Cronaca
Sfruttati sotto il sole cocente
Prendevano 1,40 euro per quintale di angurie raccolte ed erano sottoposti a condizioni di vita degradanti poiché erano alloggiati in un struttura fatiscente nelle campagne. Arrestato aguzzino
Mentre tutta Italia (ed anche l’Europa) continua a discutere di porti aperti o porti chiusi, i problemi reali restano immutati.
Come lo scandalo del caporalato, “male” che non ci è stato certo portato via mare ma che, evidentemente, ci appartiene.
Vale anche la pena ricordare per ogni extracomunitario sfruttato per tutte quelle ore, e sottopagato, ognuno di noi autoctoni perde in automatico quei diritti sul lavoro con tanta fatica conquistati negli anni.
Perché personaggi come A.L., 37 anni, imprenditore agricolo arrestato a Nardò, per Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro si guarderanno sempre bene dallo scegliere chi chiederà loro una paga equa per una giusta giornata di lavoro.
Si è conclusa una delicata ed articolata attività investigativa finalizzata alla prevenzione e al contrasto dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603 – Bis del codice penale).
Già dalla metà di giugno, al fine di monitorare e contrastare il fenomeno, il Comando Provinciale dei Carabinieri di Lecce aveva opportunamente costituito una task force composta da militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo, personale delle Stazioni Carabinieri con l’ausilio di personale specializzato del N.I.L. (Nucleo Ispettorato Carabinieri) di Lecce.
La task force opera in tutta la provincia di Lecce, con una particolare attenzione al territorio neretino, particolarmente interessato in questo periodo dell’anno in cui si effettua la raccolta delle angurie.
Ieri, i militari operanti hanno tratto in arresto, nella flagranza del reato, per i quali gli stessi hanno raccolto elementi in relazione allo sfruttamento della manodopera, A.L., 37 anni, neretino, incensurato, presidente del Consiglio di Amministrazione di un’azienda agricola del luogo, che si occupa per l’appunto dell’impianto, cura e raccolta orticola (quindi in questo caso è stato tratto in arresto il datore di lavoro, che non può definirsi caporale).
Il datore di lavoro, come dimostrato dalle accurate indagini svolte nell’arco di più giorni, ha assunto ed impiegato cinque braccianti agricoli di nazionalità tunisina, con regolare permesso di soggiorno, approfittando del loro stato di bisogno (tutti monoreddito con famiglie a carico) sottoponendole a condizioni di lavoro che rientrano nelle condizioni di sfruttamento previste dalla normativa.
Nel dettaglio i carabinieri, mediante ripetuti servizi di osservazione, controllo e pedinamento hanno documentato le condizioni lavorative con videoriprese e fotografie, prove documentali e dichiarazioni dei braccianti.
Hanno accertato che gli operai avevano prestato ininterrottamente attività lavorativa per la raccolta angurie su taluni fondi agricoli di Nardò dal 17giugno al 2 luglio, per 10 ore lavorative giornaliere, con una retribuzione per tariffa a cottimo (euro 1,40 per quintale angurie raccolte), dunque in violazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali, non rispettando peraltro l’ordinanza sindacale del Comune neretino, in virtù della quale è proibito lavorare sui campi agricoli dalle ore 12,30 alle ore 16,30, nel periodo compreso dal 21 giugno al 31 luglio
I carabinieri hanno accertato altresì il mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro: i braccianti prestavano la propria attività lavorativa senza aver ricevuto alcun dispositivo di protezione individuale (guanti, scarpe, pantaloni anti strappo etc.), anzi erano costretti dalle circostanze a procurarseli autonomamente; con la totale mancanza di bagni chimici nei luoghi di lavoro, sottoposizione visita medica e corsi di formazione ed informazione.
Uno dei braccianti, infatti, ha confessato di aver subito qualche giorno fa uno strappo muscolare alla schiena.
Si è accertato anche che i lavoratori dimoravano presso una masseria di Nardò, di proprietà del padre dell’arrestato, pertanto strumentale allo sfruttamento, in una situazione alloggiativa degradante e pericolosa per la loro incolumità fisica.
L’immobile è stato sottoposto a sequestro preventivo con ausilio di personale dello SPESAL di Lecce. Mediante perquisizione veicolare, infine, i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato un documento di tre pagine scritto con un computer, riportante le varie giornate lavorative e la metodologia di pagamento, ovvero a cottimo, unitamente ad un quaderno adibito a libro paga dei braccianti.
