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Dalla bellezza al Mito

La storia di Donna Paola Menesini Lemmi Brunelli, del suo amore per il Salento, del suo creare il mare e della nuova vita che ha donato all’Abbazia del Mito di Tricase

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di Lorenzo Zito


Tre fichi, un eucalipto, una ginestra ed un ammasso di pietre che trasudano storia. Era questa l’eredità che il tempo aveva lasciato ai giorni nostri dell’Abbazia del Mito di Tricase. Un posto che i contemporanei si sono abituati a chiamare masseria, ma che mille anni fa fu luogo di culto e di formazione, fu biblioteca, lazzaretto, ospedale. Un bene che i locali si erano assuefatti a veder mangiato dall’incuria, ancor più che dal tempo e dalle erbacce. Al punto da arrivare a violentarne l’anima, tagliandolo in due con quella che oggi è la strada provinciale che da Andrano porta a Tricase. Stendendo, negli anni ’70, una lingua d’asfalto sui resti di quella che era una chiesa affrescata, venuta giù non molto prima, nel 1957, e mai rimessa in piedi. Cancellando così l’ingresso storico dell’Abbazia (oggi sarebbe al di là della strada) che sul finire del Medioevo, quando i monaci basiliani che la fondarono non c’erano ormai più, fu varcato da quelle orde d’uomini giunti dal mare, che la depredarono come fecero dell’intera Terra d’Otranto.






Ma la storia non si asfalta. E la bellezza risorge. Diciassette anni fa l’Abbazia del Mito cattura gli occhi e il cuore di una famiglia che un salentino chiamerebbe forastiera. Quel rudere in vendita in una calda sera d’estate si colora di meraviglia. È un rosso tramonto da un lato, ed una tavola blu dall’altro. Con le montagne albanesi di là del mare. È Alberto Brunelli, oggi proprietario dell’Abbazia del Mito, ad innamorarsene in uno sguardo. Così come aveva già fatto con Depressa e piazza Pisanelli di Tricase quando, quattro anni prima, ospite della famiglia Winspeare, le aveva conosciute nella sua prima vacanza salentina. Così, in una notte di agosto l’anima del Mito si riaccende. Ad alimentarla, negli anni venuti, la madre di Alberto: Paola Menesini Lemmi Brunelli, portata via pochi mesi fa, all’età di 86 anni, da una crudele malattia. Donna viva, raggiante, colorata, anticonformista, aveva riportato il sole tra quelle curve della campagna tricasina. Nella “terra della bellezza”, come chiamava lei il Salento, ricorda suo figlio Alberto, che “amava così com’è: nelle sue meraviglie e nei suoi unici e buffi paradossi. Come la segnaletica stradale ‘tutte le direzioni’ o i due cartelli a indicare due strade opposte per la stessa località. Lei diceva sempre che è un po’ come essere in un film di Almodovar”.


Era anche sanamente irriverente, Donna Paola. Una sera, disse al vescovo Vito Angiuli “perché non prendi il pullman per andare a Roma? L’aereo costa soldi!”. O come quella volta quando, dopo aver visto l’incuria dei tanti campi abbandonati, si presentò di buona lena negli uffici della Forestale per tirar le orecchie agli agenti. In ogni caso, lei, ne usciva sempre col sorriso e nessuno riusciva a non volerle bene.






La sua, fu una vita libera e fuori dagli schemi. Nata in Umbria, nel castello di Carnaiola, era discendente di una nobile famiglia umbro-toscana: i Lemmi di Montegabbione/Cospi Billò, le cui proprietà si estendevano per migliaia di ettari di terre tra Montegabbione e San Quirico d’Orcia, dove ci sono i noti Palazzi Lemmi. Studiò e si laureò in chimica farmaceutica. Poi la prima mossa in autonomia, inaspettata: scelse l’amore, lasciò la carriera e gli agi della sua famiglia per un discreto e bel giovane, istruttore di pallacanestro perugino. Ne nacque la storia di una vita. Passata per Roma, dove in un appartamento di appena 30 metri quadri, condiviso in tre, costruì la sua carriera di moglie e mamma con le sue sole forze. Sempre al fianco di Ferdinando, quell’uomo di onesta ma certo non agiata famiglia che, dopo aver fondato la sede del Partito Comunista a Perugia, si era laureato in Economia ed aveva trovato lavoro all’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale retaggio del primo dopoguerra. Ferdinando negli anni fece una gran carriera fino a diventare un importante Amministratore Delegato. Doveva mantenere quella promessa fatta al prof. Menesini, papà di Paola, il giorno che la chiese in sposa: “Se sua figlia vorrà la luna, l’avrà”. E nacquero 5 figli e 8 nipoti.


