Calimera
Cade da scala e batte la testa: muore mamma 27enne

Una tragedia ha scosso Martignano e Calimera sul finire della scorsa settimana.
Una giovane mamma di Martignano è morta dopo una caduta che l’ha vista urtare la testa.
Era a Calimera, in un locale, al lavoro per la ditta di pulizie presso cui era regolarmente sotto contratto. All’improvviso la caduta da una scala. La donna, Giorgia Sergio il suo nome, ha battuto la testa contro un tavolino.
È stata trasportata d’urgenza a Scorrano e sottoposta ad un intervento chirurgico. Poi il trasferimento al Fazzi di Lecce, ma non c’è stato nulla da fare.
Lascia due bimbi piccoli.

Calimera
Tentato omicidio a Calimera, arrestato 30enne
Svolta nelle indagini sul tentato omicidio ai danni di Giovanni Doria dello scorso 2 ottobre

I Carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto Operativo di Lecce hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere a carico di un trentenne già detenuto in custodia cautelare presso la casa circondariale di Lecce dal 18 novembre scorso, allorquando fu tratto in arresto poiché trovato in possesso di una pistola calibro 7,65 con matricola abrasa.
La misura odierna è stata emessa dal Gip di Lecce, dott.ssa Giulia Proto, su richiesta della Procura della Repubblica di Lecce le cui indagini, condotte dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Lecce, collaborati dai militari della Compagnia di Lecce, hanno permesso di acclarare gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di tentato omicidio commesso il 2 ottobre scorso a Calimera ai danni di Giovanni Doria, 56 anni, nonché di porto abusivo di arma clandestina.
Nel corso delle indagini, la dinamica degli eventi è stata completamente ricostruita grazie alle immagini riprese dalle telecamere collocate proprio nelle immediate vicinanze del luogo in cui sono accaduti i fatti.
Ricordiamo che gli eventi si svolsero in pieno centro abitato a Calimera, nei pressi di un Bar e alla presenza di testimoni che avrebbero visto l’arrivo di un individuo a bordo di un auto che avrebbe esploso ben quattro colpi di arma da fuoco all’indirizzo di Doria, ferendolo in varie parti del corpo.
L’arresto in flagranza di reato dell’odierno indagato, avvenuto invece il 18 novembre 2022, ha consentito agli inquirenti di rinvenire anche la probabile arma del delitto.
In particolare, in quella circostanza, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce, a seguito di uno specifico servizio nella zona PIP di Surbo, hanno l’uomo a bordo di un’autovettura.
L’interessato, all’atto del controllo, è risultato essere detenuto in semilibertà, evaso dall’istituto penitenziario di Lecce: dopo aver fruito di un periodo di licenza, non aveva fatto più rientro presso la struttura carceraria, rendendosi di fatto irreperibile.
Nella circostanza l’uomo, sottoposto a perquisizione sul posto, è stato trovato in possesso di una pistola cal. 7,65 in buono stato d’uso, con matricola abrasa, con caricatore inserito contenente n. 8 cartucce, arma che teneva infilata nella cintura dei pantaloni.
L’interessato aveva con sé anche un telefono cellulare al cui interno era inserita una sim intestata ad un cittadino polacco, che risulterebbe trovarsi sul luogo del delitto il 2 ottobre 2022.
La successiva consulenza tecnica svolta sulla pistola e l’esame balistico, disposti dalla Procura della Repubblica di Lecce, hanno permesso di accertare la probabile coincidenza tra l’arma ritrovata addosso all’odierno arrestato e i bossoli delle cartucce rinvenuti la sera del 2 ottobre per ferire quasi mortalmente Doria.
Alliste
Gli ulivi e la Xylella al cinema con “Il tempo dei Giganti”
Di Davide Barletti e Lorenzo Conte, il film documentario girato anche a Lecce, Otranto ed Alliste, sulla più grave pandemia botanica del secolo. La programmazione inizia dalla Puglia con una serie di serate evento: nel Salento a Lecce, Calimera e Tricase. Per ogni biglietto venduto in sala, un euro sarà devoluto a Save the Olives, la Onlus impegnata nella salvaguardia degli ulivi monumentali e nella ricerca di nuove varietà di ulivo, produttive e resistenti alla Xylella.