L’arrestato, dopo le formalità di rito, è stato tradotto presso la propria abitazione, al regime di arresti domiciliari a disposizione del Sostituto Procuratore di Turno presso la Procura della Repubblica di Lecce.
Cronaca
Quattro arresti e maxi-sequestro di droga
Gli agenti della Squadra Mobile avevano notato movimenti anomali nei pressi di un’abitazione di Tuglie, con l’arrivo ravvicinato di più veicoli e persone che entravano ed uscivano dall’immobile in tempi molto brevi
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Rilevante operazione antidroga che ha portato all’arresto di quattro persone (due pregiudicati e due incensurati) e al sequestro di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti.
Nel pomeriggio, personale della Squadra Mobile, impegnato in attività di vigilanza e prevenzione, ha notato movimenti anomali nei pressi di un’abitazione di Tuglie, con l’arrivo ravvicinato di più veicoli e persone che entravano ed uscivano dall’immobile in tempi molto brevi.
Il comportamento osservato, unito all’atteggiamento guardingo dei soggetti e alla presenza di individui già noti alle forze dell’ordine, ha insospettito gli operatori, che hanno deciso di procedere a un controllo più approfondito.
All’uscita dall’abitazione, i quattro uomini sono stati fermanti e identificati, quindi informati delle operazioni di polizia in corso.
La successiva perquisizione personale e domiciliare, ha dato esito positivo.
All’interno dell’abitazione sono stati rinvenuti, nascosti in diversi ambienti: oltre 14 chilogrammi di hashish, suddivisi in numerosi panetti; circa 230 grammi di cocaina; bilancini elettronici e materiale per il confezionamento; denaro contante, ritenuto provento dell’attività di spaccio.
L’ingente quantitativo di droga sequestrata, unitamente alle modalità di occultamento e frazionamento, ha fatto emergere un’attività di spaccio pronta a rifornire il mercato illecito locale e provinciale.
Le verifiche sono state estese anche ai veicoli e ai domicili dei coinvolti, consentendo di recuperare ulteriore sostanza stupefacente.
Al termine degli accertamenti, i quattro uomini sono stati condotti presso la Questura di Lecce per gli adempimenti di rito.
Su disposizione del Pubblico Ministero di turno della Procura della Repubblica di Lecce, gli stessi sono stati arrestati in flagranza e associati presso la Casa Circondariale di Lecce – Borgo San Nicola, in attesa di convalida.
Cronaca
Le raccomandate a Ruffano… vanno di fretta
Disagio comune. «Lasciano avvisi di giacenza senza citofonare. Ritirare la busta verde diventa un’impresa ed una corsa contro la decorrenza dei termini»
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Cinema e letteratura del secolo scorso ci hanno insegnato che “il postino suona sempre due volte”. Non a Ruffano.
Oggi riavvolgiamo il nastro delle diverse segnalazioni assonanti, arrivateci in merito ad un disagio non da poco che riguarda la (mancata) consegna di lettere raccomandate.
La storia, nei racconti dei cittadini, è quasi sempre la stessa.
Quello che quindi inizialmente appariva un episodio (singolo o fortuito) diventa, alla quinta testimonianza raccolta, prassi. Fa notizia.
Torniamo sui nostri passi. Ricontattiamo quanti ci avevano nel tempo lanciato le singole segnalazioni.
Chiediamo in giro. Rimettiamo assieme. Ed ecco il puzzle che si compone.
«Mi è capitato più volte, recentemente, di ritrovarmi con degli avvisi di giacenza di raccomandate di varia natura. Ma dato che di rado in casa nostra non c’è nessuno», racconta una nostra lettrice che abita in zona Grotta, «ho iniziato a fare attenzione a questa cosa, per poi scoprire che l’addetto alla consegna va via senza nemmeno citofonare».
«Ogni volta la stessa storia», spiega un altro cittadino, «non provano nemmeno a suonare al campanello, ho imparato a riconoscere il suono del motore, per correre alla porta prima che vadano via».
