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Andrea Maroè a Tricase per “omaggiare” la Vallonea

Dopo aver ottenuto il titolo “Albero dell’anno 2019” la comunità si mobiliti per far assegnare alla “Quercia dei cento cavalieri” l’ambito riconoscimento

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Il presidente della Giant Trees Foundation, Andrea Maroè con la sua èquipe, a Tricase dal 13 al 15 gennaio per esaminare la Quercia di Vallonea


Dopo l’assegnazione del titolo Albero dell’anno 2019 che la comunità si mobiliti per far assegnare alla “Quercia dei cento cavalieri” l’ambito riconoscimento del Tree Of The Year 2020


Da Udine a Tricase. Dalle parole ai fatti. Una delegazione della Giant Trees Foundation, la Onlus che sostiene l’importanza della tutela e della salvaguardia dei grandi alberi e promotrice del contest internazionale, sarà a Tricase il prossimo 13, 14 e 15 gennaio nel solco dello spirito del contest che assicura anche il supporto tecnico gratuito da parte del comitato scientifico di Giant Trees Foundation per il mantenimento dello stato di salute o la cura di eventuali problematiche dell’albero stesso.


«Saremo a Tricase per effettuare delle riprese e produrre una documentazione fotografica da presentare per il contest europeo oltre che per stabilire gli interventi migliori per la gestione di eventuali problemi fitopatologici e di salvaguardia della pianta» – anticipa telefonicamente il presidente della Fondazione Andrea Maroè agronomo, arboricoltore, istruttore e tree climber professionista e responsabile tecnico alberi monumentali della regione Friuli Venezia Giulia.


Lui, che ha scalato in treeclimbing le vette di oltre diecimila alberi in giro per il mondo e misurato, quando ancora non ci aveva pensato nessuno, le sequoie americane, salirà sulla Quercia di Vallonea per un primo approccio conoscitivo con la pianta tanto amata dai salentini e dai pugliesi. «Il risultato straordinario che si è raggiunto finora è stato dettato dal rapporto emotivo che lega la pianta alla sua gente, non abbiamo premiato forse la più bella ma sicuramente quella che maggiormente è “radicata” con il proprio territorio». Chiarisce il presidente che è fiducioso nella candidatura  della Quercia di Vallonea al contest europeo ma c’è bisogno di un ulteriore sforzo, di sensibilizzare l’intero territorio così come è avvenuto nella prima parte del concorso. «Il secondo step è più delicato, ci piacerebbe che nascesse un movimento mediatico che porterebbe per la prima volta l’Italia con la Quercia di Vallonea a vincere il contest e ciò significherebbe dare un valore aggiunto alla tutela dei grandi alberi monumentali, una risorsa di bellezza e di storia del patrimonio naturale del Belpaese.»


Un riconoscimento, Italian Tree of the year 2019, quello ritirato ad Udine che riempie di orgoglio la nostra famiglia e che dimostra ancora una volta l’attaccamento della comunità al nostro albero. Per noi la quercia è solo “La grande signora”», commenta la biologa Mila Boso de Nitto.


In epoca mussoliniana, negli anni 20 e poi negli anni 70 la costruzione di infrastrutture ha rappresentato un pericolo per la nostra Quercia che si è salvata grazie alla mobilitazione della sua gente.


La sua stessa posizione, posta ad un bivio sulla strada che porta al mare, lo testimonia. «Lei è forte e resistente ma si vede già che è anziana. Prima aveva il rigoglio di una pianta spettacolare, adesso ha ridotto la chioma».


Sarà infatti la Quercia  di Vallonea (Tricase – Puglia) a rappresentare l’Italia in Europa nell’ambito del Premio  Tree Of The Year 2020.


A decretarlo, lo scorso 30 novembre a Villa Florio di Buttrio (Udine)  nell’ambito del convegno internazionale Giant Tree Days, il comitato scientifico della Giant Trees Foundation dopo l’incredibile risultato di preferenze registrate attraverso la piattaforma web del concorso dedicato alle piante monumentali che ha visto posizionarsi lì in vetta – è il caso di dirlo – con i 350.800 consensi registrati proprio la Quercia di Vallonea che ha distaccato gli altri esemplari in gara ovvero la Quercia di Fossalta della zona veneta di Portogruaro (110.198 voti), il Leccio dell’Etna  (64.040 voti) e la Quercia delle Checche della Val d’Orcia in provincia di Siena (62.264 voti).


