operatori, di consumare pasti all’interno dei luoghi di lavoro;
e) assicurare che tutti gli operatori indossino una mascherina tipo chirurgico per tutto il turno di lavoro; nel corso del trattamento che prevede necessariamente il contatto con il cliente e l’avvicinamento ad una distanza minore di un metro, è obbligatorio indossare, oltre alla mascherina, occhiali e/o visiera protettiva;
f) assicurare che tutti gli operatori indossino una mascherina di tipo FFP2 senza valvola filtro se l’attività in questione non consente di far indossare al cliente una mascherina chirurgica; le mascherine con valvola filtro non devono essere mai utilizzate;
g) assicurare che, prima di indossare la mascherina FFP2, l’operatore abbia cura di detergersi accuratamente le mani; analoga operazione deve essere effettuata alla fine dell’utilizzo che non può essere superiore al turno di lavoro; gli occhiali e la visiera potranno, invece, essere riutilizzati avendone cura di prevedere la loro detersione e sanitizzazione prima e dopo l’utilizzo;
h) assicurare che, ad inizio turno, l’operatore proceda ad un accurato lavaggio delle mani con acqua calda e sapone e successiva disinfezione con applicazione di gel idroalcolico; una scrupolosa igiene delle mani dovrà, comunque, essere praticata durante tutta l’attività lavorativa;
i) assicurare che, fra un cliente e l’altro, sia sempre praticata la disinfezione con gel idroalcolico delle mani;
j) assicurare che sia apposto, in prossimità del lavabo, un cartello con le istruzioni sul corretto lavaggio delle mani, secondo quanto raccomandato da OMS e Ministero della Salute;
k) assicurare che l’operatore abbia cura di non portarsi mai le mani sul volto, con particolare riferimento a bocca e occhi senza prima averle lavate e disinfettate;
l) assicurare che debba essere garantita l’igienizzazione dei servizi e delle postazioni per ogni nuovo cliente; tutte le superfici da trattare dovranno essere preliminarmente sottoposte ad una accurata pulizia attraverso l’utilizzo di acqua e detergenti comuni per eliminare l’eventuale presenza di materiale organico; successivamente, dovranno esser utilizzati, ai fini della disinfezione, prodotti a base di cloro (es. l’ipoclorito di sodio 0,1%) sia disinfettanti a base alcolica (alcol etilico al 70%); per i servizi igienici (gabinetto, doccia, lavandini) si possono utilizzare disinfettanti a base di cloro attivo fino allo 0,5%; tutti i dispositivi elettronici (es. touchscreen, tastiere, bancomat, cornetta del telefono) possono essere disinfettati utilizzando salviette o spray contenenti alcol etilico al 70% e successivamente asciugati per evitare l’accumulo di liquidi;
m) assicurare che gli operatori dei centri utilizzino camici/grembiuli monouso e soprascarpe monouso o ciabatte monouso o autolavabili;
n) assicurare l’accurata detersione dei lettini con prodotti a base di cloro o alcool denaturato ed arieggiamento della cabina dopo ogni trattamento;
o) laddove possibile, assicurare di utilizzare materiali monouso; qualsiasi altro materiale deve essere correttamente disinfettato e/o sterilizzato;
p) devono mantenere la lista giornaliera dei clienti da esibire a richiesta da parte delle autorità sanitarie in caso di attività di contact tracing da effettuarsi per i casi previsti dalle circolari del Ministero della Salute.
PER IL MOMENTO NIENTE SAUNA, BAGNO TURCO E VASCA IDROMASSAGGIO
Le attività di sauna, bagno turco, bagno di vapore e vasca idromassaggio sono interdette. Gli esercenti devono, altresì, garantire che, prima della riapertura, si sia proceduto alla manutenzione degli impianti di condizionamento, in base alle indicazioni fornite dai produttori e/o dai responsabili incaricati. In prossimità dell’entrata del locale, deve essere disponibile un dispenser automatico di gel idro-alcoolico che dovrà essere utilizzato per igienizzare le mani all’ingresso e all’uscita dal locale da ogni cliente. Il cliente è tenuto a riporre eventuali giacche e soprabiti in un armadio o attaccapanni posto in prossimità dell’entrata. Non devono essere presenti nel locale riviste o libri ad uso dei clienti. Gli esercenti devono fornire al cliente, all’ingresso del locale, una mascherina chirurgica da indossare obbligatoriamente durante tutte le attività che lo permettano. Se il cliente indossa una propria mascherina, dovrà essere invitato a sostituirla con quella nuova fornita dall’operatore. Le mascherine usate, laddove non venissero portate via dal cliente, dovranno essere raccolte in un apposito contenitore e smaltite con la raccolta indifferenziata dei rifiuti.
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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