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Attualità

Melpignano: piccolo paese, grandi storie

La sindaca Valentina Avantaggiato: «Un’azione politica collettiva, partecipata, trasparente, onesta, può essere uno strumento di cambiamento e di accrescimento culturale, sociale ed economico»

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di Giuseppe Cerfeda


Si dice che nelle botti piccole ci sia il buon vino e Melpignano, poco più di 2.200 abitanti, pare confermare l’adagio.


Ne abbiamo parlato con la sindaca Valentina Avantaggiato.


LA NOTTE DELLA TARANTA


Il suo paese è teatro del Concertone della Notte della Taranta, l’evento più grande che il nostro territorio ospita ogni estate richiamando centinaia di migliaia di persone, senza considerare l’attenzione mediatica. Cosa vuol dire per voi ospitare un evento di tale portata, sia in termini si sforzo organizzativo che di ritorno di immagine?


«La notte della Taranta è un evento strettamente legato all’identità del nostro comune e del nostro territorio. Nasce da uno scatto d’orgoglio, dalla volontà di riscattare le radici profonde della nostra terra e renderle elemento per dialogare con il mondo attraverso il linguaggio della musica. Ospitare un evento del genere è quindi un orgoglio, soprattutto vederlo crescere negli anni, attirare sempre più persone e diventare un momento culturale, conosciuto a livello internazionale. In termini organizzativi è una sfida, ad oggi vinta, che cresce negli anni e che rende Melpignano uno spazio capace di accogliere eventi di grande portata, grazie alla collaborazione ormai collaudata con forze dell’ordine, Prefettura, Questura, 118, Vigili del Fuoco e tutti coloro che a questo evento partecipano, riconoscendone l’importanza per l’intero territorio».


KISSING GORBACIOV


L’attualità, invece, vi ha regalato la soddisfazione della nomination ai “Nastri d’Argento” del film Kissing Gorbaciov, nato proprio dalla piazza di Melpignano…


«Kissing Gorbaciov nasce da un racconto, sotto i portici di piazza San Giorgio, in una fredda inverno del 2017 quando, dopo una grande nevicata i giornali titolavano “Il vento gelido della Russia”… In quell’occasione mi son ritrovata con un amico dei tempi universitari. Si discuteva di un Festival del cinema indipendente, fuori dai circuiti Siae, il “Creative Commons”. 


Gli raccontai questa storia, sopita nelle memorie di chi l’aveva vissuta e che meritava di sostanziarsi in un immaginario collettivo per poter essere scoperta e conosciuta. Aveva i contorni confusi; grazie a questo lavoro, oggi, riusciamo ad identificarla ed a comprenderne la forza che ha avuto nel dimostrare come si possano costruire ponti laddove ci sono muri, cortine di ferro e steccati che sembrano invalicabili. È una storia che in realtà parla di un territorio, di un comune nel quale la politica è sempre stata azione collettiva. Ha tanti volti, tantissimi protagonisti ed è una storia che non si sarebbe potuta realizzare se non ci fossero state tante braccia e tante menti a lavorare insieme. 


Credendo nella forza dell’azione politica che si nutre come strumento dell’amministrazione, ma che ha una visione che viene costruita in maniera collettiva all’interno delle sezioni di partito o comunque delle forme aggregative, in cui si costruiscono percorsi politici che provano a cambiare il quotidiano. È questo il contesto in cui nasceva questa storia e che rendeva tutto possibile o, quantomeno, spingeva ad osare ciò che si riteneva impossibile».


EREDITÀ PESANTE


Lei è divenuta sindaca dopo Sergio Blasi, ritenuto unanimemente un amministratore “illuminato”, ed Ivan Stomeo. Una scuola importante ma anche un’eredità pesante…


«Siamo consapevoli della storia politica che ci precede e di un patrimonio politico inestimabile che cresce e si costruisce a partire da fine anni ’70, del quale abbiamo profondo rispetto e profonda cura. Un percorso alla base delle attività amministrative che si sono susseguite negli anni e che nasce dalla forza di un gruppo di giovani che, attraverso l’azione politica, son riusciti a ribaltare il sistema vigente, sconfiggendo una DC diffusa e asfissiante. Dimostrando come un’azione politica, agita collettivamente, partecipata, trasparente, pulita, onesta, capace di dare l’esempio, possa essere uno strumento di cambiamento sociale e di accrescimento culturale,  sociale ed economico. Capace di non lasciare indietro nessuno. È questa la storia che ci portiamo dentro e che ci ha insegnato chi è venuto prima di noi. Fino al punto in cui si è smesso di credere in tutto questo, concentrandosi troppo su sé stessi. Il riferimento è all’ultima amministrazione Stomeo, con la quale ci siamo scontrati alle ultime elezioni. È stato un atto dovuto e necessario per ripristinare il senso politico dell’azione amministrativa e riaprire le porte della partecipazione».


