Attualità
«Salute e sicurezza sul lavoro resta problema irrisolto»
Infortuni e malattie professionali, preoccupano i dati del report periodico dell’Inail. Anche in provincia di Lecce. L’intervento di Donato Congedo, Segretario Territoriale Cisl Lecce

«Il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro non può e non deve registrare arretramenti di sorta. I preoccupanti numeri a nostra disposizione ci dicono che il focus deve essere mantenuto costantemente sotto i riflettori della pubblica attenzione e della pubblica sensibilità»: così Donato Congedo, Segretario Territoriale della Cisl Lecce.
Pochi giorni fa l’Inail ha pubblicato il report periodico con i dati analitici delle denunce di infortunio – nel complesso e con esito mortale – e di malattia professionale presentate all’Istituto entro il mese di febbraio 2024.
Le denunce di infortunio sul lavoro sono state 92.711 (+7,2% rispetto al febbraio 2023), 119 delle quali con esito mortale (+19,0%).
In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 14.099 (+35,6%).
Nel primo bimestre di quest’anno si registra, rispetto all’analogo periodo del 2023, un aumento delle denunce di infortunio in complesso e di quelle mortali e una crescita delle malattie professionali.
A livello nazionale i dati rilevati a febbraio di ciascun anno evidenziano, per il primo bimestre del 2024 rispetto all’analogo periodo del 2023, un incremento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati dai 74.916 del 2023 ai 79.917 del 2024 (+6,7%), e di quelli in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, da 11.567 a 12.794 (+10,6%).
Nel febbraio di quest’anno il numero delle denunce di infortuni sul lavoro ha segnato un +4,9% nella gestione Industria e servizi (dai 65.941 casi del 2023 ai 69.202 del 2024), un +6,0% in Agricoltura (da 3.579 a 3.792) e un +16,2% nel Conto Stato (da 16.963 a 19.717).
Si osservano incrementi delle denunce di infortunio in occasione di lavoro in alcuni settori produttivi tradizionalmente più rischiosi come le Costruzioni (+21,8%), la Sanità e assistenza sociale (+16,4%), il Commercio (+11,8%), il Trasporto e magazzinaggio (+9,6%) e il comparto manifatturiero (+6,5%).
NEL SALENTO
Anche nella provincia di Lecce il trend non cambia.
Le denunce di infortunio sul lavoro registrate a febbraio 2024 sono state 319 rispetto a 268 del 2023 (+ 51).
In aumento anche le denunce di malattia professionale che passano da 98 dello scorso anno a 150 nel mese di febbraio 2024. Se si mette a confronto il bimestre gennaio-febbraio 2024 con lo stesso periodo dello scorso anno il dato è più che raddoppiato, 298 a fronte di 143.
Risulta, purtroppo, in crescita anche il dato riguardante il numero delle morti bianche.
Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto nel primo bimestre 2024 sono state 119, 19 in più rispetto alle 100 registrate nel primo bimestre 2023.
Nel Salento le vittime sono state 3 nel bimestre gennaio-febbraio 2024, mentre lo scorso anno nello stesso periodo non si era registrato alcun incidente mortale. Sul totale della regione Puglia di 7 decessi, per il bimestre gennaio-febbraio 2024, la provincia di Lecce rappresenta quasi la metà.
«Come Cisl abbiamo preso atto, positivamente, circa le prime misure adottate dal Governo in materia di prevenzione e contenimento degli infortuni sul lavoro», dichiara Congedo, «in particolare vanno nella direzione auspicata il potenziamento degli organici degli ispettori con 766 nuove assunzioni e il rafforzamento delle verifiche e dei controlli (40% in più nel 2024 rispetto al 2023). Bene anche l’introduzione di una “patente a crediti” finalizzata a qualificare le aziende ma occorre, però, individuare criteri rigorosi che tengano conto della responsabilità sociale dell’impresa, dell’applicazione dei contratti collettivi e del rispetto della disciplina su salute e sicurezza».
Secondo il segretario territoriale Cisl, «è necessario, inoltre, potenziare ulteriormente il contingente di ispettori e tecnici della prevenzione e allargare il perimetro di tutela per i grandi appalti privati, in cui è maggiore l’incidenza di manodopera, su cui vanno applicate le regole dei cantieri pubblici. E in aggiunta vanno attribuiti nuovi poteri e compiti ai Rappresentati dei Lavoratori per la Sicurezza, tutelandone le funzioni soprattutto qualora denuncino pericoli e rischi nelle fasi di lavorazione».
«Proprio per dare voce alle migliaia di delegate e delegati per la sicurezza sul lavoro, provenienti da tutta Italia», sabato 13 aprile , annuncia Donato Congedo «parteciperemo con una folta delegazione all’assemblea nazionale dei delegati Cisl per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro che si terrà a Roma presso il Pala Tiziano. Una mobilitazione, partita diverse settimane fa, con lo scopo di incalzare il Governo, sistema delle imprese, autonomie locali, affinché si dia piena attuazione alle misure adottate e corso ad altri interventi irrinunciabili per costruire una strategia nazionale organica che freni finalmente questa vergognosa scia di sangue».
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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