Attualità
Covid, stop allo stato di emergenza: la road map verso la normalità
Cdm approva all’unanimità allentamento misure: dal primo maggio addio al Green pass e all’obbligo di mascherine al chiuso
Finisce il sistema a colori delle regioni, che dall’autunno del 2020 ha accompagnato l’Italia. È una delle novità della road map approvata dal Consiglio dei ministri per allentare le misure anti-Covid da aprile, dopo la fine dello stato di emergenza prevista per il 31 marzo.
Le restrizioni, come annunciato dal premier Mario Draghi, verranno eliminate “gradualmente”.
Dal 1° aprile cade l’obbligo di Super green pass nei luoghi di lavoro per gli over 50. Richiesto solo il certificato base a chi ha superato questa soglia d’età.
Dal 1° maggio, ovunque, non sarà più necessario esibire Green pass. Già dal 1° aprile stop all’obbligo del Green pass per ristoranti e bar all’aperto, così come non sarà più necessario per accedere negli hotel.
Mezzi di trasporto: dal 1° aprile non sarà più richiesto il green pass sui bus e sui mezzi di trasporto pubblico locale, mentre continuerà a vigere l’obbligo di indossare le mascherine. Le norme sulle mascherine, infatti, restano invariate fino al 30 aprile.
Sempre dal 1° aprile decade ovunque il limite alle capienze nelle strutture. Quindi anche gli stadi torneranno ad ospitare tifosi al 100% della loro capienza. Molto probabile una deroga per la partita della Nazionale contro la macedonia del 24 marzo, primo dei due spareggi per qualificarsi al mondiale 2022. Per accedervi sarà richiesto il Green pass base.
Stop alle quarantene dopo un contatto con una persona risultata positiva al Covid. Dal 1° aprile dovrà rimanere isolato a casa solo chi ha contratto il virus, mentre chi ha avuto un contatto dovrà applicare solo il regime dell’autosorveglianza.
Nessuna distinzione tra vaccinati e non vaccinati come invece avviene ora.
L’obbligo vaccinale resta in vigore fino a fine anno per il personale sanitario e Rsa.
L’ultima tappa che prevede il “capolinea” per tutte le restrizioni è il 15 giugno, quando è prevista la fine dell’obbligo vaccinale anche per gli over 50.
Dal 1° aprile l’Italia non sarà più in stato di emergenza Covid e di conseguenza decadono il Cts e la struttura del commissario straordinario.
Da maggio, ristoranti e altri locali al chiuso saranno accessibili anche senza certificato verde. Stop al Green pass rafforzato per gli stranieri nei ristoranti Dal 1° aprile .
A scuola si continua comunque ad andare con la mascherina, ma «non con quella chirurgica», come ha chiarito il ministro dell’Istruzione Bianchi prima del Cdm, e poi «ci sono già le regole per cui chiediamo di rimanere a casa con 37,5».
L’obbligo di vaccinazione degli insegnanti, resta fino al 15 giugno.
Per quanto riguarda le visite di familiari o altri visitatori alle persone ricoverate in ospedale o Rsa sono consentite fino al 31 dicembre 2022 solo con il Super Green Pass.
La possibilità di ricorrere allo smart working nel settore privato senza l’accordo individuale tra datore e lavoratore, e quindi ancora con un regime semplificato, prorogata al 30 giugno 2022, così come lo svolgimento del lavoro agile per i lavoratori fragili.
Approfondimenti
Frantoio fratelli Palma: “Oggi rivediamo la luce”
Quintino Palma, del frantoio Fratelli Palma di Cursi, è uno dei pochi olivicoltori ad esser riuscito a tenere in vita la propria azienda agricola passando per due espianti e per altrettanti reimpianti…
speciale agricoltura
TRA I POCHI SUPERSTITI
Quintino Palma, del frantoio Fratelli Palma di Cursi, è uno dei pochi olivicoltori ad esser riuscito a tenere in vita la propria azienda agricola passando per due espianti e per altrettanti reimpianti, l’ultimo dei quali in corso solo ora dopo le ormai famigerate lungaggini burocratiche. Lui e suo fratello sono titolari di oltre cento ettari di terreni destinati all’olivicoltura.
