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Attualità

L’accoglienza il dono pasquale più bello

Ed anche un dovere! Chi accoglie aiuta e responsabilizza l’ospite affinché la vita nel Paese ospitante non sia quella di un questuante ma di una persona parte attiva della comunità

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di Hervé Cavallera


I tragici eventi che stiamo vivendo con la guerra tra Russi ed Ucraini pongono, di là dagli sviluppi stessi del conflitto, una serie di problemi che ci riguardano a partire dalle conseguenze delle sanzioni economiche che si ripercuotono, pur essendo rivolte alla Russia, su una economia, come la nostra, carente di fonti energetiche.


Ma il primo problema da discutere è quello della necessaria accoglienza dei profughi.


Il concetto di accoglienza, lo si dovrebbe sapere assai bene considerata la presenza di molta gente proveniente dal continente africano, non implica solo l’immediata soddisfazione dei bisogni primari (nutrizione, controlli medici, igiene ecc.), ma anche una graduale integrazione nel tessuto sociale che raccoglie i profughi.


E questo è un aspetto complesso che richiede una serie di servizi che vanno dall’insegnamento della lingua e della cultura del paese ospitante ad un inserimento nel mondo del lavoro.


In altri termini, è il processo formativo vero e proprio che comporta una conoscenza di modi di vita, regole, contenuti per poter poi di conseguenza vivere autonomamente e correttamente.


Un processo che non sempre si è stati in grado di compiere in maniera adeguata, non essendo infatti pervenuti, riguardo agli Africani, ad una completa conoscenza della situazione esistenziale degli immigrati.


Ora, a fine marzo i profughi ucraini in Italia erano sugli Ottantamila (decine e decine nel Salento) e il governo italiano prevede un assegno di mantenimento mentre le autorità ucraine richiedono che la gestione dei profughi sia affidata ad organizzazioni volte ad una assistenza temporanea, nella speranza che essi possano, in tempi relativamente brevi, tornare in patria.


Naturalmente non si può che auspicare, proprio in occasione della Pasqua che abbraccia tutti i cristiani, cattolici od ortodossi che siano, sia la pace sia un ritorno ad una vita serena con i propri cari nella propria terra.

Ma ciò è chiaramente difficile e per il perdurare del conflitto e perché, dopo una guerra, nulla è più come prima.


Città ridotte a rovine e il numero dei morti fanno non solo pensare che la ricostruzione, quando inizierà, non potrà che essere faticosa e lenta, ma fanno ben capire che, per tanti, dei propri cari e dei propri beni non è rimasto alcunché. E allora il ritorno diventa veramente difficile, permanendo solo nei cuori lo strazio indicibile per un mondo perduto.


La tragedia è anche questa, quella che i profughi portano nel loro cuore in una fuga disperata che ha visto travolgere tutto quello che loro e i loro antenati avevano costruito.


Di qui la necessità di rendersi conto con estrema lucidità che l’accoglienza non potrà né essere breve né asettica in quanto dovrà farsi carico di una serie di problemi legati alla condizione umana dei profughi. Infatti, se per le persone provenienti dal continente africano la scelta dell’Italia o di altri paesi europei è scaturita in molti dalla convinzione di inserirsi in una realtà sociale migliore, nel caso degli Ucraini si tratta di una fuga forzata, legata alla sopravvivenza.


Ciò significa, in una generalizzazione che in questa sede deve essere per forza tale, che se coloro che sono sbarcati dal mare in Italia hanno creduto, a ragione o a torto qui non importa, di giungere in una realtà che avrebbe loro garantito condizioni migliori di vita, gli Ucraini fuggiaschi hanno dentro di loro un passato perduto, un presente straziante e un futuro incognito più che mai.


Quanti vorranno e potranno tornare a casa? Quanti cercheranno di rimanere nel Paese ospitante cercando di ricostruire una vita? Nessuno può con certezza rispondere a tali domande, neanche gli stessi protagonisti dell’esodo. Ne viene fuori pertanto una situazione di completa incertezza con cui occorre fare i conti pur nella speranza che la guerra termini e la Pasqua possa segnare, se non una vera e propria risurrezione, l’inizio di una rinascita.


Al presente, quindi, occorre che non solo istituzioni benemerite come la Caritas ma gli stessi diversi livelli politici (Regione, Provincia e così via) prospettino e realizzino una serie di servizi che assicurino non solo sussistenza, ma anche l’integrazione dei profughi. In quanto cittadini europei e soprattutto in quanto esseri umani, coloro che vengono accolti devono essere messi in condizione di poter vivere responsabilmente, tenendo conto che i piccoli in particolare devono essere educati.