Quando atterrai per la prima volta in Salento, la chiamai subito per raccontargliene le meraviglie”, rammenta Alberto Brunelli. “Non ne era affatto stupita, perché le conosceva già. Fu un attimo ed eravamo d’accordo: dovevamo trovarvi dimora. La cercammo a lungo ed arrivò per caso. Mi imbattei nel Mito mentre tornavo dal mare, risalendo da Castro, quasi perdendomi lungo una strada che non avevo mai percorso. Ne fui catturato, nonostante fosse l’opposto di ciò che cercavo: non avevo intenzione di stabilirmi in campagna. L’infanzia a San Quirico d’Orcia era stata noiosa. Invece è ciò che in quella calda estate accade e, quasi all’improvviso e rapidamente, inizia un percorso di restaurazione durato 5 anni. “Non tanto per la sua imponenza, quanto per il rispetto che il luogo merita”. Con il giardino, l’uliveto, la torre colombaia, le mura di cinta e tutto il resto, recuperano anche la facciata della chiesa crollata e asfaltata. Ed ai suoi piedi vi trovano 9 tombe.






Il Mito così riprende a respirare. Torna ad essere intreccio di vita e di cultura. Con Donna Paola, negli anni si è popolato di artisti e letterati, di nobili e gente comune. Famose le feste e le cene in cui alla stessa tavola sedevano gli storici amici, Vito Ascoli, Pieralvise e Francesca di Serego Alighieri, diretti discendenti di Dante, Staffan e Genevieve De Mistura, alto ufficiale delle Nazioni Unite, mezza nobiltà salentina e italiana tra cui i Guarini, gli Winspeare, i Lopez y Roio, i Seracca Guerrieri Arditi di Castelvetere, gli Episcopo, i Bacile di Castiglione, i Solaro del Borgo, i Leone de Castris, i Pasaninsi, i Pellicano, gli Emo Capodilista i Frescobaldi, i fratelli Caprotti, i Portaccio Margottini, Anna e Francesco Marra con la moglie Maurizia De Leone Pandolfelli, i Caputo, i Lorenzini, il dottor Michele Accogli, i Codacci Pisanelli, i De Vecchi, l’imprenditrice Esmeralda Faraone Mennella, la scrittrice Tessa Rosenfeld Calenda con il marito Fabio, l’attrice Paola Pitagora, il regista Stefano Consiglio, Lucilla Bertolucci, Francesco Bandarin dell’Unesco con la moglie semiologa Patrizia Magli, il manager Patrizio Zigiotti con la moglie Marina, i Fratta Pasini, i Serenelli, la sceneggiatrice Francesca Marciano, il compositore Franco Piersanti, con l’amica Ada e tutto il mondo dei pititi di Corsano, con il restauratore Antonio, con i pittori Luigi e Pompeo, con il fabbro Carmelo, con Antonella e le sorelle gelataie del G&co di Tricase, con l’estetista Rosaria e il barbiere Dario, con Santo Accoto di Andrano, con il sorriso di Rosa, la cravattaia di Andrano e con i simpatici ragazzi del Cochabamba del mare di Andrano. Anche con i diversi sindaci che si sono susseguiti a Tricase e ad Andrano, con l’amico Vito Ferramosca e sua moglie. “E lo faceva con naturalezza, simpatia e divertente anticonformismo, lontano da schemi di alcun genere”, ricorda Alberto con lo sguardo di chi racconta una fiaba. E la sua fiaba Donna Paola l’ha scritta davvero. “Partiva da quella che è un po’ la sua storia da piccola e si perdeva in un mitico viaggio di fantasia. L’aveva chiamata Creando il mare. Perché diceva sempre che solo creando il mare puoi imparare a nuotare”.


