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Tricase, i furti e la società moderna: dal controllo al “dyscontrol”

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Salvatore Buffo, nostro lettore.





Sono allibito, sbigottito, sdegnato. Si legge sul il Gallo di domenica “Tricase depredata: sono 7 i furti nella notte … Il paese è stato depredato come fosse una città abbandonata … Un tour de force del furto .. portato a termine senza che nessuno vedesse o sentisse nulla”. Mi sono venute alla mente le immagini dei film postcatastrofe, dove le metropoli ormai cadenti e nel degrado generale sono nelle mani di bande armate ed i sopravvissuti si arrangiano per sopravvivere. Leggo poi sul Il Gallo di lunedì “Furti a Tricase: commercianti chiedono ronde di volontari …. L’associazione dei commercianti chiederà al sindaco l’istituzione di un tavolo tecnico e a Prefetto e Questore la possibilità di ronde pacifiche …”. Mi sono chiesto subito: chissà perché sindaco con la s minuscola e Questore e Prefetto con le iniziali maiuscole? A parte questa spigolatura, forse di poca importanza o forse significativa della considerazione che si ha per le diverse funzioni o forse indicativa delle aspettative, va detto che Prefetto e Questore sono autorità di pubblica sicurezza a livello provinciale ed il Sindaco, in qualità di ufficiale del Governo e in mancanza del Commissariato di Pubblica Sicurezza, è autorità locale di pubblica sicurezza e, quando opera come tale, dipende funzionalmente dal Prefetto e dal Questore.





Le competenze del’autorità locale di pubblica sicurezza sono definite nel T.U.L.P.S.: non sono previsti compiti di contrasto o di prevenzione della criminalità, ma quello di vegliare al mantenimento dell’ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità ed alla tutela della proprietà.





Di fatto, da molto tempo si ripetono furti con scasso a carico di commercianti e abitazioni. Forse la mano non è la stessa: i primi sembrano l’obiettivo di delinquentelli dilettanti, radicati nel territorio, i quali non si rendono nemmeno conto che il gioco non vale la candela e cosa rischiano; le abitazioni sembrano invece essere l’obiettivo di banda/e più organizzate e professionali con basisti locali. E tutto questo accade sempre con maggiore frequenza, addirittura sette episodi delittuosi in una notte, quasi con arroganza e presunzione, una sfida al contesto sociale, una presa in giro delle forze di polizia. Stanno alzando il tiro, si stanno dopando. E andranno sempre oltre, fino alle estreme conseguenze, per loro o per le loro vittime.





Dalla parte delle vittime, reali e potenziali, e dei gruppi di appartenenza, il bisogno di sicurezza si rende più evidente. Il concetto di sicurezza sociale nasce come esigenza dell’uomo di vivere senza preoccupazioni, “sine cura”, affonda le sue radici alle origini di ogni forma di convivenza sociale e si articola e si concretizza in concetti e provvedimenti di previdenza sociale, welfare e sicurezza pubblica.  





Lo sviluppo umano può essere letto attraverso un modello motivazionale basato su una gerarchia dei bisogni (Maslow, 1954), cioè una serie di “bisogni” disposti gerarchicamente in base alla quale la soddisfazione dei bisogni più elementari è la condizione per fare emergere i bisogni di ordine superiore.





Essi sono disposti come una piramide. Alla base della piramide ci sono i bisogni essenziali alla sopravvivenza, i bisogni fisiologici: fame, sete, sonno, protezione dal freddo o dal caldo, ecc. Sono i bisogni connessi alla sopravvivenza fisica dell’individuo. Sono i primi a dover essere soddisfatti per istinto di autoconservazione.





Salendo verso il vertice della piramide si incontrano i bisogni più immateriali. Fra questi, subito il bisogno di sicurezza: protezione, tranquillità, prevedibilità, soppressione preoccupazioni e ansie, ecc. 





Seguono, fino alla cima della piramide, i bisogni di appartenenza, di stima e di autorealizzazione.