Chi accoglie, infatti, facendosi carico dell’ospite, lo aiuta e lo responsabilizza affinché la vita nel Paese ospitante non sia quella di un questuante ma di una persona che fa parte veramente attiva della comunità. E questo è forse il dono pasquale (e insieme il dovere) più bello che si possa offrire ad un esule.


Attualità

La piccola Carolina premiata con il “Salvo D’Acquisto”

Premiata dalla Fondazione di Comunità del Salento con il titolo di socia onoraria, la piccola, 10 anni, riceverà il premio che porta il nome del vicebrigadiere che il 23 settembre 1943 sacrificò la sua vita per salvare 22 civili innocenti

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Ci sono alcuni gesti di solidarietà che non smettono di dare frutto, come dimostra la storia di Carolina Verri, la bambina salentina di 10 anni, che ha scelto di donare i soldi dei regali per la sua Prima Comunione alla Gelateria Sociale Defriscu per far degustare gratuitamente gelati alle famiglie bisognose di Lecce, gelati preparati grazie al lavoro delle ragazze e dei ragazzi con Sindrome di Down dell’Associazione “Possiamo “.

Quell’ atto d’amore per il prossimo ha travalicato i confini locali.

Infatti, la Fondazione di Comunità del Salento è lieta di annunciare che Carolina riceverà nel weekend tra il 21 e 22 settembre p.v., a Maccarese, presso il Museo del Saxofono, il Premio Salvo D’Aquisto dedicato a chi antepone con gesti concreti il benessere della comunità al proprio.

Ideato da Marco Tortorici e dal Maestro Attilio Berni, organizzato dalla Farmacia Sociale S. D’Acquisto di Palidoro in collaborazione con il Museo del Saxofono di Maccarese, la Biblioteca dei Piccoli e l’Ecomuseo del Litorale Romano, il Premio Salvo D’Acquisto, dedicato a chi si distingue per atti di altruismo e solidarietà, rappresenta un riconoscimento importante per Carolina e per la stessa Fondazione di Comunità. Il suo gesto, semplice ma profondo, incarna perfettamente i valori che il premio intende valorizzare: la cura del sociale attraverso l’attenzione e l’interesse per gli altri provando a mettere al bando l’indifferenza che è una delle prime cause del malessere delle nostre comunità.

«In qualità di presidente della Fondazione di Comunità del Salento non posso negare l’emozione per questo riconoscimento che riguarda l’azione del nostro Ente che è riuscito a toccare il cuore di Carolina e che ha dato senso al nostro agire illuminando il nostro cammino»,  afferma Ada Chirizzi, presidente della FdC del Salento, «quel gesto così delicato, effettuato nel silenzio proprio di ogni azione solidale, è assurto agli onori della cronaca perché le generosità è contagiosa, tracima gli argini della discrezione e si autoalimenta della sua stessa energia positiva. La storia di Carolina è la dimostrazione che l’impegno per il bene comune, per la solidarietà e per l’inclusione, non è solo un ideale astratto ma una realtà viva e pulsante nel cuore della società.».

Premiata dalla Fondazione di Comunità del Salento con il titolo di socia onoraria, Carolina riceverà il premio che porta il nome del vicebrigadiere che il 23 settembre 1943 sacrificò la sua vita per salvare 22 civili innocenti.

Carolina nelle settimane scorse è stata ricevuta dall’ Arcivescovo Metropolita di Lecce, Mons. Michele Seccia, che è rimasto profondamente toccato da quel gesto. Ricordiamo infatti che è stata la Caritas Diocesana ad occuparsi della distribuzione dei coupon alle famiglie bisognose del territorio.

«Carolina ci ha insegnato che la generosità non ha età e che ognuno di noi, con piccoli gesti quotidiani, può fare la differenza», afferma Marco Tortorici, ideatore del premio, «siamo onorati di conferire questo premio a Carolina perché il suo esempio ci spinge a continuare a lavorare con passione e determinazione per costruire una società più giusta e più solidale».

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Appuntamenti

Quarantasei anni in un battito d’ali

I giovani Aquilotti del Corso Urano 3 dell’aeronautica militare del 21 settembre 1978 si ritroveranno sabato prossimo nella Scuola di Volo di Galatina, la casa di tutte le giovani aquile

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Ci sono storie che non finiscono e altre storie che sfidano il tempo.

Ci sono storie, invece che non finiscono e che, sfidando ancora il tempo, fanno emergere legami indissolubili che si intrecciano con i sogni e con l’amicizia, con la condivisione di ogni istante vissuto insieme.

