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Mega parco eolico galleggiante: c’è chi dice si

Alfredo De Giuseppe: «La salvaguardia dell’ambiente passa anche per l’eolico. L’opposizione al parco eolico marino si concentra su tre obiezioni fondanti ma tutte facilmente smontabili»

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«Ho partecipato anch’io al Consiglio Comunale di Castro (foto grande in alto, NdR) sul tema “Parco eolico marittimo nel tratto di mare che comprende Porto Badisco, Santa Cesarea e Castro”. È stata l’occasione per la solita passerella di politici in cerca di gloria, di personaggi para televisivi che si vestono un giorno da ambientalisti e un altro da pragmatici dell’esistente.


Alfredo De Giuseppe


Politici che non hanno esitato anni fa a produrre uno scempio come la Maglie-Otranto che ha di fatto modificato il paesaggio e l’intero ecosistema per una strada già esistente e per nulla problematica. Per inciso sono gli stessi che ogni giorno si esprimono a favore dell’ulteriore stupro del Basso Salento con l’invenzione di un nuovo tratto della strada 275, mentre non amano mettere in sicurezza e ristrutturare quella già percorribile. Sono sempre questi politici, quasi tutti, che hanno chiuso gli occhi sullo scempio edilizio perpetrato sulla costa che da Otranto arriva fino a Brindisi, dove la criminalità l’ha fatta da padrone, con la consuetudine dei “cittadini onesti” che non hanno esitato a costruire brutture indicibili a 20 metri dalla battigia (poi abbandonate e spesso diroccate).


Sono i diretti e devoti discendenti di quella classe politica che quando all’epoca qualcuno cercò di bloccare la centrale a carbone di Cerano, come immenso mostro inquinante, fu bollato come “inutile ambientalista”. Erano presenti i berlusconiani doc, quelli che mettono le imprese al primo posto, anche quando hanno costruito male, anche quando hanno richiesto zone industriali a iosa, anche quando hanno inquinato il sottosuolo (male necessario di uno sviluppo scriteriato). C’erano a Castro leghisti e meloniani, quelli che alle frasi “rispetto della bellezza e dell’ambiente” si facevano grasse risate, si compravano il SUV più potente e prendevano la parte di palazzinari e speculatori edilizi di ogni ordine e grado. C’erano naturalmente quelli che hanno svenduto le spiagge a imprese senza storia, se non quella dell’improntitudine e del clientelismo, dove il concetto di Libero si sposa solo con quello del giornale fondato da Vittorio Feltri e diretto oggi da Alessandro Sallusti.


Tutta questa compagnia, è assecondata naturalmente anche da uomini e intellettuali di sinistra, che ormai, quando la destra si muove, non si contrappone con altre idee, ma cerca di trovare il giusto compromesso, si accontenta di non perdere consenso nei sondaggi di pancia, di rimarcare al ribasso una qualsiasi ipotesi di “nuovi bisogni”. In assenza di una vera cultura ambientalista (e di un partito dei Verdi) siamo nelle mani dei nuovi ecologisti, quelli dell’ultim’ora, che erano i negazionisti per principio, i dileggiatori per diletto».


Obiezioni… smontate!


In sostanza l’opposizione al parco eolico marino si concentra su tre obiezioni fondanti.


Si deturpa la bellezza del nostro mare, del nostro skyline, e quindi le ricadute sul turismo, la nostra prima industria, saranno disastrose.


«Qui non si capisce come un parco eolico posto fra i 10 e i 23 km dalla costa possa disturbare la quiete, il sonno e la vista dei turisti, che invece paradossalmente ci accusano di altre cose (uso eccessivo delle auto, scarsità di mezzi pubblici anche per brevi distanze, abusivismo edilizio, assenza di un piano comune su una serie di servizi essenziali). Del resto parchi eolici in Svezia o in Danimarca sono in funzione da decenni e non ho mai sentito nessuno dire che non va a Copenaghen perché nel Mare del Nord ci sono le pale eoliche».

La costruzione di queste pale, produttrici di energia elettrica, è affidata a multinazionali, di cui poco sappiamo e poco ci dicono.


«Ecco qui entra in gioco la politica che contrattando davvero i bisogni generali (e non quelli di un singolo Comune) potrebbe ricevere in cambio una sostanziale riduzione della bolletta energetica, un impiego massiccio non solo di operai ma anche di tecnici, economi, studiosi del mare ed ingegneri. La storia della TAP che è stata vissuta per anni come una iattura per il paesaggio è finita per essere un’ecatombe solo da un punto di vista economico, proprio per quei Comuni che avrebbero potuto ricevere notevoli benefici (e sanare quegli abusi decennali che davvero deturpano il paesaggio). In ogni caso, se invece di una multinazionale, trovate qualche italiano (o salentino) disponibile ad investire, fatemelo sapere, oppure potete sempre accomodarvi su un’Alitalia qualsiasi o sulle famigerate locomotive ad idrogeno della Sud-est».


