Approfondimenti
Daesh o Califfato, ecco perché temerlo
“Durante l’addestramento, sono soggetti ad un processo di de-umanizzazione delle vittime e di sé stessi nella propria mente”
Alla luce dei recenti attentati risulta chiaro come quella islamica possa essere considerata una delle minacce più cruente della storia del terrorismo. Abbiamo cercato di approfondire la questione con Mario Avantini, analista ed esperto di cyber terrorismo e autore di numerose pubblicazioni di settore, (ha anche svolto attività di vicepresidenza per il Centro Italiano di Strategia e Intelligence CISINT).
Qual è il fattore del terrorismo jihadista che colpisce di più?
“La recrudescenza. I seguaci del Daesh colpiscono l’opinione pubblica per i tratti particolarmente efferati degli atti di cui si macchiano. “Parlano” attraverso scene di decapitazioni, di prigionieri costretti a scavarsi la fossa da soli prima di essere decapitati, mostrano la propria avanzata di massa su pick up armati, si servono di immagini scioccanti che mostrano corpi dalle teste mozzate riversi per le strade cosparse di sangue, esecuzioni di massa e prigionieri arsi vivi, paventano al mondo immagini di bambini armati, utilizzati in quella che pare essere un’escalation di follia e perversione; non ultimo la distruzione di città, di luoghi di culto e siti archeologici, oltre alle minacce di ciò che di terrificante promettono di fare”.
Più in generale, su che cosa “gioca” il terrorismo?
“Come ha scritto Alex P. Schmid: “provocare l’angoscia estrema di diventare vittima, di ciò che pare essere una violenza arbitraria”. Ha chiaramente scopi immediati ed a lungo termine: quelli immediati di creare/ingenerare angoscia, tensione, paura e confusione nella gente, destabilizzare la società e dividerla, creare un clima di apprensione continua, ossia ciò che nel gergo viene definito “arousal”, uno stato attentivo cognitivo di vigilanza; gli scopi a lungo termine, gli obiettivi reali, sono quelli di provocare uno stravolgimento istituzionale, una destabilizzazione internazionale dei governi”.
Perché allora colpire la gente comune?
“Colpire i vertici istituzionali implica grandi difficoltà operative per i terroristi, che ripiegano così i loro atti violenti su quegli obiettivi che credono più “facilmente” raggiungibili, anche se la sicurezza dei Paesi, soprattutto occidentali, è di alto livello. Un terrorista, oltre ad ingenerare l’arousal, deve anche riuscire a mantenerlo: per far questo quale mezzo si rivela più efficace se non quello di colpire luoghi pubblici, piazze, aeroporti, stazioni, stadi, in ogni caso luoghi affollati? Ricordiamoci che i terroristi non rispettano norme di guerra e non fanno alcuna distinzione tra civili e altri”.
Intanto ci si interroga sul Daesh (è il nome nuovo affibiato all’Isis: ha un suono, per gli arabi, simile a quello di parole che significano calpestare, distruggere, sbattere contro qualcosa, causare tensione. Più che mai azzeccato vista la ferocia dei suoi adepti. Questo termine ha il merito, tra le altre cose, come ha spiegato il ministro degli esteri francese Fabius, di non dare al gruppo la dignità di Stato). C’è perfino chi sostiene si tratti di finzione cinematografica.
“Gli accadimenti e le scene atroci mostrate sono reali, sono scene di vita reale, narrate con i mezzi e gli strumenti della cinematografia. Nel Califfato, l’informazione, la disinformazione, sono multimediali. Hanno tutti gli strumenti per poter trasmettere in diretta i video dei martiri, le decapitazioni e le loro gesta in docufilm, ma tutto è spaventosamente reale, il sangue è vero e i morti pure! Posseggono più di 40 case di produzione cinematografica, la guerra Daesh è combattuta essenzialmente per mezzo della loro capacità mediatica e informatica, le notizie giungono in tempo reale tramite i social media ed altri sistemi di messaggistica istantanea. Il Daesh si serve dei social media per farsi conoscere, divulgare il verbo e arruolare nuovi adepti. E’ arrivato anche ad avvalersi di chat criptate come Telegram per le proprie comunicazioni”.
Possibile che degli esseri umani non provino nulla prima o durante un attentato così efferato?