Una di queste storie ci riporta al 21 settembre del 1978, quando iniziò il cammino del Corso Urano 3.

Quel giorno segnò l’inizio di una straordinaria avventura che continua ancora oggi creare emozioni nuove che fanno battere i cuori di chi è stato protagonista.

Tutto inizia da un sogno comune, da una comune passione: entrare a far parte, come ufficiali, della grande famiglia dell’Aeronautica Militare.

In quegli anni, il concorso di ammissione selezionava i candidati tra piloti ed ingegneri ma, anche se distinti in questa tipicità, un unico sogno accomunava tutti quei ragazzi: la passione per il volo e, per il volo militare.

Circa 150 giovani, pieni di entusiasmo e speranze, superarono le rigide selezioni e, armati dei soi indumenti indossati in quel fatidico giorno, varcarono il cancello dell’Accademia Aeronautica ed intrapresero il lungo e impegnativo percorso verso il cielo, verso quell’ideale di libertà, servizio e responsabilità che rappresenta l’essenza dell’Aeronautica.

Furono quattro intensi anni in cui questi giovani vissero, studiarono e si formarono all’Accademia Aeronautica di Pozzuoli. Ogni giorno è stata per loro una sfida, ogni lezione un passo più vicino al sogno, ogni delusione un motivo per non cedere e crescere insieme, supportandosi tra le difficoltà e il puro cameratismo. Ma, più di tutto, si forgiò l’amicizia col crescere e condividere ogni istante in quei corridoi, nelle aule, durante le notti insonni passate a immaginare il futuro. Il legame che si è creato tra loro non si è nutrito solo della condivisione degli stessi obiettivi, ma su un’alleanza profonda, forgiata tra mille difficoltà e successi.

Dopo quegli anni, è giunto il momento di dividersi. Alcuni sono partiti per le scuole di volo negli Stati Uniti, altri in Canada, altri ancora per la scuola dei pinguini di Lecce. Ognuno in tasca e nel cuore ha avuto il comune compito: completare il percorso che li avrebbe portati a diventare piloti. Anche gli ingegneri, seppur in un cammino diverso, si trovarono a proseguire il loro viaggio verso la realizzazione professionale, gli continuando a Napoli il percorso universitario, strenui rappresentanti del corso, guida per i corsi futuri…

Nonostante la distanza, quell’amore fraterno, quella comunione di sogni e fatica, non si è mai spezzata.

Al contrario, l’amore per il cielo e la missione comune ha continuato a legare tra loro i sentimenti di tutti i membri del Corso Urano 3, come un filo invisibile che attraversa gli anni e le distanze.

Esattamente 46 anni dopo, sabato 21 settembre di quest’anno, gli “Urano terzo” si ritroveranno nella Scuola di Volo di Galatina, la casa di tutte le giovani aquile. Galatina, che ha visto nascere tanti sogni di volo, li accoglie ancora una volta, come un porto sicuro dove il tempo sembra essersi fermato.

Sarà un ritorno a casa, un momento per tornare ragazzi, per rivivere negli occhi e nei cuori le emozioni di una vita trascorsa tra cielo e aerei.

Tuttavia, sebbene sembri che il tempo non sia passato, la Scuola di Volo di Galatina ha vissuto un’evoluzione straordinaria. Oggi, questa base è motivo di orgoglio non solo per l’Aeronautica Militare Italiana, ma anche per chi, come gli “Urano terzo”, torna a passeggiare su quelle piste e tra quegli hangar, ricordando com’era un tempo il loro addestramento.

Vedere quanto Galatina si sia trasformata, diventando un’eccellenza mondiale e un centro tecnologico all’avanguardia, suscita un profondo senso di fierezza in chi ha contribuito a forgiare quella tradizione.

Così camminando tra le strutture moderne, ridendo e ricordando le giornate trascorse in quegli hangar, i ragazzi dell’Urano 3 potranno ammirare non solo il cambiamento, ma anche la continuità di una tradizione che loro stessi hanno contribuito a costruire.

Ogni risata, ogni racconto, diventa una testimonianza viva di quanto siano rimasti legati a quell’esperienza unica, e di come quella base, che è stata casa per loro tanti anni fa, continui a far crescere generazioni di piloti con la stessa passione e dedizione.

In questo incontro, ancora come allora, gli sguardi si incroceranno di nuovo, i sorrisi saranno quelli di sempre, ma con la profondità ed intensità che solo il tempo può dare. Perché, alla fine, ci sono storie che non finiscono.