GTF, La Fondazione “Perché alle radici del mondo c’era un albero e solo gli alberi ci possono salvare”


 La Giant Trees Foundation, che ha sede a Tarcento (Udine)  è una fondazione senza scopo di lucro nata per conoscere, difendere e tutelare i grandi alberi. Dalla conservazione della biodiversità e dalla salvaguardia delle grandi foreste può dipendere infatti la prosecuzione della nostra stessa esistenza.


Ecco perché la GTF si propone come obiettivo primario la conoscenza dei grandi alberi attraverso la loro corretta individuazione, il loro studio e la loro tutela. In questa maniera ritiene di poter contribuire in maniera efficace anche ad uno sviluppo ecosostenibile, sia delle popolazioni direttamente coinvolte con la vita della foresta, sia di tutta l’umanità.

Con le sue spedizioni e iniziative culturali in varie parti del mondo pone l’attenzione alle interconnessioni esistenti tra la vita dell’uomo e dell’albero, per valorizzarle e migliorare di conseguenza la convivenza tra alberi e esseri umani.


Il comitato scientifico, che garantisce la bontà dei progetti di ricerca e di sviluppo, è costituito da illustri scienziati internazionali che studiano il mondo arboreo ma anche da esperti di altre discipline perché vuol essere uno sguardo a 360 gradi sul rapporto uomo-albero capace di esaltare, le proprietà fondamentali ancora poco valorizzate di questi grandi e ancestrali esseri che da milioni di anni ci proteggono, il più delle volte, a nostra insaputa. www.gianttrees.org


Il contest


Il contest “Tree Of The Year” è un concorso internazionale che nasce nel 2011 per valorizzare la storia degli alberi monumentali, la loro connessione con la popolazione, il territorio e l’ambiente.  Di anno in anno, il numero dei Paesi partecipanti ha continuato a crescere. Per la prima volta, dal 2019, l’Italia è presente ed attiva.


Ogni anno vengono scelti quattro alberi rappresentativi del territorio, scelti mediante una valutazione internazionale, e proposti attraverso un sondaggio online che raccoglie le preferenze dei propri estimatori. Nel 2019 il contest ha scelto le querce e la Quercia di Vallonea si è aggiudicato il primo step con il titolo di Tree of the Year 2019 per l’Italia e concorrerà alla fase internazionale durante lo step successivo che la vedrà competere con i vincitori degli altri round tenutisi nei Paesi europei, per aggiudicarsi il titolo di European Tree of the Year  che sarà assegnato nel 2020.


La Quercia di Vallonea


Posta su un bivio in una proprietà privata che divide i due sensi del traffico sulla strada che porta al mare, la provinciale Tricase-Tricase Porto, la Quercia di Vallonea è l’albero più antico del Salento: 700 anni, 700 metri quadrati di foltissima chioma ed un tronco di 4,25 metri.  Candidata a diventare patrimonio nazionale dell’UNESCO già nel 2000 il WWF l’ha identificata come “Albero-Simbolo” del Salento e della Puglia.


Tra le leggende che ha suggerito nel tempo la sua maestosità c’è quella che la lega al re Federico II. Si narra che, in seguito agli scontri avvenuti a Barletta, trovò riparo durante un temporale con la sua armata proprio sotto la sua chioma, per questo viene chiamata la Quercia dei cento cavalieri.


Il suo nome scientifico è Quercus aegylops, sottospecie macrolepis, ed è originaria della Macedonia.


In Italia cresce solo nel Salento  che ospita una piccola colonia di questa sottospecie e tale peculiarità la rende ancora più preziosa come preziosa è stata la presenza di questi alberi per l’economia del territorio: le loro ghiande, ricche di tannino, una sostanza colorante utile per la concia, sono state fondamentali per lo sviluppo nel sud Salento della lavorazione delle pelli.


La quercia che appartiene alla famiglia De Nitto ricade nel Parco naturale regionale Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e bosco di Tricase e rientra in quella parte della campagna tricasina che abbraccia il boschetto di Vallonee o Falanide con oltre 60 di questi alberi su un’area di circa 4.925 metri quadri.


Il bosco con i suoi bellissimi esemplari in via di estinzione sono inseriti nell’ambito degli itinerari turistico-culturali finanziati dalla Comunità Europea e ritenuti monumenti arborei da conservare e tutelare.


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Una Pasqua di speranza e… Dalla Parte dei più Deboli

Salvatore Giannetta, imprenditore di Minervino di Lecce, ha donato 200 uova pasquali e 200 colombe pasquali alle famiglie indigenti del Salento, affidando la distribuzione all’associazione di volontariato di Muro Leccese

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In vista della Pasqua, la comunità salentina si è unita in un gesto di solidarietà senza precedenti, mirato a sostenere le famiglie più vulnerabili, particolarmente colpite dalle conseguenze economiche post-pandemia e dall’escalation dei prezzi dovuta al conflitto globale.