La Puglia produce già una quantità di rinnovabili sufficiente per il proprio fabbisogno, addirittura superiore a tutte le regioni italiane.


«Questa è chiaramente una fake che come tutte le bugie ha un fondo di verità storpiato a favore di una tesi precostituita. Partiamo dalla fake: le rinnovabili in Puglia non coprono il fabbisogno energetico della regione, da un report molto dettagliato di Legambiente (formulato su dati Terna) si apprende che al 2018 il fabbisogno energetico della Puglia è pari a circa 33mila GWh/anno di cui ‘solo’ 9940 prodotti da fonti rinnovabili. Pur essendo una rispettabile percentuale vicina al 30% siamo ancora ben lontani dal poterci dichiarare indipendenti da combustibili fossili e molto resta ancora da fare se vogliamo raggiungere tale risultato. Il fondo di verità, invece, è che la Puglia si configura come prima regione al Sud per produzione di energia alternativa, ma non è certo capolista Nazionale. Dal Sole24Ore si apprende che “a livello di potenza installata, la regione al top resta la Lombardia che da sola vale il 15,6% di quanto complessivamente installato, mentre la Toscana, grazie principalmente allo sfruttamento della risorsa geotermica, è invece la regione con maggior potenza installata nel Centro Italia (13%). In questo quadro, nel Mezzogiorno la prima regione per potenza installata è la Puglia (10,2% della potenza nazionale), seguita a distanza dalla Sicilia (6,4% del totale nazionale) e dalla Campania (5,2%). Spesso ci dimentichiamo di dire che “…Nonostante tutto, la Puglia è al contempo la Regione con la più alta intensità di emissioni di CO2: 32 Mton nel 2017 (21 in Lombardia), vale a dire 9 Mton per ogni cittadino pugliese. Quasi il triplo di un cittadino siciliano”.


Le emissioni di CO2 stanno continuando a crescere: il pianeta si salverà solo con le rinnovabili al 100% e quindi se la Puglia e il Salento possono contribuire con il vento ben vengano i parchi eolici marini, il cui impatto sarà davvero limitato. Non si può pensare che tutto cambi lasciando l’esistente così com’è. L’eolico probabilmente sarà a sua volta una transizione, poi verranno altre modalità per l’accumulo di energia, intanto è meglio di una centrale a carbone che oltre all’inquinamento globale procura morte e malattie».


Alfredo De Giuseppe



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Certezze ed incertezze del presente

Lo spettro della guerra, malavita, femminicidi, violenza dilagante nel mondo adolescenziale e giovanile. E il Salento? Terra di anziani residenti o fugaci vacanzieri…

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di Hervé Cavallera

di Hervé Cavallera

La Pasqua da poco trascorsa dovrebbe aver ricordato ai Cristiani che essa, per il tramite della passione, morte e resurrezione di Gesù, è l’invito al passaggio ad una vita migliore.

Le feste del Cristianesimo, infatti, possono essere considerate come una sollecitazione per un futuro che sia, per i singoli e per la collettività, più buono e sereno rispetto al passato.

Ma l’immagine del presente non è così.

In campo internazionale permangono almeno due conflitti e i rischi che i campi di battaglia si allarghino non sono da sottovalutare.

E non è un problema dappoco.

Poi, per quanto riguarda l’Italia (ma il fenomeno non è solo italiano) si può constatare un aumento della violenza.

E non ci si riferisce solo ai casi più eclatanti, ossia ai delitti legati al mondo della malavita e alla crisi delle relazioni sentimentali (basti ricordare i femminicidi).

Ci si riferisce particolarmente alla violenza diffusa nel mondo adolescenziale e giovanile con i tumulti nelle università volti ad impedire la libertà di parola a conferenzieri non graditi, alle dimostrazioni pacifiste che generano saccheggi e vandalismi di vario genere, alle conflittualità che serpeggiano in certe scuole in una contrapposizione tra docenti ed allievi, con la partecipazione talvolta dei genitori.

Si ha l’impressione di trovarci in un mondo in cui non si riesce più a controllare gli impulsi.

Così accade che le frustrazioni, che sicuramente la maggior parte di noi ha pure conosciuto nel corso della propria esistenza, non vengano superate rafforzando il carattere e abituando a saper affrontare le difficoltà, ma producano comportamenti aggressivi che si propagano con facilità.

Ciò significa che gli adulti, i genitori in particolar modo, devono ben essere attenti oggi più che mai alle dinamiche dell’età evolutiva dei giovani.

Per fortuna sembrerebbe un fenomeno che non riguarda in modo preoccupante il nostro Salento.