Ripercorriamo l’iter che avete seguito dall’arrivo della Xylella ad oggi.
«In scia alle due misure varate dalla Regione Puglia a supporto degli uliveti colpiti dal batterio, abbiamo eseguito due fasi di espianto cui hanno fatto seguito i reimpianti di alcune varietà di ulivo Xylella resistenti. Con il primo intervento, il “Bando Sottomisura 5.2” per le imprese agricole danneggiate da calamità naturali, abbiamo espiantato un totale di circa 50 ettari di ulivi: 25 sui miei terreni ed altri 25 su quelli di mio fratello.
Con la seconda legge, la misura “Reimpianto olivi zona infetta” di cui all’art. 6 del “Piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia”, abbiamo espiantato alti 60 ettari circa».
Come sono andati i reimpianti? Che varietà avete utilizzato?
«Con il primo intervento, abbiamo messo a dimora delle piante di Favolosa. Si tratta di coltivazioni super intensive: la raccolta viene effettuata con dei macchinari, che per altro hanno grandi dimensioni, e quindi necessitano anche di ampi spazi per poter lavorare. I frutti li abbiamo visti in quest’ultimo anno e, fortunatamente, abbiamo avuto un riscontro positivo: l’olio di favolosa che abbiamo iniziato a produrre da queste piante un anno fa è di ottima qualità, ed ha anche un buonissimo sapore. Tra i nostri clienti, infatti, sta riscuotendo un grande successo.
I reimpianti legati al secondo intervento sono invece ancora in corso.
In questo caso stiamo piantando due altre varietà: la Lecciana, che è una pianta frutto dell’incrocio tra il Leccino e l’Arbosana (originaria del Penedès, una regione della Spagna), ed il Leccio del Corvo. Ho deciso di variegare anche per avere una produzione eterogenea: cambiando pianta cambiano gusto e sapore. In questo modo potremo soddisfare maggiormente le richieste dei nostri clienti».
Dopo oltre 15 anni dall’arrivo del batterio, si sta finalmente delineando un orizzonte nel settore?
«Purtroppo, no. La gestione delle misure della Regione ha messo in difficoltà gran parte degli agricoltori. Soprattutto coloro che non hanno avuto possibilità di accorparsi, riunendosi ad esempio in cooperative, ed hanno presentato domanda come singoli. Hanno dovuto far fronte ad attese lunghe anche anni. Questo perché sono state fatte delle scelte politiche farraginose, distaccate dalla realtà, se non addirittura dettate da altri interessi. La gestione delle domande per la seconda misura di cui abbiamo parlato, ad esempio, è stata affidata ad ARIF (l’Agenzia Regionale per le Attività Irrigue e Forestali).
Questo ha fatto perdere tempo prezioso appresso alla burocrazia, con le pratiche che una volta elaborate dovevano tornare in Regione per la definitiva approvazione e, a mio parere, ha risentito anche alla della scarsa competenza in materia dell’ente».
Ha conosciuto olivicoltori che hanno gettato la spugna, anche dopo aver presentato domanda di finanziamento?
«Nel mio stesso frantoio ho incontrato tanta gente che ha visto la sua pratica arenarsi, e che non ha potuto far fronte a ciò che ne consegue, abbandonando le sue coltivazioni. Tante risposte alle domande di espianto arrivate 5 o 6 anni dopo.
Nel frattempo, sono subentrati lo sconforto, in molto casi anche l’anzianità, e si è persa anche ogni possibilità di passaggio del testimone alle nuove generazioni. I figli, mentre gli ulivi secchi attendevano risposta in campagna, hanno giocoforza intrapreso altre strade.
Questi sono terreni che non verranno più coltivati. Non è solo un danno al settore ed un danno economico per tutto il territorio, ma è anche un gravissimo danno paesaggistico per il Salento».