“La gente comune è portata a pensare che il terrorista sia un pazzo: è assai difficile poter credere che una persona esente da patologie psichiche possa compiere atti così atroci. In verità i terroristi non hanno particolari psicopatologie accertate. Potremmo affermare che, come tutti gli esseri umani, siano soggetti a dei livelli di stress e utilizzino delle modalità di controllo, peraltro piuttosto semplici e fondate sull’auto-persuasione e sulla spinta a compiere un’azione di valenza spirituale. Inoltre, durante il loro addestramento,
sono soggetti a un processo di de-umanizzazione delle vittime nella propria mente, ma anche deumanizzazione di sé stessi. Possono altresì compiere dei piccoli rituali per neutralizzare la tensione, prima di porre in atto un attacco terroristico, ad esempio la stessa preghiera. Non solo: numerosi sopravvissuti agli attentati dichiarano di aver riscontrato una sorta di tranquillità nei comportamenti degli attentatori. Si tratta di una forma di scissione, di distacco emotivo, uno stato che può essere raggiunto mediante il processo di de-umanizzazione, ma anche per mezzo di droghe, ad esempio assumendo una particolare droga sintetica conosciuta come “captagon” (fenethlline), un’anfetamina che migliora le prestazioni, neutralizzando il senso di fame e di sonno per lungo tempo e il cui sovradosaggio rende particolarmente violenti”.
Antonella Marchisella
Approfondimenti
Aumenta la produzione dell’olio nostrano, ma la qualità come è?
I numeri, però, non sempre bastano ad un’analisi esaustiva. Ecco perché abbiamo coinvolto alcune aziende del territorio per comprendere i contorni della campagna olivicola di quest’anno…
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Confermato il previsto aumento della produzione di olio a livello nazionale di circa il 30% rispetto all’annata precedente. La nuova annata sembrerebbe buona per qualità, con il novello già disponibile.
Buona qualità anche in Salento
La resa è influenzata dalla diminuzione della produzione (-30/40% in Puglia e circa il 20% in provincia di Lecce) ma con un aumento della qualità (e anche dei prezzi). La resa media in olio da olive varia dal 13% al 20%, ma il dato complessivo della produzione è in calo rispetto alle annate precedenti, in linea con quanto previsto da Confagricoltura.
Nel panorama complessivo, bisogna considerare che l’andamento climatico sfavorevole ha inciso in modo pesante sulla produzione di olive. Nei primi giorni di aprile, infatti, una serie di gelate improvvise ha colpito molte aree olivicole, compromettendo gran parte dei bottoni fiorali (mignole) e vanificando in buona parte le potenzialità produttive. Secondo le prime valutazioni tecniche, la flessione produttiva potrebbe essere legata anche a fattori varietali.
In particolare, la cultivar FS-17 (la “Favolosa”), che inizialmente presentava una buona prospettiva di raccolto, ha subito un crollo quasi totale della produzione a causa della cascola dei fiori non ancora aperti, verificatasi subito dopo le gelate.
I numeri, però, non sempre bastano ad un’analisi esaustiva. Ecco perché abbiamo coinvolto alcune aziende del territorio per comprendere i contorni della campagna olivicola di quest’anno.
Giacomo Palese, amministratore de L’Olivicola di Presicce–Acquarica, precisa: «La nostra è un’azienda produttrice di olive da mensa e stiamo riscontrando un’ottima qualità». Riguardo alle differenze, «le ritroviamo in termini di quantità, quest’anno abbiamo meno frutto». Gli operatori del settore salentini hanno dovuto fare i conti con le conseguenze della Xylella che «ha avuto un impatto significativo sulla nostra azienda, ha rappresentato una svolta difficile e ha messo a dura prova la sostenibilità economica, obbligandoci a ripensare completamente il modello di business. Abbiamo dovuto reinventarci e diversificare la produzione. Non potendo più contare sulle nostre olive abbiamo iniziato ad acquistare da altri produttori, mossa che ci ha permesso di mantenere una produzione continua e ci ha anche spinto a esplorare nuove strade. Un cambiamento rilevante e significativo è stata l’introduzione di nuovi prodotti come i sott’oli che in passato non trattavamo. Tale diversificazione ci ha aperto nuovi canali di mercato, diversi da quelli che conoscevamo, e ha comportato costi aggiuntivi e la necessità di finanziare nuove attività: importanti investimenti, la necessità di accedere a nuovi finanziamenti esterni e un maggiore impegno nella gestione del credito, parliamo di un accesso al credito più mirato per finanziare questi investimenti iniziali. Un percorso impegnativo che ci ha permesso di trattare prodotti che diversamente forse non avremmo trattato. Sebbene le sfide siano state tante, siamo riusciti a trovare opportunità che, a lungo termine, potrebbero rivelarsi vantaggiose per la sostenibilità economica dell’azienda. Oggi, dopo anni, siamo tornati alla lavorazione delle olive grazie ai vari reimpianti effettuati. Abbiamo reimpiantato olive leccino, perché lavorando olive da tavola riteniamo che tale cultivar sia un ottimo prodotto da mensa. Nonostante le difficoltà», conclude Palese, «questo percorso di trasformazione ci ha reso più resilienti e pronti ad affrontare sfide future».