Lei il suo mare lo ha cercato, lo ha trovato e lo ha creato. A quello stesso mare che un tempo portò predagli e distruzione all’ombra della Torre del Mito, Donna Paola ha donato accoglienza e tranquillità. Lo ha fatto aprendo la sua casa sua ai rifugiati provenienti da mondi lontani, come Abramo, Obaidur, Neil, Emmanuel, Bengiamino e Issa.Ragazzi figli di un viaggio infinito, come lo definiva lei, cui concedere un posto dove finalmente la sicurezza non è un sogno”.


In quell’Abbazia Donna Paola ha regalato la sua gioia di vita, quando fu inaugurata nel 2015 con un vero e proprio ballo in cravatta nera con mezza nobiltà italiana, aprendo le danze con un valzer con Alberto e con una messa celebrata il giorno successivo dal Vescovo Vito Angiuli, in onore del restauro del rudere della Chiesa, con una commovente lettura da parte dell’amica attrice Paola Pitagora di un suo scritto, ripreso poi nella tesi di laurea proprio sull’Abbazia del Mito del tricasino Giovanni Mastria.


Oggi Donna Paola non c’è più. Nei salentini, raccontava di aver trovato quell’anima che talvolta in Toscana si è persa. Lei, lì dove c’erano tre fichi, un eucalipto, una ginestra ed un ammasso di pietre, ha ricostruito un pezzo d’anima del Salento nel quale vivrà per sempre.


Appuntamenti

Tutto il Salento con Francesco De Siena

The Voice Senior, domani la finale, in prima serata su Rai Uno. Il musicista e cantante di Morciano di Leuca in gara tra i 12 finalisti del talent condotto da Antonella Clerici

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Il Salento è pronto a tifare (e televotare!) per Francesco De Siena, musicista e cantante di Morciano di Leuca (Le), tra i 12 finalisti dell’ultima puntata di The Voice Senior, in programma in diretta domani, venerdì 19 dicembre, in prima serata su Rai 1 (ore 21.30).

Classe 1966, insegnante di musica diplomato al Conservatorio di Lecce in viola e in violino a quello di Matera, musicista con una grande esperienza in orchestra in numerosi eventi nazionali, De Siena sarà protagonista del programma condotto da Antonella Clerici con una nuova attesa performance live, su un nuovo brano.

Dopo aver conquistato pubblico e giudici nel corso delle puntate precedenti, ha guadagnato il suo posto nella finale grazie al coach Nek, che non ha mai dubitato della sua grande capacità interpretativa e che lo ha scelto per rappresentare la sua squadra in finale.

L’ATTESA PER IL NUOVO BRANO

Il talent show dedicato a cantanti over 60 avrà, dunque, il suo clou domani sera: i 12 finalisti si esibiranno per conquistare un posto tra i 4 superfinalisti, che torneranno poi sul palco per l’ultima sfida.

A differenza delle puntate precedenti, dove erano i coach (Nek, Loredana Bertè, Arisa e la coppia Clementino-Rocco Hunt) a scegliere chi portare avanti, il vincitore della sesta edizione sarà decretato esclusivamente dal pubblico da casa attraverso il televoto.

l sistema prevede due sessioni di voto distinte e separate: la prima per selezionare i 4 superfinalisti tra i 12 concorrenti, la seconda per decretare il vincitore.

Le votazioni non saranno cumulative e i conteggi ripartiranno da zero all’apertura della seconda sessione.

Francesco De Siena ha conquistato la finale giovedì 12 dicembre, durante i Knockout (le semifinali del programma), con un’intensa interpretazione de “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla.