Lorenzo Zito
Approfondimenti
Xylella, Cazzato agricoltore di Salve: “Sono fiducioso”
«In una campagna in località Schiafazzi “regnava” un albero di olivo che, secondo molti aveva più di 800 anni ed era talmente grande che, spesso, ci venivano gli sposini per fare una foto”…
speciale agricoltura
OLIO NUOVO IN CAMPAGNA
Cesare Cazzato di Salve, ingegnere e imprenditore agricolo per scelta, seguendo quella che è la sua passione di sempre per la campagna e tutto quello che ne consegue.
La sua azienda è una di quelle che ha tenuto botta alla devastazione causata dalla Xylella e, su oltre 50 ettari, continua a produrre olio e altri frutti della terra.
Eppure, anche i suoi alberi, tanti, di Ogliarola Salentina e Cellina di Nardò, hanno subìto le conseguenze del batterio assassino.
«Ripresomi dalla botta», si racconta, «ho ricominciato a lavorare grazie ad alcuni alberi che avevo piantato quando è nato mio figlio, nel 1984. Erano alberi di Leccino e, in quella circostanza, colleghi e amici mi prendevano un po’ in giro, perché non avevo puntato sulle solite nostre specie. Oggi posso dire che è grazie a quella decisione se non compro olio da altri».
Così, con l’avvento della Xylella, «mi sono attrezzato, prima con l’eradicazione e poi dissodando il terreno, con un costo anche elevato, perché le radici erano molto profonde, visto che quegli alberi erano lì da tanti anni. Dopo ho ripiantato, puntando su una varietà che si chiama FS 17, nota come “Favolosa”.
L’ho potuto fare anche perché ho la fortuna di possedere un pozzo artesiano e, quindi, ho disponibilità di acqua. La “Favolosa” ha costanza nella fruttificazione e vasi linfatici più grossi che le consentono di non subire le conseguenze del batterio della Xylella che, invece, ha ammazzato le altre specie un po’ come fa la trombosi col corpo umano, cioè creando dei glomeruli all’interno dei vasi linfatici che ne interrompono le funzioni vitali.
Il Leccino e la Favolosa non sono immuni alla Xylella, semplicemente hanno vasi linfatici più larghi, con un diametro maggiore, per cui, anche se i batteri nidificano, continuano comunque a vivere e fruttificare senza conseguenze».
Cazzato racconta del suo monumento alla memoria: «In una campagna in località Schiafazzi “regnava” un albero di olivo che, secondo molti aveva più di 800 anni ed era talmente grande che, spesso, ci venivano gli sposini per fare una foto nel suo tronco. Anch’io conservo delle foto con tutti gli operai dentro e vicino quel miracolo della natura.
Bene, quell’albero, o quel che ne resta dopo la Xylella, l’ho voluto conservare, non me la son sentita di eradicarlo. Resterà lì come una statua, un monumento alla memoria».
Anche se l’attività col passare degli anni gode del supporto delle macchine, Cazzato ha ancora dei dipendenti e si dice felice di godere della «collaborazione di molti giovani dediti alla campagna che mi fa piacere incoraggiare».
Aspetto fondamentale su cui si dovrà puntare, quello della diversificazione: «In uno dei miei terreni, tra Presicce e Lido Marini, che ho dissodato, in questo mese pianterò fichi. Si tratta di “Fiche Maranciane” (« praticamente, non hanno bisogno di acqua, sono resistentissime e danno frutti di grande pregio»), e del Fico Dottato (« il migliore d’Italia, quello bianco e con i semi, molto piccoli. Il suo frutto è particolarmente apprezzato»)».
Che futuro in campagna?
«Diversificando avremo ancora un futuro. Sono convinto che tra una decina d’anni il Salento sarà più verde di prima. L’unica eredità positiva che ci lascia la Xylella è la qualità dell’olio.
