Attualità
Infermieri, la “grande fuga” dall’Italia
Ci sono sempre meno infermieri nei reparti e sempre meno giovani che si iscrivono al corso di laurea, una fuga da una professione di fondamentale importanza.
Il numero degli infermieri nei reparti e quello dei giovani che si iscrivono al corso di laurea sta notevolmente diminuendo, provocando una vera e propria fuga da una professione indispensabile.
Sono le dichiarazioni di Chiara Gemma, europarlamentare di Ecr-Fdi, che evidenza la necessità del nostro paese di trovare 70mila infermieri.
“Un calo che era prevedibile” – secondo Gemma – “se si considera il duro lavoro svolto dagli infermieri durante la fase più acuta della pandemia, che hanno dimostrato grande professionalità e senso del dovere, qualità che hanno permesso di salvare moltissime vite umane”.
La professione infermieristica non dispone comunque di condizioni di lavoro adeguate, con contratti dignitosi e stabili; considerazioni che demotivano i futuri studenti universitari dall’iscriversi al corso di laurea.
Risulta per questo urgente un’azione a livello strutturale sull’orientamento rivolto agli studenti, che influisca sulla durata e sull’indirizzo di studi scelto. È poi fondamentale che quella dell’infermiere venga percepita dai giovani come una professione ricca di possibilità di stabilità e di affermazione personale.
In questo senso, l’europarlamentare condivide con positività l’apertura del sottosegretario Gemmato, che ha avanzato l’idea del superamento del vincolo di esclusività di rapporto per le professioni infermieristiche, per poter assecondare l’evoluzione di queste figure sanitarie, creando sul territorio una filiera assistenziale multidisciplinare e più preparata.
La situazione è critica anche a livello regionale, come riportato dal sito OPI di Lecce (Ordine delle Professioni Infermieristiche), che evidenzia come le domande di accesso ai corsi di laurea di Infermieristica sono in estremo calo e addirittura in alcuni atenei, per la prima volta, non si raggiunge il numero di posti messi a bando.
Per questo la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) lancia l’allarme: “Senza infermieri l’Italia non avrà più un Sistema Sanitario Nazionale degno di questo nome; ci aspetta una lunga stagione assistenziale e non saremo più in grado di garantire salute a tutti. È una prospettiva concreta, reale, che comporta perdite economiche, sociali, oltre che un restringimento dei diritti civili”.
Per la distribuzione geografica degli infermieri e per evitare fughe sull’asse Nord-Sud (così come all’estero), la FNOPI propone un intervento immediato sulle modalità di reclutamento e ingaggio, per coprire sia i singoli servizi sia le singole aree geografiche, attraverso i più giusti e motivati professionisti.
Approfondimenti
Xylella, Cazzato agricoltore di Salve: “Sono fiducioso”
«In una campagna in località Schiafazzi “regnava” un albero di olivo che, secondo molti aveva più di 800 anni ed era talmente grande che, spesso, ci venivano gli sposini per fare una foto”…
speciale agricoltura
Cesare Cazzato di Salve, ingegnere e imprenditore agricolo per scelta, seguendo quella che è la sua passione di sempre per la campagna e tutto quello che ne consegue.
La sua azienda è una di quelle che ha tenuto botta alla devastazione causata dalla Xylella e, su oltre 50 ettari, continua a produrre olio e altri frutti della terra.
Eppure, anche i suoi alberi, tanti, di Ogliarola Salentina e Cellina di Nardò, hanno subìto le conseguenze del batterio assassino.
«Ripresomi dalla botta», si racconta, «ho ricominciato a lavorare grazie ad alcuni alberi che avevo piantato quando è nato mio figlio, nel 1984. Erano alberi di Leccino e, in quella circostanza, colleghi e amici mi prendevano un po’ in giro, perché non avevo puntato sulle solite nostre specie. Oggi posso dire che è grazie a quella decisione se non compro olio da altri».