Al centro di questa ondata di generosità, spicca la figura di Salvatore Giannetta, imprenditore di Minervino di Lecce, non nuovo ad azioni a favore dei meno fortunati.

Giannetta ha donato 200 uova pasquali e 200 colombe pasquali alle famiglie indigenti del Salento, affidando la distribuzione all’associazione “Dalla Parte dei Più Deboli“. L’associazione di volontariato, che ha sede a Muro Leccese, guidata da Sandro Barone, è da tempo impegnata nel supporto delle fasce deboli della regione.

Il Presidente Barone ha espresso la sua gratitudine: «Siamo profondamente riconoscenti a Salvatore Giannetta per il suo sostegno continuo. La sua generosità non si limita alle donazioni pasquali, ma si estende anche a un significativo contributo morale alla nostra associazione, che ci permetterà di assistere ulteriormente le famiglie in difficoltà, soprattutto nel pagamento delle bollette, una sfida crescente per molti in questi tempi difficili».

La solidarietà può fare la differenza nella vita di chi si trova in condizioni di bisogno. Non dimentichiamolo mai, specie ora che ci approssimiamo a vivere le festività pasquali, simbolo di rinascita e nuovo inizio.

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Segnalato anche in Puglia l’insetto “mangiadita”

Gigantesche cimici acquatiche sbarcate sull’isola di Cipro e in Italia. Anche in Puglia, a Rosa Marina (Brindisi). Questi animaletti, già presenti in altri paesi vicini all’est (Grecia, Albania, Serbia e Bosnia, Israele, Libano e Siria), hanno il gentile soprannome in inglese di “toe biter”

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Sapevamo delle meduse.

Ora un nuovo animale rappresenta un potenziale pericolo per i locali e turisti che nuotano nel Mediterraneo.

È un insetto: una cimice acquatica.

La specie, avvistata solo dal 2020 sulle coste orientali dell’isola di Cipro e in Puglia nell’estate 2023, precisamente da un bagnante sulle spiagge di Rosa Marina, nel brindisino, può superare i 12 cm.

Non lontano da noi dunque e, presto, potrebbe fare la sua apparizione anche sulle coste salentine.

È un insetto dall’aspetto di una grossa cimice, che non era mai stato osservato sull’isola del Mediterraneo secondo lo studio del Museo Nazionale di Storia Naturale Grigore Antipa, pubblicato dalla rivista Geo.

Il suo morso sarebbe il peggiore che un insetto possa infliggere, come riferisce la rivista Geo.

Attacca crostacei, anfibi, pesci, lumache acquatiche ma talvolta anche tartarughe, persino le dita dei piedi dei turisti, da qui il suo soprannome di “mordicchiatore di dita dei piedi” riferisce la d.ssa Diana D’Agata, Veterinary Surgeon nel Regno Unito.

Lo studio menziona un numero “non trascurabile” di esemplari osservati, ma aggiunge che è ancora troppo presto per confermare un reale insediamento alle nostre latitudini.

Perché alcuni individui migrarono verso ovest?

Diverse le ragioni possibili, secondo i tre ricercatori autori dello studio: vento, correnti marine, ma anche una “diminuzione delle risorse alimentari nella loro area di distribuzione iniziale”.

Nello studio si parla anche di individui volanti che potrebbero essere stati attratti dalle luci delle imbarcazioni.

Il grosso insetto “Lethocerus Patruelis”, è diffuso nel Sud-Est europeo, tra Grecia, Albania, Serbia e Bosnia, Israele, Libano e Siria.

E proprio le navi che frequentemente attraversano l’Adriatico da una sponda all’altra, l’ipotesi degli entomologi, sarebbero il mezzo attraverso cui questo insetto gigante è arrivato sulle spiagge pugliesi.

Niente paura però.

Si tratterebbe di una presenza rara, i cui unici avvistamenti precedenti risalgono al 1997, 2009, 2020 e quest’ultimo dell’estate 2023.

Proprio il Wwf Puglia lo segnalò nell’estate del 2020 con un post sui propri profili social.

Sembrerebbe non essere pericoloso per l’uomo, secondo alcuni brevi studi, ma solo per l’ecosistema faunistico.

E comunque solo in caso di presenza endemica.

In caso di presenze isolate, si legge ancora, non dovrebbe esserci alcun pericolo per l’uomo e il territorio.