Non che manchino i fatti di cronaca nera, ma fenomeni di scontri di piazza da parte di minorenni sono assai pochi.

E qui allora emerge un’altra considerazione: quello dello spopolamento.

Le nascite sono da tempo in netto calo nella Penisola.

Secondo i dati dell’ISTAT in Italia nascono 6 bambini ogni mille abitanti.

Nel Salento al calo demografico si aggiunge poi il fatto che molti giovani compiono gli studi universitari in altre regioni d’Italia e non tornano più nel paese nativo.

Certo, vi sono anche coloro che tornano e con coraggio, come si è scritto su questo giornale, ma sono pochi.

Il Salento diventa la terra di anziani residenti o di fugaci vacanzieri.

E allora l’invito alla gioia che proviene dal suono delle campane pasquali si spegne in una triste rassegna.

Conflitti sempre più minacciosi tanto da spingere qualcuno a sostenere il ritorno alla leva obbligatoria, sviluppo della criminalità organizzata, violenze e tragedie domestiche, violenza giovanile, fragilità nell’affrontare le difficoltà connesse al quotidiano, spopolamento, stagnazione produttiva…

Occorre precisare che non si nega che esistano casi positivi, anzi di eccellenza nella imprenditoria, nei giovani, nella vita coniugale e così via, ma l’ombra del negativo è sempre più visibile e preoccupante.

LA COMUNICAZIONE DELL’EFFIMERO

Vi è poi la sensazione di una crescita dell’individua- lismo accentuato dai social, dalla facilità di esprimere pareri su tutto e su tutti.

Al tempo stesso la comunicazione digitale isola fisicamente l’utente pur avendo egli un contatto online con centinaia se non migliaia di persone.

È la comunicazione dell’effimero, mentre si continua a rimanere soli.

Come diceva l’antico filosofo, l’uomo è un animale sociale; ha bisogno di vivere concretamente, fisicamente col prossimo, non di limitarsi a parole diffuse con mezzi artificiali.

Ed è questo l’aspetto che è il lascito ideale delle recenti celebrazioni pasquali: quello di tornare ad essere una comunità.

Una comunità di persone che si incontrano e dialogano ed elaborano progetti che permettano una crescita economica e spirituale.

Tutto questo richiede buona volontà e competenza, richiede il mettere da parte l’attrazione per il proprio tornaconto, per il proprio particulare come diceva Guicciardini.

È un compito che devono tornare ad assumere quelle istituzioni ad esso preposte quali la famiglia e la scuola.

In un momento storico in cui i legami familiari diventano sempre più fluidi, bisogna che la scuola diventi davvero un centro di formazione di responsabilità oltre che di conoscenze e competenze.

Un futuro migliore è affidato da sempre ad una buona educazione e di ciò dobbiamo tornare a prendere consapevolezza.

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Il fallimento della democrazia

Astensionismo: nelle regionali del 2023 raggiunse il 60% in Lombardia e Lazio; nel 2014 in Emilia-Romagna votò solo il 37,7%. Nel 2020 l’affluenza alle regionali pugliesi è stata del 56,43%…

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di Hervé Cavallera

Il prof. Hervé Cavallera

Il 25 febbraio si è votato per la Regione in Sardegna.

I candidati alla Presidenza della Regione erano 4 e le liste presenti 25.

Ora, quello che particolarmente colpisce, a prescindere da vinti e vincitori e dalle stesse modalità di votazione (voto disgiunto, ad esempio), è l’affluenza degli elettori.

Poco al di sopra del 52%, quindi ancor meno dell’affluenza avuta nelle precedenti elezioni regionali.

Né si tratta di un fenomeno meramente sardo.

L’affluenza elettorale è effettivamente bassa e, come si suole dire, l’astensionismo è in assoluto il maggior partito in Italia (ma la situazione non è dissimile anche in altri Paesi europei).

Nelle regionali del 2023 l’astensionismo raggiunse il 60% in Lombardia e nel Lazio e nel 2014 in Emilia-Romagna per l’elezione del presidente della Regione votò solo il 37,7% degli elettori.

Nel 2020 l’affluenza alle regionali in Puglia è stata del 56,43%. Ciò non può lasciare indifferenti in quanto, se democrazia significa partecipazione, il “successo” dell’astensionismo significa fallimento della democrazia.

Esiste ormai nella realtà uno scollamento tra cittadini e politica.

È un dato inequivocabile che non può essere risolto con la diffusione del cosiddetto “civismo” ossia con la nascita di movimenti localistici.

Invero nel 1946 l’Assemblea Costituente introdusse il principio della obbligatorietà del voto che però all’art. 48 della Costituzione italiana risulta solo un dovere civico.