AMBIENTE E SOSTENIBILITÀ


Su certi temi, come la raccolta differenziata e il risparmio energetico, più in generale l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità, Melpignano dà l’impressione di essere avanti. Ci spiega il segreto?


«Le buone politiche sono una questione etica e di responsabilità civile e politica di un amministratore. Come lo è lavorare sui temi dell’ambiente, dei cambiamenti climatici, interrogarsi sulle fonti di approvvigionamento energetico e sul ruolo che un comune, anche piccolo, può giocare nella costruzione di politiche di questo tipo. Alla luce di ciò che è stato fatto negli anni, a partire dalla raccolta differenziata, si sta ragionando sulla costruzione di una comunità energetica. Lo studio di fattibilità è pronto da due anni. Abbiamo aspettato i decreti attuativi per la costituzione giuridica della CER, oggi siamo nella fase di costituzione e, a breve, avvieremo gli incontri con i cittadini. Con la stessa logica e la stessa idea di futuro, ci stiamo muovendo sulle politiche del cibo che diventa elemento di pianificazione territoriale, di tutela del paesaggio, di prevenzione in termini di salute. Cibo che diventa elemento di cultura, di valorizzazione del patrimonio di una terra a vocazione agricola. È un tema che merita attenzione e valorizzazione. Capace di attrarre nuovi residenti e di riportare a casa i giovani emigrati all’estero o nel nord Italia. Uno stimolo in più anche per i viaggiatori sensibili a tali tematiche e, soprattutto, alla bellezza dei nostri luoghi, della nostra storia e delle nostre tradizioni. Il Salento è ricco e variegato e le sue bellezze devono essere capaci di dialogare. Tutto ovviamente con l’intento di valorizzare, oltre che proteggere, l’intero territorio con il suo patrimonio culturale e paesaggistico».

PNRR E ALTRI FINANZIAMENTI


In questo ultimo periodo sono tutti impegnati nella corsa ai finanziamenti. E voi? 


«Dall’inizio del mandato ci siamo occupati della progettazione. Partecipando a diversi bandi finanziati con fondi PNRR, abbiamo ottenuto più di 3,5 milioni di euro di finanziamenti.


Abbiamo vinto il Bando Borghi: 1,6 milioni per un intervento sistemico composto da 12 attività e strutturato su due architravi principali. Innanzitutto la realizzazione di un percorso agroecologico, quindi tutto ciò che ha a che fare con le politiche del cibo, tra cui la costruzione del Melpignano Food Lab, un centro polivalente dedicato alla ristorazione ed anche un polo culturale caratterizzato da arti visive; l’attivazione, nel nostro palazzo Marchesale, di un master, realizzato in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, quella presieduta da Carlo Petrini, che è venuto ad inaugurare il progetto, e l’Università del Salento. Quindi abbiamo messo in connessione realtà del profondo nord e del profondo sud, partendo dall’esperienza d’eccellenza realizzata nelle Langhe del Cuneese, dall’osservazione, dalla capacità di valorizzare la ricchezza principale del territorio, vale a dire le produzioni agroalimentari d’eccellenza. Un percorso universitario di grande valore che rilascia un doppio titolo, quello dell’Università delle Scienze Enogastronomiche e quello dell’Università del Salento. Abbiamo avviato la Comunità del Cibo, una serie di itinerari turistici legati alla scoperta del territorio, capaci di accogliere il visitatore, di guidarlo nei nostri vicoli, nelle nostre bellezze architettoniche, nell’esperienza del vivere un comune piccolo dell’entroterra salentino, anche in un periodo fuori stagione. Percorsi volti a far scoprire le produzioni artigianali, dal tamburello alle produzioni in pietra leccese, ed anche l’archeologia, come le cave ormai in disuso.