Il disagio non è da poco. Lo si evince chiaramente dalla testimonianza di un’altra nostra lettrice, che ha difficoltà nel recuperare le buste verdi che non le vengono consegnate brevi manu: «È una costante. Lasciano ogni volta una ricevuta di mancata consegna nella buca delle lettere. A quel punto si è costretti ad andare in ufficio postale a ritirare la comunicazione. Ma diventa un’impresa: qui a Ruffano le Poste sono chiuse nel pomeriggio e la mattina ci sono dozzine di persone in fila. Da quando l’ufficio postale è stato trasferito nella sede provvisoria (NdR, a seguito della dichiarata inagibilità del vecchio ufficio di piazza IV Novembre) le code sono all’ordine del giorno. In pratica, per ritirare una raccomandata si perde una mattinata intera».
Stessa situazione per una vicina di casa della signora di prima: «Io ho beccato la responsabile mentre stampava la ricevuta di mancata consegna senza nemmeno avvicinarsi a casa. Non era la prima volta e gliene ho cantate quattro», ammette, «ma ha mentito spudoratamente, negando quanto stava facendo».
Un altro testimone, un pensionato che abita in centro, spiega che «è una storia vecchia. Con più persone parlerete, più gente troverete a raccontarvi la stessa cosa».
Le ragioni per cui tutto questo accade non sono note, ma forse non sono difficili da ipotizzare. Più d’uno dei nostri intervistati concorda nel dire che «è un modo per guadagnare tempo: stampare una ricevuta di mancata consegna è molto più rapido che suonare un campanello ed attendere che il destinatario si palesi ed apponga una firma».
Le conseguenze sono invece ben chiare: ritrovarsi un avviso di giacenza fa decorrere una serie di termini. La famosa busta verde, che può contenere importanti comunicazioni così come atti giudiziari o amministrativi, se non ritirata entro i giorni stabiliti dalla legge torna al mittente, ma gli effetti del suo contenuto non decadono.
Al contrario, vi possono essere ricadute legali che il destinatario ignorerà.
La fotografia di questa situazione è tutta nella narrazione di uno dei testimoni precedentemente intervenuti: «È una situazione inverosimile. Una beffa. All’orario in cui passano per le consegne nella mia zona, nel primo pomeriggio, io sono in casa, ormai rientrato dal lavoro. Invece negli orari di apertura dell’ufficio postale non sono quasi mai a Ruffano, ed ho sempre difficoltà a ritirare le raccomandate».
Lorenzo Zito
Casarano
Con un drone tentano di calare droga e telefoni in carcere. Intercettati
Il drone, ancora acceso e munito di videocamera frontale, era collegato mediante fili di nylon a involucri contenenti sostanza verosimilmente stupefacente e numerosi dispositivi elettronici….
Prosegue l’azione di contrasto dei Carabinieri al fenomeno dell’introduzione illecita di sostanze stupefacenti e oggetti proibiti all’interno degli istituti penitenziari, fenomeno che si avvale sempre più spesso dell’utilizzo di droni tecnologicamente sofisticati.
Nella serata di ieri, è stato intercettato un drone in volo nelle immediate vicinanze di un noto esercizio commerciale, in un’area compatibile con una possibile rotta diretta verso il carcere di Borgo San Nicola.
L’intervento dei militari del NORM di Lecce ha consentito di bloccare il velivolo e recuperare il carico trasportato, evitando che il materiale illecito potesse raggiungere il carcere.
Il drone, ancora acceso e munito di videocamera frontale, era collegato mediante fili di nylon a involucri contenenti sostanza verosimilmente stupefacente e numerosi dispositivi elettronici.
I Carabinieri hanno proceduto al sequestro di un ingente quantitativo di sostanze verosimilmente stupefacenti, tra cui cocaina e hashish, per un peso complessivo di circa 150 grammi, abilmente occultate anche all’interno di confezioni di chewing gum, bilancini di precisione, telefoni cellulari di varie tipologie (compresi mini-telefoni), cavi, auricolari e caricabatteria, materiale destinato a supportare attività illecite all’interno del carcere.
Il sequestro è stato effettuato in via d’urgenza, considerata l’assenza, in quel momento, della direzione delle indagini da parte dell’AG e il concreto pericolo di dispersione o alterazione delle prove.
Il materiale sequestrato è stato posto a disposizione della Procura di Lecce mentre sono in corso indagini dei Carabinieri volte a individuare i responsabili e a ricostruire l’intera filiera organizzativa.
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