Nel 1957, col D. P. R. n.361, si rendeva obbligatorio il voto nelle elezioni politiche, dichiarando che occorreva fare un elenco degli astenuti.

Il tutto poi venne meno nel 1993 (D. L. 20 dicembre 1993, n . 534).

Il che è anche corretto poiché il concetto di liberta implica anche l’astensione. E tuttavia quando l’astensione raggiunge livelli elevatissimi sì da quasi superare il numero dei votanti, è chiaro che è in atto una crisi della sensibilità politica dei cittadini.

Si tratta di un processo che in Italia si può far risalire alla cosiddetta fine della prima Repubblica (1994) ossia con la fine dei partiti che esistevano nella Penisola dal 1946.

In realtà, il fenomeno rientra nel collo delle grandi ideologie e, di conseguenza, in una semplificazione della vita politica tra due schieramenti, etichettati come moderati o conservatori da una parte e progressisti dall’altra.

Non per nulla negli Stati Uniti d’America dove esistono praticamente solo due partiti, il repubblicano e il democratico, l’astensionismo tocca spesso punte del 70% a cui peraltro ci si è abituati.

Di qui un altro aspetto che va considerato: il ruolo decisivo del candidato alla presidenza.

Sostanzialmente si vota la persona più che le idee.

D’altronde tutti possiamo constatare che nei nostri Comuni sono pressoché inesistenti le tradizionali sezioni dei partiti, ove una volta i tesserati potevano discutere vari temi politici.

Di qui un ulteriore paradosso. Si ritiene che in una società democratica chi “comanda” o, per essere più corretti, chi ha la gestione della cosa pubblica sia la maggioranza.

Nei fatti, invece, proprio grazie all’astensionismo, la gestione del potere è comunque affidata ad una minoranza, mentre la maggioranza dei cittadini assiste con apatia, rassegnazione o altro, a quello che la minoranza decide.

Negli anni ’80 del secolo scorso il sottoscritto scrisse un libro sull’importanza dell’educazione politica, intesa non come educazione partitica, ma come educazione alla partecipazione responsabile alla vita pubblica.

Al presente, di fronte a fenomeni come l’astensionismo, la cancel culture, l’improvvisazione demagogica che talvolta si fa sentire per il tramite dei social, una riflessione articolata, ponderata e di largo respiro sulla necessità di una rifondazione della vita civile, in modo che non sia soggetta alle pulsioni del momento, sarebbe opportuna.

Naturalmente tutto riesce difficile ed è inutile evocare il ricordo della vecchia Educazione civica, anche se dal settembre del 2020 l’Educazione civica è considerata una disciplina trasversale che riguarda tutti i gradi scolastici.

In una società ove predomina il relativismo individualistico, mancano i grandi valori che danno davvero lo slancio vitale all’impegno civile che investa la collettività e tutto si risolve nel gioco degli interessi di piccoli gruppi o dei singoli.

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Galatina, il Liceo Vallone si mobilita “fa rumore” per le Donne

Sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

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In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale dei Diritti della donna, il Liceo A. Vallone, di Galatina, sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

Previsto in mattinata, alle ore 11.45, un corteo che partirà dalla sede centrale del Liceo, in viale don Tonino Bello, e si muoverà verso Piazza San Pietro dove si terrà un flash mob di riflessione chiuso con la lettura di Knocking on Heaven’s door, profondo monologo in voce maschile tratto da Ferite a morte, di Serena Dandini. 

“L’ignominia continua da Giulia…1,2,3…12 vittime” è il messaggio che gli studenti e le studentesse del Liceo porteranno in corteo, ribadendo che “Nessun delitto ha una giustificazione”!

Tutti gli studenti e le studentesse del Liceo, accompagnati dal personale scolastico, attraverseranno le strade principali della città (viale don Tonino Bello – via Ugo Lisi – C.so porta Luce – Piazza San Pietro) con l’obiettivo di fare un silenzioso rumore sull’inefficacia di questa ricorrenza, dipanando un drappo rosso lungo 30 metri, simbolo del dolore e delle violenze che le donne ancora subiscono, visto il perdurante divario di genere.

“Non si ha nulla da celebrare se non vi è uguaglianza. Non si celebra la Donna se non La si rispetta” Queste le parole della Dirigente Scolastica, prof.ssa Angela Venneri, che ha fortemente promosso e sostenuto l’iniziativa, in un’ottica di sensibilizzazione e condivisione d’intenti.

Non un’occasione per festeggiare, dunque, ma solo per riflettere e tenere alta l’attenzione, con l’auspicio che l’educazione culturale possa riaffermare un ineludibile principio di civiltà.

Da qui l’augurio conclusivo dei nostri studenti e studentesse a tutte le donne con i dolcissimi versi della poesia di Alda Merini, Sorridi donna.

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