Il non soddisfacimento di un bisogno elementare farà perdere di importanza un bisogno superiore: chi non riesce a soddisfare il bisogno di alimentarsi, chi ha fame o vede la sua sopravvivenza in pericolo non sarà attratto da bisogni più immateriali. Il non soddisfacimento del bisogno di sicurezza farà regredire l’essere umano, spingendolo a perdere le motivazioni per il soddisfacimento di bisogni superiori, i bisogni di appartenenza, di stima e di autorealizzazione. 





Questo processo assume oggi maggiore rilevanza e velocità di reazione per gli effetti concomitanti legati alla pandemia in corso, il lockdown, il timore per la salute propria e dei propri affetti, la solitudine, la carenza di rapporti sociali, la paura ad uscire di casa, la crisi economica, la paura di non farcela, la sfiducia verso chi ci governa e verso la politica degli annunci, degli accordi salvo intese, delle conferenze stampa, delle spese folli, dei fallimenti nella gestione della sanità, ecc. ecc.. Una condizione di ansia, di angoscia pervade l’individuo. 





Ipotizziamo che queste due figure un giorno si incontrino: il maramaldo, sempre più borioso e dopato, magari anche più attrezzato in termini di strumenti di offesa, che in regime di coprifuoco si fa gioco dei controlli, e la vittima, sempre più esasperata e “bisognosa” di sopravvivere. A questo ritmo, prima o poi succederà. L’incontro sarebbe, per l’individuo in condizioni di ansia e angoscia profonda, un fattore scatenante. Si sentirebbe intrappolato: un pericolo imminente, una via di fuga limitata o che si sta per chiudere.





Se con il termine rischio si indica una “quantificazione del pericolo in termini di conseguenze attese” e con pericolo la “proprietà o qualità intrinseca di una determinata entità avente il potenziale di causare danni”, è l’interazione di questi due elementi con l’individuo a determinare il verificarsi di eventi le cui conseguenze possono essere più o meno gravi.





Faccio riferimento ad eventi oggettivamente pericolosi la cui imminenza e gravità, per quanto possano essere percepite da ogni individuo in maniera diversa, consentono di annoverarli tra gli stressor estremi.





La prima reazione ad uno stressor è un adattamento aspecifico dell’intero organismo che, superata una fase iniziale di shock, si pone nella condizione di fronteggiare il pericolo con un comportamento di attacco o fuga. Non è necessario che la credenza sia esatta, ma è sufficiente che questa sia la percezione per scatenare reazioni volte a garantire la propria sopravvivenza, anche a scapito degli altri, con i noti fenomeni della reazione non proporzionata. Così la chiama chi giudica da un salotto o dal proprio scanno senza responsabilità.





Il giudizio farebbe ricadere la responsabilità delle conseguenze sul cittadino terrorizzato o sul fuorilegge dissennato e senza autocontrollo, piuttosto che su aspetti preventivi e di gestione dell’emergenza criminale.





Ed allora, come possiamo prevenire e gestire? Controllo sociale e sicurezza.





Nel mondo anglosassone il termine “control” rimanda all’idea di dominio, potenza, autorità. Nelle lingue europee continentali invece, il termine controllo significa sorveglianza, ispezione, accertamento, cioè indica unicamente l’attività del controllare.





Nel lessico della sociologia il termine “controllo” è riferito a quell’insieme di processi e di istituzioni sociali (soprattutto religione, scuola, famiglia) con i quali il sistema sociale e i gruppi che ne fanno parte influenzano o costringono la condotta dei soggetti individuali o collettivi verso la conformità alle norme o alle regole dominanti della collettività.





Ogni comunità o aggregazione di individui, da quella primitiva a quella post-moderna, si è sempre dotata di meccanismi di controllo sociale finalizzati ad uniformare il comportamento dei singoli membri del gruppo al potere dominante.