In passato tutti noi abbiamo piantato alberi molto vicini e per tanti motivi producevamo olio rampante. Dopo quanto accaduto, finalmente, siamo costretti a produrre olio di altissima qualità senza lasciare che le olive cadano a terra. Sono fiducioso.
Anche perché il Salento è un’isola tra i venti. Il vento è l’impollinatore dell’olivo che è una pianta anemofila, cioè ama il vento».
Quindi è già tempo di voltare pagina e smettere di piangersi addosso per la Xylella?
«Ho piantato mille alberi di Favolosa che già fruttifica. L’olio lo vendo, i numeri non sono ancora quelli del pre-Xylella ma si può andare avanti.
A suo tempo ho avuto la lungimiranza di non disfarmi dell’attrezzatura, come hanno fatto altri, ed ho conservato scuotitore, trattori e quant’altro, perché ero convinto che il Salento sarebbe ritornato verde».
Infine, Cazzato svela: «I nuovi alberi li piantiamo a due metri e mezzo di distanza l’uno dall’altro, perché esiste una macchina, una specie di vendemmiatrice, che passa per filare, scuote e raccoglie le olive e le trasferisce nel rimorchio che corre accanto come se fosse grano. Questo sarà il nostro futuro».
Giuseppe Cerfeda
Approfondimenti
Xylella, un altro studio appena pubblicato
Lo studio del prof. Bruno propone il protocollo NuovOlivo® come strategia per consentire la coesistenza tra Xylella e la produzione di olive e olio extravergine di oliva della Cellina di Nardò e dell’Ogliarola Salentina
speciale agricoltura
Uno studio, pubblicato di recente, del prof. Giovanni Luigi Bruno (il secondo), ricercatore del Dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell’Università di Bari, sulla “Coesistenza tra Xylella fastidiosa Subsp. pauca e piante di olivo sensibili nella penisola salentina” (vedi a pagina 24), ci ha spinto ad approfondire ancora una volta da queste colonne quello che è stato un cambiamento epocale per il Salento, con la morte di quegli ulivi che per millenni hanno caratterizzato il nostro territorio e che per decenni sono stati al centro dell’economia della sua gente.
La sindrome del disseccamento rapido dell’olivo associata a Xylella fastidiosa è una delle malattie più distruttive degli olivi, in particolare sulle cultivar Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina.
Lo studio del prof. Bruno propone il protocollo NuovOlivo® come strategia per consentire la coesistenza tra Xylella e la produzione di olive e olio extravergine di oliva della Cellina di Nardò e dell’Ogliarola Salentina: «Trentadue oliveti privati colpiti da OQDS e coltivati seguendo le tecniche agronomiche in uso nella zona sono stati esaminati durante le stagioni olivicole 2019-2023.
Sono state considerate le cultivar Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina, Coratina, Ascolana Tenera, Nociara, Leccino e Bella di Cerignola. All’inizio dell’applicazione del protocollo, le piante sensibili mostravano una gravità dei sintomi OQDS del 40-80% e non producevano olive o olio, mentre le cultivar resistenti(?)/tolleranti mostravano una produzione di olive inferiore a 1-2 kg/pianta.
Dopo la rimozione dei rami secchi a gennaio-febbraio, le piante sono state irrorate due volte all’anno (preferibilmente a marzo e ottobre) con NuovOlivo®, una miscela di estratti botanici in acqua esterificati con oli vegetali in presenza di idrossido di sodio e attivati al momento dell’uso con bicarbonato di sodio. In tutti gli oliveti è stato distribuito un concime a lento rilascio e le erbe infestanti controllate mediante falciatura o triturazione.
Gli olivi trattati hanno prodotto nuova vegetazione, ricostruito la chioma, ridotto i sintomi di OQDS e prodotto infiorescenze e drupe. La produzione di olive è stata da 6,67 a 51,36 kg per pianta, con una resa media del 13,19% in olio extravergine di oliva (acidità libera 0,01–0,2%)».
Secondo il ricercatore, «anche il paesaggio e l’economia pugliese, basati sulla presenza e la produzione di olivi, potrebbero essere salvaguardati».
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