Accompagnandosi al pianoforte come nella precedente esibizione, ha toccato il cuore di tutti con il brano scelto dal suo coach Nek, che lo ha voluto in finale dichiarando: «Ha volato sulla canzone, l’ha resa come certamente avrebbe voluto Lucio».

Anche Clementino con Rocco Hunt e Loredana Bertè hanno apprezzato la performance, condividendo la scelta di Nek.

DECIDE IL TELEVOTO

Il percorso di De Siena nel programma era iniziato il 28 novembre, quando la sua versione di “Avrai” di Claudio Baglioni al pianoforte aveva fatto girare tutti e quattro i giudici.

Il primo, dopo appena 20 secondi, era stato Nek, seguito da Arisa e Loredana Bertè, e infine da Clementino e Rocco Hunt. Conquistato dall’esibizione e dalle capacità del cantante salentino, Nek aveva usato lo strumento del blocco per escludere Loredana Bertè e assicurarsi De Siena nella sua squadra.

COME SOSTENERE FRANCESCO

Per sostenere e televotare Francesco De Siena basta chiamare il numero verde 800.834.834 da telefono fisso o mobile.

La chiamata è completamente gratuita.

Ogni utenza potrà esprimere un massimo di 5 voti per sessione, digitando il codice a due cifre che verrà assegnato a ciascun finalista durante la trasmissione.

DE SIENA STORY

De Siena ha suonato in orchestra per diverse edizioni del premio Barocco e per il premio della regia Televisiva nel teatro Ariston di Sanremo.

Nel 1993 è stato anche finalista al festival di Castrocaro.

Ha anche partecipato in orchestra ad un concerto diretto dal Maestro Vessicchio, a Marsciano, vicino Perugia, con protagoniste Giorgia e Ornella Vanoni.

Lo scorso otto marzo è stato protagonista insieme alla sua band di un progetto musicale dedicato al grande Lucio Dalla al Teatro Italia di Gallipoli, progetto che ha avuto un seguito con un tour durante la passata stagione estiva nelle piazze pugliesi.

Dal suo profilo Instagram @francescodesiena si deduce che De Siena e la sua Band stanno lavorando anche per un nuovo progetto dedicato ai grandi cantautori italiani, “Piazza Grande Tour 2026”.

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Nek e Francesco De Siena

 

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Attualità

La cucina che ti… AMA

Ogni piatto è una storia. Ogni storia, un gesto d’amore: dialoghi di gusto a Muro Leccese, un invito a riscoprire la cura, l’ascolto, la gentilezza dei gesti

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Anna Maria Altamura, salentina di origine (è nata a Otranto), ha vissuto e lavorato a lungo lontano dal Salento, con il sogno mai nascosto di poterci tornare un giorno e mettere in pratica l’amore sconfinato che nutre per la propria terra.

Dopo aver incontrato (e sposato) Enrico Mercanti, che l’ha sempre sostenuta, ha potuto realizzare quel suo sogno.

Così è nato AMA, dialoghi di gusto.

Un luogo che non è solo destinazione gastronomica, ma approdo dell’anima, sintesi di un cammino personale e professionale che, da Milano al Salento, ha trovato qui il suo punto di compimento.

La storia di AMA inizia molto prima dell’apertura.

Prende forma nei corridoi veloci della vita metropolitana, dove Anna Maria, direttrice marketing nel settore del lusso, ed Enrico, direttore generale di banca, si accorgono che il tempo per ciò che davvero conta si stava assottigliando.

È allora che nasce la domanda che cambia tutto: «E se cambiassimo vita?».

Una semplice frase, capace di riportare entrambi al ritmo lento e autentico del Sud, alla terra di origine di Anna Maria, dove i ricordi profumano di mare, tradizione e famiglia.

Il destino li conduce a Muro Leccese, cuore pulsante del Salento, borgo dal fascino discreto e dalle radici millenarie.

Qui, tra vicoli che narrano secoli di storia e una piazza barocca considerata tra le più belle della regione, scoprono un palazzo del 1600

Varcando quella soglia, comprendono di essere arrivati a casa.