Anche Pierangelo Tommasi di Olio Biologico Moruse di Calimera, conferma «un prodotto dalla qualità eccellente anche perché siamo stati risparmiati dall’attacco della “Mosca”». Le differenze rispetto all’anno scorso «sono notevoli ma le piante crescono di anno in anno e iniziano a produrre un po’ di più. Parliamo, però, di numeri minimi rispetto a dieci anni fa: da allora la sostenibilità economica è completamente cambiata. Prima si poteva vivere di agricoltura, adesso sono soprattutto spese. Nella speranzosa attesa di tornare ad avere i profitti di una decina di anni fa».
Nel frattempo, anche nella azienda di Calimera hanno «impiantato le varietà di Leccino e Favolosa, per la precisione 80% della prima e 20% della seconda». Colta al volo l’occasione per variegare la produzione: «Già da 4-5 anni stiamo curando una cultura di avocado. Per ora solo un piccolo appezzamento ma stiamo provvedendo ad estendere la produzione su un altro ettaro e mezzo».
Quintino Palma del Frantoio Palma di Cursi ricorda che «la raccolta 2025 è stata colpita da una gelata durante il periodo della fioritura, provocando un calo nella produzione che resta, comunque, sufficiente per un raccolto di buona qualità».
Rispetto all’ annata scorsa Palma rileva «un leggero calo di produzione sufficiente, però, a garantire il prodotto fino alla prossima campagna olearia».
Poi aggiunge: «Al momento abbiamo quasi completato i reimpianti mettendo a dimora varietà Favolosa, Leccina e Leccio del Corno (avevamo già olivi di Leccino di circa 30 anni). Purtroppo, la Xylella ha causato un crollo della redditività dell’azienda. Anche se sono stati erogati degli aiuti per i reimpianti, bisogna considerare che occorrono diversi anni prima che le piante raggiungano un target accettabile di produzione, di conseguenza siamo ancora in piena crisi. Fortunatamente», conclude Palma, «l’azienda si occupa anche di effettuare reimpianti olivicoli “chiavi in mano” per sopperire al calo di reddito post Xylella».
Alliste
Diamo i voti ai cimiteri del Salento: criticità, sufficienze ed eccellenze
Con l’avvicinarsi della Festa dei Morti abbiamo voluto verificare la situazione dei luoghi sacri dove tutti ci rechiamo in visita ai nostri cari defunti. Spesso, per come sono tenuti, nonostante la sacralità del luogo, i cimiteri sono stati oggetto di (giuste) critiche….
Con l’avvicinarsi della Festa dei Morti abbiamo voluto verificare la situazione dei luoghi sacri dove tutti ci rechiamo in visita ai nostri cari defunti.
Spesso, per come sono tenuti, nonostante la sacralità del luogo, i cimiteri sono stati oggetto di (giuste) critiche.
Per questo a ridosso del 2 novembre abbiamo fatto un giro (random) in alcuni camposanti della provincia.
Sarà per l’avvicinarsi della ricorrenza, ma la situazione è (quasi) dappertutto decisamente confortante.
Nessun problema ad Alliste, Felline, Matino e Racale.
Negli ultimi due centri abbiamo assistito personalmente ai lavori in corso per la tosatura delle siepi e la sistemazione degli arredi a verde.
A Matino abbiamo anche incontrato il consigliere comunale Aldo De Donatis che ci ha spiegato come da tre anni sia cambiata la gestione dei servizi e la situazione oggi sia decisamente buona.