«Tuttavia», commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,  «in mare, meglio osservare attentamente dove si mettono i piedi mentre si fa il bagno nelle nostre acque limpide e paradisiache».

 

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Ecco quando Sant’Oronzo tornerà in piazza

La copia della statua sarà collocata sulla “sua” colonna romana sabato 13 aprile

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La statua di Sant’Oronzo tornerà a svettare in cima alla colonna romana, al centro dell’omonima piazza intitolata al patrono della città, da sabato 13 aprile.

Lunedì scorso è arrivato l’ultimo necessario nullaosta della Soprintendenza sulla relazione di staticità relativa alla tenuta del sistema colonna-capitello-pulvino-statua che ha permesso di poter fissare la data di collocazione della copia in bronzo al posto dell’originale.
Durante una cerimonia pubblica che inizierà alle ore 12, alla presenza del sindaco Carlo Salvemini e delle autorità, dopo la benedizione dell’Arcivescovo metropolita Michele Seccia, l’opera d’arte, commissionata dall’amministrazione comunale alla Fonderia Nolana Del Giudice, sarà issata e collocata sulla colonna.

Completata nell’atelier della Fonderia campana, sarà trasferita a Lecce nella mattinata di giovedì 11 aprile, scortata dalla Banda Città di Lecce all’ingresso in piazza.

La copia resterà temporaneamente alloggiata davanti al Sedile, a beneficio di tutti quelli che vorranno vederla da vicino, dal momento del suo arrivo in piazza fino alla mattina di sabato 13 aprile, quando sarà issata e fissata sulla colonna. Ad accompagnare musicalmente questo momento sarà la Banda Città di Lecce.

Ospiti d’onore della cerimonia saranno tutti i donatori e le donatrici che, attraverso lo strumento dell’Art Bonus, hanno contribuito a raccogliere la somma di 240.630 euro, necessaria per la realizzazione della copia della statua originale, custodita a Palazzo Carafa.

Un traguardo che non si sarebbe potuto raggiungere senza la generosità della Banca Popolare Pugliese che ha donato 100mila euro, della ditta Ediltunnel di Lecce che ha contribuito con 70mila euro e di tutti coloro che hanno donato piccole cifre e somme più consistenti che saranno elencati (previo l’aver rilasciato il consenso) in un totem installato accanto alla copia nei due giorni in cui sarà esposta in piazza.

«Quelle dell’11, 12 e 13 aprile saranno giornate storiche per la città, di festa popolare, di tutti. La realizzazione della copia della statua del Santo Patrono», sottolinea il sindaco Salvemini, «è stata un’impresa collettiva: la Curia, il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, la Soprintendenza, che ha seguito passo dopo passo il restauro dell’originale e la realizzazione della copia, fino a lunedì scorso, quando è arrivato l’ultimo nullaosta sulla staticità. La Fonderia Nolana Del Giudice, che ha materialmente realizzato quest’opera d’arte di grande valore. Ma soprattutto ringrazio i donatori che con il loro contributo – raccolto attraverso l’Art Bonus del Mibac – hanno finanziato l’intera operazione, frutto della collaborazione tra le istituzioni e la Curia. Ma principalmente della devozione popolare, esattamente come avvenne nel 1739 per la realizzazione della statua originale del Santo».

«Come pastore di questa Chiesa locale, fondata da Sant’Oronzo, sono felice per questo traguardo. Mi sembra un sogno», dichiara l’Arcivescovo Seccia, «dopo tanti anni di solitudine della colonna della Piazza antica di questa città. Il ritorno della copia della statua al suo posto mi fa pensare al ritorno di un faro. Per noi cristiani, i santi sono fari che con il loro esempio illuminano il cammino di chi sceglie di seguire Cristo. Questo ritorno sulla sua colonna che da secoli rappresenta un punto di riferimento, un segno di riconoscimento di una comunità che a sua volta dà significato ai segni. Per noi credenti il santo patrono, infatti, è più di un simbolo e vale più della bandiera perché la fede e la devozione superano le barriere spazio-temporali e vanno oltre la successione dei fatti della storia. Grazie all’amministrazione comunale e a tutti gli enti coinvolti per la passione e la professionalità profuse in questa operazione per nulla facile. E grazie anche a chi ha contribuito con le donazioni affinché la statua originale di Sant’Oronzo fosse riportata all’antico splendore e la sua copia tornasse finalmente in piazza».