Arriva al cinema giovedì 16 marzo “Il Tempo dei Giganti”, il film documentario diretto da Davide Barletti e Lorenzo Conte, prodotto da Dinamo Film e Fluid Produzioni con il contributo di Apulia Film Fund di Apulia Film Commission e Regione Puglia a valere su risorse del POR Puglia FESR-FSE 2014/2020.
Il film è stato girato tra Bari, Valle d’Itria, Alliste, Erchie, Lecce, Brindisi, Otranto e Castellana Grotte, con l’impiego di 20 unità lavorative pugliesi.
In Puglia è in corso la più grave pandemia botanica del secolo: un batterio da quarantena, Xylella Fastidiosa sta uccidendo milioni di alberi d’ulivo, stravolgendo paesaggio, economia e relazioni umane. “Il Tempo dei Giganti” narra il viaggio di Giuseppe verso la terra del padre, nella Piana degli ulivi monumentali, laddove è imminente l’arrivo dell’epidemia. Dovrà spiegare all’anziano contadino come la loro vita verrà̀ sconvolta da questo batterio invisibile, finora sconosciuto in Italia e che lentamente sta diffondendosi in Europa.
Con “Il Tempo dei Giganti” i registi Davide Barletti e Lorenzo Conte portano avanti il racconto del territorio pugliese e della sua comunità iniziato con “Italian Sud Est” (2003), proseguito con “Fine pena mai” (2008), “Diario di uno scuro” (2009) e “La guerra dei cafoni” (2017).
Il documentario è liberamente ispirato al libro di Stefano Martella “La morte dei Giganti. Il batterio Xylella e la strage degli ulivi millenari”, edito da Meltemi.
Il film, senza pregiudizi o condizionamenti, lascia spazio a opinioni scientifiche, suggestioni e storie di chi, in prima linea, cerca di fornire una visione sul futuro di un territorio devastato dalla più grave pandemia botanica del secolo.
Dopo la proiezione a ogni tappa è previsto un incontro con autori e ospiti: alla prima barese (giovedì 16 marzo), che si terrà all’AncheCinema, parteciperanno Anna Grazia Maraschio, Assessore Ambiente Regione Puglia, Patrizio Ziggiotti, Save the Olives, Nicola di Noia, Unaprol, Donato Boscia, CNR, Giovanni Melcarne e Maria Valeria Mininni, Professoressa di Urbanistica e Paesaggio Unibas.
A Lecce (venerdì 17) tra gli ospiti oltre agli autori e al produttore saranno presenti al dibattito postproiezione moderato dal giornalista Pierpaolo Lala il premio Nobel Riccardo Valentini, Leo Piccinno, Direttore del Dajs, Francesco Gioffredi, vice direttore del Quotidiano, e Roberta Bruno, dell’associazione Karadrà.
Per ogni biglietto venduto in sala, un euro sarà devoluto a Save the Olives, la Onlus impegnata nella salvaguardia degli ulivi monumentali e nella ricerca di nuove varietà di ulivo, produttive e resistenti alla Xylella.
Il film è distribuito nelle sale da Dinamo Film, società di produzione cinematografica e audiovisiva indipendente.
LE DATE NEL SALENTO
Venerdì 17 marzo, ore 21 DB d’Essai Cinema e Teatro LECCE
Sabato 18 marzo, Cinema Elio CALIMERA
Giovedì 23 marzo, Cinema Paradiso TRICASE
Calimera
Ciao Leo, ci mancheranno le tue noccioline
La scomparsa di Leo, nipote di Nicola Di Mitri, noto venditore di noccioline di Calimera

di Rocco Boccadamo
Tramite un post dell’amico fb Biagio Fersini, ho appreso che Leo, notato per l’ultima volta a Castro qualche domenica mattina fa, non c’è più.
Provo sinceramente rimpianto, giacché è venuta a mancare una figura in certo qual modo famigliare da decenni. Nello stesso tempo, però, coltivo la speranza che Leo, insieme con i suoi cari che l’hanno preceduto nel viaggio, fra cui Rita, mia amica di adolescenza e prima giovinezza, seguiterà, anche da lassù, a partecipare idealmente, dietro la sua mitica baracca di vendita, a tutte le feste patronali del Salento e specialmente, a convenire ogni domenica mattina a Castro, nella piazzetta del Castello Aragonese.