Nelle società arcaiche il controllo sociale informale era centrato sul ruolo del capofamiglia o del capotribù. I ricordi da ragazzino mi dicono che il mio paese era un “villaggio”, dove il controllo sociale era svolto dalla comunità, che si incaricava di sorvegliare i comportamento di noi ragazzini e di riferire ai nostri genitori: “ho visto tuo figlio …”. E funzionava. E mia madre ringraziava. Il maestro rimproverava e bacchettava. Il premio andava guadagnato. Pensate invece oggi, nella nostra modernità, ai genitori che minacciano la maestra o alla imprudente signora che si affaccia all’uscio della vicina per segnalare di averne visto il figlio compiere qualcosa di riprovevole. E ci sono ancora oggi esempi di controllo sociale proprio del villaggio. Penso alle comunità di extracomunitari, indiani, pakistani, musulmani, .. che vivono in Italia e che riconoscono all’anziano della comunità un ruolo superiore di guida, disapprovazione e condanna. Ricordo che nel 2010 l’occupazione abusiva di un cantiere, in cima ad una grù, da parte di alcuni extracomunitari, in rappresentanza di una folla di pari che rivendicavano il permesso di soggiorno, fu risolta dall’intervento dell’anziano della comunità che intercesse per il proprio conterraneo e per telefono esortò/convinse/ordinò di scendere. 





In questo processo, le regole sociali, quelle religiose, morali e di costume, sono caratterizzate dal fatto che la loro osservanza non si fonda su una costrizione esterna, ma su una spontanea ed interiore adesione ai valori che esprimono. 




Questo ruolo di controllo sociale informale nella modernità si sposta sull’istituzione Stato, nata come punto di mediazione tra interessi diversi. Ma non dobbiamo pensare che le altre agenzie, la religione, la scuola, la famiglia, le associazioni, .. abbiano esaurito il loro ruolo o possano pensare di poter delegare. La famiglia, in particolare, deve svolgere il suo ruolo prioritario, essenziale e non sostituibile.





Ma siamo giunti fino alla postmodernità dove il controllo sociale si sviluppa in larga parte attraverso l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Peccato che sia solo un “dyscontrol”.





Nelle società del controllo postmoderno, l’essenziale è cifra nel senso di password o codice d’accesso. Il linguaggio digitale del controllo è fatto di cifre che segnano l’accesso all’informazione o il rifiuto. Non ci si trova più di fronte alla coppia massa/individuo. Gli individui sono diventati dei “dividui” e le masse dei campioni statistici, dei dati, a disposizione dei mercati, delle banche o dei gruppi politici. Nella società postmoderna, una società mediata, che continuamente oscilla tra virtuale e reale, chi ha la capacità di immettere nell’immaginario collettivo nuovi valori e punti di riferimento, di suggestionare ed affascinare, di sedurre e conquistare ed ha gli strumenti tecnici e materiali per farlo (cellulare, TV, internet), ha in mano uno degli strumenti cruciali per esercitare il nuovo controllo sociale. 





Navigando in rete ognuno fornisce continuamente e quotidianamente al sistema di sorveglianza il doppione di se (c.d. doppione elettronico). I principali oggetti al centro dell’attenzione dei sistemi di sorveglianza non sono le persone in carne e ossa, bensì i loro “doppi” elettronici, cioè i dati che li riguardano.





La nuova sorveglianza si propone di selezionare le persone per operarne una classificazione al fine di scegliere un trattamento differenziale per le diverse categorie di consumatori e cittadini. Il marketing valuta i “profili” di ognuno secondo i comportamenti di consumo. Ciò che più dobbiamo temere non è la fine della privacy e dell’anonimato, bensì un inquadramento in categorie in grado di determinare a priori il nostro futuro.





Le nuove forme di controllo e sorveglianza assumono le caratteristiche tipiche del consumo e dello svago. Esporsi alla sorveglianza è oggi divenuto un gesto spontaneo, se non addirittura gratificante (C’è posta per te, Grande fratello, Tik Tok, Instagram, ecc.). Se il sorvegliato del Panopticon, il famoso modello di carcere con le celle su una circonferenza ed il sorvegliante al centro, era ossessionato dall’incubo di non essere mai solo, il nostro incubo è diventato quello di non essere notati da nessuno; quello che vogliamo è non sentirci mai soli. La costruzione di questa macchina infernale procede con la collaborazione spontanea, se non gioiosa, delle sue vittime.