Stesso discorso per Patù, Castrignano del Capo, Leuca, Giuliano di Lecce, Salignano.
In queste ultime 4 località il servizio è (ben) curato dalla stessa cooperativa che fa capo al 31nne Thomas Chiffi.
Decoro salvo anche a Maglie, dove, in vista delle celebrazioni dei defunti, tutto appare pulito e ordinato. Sembra tutto in ordine anche a Ruffano, sia nella parte “vecchia” che nella nuova ala, sorta all’alba del millennio in corso per accogliere i nuovi defunti.
L’area va via via popolandosi e ha subìto aggiornamenti di anno in anno a seconda delle necessità.
A Tricase resta critica e indecorosa la situazione del vecchio cimitero.
Sebbene non preveda più tumulazioni sin dal 1984, il Monumentale resta comunque meta di tante persone.
La situazione strutturale e di manutenzione degli arredi non è conciliabile con la sacralità del luogo e con il rispetto che si deve a chi va a far visita ai propri cari trapassati.
Non ci sono particolari problemi, invece, al cimitero nuovo anche se, almeno dal punto di vista del decoro si può e si deve fare meglio. Tanti viali non sono protetti dall’asfalto o dal cemento come quello principale e pochi altri e, spesso, si è costretti a mettere i piedi nel fango.
La vegetazione, poco o per nulla curata, invade gli stessi viali, costringendo i visitatori a farsi spazio tra le fronde.
Per evitare che ci siano defunti di serie A e B sarebbe opportuno intervenire presto.
Questa la situazione in provincia, almeno fino a qualche giorno prima del 2 novembre…
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Approfondimenti
“Per grazia ricevuta”: Piemontese, assessore sanità Puglia, crea d’emblée 2mila posti di lavoro
Nonostante cinque aziende sanitarie da 17 giorni siano senza direttore generale e non si veda alba, la Regione si prepara a lanciare tre concorsoni: due dei quali saranno gestiti proprio da Asl senza un manager…
di Luigi Zito
Quello che non succede in 5 anni, a volte, si sa, può accadere a pochi giorni dalle elezioni: siano esse comunali (alzi la mano chi non si fatto dare “una liccata di asfalto”, davanti casa poco prima del voto); provinciali, quando Presidente o Assessori, come la Madonna, si appalesano in città e chiedono una “citazione” nelle urne: e giù a concedere, promettere, santificare e beatificare, tutta Grazia sprecata o mal riposta, perché sanno che non è deificata, ma solo vanagloria.
E fin qui siamo nell’ordine naturale delle elezioni.
Quello che supera il livello di indignazione e tracima nella vergogna assoluta, ai limiti della sconcezza, e chiede vendetta, è quanto sta accadendo per le nostre elezioni regionali.
Nonostante cinque aziende sanitarie da 17 giorni siano senza direttore generale e non si veda alba, la Regione si prepara a lanciare tre concorsoni: due dei quali saranno gestiti proprio da Asl senza un manager.
Mille posti ciascuno per infermieri e Oss, mentre la terza procedura darà il via alla mobilità intraregionale per permettere spostamenti tra le varie aziende.
Ricapitolando: 2mila posti di lavoro creati d’emblée, come infermieri e Oss, dei quali un terzo (circa 700) saranno su Foggia, città del Vicepresidente e assessore alla Sanità e Benessere animale, Sport per tutti, Raffaele Piemontese, prodigo di carità e col vizio delle buone azioni.
Questi concorsi erano attesi almeno da maggio, ora una circolare del dipartimento Salute conferma che la pubblicazione è «imminente», e dunque la scadenza delle domande potrebbe arrivare proprio a ridosso della tornata elettorale del 23 e 24 novembre prossimi, anche se le prove si svolgeranno non prima di aprile-maggio.
Quando si dice avere una “faccia di tolla”, ma qualcun altro asserirà che “in politica la menzogna è una componente imprescindibile”.
Come possiamo difenderci: quando nel segreto dell’urna dovremo apporre quella “citazione”, per non ricevere un’altra villania del genere, dobbiamo saper distinguere il “grano dalla pula”, il bianco dal nero, le “facce di tolla” da quelle linde, correte, sincere e leali.
Ricordiamocene.
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