E la storia del Corso Urano 3 è una di queste. Una storia che vive nei ricordi, che continua a battere nei cuori, e che il 21 settembre, nel Salento, tornerà a volare alta nel cielo, come se quegli anni non fossero mai passati.

Le vite, certo, sono andate avanti. Alcuni non ci sono più, ma vivono vividi nei ricordi, negli occhi e nei cuori di chi ha condiviso con loro i momenti più intensi della giovinezza, nei sorrisi che emergono quando si rievocano le vecchie storie. Perché, anche se il tempo passa, quei volti, quelle presenze, non svaniscono mai veramente. Così intense e forti tanto che si possono risentire le voci nel cuore e nella mente dei nostri “Uranidi”.

Ogni volta che si sfiorano le mani di questi uomini, la vita torna indietro annullando le distanze e le rughe accumulate nel tempo. Non c’è traccia di stanchezza nelle voci, che si riempiono ancora di quella stessa energia giovanile. I 46 anni trascorsi sembrano un battito di ciglia, un soffio che non è riuscito a scalfire la loro amicizia. Ogni incontro diventa un’occasione per vivere quel legame ancora più intensamente, come se il tempo non avesse mai davvero separato i loro cuori.

E proprio dalla Base di Galatina che le risate dei ricordi riempiranno l’aria, come un eco lontano che ritorna vivido e presente. Le uscite insieme, gli scherzi, i racconti divertenti di quei giorni in Accademia o durante le esercitazioni di volo, tutto riaffiora come pagine di un libro a colori. E non è un libro qualunque, è uno di quelli che prende vita a ogni riga, trasformandosi in un film che scorre davanti agli occhi. Ogni racconto, ogni aneddoto condiviso sembra proiettarsi su uno schermo invisibile, dove le scene del passato si mescolano ai volti del presente. Lì, tra le risate, le battute e i sorrisi, si rivedono giovani, carichi di sogni, pronti a conquistare il cielo.

Ogni abbraccio, ogni parola è un ritorno a quel luogo magico dove tutto è iniziato. Le voci risuonano forti e chiare, le mani si stringono con la stessa forza di allora, come a voler trattenere per un istante quel senso di eternità che solo l’amicizia può dare. Ogni incontro come quello di quest’anno non è solo un ricordo del passato, ma una celebrazione del presente, di ciò che sono diventati, di ciò che hanno vissuto e di ciò che, ancora oggi, condividono.

E così, mentre le risate si mescolano alle emozioni, quei 46 anni si dissolvono, lasciando spazio a un unico grande respiro comune. Un respiro che attraversa il tempo e lo spazio, portando con sé l’essenza di una storia che non smetterà mai di esistere. Una storia che continua a vivere in ogni sorriso, in ogni sguardo, in ogni stretta di mano.

Una storia che, come un volo che non termina mai, rimane sospesa nel cielo, pronta a essere vissuta ancora, ogni volta più intensamente.

Federica D’Accolti

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Attualità

Un poeta salentino tra i vincitori della Biennale di Arte, Letteratura e Teatro di Sondrio

Con il “Libro del Fuoco”, la sua raccolta poetica di esordio; l’opera rappresenta la seconda parte di un più vasto poema in corso di composizione, intitolato “E S S E”

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Un poeta salentino con la sua opera prima è tra i vincitori della Biennale di Arte, Letteratura e Teatro di Sondrio, sezione “Volumi editi di Poesia“.

Si tratta di Massimo Monteduro, con la silloge intitolata “E S S E – Libro del Fuoco“.

Monteduro è professore ordinario di diritto amministrativo nell’Università del Salento e avvocato.

Originario del Capo di Leuca, vive a Lecce. Appassionato di poesia sin da bambino, ha vinto nel 1992 il Certamen Horatianum e il Premio di Poesia “Luigi De Donno”.

Il “Libro del Fuoco” è la sua raccolta poetica di esordio, pubblicata nel 2024 da RPlibri nella Collana “Poesia”; l’opera rappresenta la seconda parte di un più vasto poema in corso di composizione, intitolato “E S S E“.

La selezione dei vincitori della Biennale di Sondrio per le opere poetiche e letterarie è il frutto di una valutazione svolta, a seguito di un bando nazionale, da quattro giurie: la Giuria della Stampa, con giornalisti e critici letterari; la Giuria dei Social, con personalità del web; la Giuria del Pubblico, con numerosi lettori; la Giuria Tecnica, con scrittori, poeti e accademici, che ha espresso la valutazione finale.

Il “Libro del Fuoco” sarà presentato a Sondrio durante la Biennale, che si svolgerà dal 4 al 13 ottobre.

 

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