Il controllo sociale formale, invece, viene affidato ad istituzioni “imparziali” che sorvegliano la condotta dell’individuo, pronti a sanzionarla qualora dovesse trasgredire o deviare. A questo fine la società si è dotata di istituti correttivi, norme penali e sanzioni per dissuadere e punire i devianti, ma anche per far interiorizzare delle norme e dei modelli di comportamento.





Le misure adottate sono relative alla prevenzione ed alla protezione, di tipo attivo, passivo, strutturale, impiantistico, amministrativo o disciplinare. E queste misure vanno gestite e mantenute in vita, con studi, aggiornamenti, formazione, informazione, manutenzione, verifiche, esercitazioni, piani di sicurezza e adeguamenti.





Una implementazione del controllo sociale informale richiede anzitutto un riconoscimento della necessità, poi progetti, risorse e tempi non brevi. Invece, sul controllo formale qualcosa si può e si deve fare subito.





Chi lo può fare sono le forze di polizia e la magistratura. Non conosco lo stato delle indagini o se ci sono procedimenti giudiziari avviati e potrei fare delle affermazioni non corrette.





Qualcuno pare sia stato colto in flagrante, fermato e subito a piede libero. Forse il magistrato avrà giudicato che non era socialmente pericoloso o capace di reiterare il reato. Ma la sorveglianza può essere certamente più mirata e più intensificata. Non si può certo accusare chi circola la notte e perseguitare i nottambuli, ma, se si hanno sospetti, li si può tenere sotto pressione (una volta un noto maresciallo lo faceva), li si può sommergere di sanzioni pecuniarie per violazione del coprifuoco e scoraggiare ad uscire da casa. 





Dobbiamo invece constatare che non c’è visibilità della vigilanza. Non è visibile una presenza sul territorio che tenga i contatti con chi sa e che possa raccogliere i rumors. Non si vede una pattuglia circolare. Non si vede una divisa. Non si vedono i fari lampeggiare. I cittadini hanno bisogno di sentirsi rassicurati vedendo fari, divise e pattuglie. I malintenzionati devono preoccuparsi vedendo fari, divise e pattuglie.





Un comandante di forze di polizia direbbe “siamo pochi, facciamo già il massimo possibile”. O direbbe, come riporta l’appello dell’associazione dei commercianti, “abbiamo le mani legate da norme e da un sistema giudiziario troppo farraginoso e garantista nei confronti dei delinquenti (e solo dei delinquenti perché se capita dentro un cittadino per bene invece viene stritolato e rovinato a vita)”. E sono d’accordo. Ma Tricase è sede di compagnia dei CC e il Commissariato di PS di Taurisano ha competenza anche su Tricase, che è oggi l’obiettivo consolidato delle azioni malavitose. Le stazioni dipendenti dei CC potrebbero contribuire alle attività di sorveglianza su Tricase. L’autorità provinciale di pubblica sicurezza potrebbe integrare l’attività locale con pattugliamenti di forze di polizia diverse, in particolare polizia di stato e finanza. I pattugliamenti potrebbero essere fatti in divisa ed in borghese, con auto di servizio ed auto anonime. Gli istituti di vigilanza, che svolgono la propria attività sotto la vigilanza del questore, potrebbero essere sensibilizzate a che nei loro giri di ronda attenzionino il problema e segnalino alle forze di polizia situazioni ed eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana.





Alla stessa polizia locale può essere attribuita ad personam la qualifica di agente di pubblica sicurezza, con compiti ausiliari alle forze di polizia, mediante decreto del prefetto, su richiesta del sindaco. Preferirei vedere la polizia locale pattugliare di notte il territorio con i fari accesi, piuttosto che distribuire di giorno con zelo e diligenza tante multe. Ora siamo in emergenza. Per le multe c’è tempo e non ci sono soldi.





Purtroppo, è facile dirlo. Difficile passare dalle parole ai fatti. Lo abbiamo visto nell’insufficiente controllo anti Covid degli assembramenti e del corretto uso delle mascherine.





I sistemi di video sorveglianza li hanno inventati da tempo e adottati diffusamente in tante città. Spero che nel programma dell’amministrazione cittadina ci sia spazio per tale predisposizione.