Così, con l’avvento della Xylella, «mi sono attrezzato, prima con l’eradicazione e poi dissodando il terreno, con un costo anche elevato, perché le radici erano molto profonde, visto che quegli alberi erano lì da tanti anni. Dopo ho ripiantato, puntando su una varietà che si chiama FS 17, nota come “Favolosa”.
L’ho potuto fare anche perché ho la fortuna di possedere un pozzo artesiano e, quindi, ho disponibilità di acqua. La “Favolosa” ha costanza nella fruttificazione e vasi linfatici più grossi che le consentono di non subire le conseguenze del batterio della Xylella che, invece, ha ammazzato le altre specie un po’ come fa la trombosi col corpo umano, cioè creando dei glomeruli all’interno dei vasi linfatici che ne interrompono le funzioni vitali.
Il Leccino e la Favolosa non sono immuni alla Xylella, semplicemente hanno vasi linfatici più larghi, con un diametro maggiore, per cui, anche se i batteri nidificano, continuano comunque a vivere e fruttificare senza conseguenze».
Cazzato racconta del suo monumento alla memoria: «In una campagna in località Schiafazzi “regnava” un albero di olivo che, secondo molti aveva più di 800 anni ed era talmente grande che, spesso, ci venivano gli sposini per fare una foto nel suo tronco. Anch’io conservo delle foto con tutti gli operai dentro e vicino quel miracolo della natura.
Bene, quell’albero, o quel che ne resta dopo la Xylella, l’ho voluto conservare, non me la son sentita di eradicarlo. Resterà lì come una statua, un monumento alla memoria».
Anche se l’attività col passare degli anni gode del supporto delle macchine, Cazzato ha ancora dei dipendenti e si dice felice di godere della «collaborazione di molti giovani dediti alla campagna che mi fa piacere incoraggiare».
Aspetto fondamentale su cui si dovrà puntare, quello della diversificazione: «In uno dei miei terreni, tra Presicce e Lido Marini, che ho dissodato, in questo mese pianterò fichi. Si tratta di “Fiche Maranciane” (« praticamente, non hanno bisogno di acqua, sono resistentissime e danno frutti di grande pregio»), e del Fico Dottato (« il migliore d’Italia, quello bianco e con i semi, molto piccoli. Il suo frutto è particolarmente apprezzato»)».
Che futuro in campagna?
«Diversificando avremo ancora un futuro. Sono convinto che tra una decina d’anni il Salento sarà più verde di prima. L’unica eredità positiva che ci lascia la Xylella è la qualità dell’olio.
In passato tutti noi abbiamo piantato alberi molto vicini e per tanti motivi producevamo olio rampante. Dopo quanto accaduto, finalmente, siamo costretti a produrre olio di altissima qualità senza lasciare che le olive cadano a terra. Sono fiducioso.
Anche perché il Salento è un’isola tra i venti. Il vento è l’impollinatore dell’olivo che è una pianta anemofila, cioè ama il vento».
Quindi è già tempo di voltare pagina e smettere di piangersi addosso per la Xylella?
«Ho piantato mille alberi di Favolosa che già fruttifica. L’olio lo vendo, i numeri non sono ancora quelli del pre-Xylella ma si può andare avanti.
A suo tempo ho avuto la lungimiranza di non disfarmi dell’attrezzatura, come hanno fatto altri, ed ho conservato scuotitore, trattori e quant’altro, perché ero convinto che il Salento sarebbe ritornato verde».
Infine, Cazzato svela: «I nuovi alberi li piantiamo a due metri e mezzo di distanza l’uno dall’altro, perché esiste una macchina, una specie di vendemmiatrice, che passa per filare, scuote e raccoglie le olive e le trasferisce nel rimorchio che corre accanto come se fosse grano. Questo sarà il nostro futuro».