La realizzazione della copia è stata, infatti, un’operazione collettiva che ha visto insieme il Comune e la Curia con la consulenza scientifica del Dipartimento di Beni culturali e del Dipartimento di Ingegneria dell’Università del Salento e il supporto della Soprintendenza.

Oltre alla realizzazione materiale della copia, al trasporto e all’installazione, con i proventi dell’Art Bonus, è stata finanziata anche la produzione di un video-documentario e di un quaderno-volume a stampa sull’intero iter del progetto, dallo studio preliminare alla collocazione della copia sulla colonna, a cura di Emiliano Carico del Dipartimento di Beni Culturali di UniSalento, e la valorizzazione della statua originale.

«Parallelamente a questo lavoro», spiega il professor Casciaro, «è stata avviata un’indagine storica sull’originale che sarà contenuta nel volume di prossima pubblicazione sull’intero intervento ed è stata fatta chiarezza sull’arrivo da Venezia della statua, questo quello che si è sempre sostenuto. Abbiamo ragione di credere, invece, che da Venezia siano arrivati i materiali ma che la statua sia stata confenzionata a Lecce. A riprova di questo, un’archeologa sottomarina ha trovato in fondo al mare carichi di navi veneziane naufragate che trasportavano rame dello stesso tipo di rame di quello usato per Sant’Oronzo».

La soprintendente Francesca Riccio sottolinea il percorso che porterà alla musealizzazione dell’originale: «Ora sul tavolo c’è il destino della statua settecentesca, che sarà oggetto di un nuovo confronto con il Comune e la Curia per determinare quali siano i migliori sistemi per garantire al contempo la migliore conservazione e la migliore fruizione del bene, trasformando quella che all’inizio poteva sembrare una diminutio nella possibilità di poter ammirare da vicino l’opera».

COME TUTTO È INIZIATO

Il 30 gennaio del 2019, la statua di Sant’Oronzo, realizzata nel 1739 in sostituzione di una precedente opera andata distrutta a causa di un incendio, è stata rimossa dalla colonna e portata a terra per proseguire le operazioni di restauro iniziate qualche mese prima.

In base alle analisi e ai pareri scientifici acquisiti in quella fase, lo stato della struttura lignea interna e del rivestimento in rame esterno è risultato compromesso tanto da escludere il suo riposizionamento sulla colonna perché l’ulteriore prolungata esposizione agli agenti atmosferici avrebbe causato danni irreparabili all’opera d’arte.

La  Soprintendenza ha dato, quindi, l’ok alla realizzazione di una copia e alla musealizzazione dell’originale, in un luogo che sarà individuato sulla base delle migliori condizioni di conservazione, di comune accordo fra tutti gli enti coinvolti (Comune, Curia e Soprintendenza).

Il Comune ha coinvolto il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, relazionandosi con il professore Raffaele Casciaro, per capire come realizzare la copia nel rispetto delle prescrizioni fornite dalla Soprintendenza, con quale tecnica e in quale materiale. Uno studio approfondito e articolato, durante il quale sono stati chiesti diversi preventivi a istituti altamente specializzati e aziende nazionali ai massimi livelli del settore. È stata vagliata la possibilità di una riproduzione con materiali tecnologici di ultima generazione, ma le dimensioni della copia della statua (alta 5,10 metri) e la sua destinazione all’aperto hanno indotto gli esperti a sconsigliarne l’utilizzo.

Alla fine di questa complessa ricerca, è stato messo un punto fermo: la copia  sarà realizzata in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa, sulla base della proposta progettuale presentata dalla Fonderia Nolana Del Giudice, azienda d’eccellenza a livello nazionale e internazionale che ha realizzato anche la copia  della statua della Madonnina del Duomo di Milano in scala 1:1, conservata all’interno del Museo del Duomo.

LA REALIZZAZIONE DELLA COPIA

La realizzazione della copia della statua di San’Oronzo ha richiesto un anno intero di lavoro, dall’affidamento del progetto esecutivo validato dalla Soprintendenza fino alla consegna, perchè – per stessa ammissione della famiglia Del Giudice – si è rivelata più laboriosa e complessa del previsto per via della ricchezza decorativa soprattutto dei paramenti del Santo. Inizialmente i tempi stimati si riteneva potessero essere più ridotti.

Queste le fasi dei lavori di realizzazione: il calco in gomma siliconata con matrice in resina acrilica, seguito dalla stampa in 3D delle parti non calcabili, la formatura in loco, modello e ritocco cere fino ad arrivare alla fusione in bronzo con tecnica a cera persa. Infine la rifinitura e patinatura più la struttura di ancoraggio in acciaio.

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