In suo ricordo, propongo, di seguito, una narrazione da me già dedicata alla famiglia Di Mitri.
Ciao, Leo.
Una storia salentina: fra Calimera e Marittima, saga dei “nuciddrari“
Esistono nel Salento due località, distinte e anche un po’ distanti, che però formano un tutt’uno ai fini dell’ambientazione, dello scenario naturale e delle radici della semplice, antica e ancora viva storia proposta in queste righe.
La prima è Calimera, buongiorno in greco, uno dei nove paesi, in un certo senso il cuore, della Grecìa Salentina, insieme di comunità e tradizioni ormai assurto a notorietà internazionale, se non addirittura mondiale, sia per il particolare e straordinario substrato di cultura di cui si trova permeato, sia per talune eccezionali manifestazioni folcloristiche e di spettacolo, a cominciare dalla pizzica o ballo della taranta.
L’altra è Marittima, luogo di nascita di chi scrive, piccolo e ameno paese del Sud Salento, a ridosso di una costiera rocciosa assai affascinante e carica di magici richiami e con affaccio su distese d’onde che si snodano in un’autentica miriade di colori e sfumature: come dire, un sublime abbinamento fra natura e i più delicati profumi che possano immaginarsi e gustarsi.
Nella popolazione di Calimera è abbastanza diffuso il cognome Di Mitri.
Immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, intorno al 1948-1950, arrivò a stabilirsi a Marittima, in una modesta abitazione ubicata dietro la chiesa e presa in affitto, un omone sui cinquantacinque/sessanta anni, tanto robusto quanto cordiale e buono, originario giustappunto di Calimera, tale Nicola Di Mitri, esercitante un duplice mestiere. Venditore di nocciole, arachidi, mandorle, ceci e fave abbrustoliti, semini, datteri e castagne; inoltre, acquirente di uova fresche (in dialetto, perciò, “ovaluro”) direttamente dalle famiglie, in partite singole minute, finanche minime, in rapporto al numero di galline che ogni nucleo possedeva, uova che poi rivendeva all’ingrosso a industrie dolciarie.
Nella nuova residenza, il buon Nicola soggiornava spesso da solo, provvedendo quindi anche alla cucina e alle faccende domestiche, mentre saltuariamente era raggiunto dai familiari, vale a dire dalla moglie (ricordo il nome, Lucia) e/o da gruppi dei numerosi figli e figlie (mi vengono a mente Biagio, Gino e l’ultimogenita Rita), i quali lo coadiuvavano nell’attività di “nuciddraro”.
In realtà, la sua non era per niente una vita stanziale, bensì un girovagare pressoché quotidiano, specie durante le stagioni miti, fra tutti i centri – cittadine, paesi e paesini – del Salento, nelle ricorrenze delle festività patronali e paesane in genere.
Si spostava mediante un traino, dalle altissime ruote a raggi, tirato da un prestante cavallo, attrezzato di cavalletti e assi di legno con cui allestiva la sua bancarella, di lampade ad acetilene, bilance e una cassettina di legno dove riporre gli incassi. E, infine, fornito di una serie di sacchi e sacchetti di iuta e di cartone ricolmi dei vari prodotti (sapientemente mantenuti tiepidi grazie a strati di teli di iuta e di coperte incerate che li ricoprivano durante i viaggi), venduti agli avventori nei classici piccoli cartocci di colore marrone.
Rammento un particolare: mandorle, nocciole, arachidi e la restante frutta secca erano tostate con un procedimento naturale, lento ed efficace, all’interno di un vano in pietra, detto fornello, che sovrastava ciascuno dei tre forni a legna, per la cottura del pane, esistenti e attivi nel paese. Nicola riponeva a rotazione la sua mercanzia nel fornello e la ritirava tranquillamente bella e pronta dopo alcuni giorni: niente lucchetti, niente porte chiuse a chiave, bastava solo l’occhio della fornaia perché tutto restasse integro al suo posto, fino all’ultimo semino. Davvero altri tempi!