Approfondimenti
Xylella, un altro studio appena pubblicato
Lo studio del prof. Bruno propone il protocollo NuovOlivo® come strategia per consentire la coesistenza tra Xylella e la produzione di olive e olio extravergine di oliva della Cellina di Nardò e dell’Ogliarola Salentina
speciale agricoltura
Uno studio, pubblicato di recente, del prof. Giovanni Luigi Bruno (il secondo), ricercatore del Dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari, sulla “Coesistenza tra Xylella fastidiosa Subsp. pauca e piante di olivo sensibili nella penisola salentina” (vedi a pagina 24), ci ha spinto ad approfondire ancora una volta da queste colonne quello che è stato un cambiamento epocale per il Salento, con la morte di quegli ulivi che per millenni hanno caratterizzato il nostro territorio e che per decenni sono stati al centro dell’economia della sua gente.
La sindrome del disseccamento rapido dell’olivo associata a Xylella fastidiosa è una delle malattie più distruttive degli olivi, in particolare sulle cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina.
Lo studio del prof. Bruno propone il protocollo NuovOlivo® come strategia per consentire la coesistenza tra Xylella e la produzione di olive e olio extravergine di oliva della Cellina di Nardò e dell’Ogliarola Salentina: «Trentadue oliveti privati colpiti da OQDS e coltivati seguendo le tecniche agronomiche in uso nella zona sono stati esaminati durante le stagioni olivicole 2019-2023.
Sono state considerate le cultivar Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina, Coratina, Ascolana Tenera, Nociara, Leccino e Bella di Cerignola. All’inizio dell’applicazione del protocollo, le piante sensibili mostravano una gravità dei sintomi OQDS del 40-80% e non producevano olive o olio, mentre le cultivar resistenti(?)/tolleranti mostravano una produzione di olive inferiore a 1-2 kg/pianta.
Dopo la rimozione dei rami secchi a gennaio-febbraio, le piante sono state irrorate due volte all’anno (preferibilmente a marzo e ottobre) con NuovOlivo®, una miscela di estratti botanici in acqua esterificati con oli vegetali in presenza di idrossido di sodio e attivati al momento dell’uso con bicarbonato di sodio. In tutti gli oliveti è stato distribuito un concime a lento rilascio e le erbe infestanti controllate mediante falciatura o triturazione.
Gli olivi trattati hanno prodotto nuova vegetazione, ricostruito la chioma, ridotto i sintomi di OQDS e prodotto infiorescenze e drupe. La produzione di olive è stata da 6,67 a 51,36 kg per pianta, con una resa media del 13,19% in olio extravergine di oliva (acidità libera 0,01–0,2%)».
Secondo il ricercatore, «anche il paesaggio e l’economia pugliese, basati sulla presenza e la produzione di olivi, potrebbero essere salvaguardati».
Approfondimenti
Un vivaista di Racale: «La prevenzione ammazza i vivai»
“Ci è stato imposto il divieto di piantumazione di lavanda, rosmarino, hibiscus, alloro, vinca e dimorfoteca. Piante molto richieste dalla nostra clientela…”…
speciale agricoltura
Pietro Caputo, di Salento Piante di Racale, ci racconta la sua prospettiva da titolare di vivaio che ha subìto le conseguenze indirette della Xylella, per via delle misure di contenimento della diffusione del batterio.
«Ci è stato imposto il divieto di piantumazione di lavanda, rosmarino, hibiscus, alloro, vinca e dimorfoteca. Piante molto richieste dalla nostra clientela e che per il nostro commercio sono vitali.
Lo stesso dicasi per i gerani. Possono essere commercializzati solo quelli da zone indenni e, paradossalmente, ci è stato detto anche che le piante devono essere vendute a stretto giro, come se le tempistiche di vendita dipendessero da noi.
Trovo, peraltro, assurdo che si imponga questa restrizione qui in provincia di Lecce, dove la diffusione del batterio ha già procurato danni ormai irreparabili.
In questo modo, non si fa che allargare a macchia d’olio il problema, colpendo anche il settore vivaistico.
Per giunta, il nostro è un commercio al dettaglio, prettamente locale: anche qualora ospitassero il batterio, che danno può arrecare la vendita di queste piante su un territorio già falcidiato dalla xylella e che si è ormai riorientato su piante resistenti al batterio?».
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