Da allora Palazzo Muro Leccese è diventato un progetto di vita totale: un Relais di Charme con cinque camere uniche, una corte antica che conserva tracce del passato, un giardino ombreggiato da jacarande in fiore e un’area wellness ricavata in spazi cinquecenteschi.

Un luogo dove il tempo rallenta e le relazioni tornano centro dell’esperienza.

Oggi, quel percorso evolutivo aggiunge il suo tassello più emozionante: AMA, dialoghi di gusto.

Un ristorante che racchiude l’essenza del verbo “amare”, un invito a riscoprire la cura, l’ascolto, la gentilezza dei gesti.

Per Anna Maria, chef e anima creativa del progetto, la cucina è sempre stata un linguaggio intimo, un modo per accogliere e raccontare.

Accanto a lei, Enrico, sommelier AIS specializzato in vino, olio, birra e bollicine, trasforma ogni cena in un incontro armonico tra sapori e calici.

AMA è una filosofia prima ancora che un luogo.

È appartenenza alla comunità e alla storia.

È accoglienza che avvolge, armonia che guida, autenticità che nutre.

È ascolto profondo tra cucina e ospite, tra memoria e creatività, tra materia ed emozione.

Ogni piatto è un dialogo, ogni ingrediente una parola scelta con cura.

Tradizione e innovazione si intrecciano, dal Salento alla Sardegna passando per le esperienze che hanno segnato la formazione della Chef, tra l’eleganza tecnica del maestro Luca Montersino e la generosità dello chef sardo Luigi Pomata.

Il risultato è una cucina gentile, mai gridata, che abbraccia chi la assapora e onora chi la prepara.

AMA vive in due sale in pietra con volte imponenti durante l’inverno, mentre nella bella stagione si apre alla corte e al giardino dove jacarande e melograni custodiscono la magia delle sere estive.

Tutto è pensato per restituire equilibrio e bellezza, per permettere agli ospiti di ritrovarsi, parlare, emozionarsi. Perché da AMA il cibo non è consumo, ma relazione.

«AMA è ciò che siamo e ciò che desideriamo donare», racconta Anna Maria, «un luogo che invita a rallentare, ad ascoltarsi e ad amarsi. Un ristorante, sì, ma soprattutto un gesto d’amore verso la terra, verso chi siede a tavola con noi, verso il tempo speso bene».

AMA, dialoghi di gusto apre quest’oggi all’interno di Palazzo Muro Leccese – Relais de Charme & Wellness, a pochi passi dalla luminosa Piazza del Popolo.

Un ristorante che nasce dal cuore e al cuore vuole tornare.

Info: AMA, dialoghi di gusto, via Roma 5, Muro Leccese, tel. 375 6274887, amailristorante.it; aperto a cena da martedì a sabato, domenica a pranzo, su prenotazione, chiuso domenica sera e lunedì.

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Attualità

Housing Temporaneo di Gagliano, l’Open Day  

Attività e percorsi del progetto socioassistenziale di contrasto alla marginalità sociale

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Si è svolto presso la sede dell’Housing Temporaneo di Gagliano del Capo, un Open Day dedicato alla presentazione delle attività e dei percorsi del progetto socioassistenziale di contrasto alla marginalità sociale.

Nel corso della giornata sono stati illustrati gli aspetti della vita quotidiana all’interno della struttura e l’impegno dei beneficiari nel migliorare la propria condizione personale e favorire un percorso di reinserimento sociale.

Il progetto, finanziato con i fondi del PNRR missione 5 componente 2 linea 1.3.1, con il supporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, della Regione Puglia e della Prefettura di Lecce e gestito dalla FIA Puglia Cooperativa Sociale, si inserisce nelle politiche di inclusione promosse dall’Ambito Territoriale Sociale di Gagliano del Capo, con l’obiettivo di rafforzare la rete dei servizi e sostenere le persone in situazione di fragilità.

L’iniziativa ha rappresentato un momento di informazione e condivisione con la comunità e le istituzioni del territorio.

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