Con una bancarella a parte, più piccola, girava per le feste anche un fratello di Nicola, Brizio: si potrebbe parlare, quindi, di una vera e propria piccola dinastia di “nuciddrari”. Da notare che in tutte le località che raggiungeva, Nicola, grazie alla sua lunga storia di commerciante e alla stima di cui godeva diffusamente, occupava con la sua baracca invariabilmente il posto più centrale e ambito, attiguo alla “cassarmonica” su cui si esibivano le bande musicali, un punto dove la gente presente alla festa o transitava o si fermava.
In verità, di venditori di noccioline, a parte Nicola (e il fratello), n’esistevano altri, ma quella bancarella emanava una sorta di speciale attrazione, quasi che fosse una calamita, sia per la simpatia della persona, sia per la buona qualità della merce. Nei saltuari spazi tra una festa e l’altra, Nicola – il quale, è bene ricordarlo, doveva mantenere una famiglia assai numerosa, anche se taluni membri gli davano una mano – a cavallo di una vecchia bicicletta e con due grosse ceste di vimini appese ai lati del manubrio, girava, più spesso a piedi e raramente inforcando il mezzo, per le strade e i vicoli di Marittima, richiamando l’attenzione dei residenti con la sua voce possente:” Ove, ci teneove!”. A ogni sosta o incontro con i paesani d’elezione, un saluto cordiale, una piccola chiacchiera.
Chi scrive, da piccolo, la domenica mattina era solito sostare accanto alla baracca di Nicola e ascoltava i suoi discorsi con gli acquirenti, talvolta fatti anche di confidenze e particolari circa i risultati del suo lavoro e le sue sostanze finanziarie. Di quei tempi, il massimo, come ricchezza, in un piccolo centro del sud, si considerava il possesso di una somma pari a un milione di lire; ebbene, un giorno, ricordo nitidamente, mentre si discorreva sul tema, il bravo “nuciddraro” ebbe a confessare che, se non avesse dovuto far fronte ad alcuni gravosi esborsi per ragioni di salute in famiglia, anche lui sarebbe arrivato a possedere il mitico milione di lire.
L’ultimogenita di Nicola, Rita, una bella e dolce ragazzona dai capelli biondo-rossi, era pressoché mia coetanea: tra noi correva una buona intesa confidenziale anche perché Rita si era innamorata, con la pudicizia dell’epoca, di un mio amico. Da allora, non l’ho mai rivista e, purtroppo, ho recentemente appreso che, pochi anni fa, ancora giovane, se n’è andata con il suo sorriso: ad ogni modo, nel mio immaginario, lei si mantiene tuttora presente e viva come la simpatica ragazza di ieri conosciuta e frequentata in tempi ricchi d’entusiasmo e appaganti, e ciò anche perché io stesso mi sento esattamente, anzi null’altro che un ragazzo di ieri.
Da più lunga pezza, il capo famiglia Nicola non abita più, né a Marittima, né a Calimera; probabilmente, anzi ne sono pressoché sicuro, è salito a vendere noccioline e ad acquistare uova nel villaggio degli angeli, con la sua bancarella allestita tra esclusive luminarie di fichidindia e in prossimità di un tendone di arcobaleni. Per chi è rimasto, la realtà bella e, diciamo così, miracolosa è che, in ogni caso, questa saga familiare continua a distanza di oltre mezzo secolo: nelle feste paesane che resistono e cui mi capita di avvicinarmi, ritrovo, infatti, allestita al solito nel posto migliore e con la mercanzia più gustosa, la baracca dei Di Mitri, con Gino, il giovane dei miei ricordi, e suo figlio Leo intenti a vendere.
Certo, ora, essi non si muovono con il traino, sostituito man mano da un moto furgoncino, un camioncino sino all’ultimo comodo furgone, ma, per il resto, la scena e il rito sono immutati. Oltre che nelle feste, incontro Gino e Leo, con la bancarella, puntualmente la domenica mattina nell’affascinante piazzetta di Castro città e, ogni volta, è per me come fare un bagno nella distesa frizzante e profumata della fanciullezza. Di fronte, il fantastico spettacolo del Canale d’Otranto e spesso le montagne dell’Albania come sfondo. Può essere uno spunto, a beneficio dei lettori, per eventuali partecipazioni alle feste paesane del territorio salentino e per una visita a Castro?
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