La seconda architrave del progetto è, invece, la realizzazione di un centro di documentazione di musica popolare. Nasce con la costruzione dell’archivio e, basandosi sul Fondo Chiriatti, punta a diventare un centro di studio di nuove produzioni artistiche, di residenze artistiche fonte d’ispirazione e di conoscenza per gli artisti del territorio e i conoscenza per studenti, studiosi, scuole e appassionati. 


Vinto un bando ministeriale di 1,2 milioni di euro per la realizzazione di un Agrinido, altro progetto d’avanguardia, che punta alla realizzazione di un centro per l’infanzia capace di rispondere alle nuove esigenze genitoriali di giovani che lavorano e che hanno necessità di orari flessibili: un centro per l’infanzia aperto fino a tardi e capace di accogliere i bambini durante tutto il giorno, una risposta importante in termini di welfare. Puntiamo, soprattutto, ad un polo per l’infanzia che sia bello, aperto e in linea di continuità con la natura, con cui mettere in connessione i bambini. Ci auguriamo possa essere un riferimento a livello educativo, capace di accogliere i nuovi studi in campo pedagogico dell’educazione all’infanzia. Il tutto connesso con università e centri di ricerca. 


Ottenuti anche finanziamenti per la digitalizzazione dei servizi offerti dal comune.


Allo stesso modo, abbiamo vinto il progetto speciale del Bando Fus (Fondo unico per lo spettacolo). 


Abbiamo avuto accesso ai finanziamenti della Regione Puglia sull’agroalimentare, riuscendo così a sostenere a far crescere la nostra rassegna Mercato del Giusto,  un momento di scambio tra cittadini e contadini all’interno della nostra piazza. Una piazza del 500, famosa, al tempo, per il mercato del sabato che accoglieva sotto i portici rinascimentali mercanti napoletani e baresi che smerciavano spezie e sete provenienti dall’Oriente. Oggi accoglie i prodotti della terra per far conoscere e scoprire a tutti qual è la filiera etica di produzione del cibo. Perché siamo abituati a prendere il cibo dagli scaffali senza pensare al lavoro, al sudore, di chi lo produce e lo coltiva, rispondendo alle logiche strozzanti delle multinazionali e svendendo il frutto del proprio lavoro. Questi sono alcuni dei progetti più importanti, in linea con il nostro programma elettorale».


Riguardo alla pianta organica degli uffici (anche per sostenere la progettazione per il PNRR) come siete messi numericamente? Avete bisogno di ulteriori assunzioni?


«Stiamo attraversando una fase in cui a fronte dei pensionamenti abbiamo difficoltà ad assumere per i vincoli di bilancio. Abbiamo la fortuna di contare su una squadra di dipendenti molto attiva e proattiva, flessibile e, soprattutto, innovativa, capace di cogliere le sfide. Avremmo bisogno di più personale: sarebbe importante e bellissimo poter contare su un ufficio di progettazione. Attualmente ci avvaliamo di progettisti e consulenti che collaborano con gli uffici, per dare priorità massima alla progettazione per accedere ai potenziali strumenti di finanziamento».


IL FUTURO


Per cosa, alla fine della sua avventura da sindaca, le piacerebbe essere ricordata?


«La politica e l’azione amministrativa prima di tutto devono essere al servizio della collettività. Cerco di agire ogni giorno nel pieno rispetto del mandato ricevuto, provando a dare l’esempio, elemento fondamentale per chiunque svolga un’azione politica ed amministrativa. Insieme alla maggioranza, costruiamo ogni giorno il percorso politico e la visione che abbiamo del nostro comune da qui a trent’anni, al di là dei mandati amministrativi, che durano molto di meno. L’obiettivo è quello di mettere in cantiere una serie di azioni capaci di costruire dei solchi, nei quali possano germogliare sempre nuovi semi, fino al raggiungimento degli obiettivi anche a lungo, lunghissimo termine».


Indossa la fascia tricolore dal settembre 2020. Nel 2026 chiederà agli elettori un secondo mandato?


«Sono concentrata sul presente, le politiche e le azioni da portare avanti. Quello deve essere l’orizzonte al quale si deve guardare. Tutto il resto verrà da sé e lo decideranno prima la sezione di cui faccio parte e poi, eventualmente, i cittadini».


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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