L’appello dell’associazione commercianti è un grido di protesta, di sconforto e di aiuto ed è bene che si sia fatto sentire, è bene che non si rimanga passivi ad aspettare la provvidenza. Ben venga un “tavolo tecnico che chiarisca cosa è stato fatto e con quale esito, cosa si sta facendo e cosa si ha intenzione di fare per risolvere definitivamente il problema» e che possa sollevare l’interesse e appellarsi alla responsabilità di questore e prefetto.  Si potrebbe dire che un tavolo tecnico, un verbale e un po’ di visibilità non si negano a nessuno, ma sottolineo che il tavolo tecnico ha anche un altro scopo, ha la grande funzione di permettere la “comunicazione” che finora è mancata. Non è sufficiente che qualcosa si faccia, occorre assicurare gli spettatori che qualcosa si sta facendo, che le istituzioni stanno svolgendo il proprio ruolo, che si sta lavorando ad una soluzione, che la via di uscita non si sta chiudendo, che non è necessario sostituirsi alle istituzioni e cercare scorciatoie.





E a proposito di scorciatoie e della proposta di “ronde pacifiche” promosse e gestite dall’associazione dei commercianti, “lo Stato è assente, ci pensiamo noi” non mi trova d’accordo. Nessuno deve sostituirsi alle istituzioni, ma possono essere le stesse istituzioni a valutare la necessità ed i modi del contributo di quelli che leggi e regolamenti chiamano “osservatori volontari”.





Ci sono altri due attori in questa triste rappresentazione: i media e la magistratura. 





I primi si devono chiedere quale è il loro ruolo. Si devono chiedere se vale sempre la regola “bad news, good news” o se si può fare qualcosa di più in termini di educazione, di richiamo delle agenzie sociali, di stimolo delle funzioni istituzionali interessate. Non mi pare finora di aver letto un’intervista agli organi di polizia, alla procura della repubblica, alle autorità di pubblica sicurezza.





E la magistratura? Un terreno minato. Anche se non si andrà in televisione per una custodia cautelare agli individui di una banda socialmente pericolosa, “facis de necessitate virtutem” fai di necessità virtù. La microcriminalità diffusa, in particolare in questo periodo di grande difficoltà economica, crea allarme sociale più di una rapina alle Poste.


Attualità

751 posti di lavoro e 204 annunci: il report di Arpal Puglia

Si ricorda che le offerte, parimenti rivolte ad entrambi i sessi, sono pubblicate quotidianamente sul portale lavoroperte.regione.puglia.it…

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In vista della prossima apertura di un nuovo punto vendita a Galatina, “Piazza Italia”, è alla ricerca di tre commessi o commesse di vendita. Le selezioni si svolgeranno mercoledì 7 maggio, dalle 10.30 alle 12.30, presso gli uffici del Centro per l’Impiego di Galatina, in via Vito Vallone 25, alla presenza dei recruiter aziendali. La selezione è rivolta a candidati con preferibile esperienza nella vendita al dettaglio. Le figure selezionate si occuperanno di esposizione e sistemazione della merce, rifornimento degli scaffali, assistenza ai clienti durante l’acquisto e gestione della cassa.

È previsto un contratto di lavoro a tempo determinato full time, con orario spezzato (mattina e pomeriggio) e possibilità di stabilizzazione futura. Chi è interessato può partecipare al recruiting day presentandosi il 7 maggio al Centro per l’Impiego di Galatina. È inoltre necessario inviare, entro il 6 maggio 2025, il modulo di candidatura all’indirizzo email: ido.galatina@arpal.regione.puglia.it. Il modulo è scaricabile al seguente link: https://tinyurl.com/candidatigalatina. Per maggiori informazioni, è possibile contattare il CPI di Galatina al numero 0836/1909018 o scrivere a ido.galatina@arpal.regione.puglia.it.

Sono 751 le posizioni lavorative attualmente disponibili nell’Ambito di Lecce, distribuite in 204 annunci attivi. È quanto emerge dal 14° Report settimanale di ARPAL Puglia, che fotografa un mercato del lavoro vivace e in crescita, con offerte che spaziano tra i principali settori produttivi del territorio. A trainare il mercato del lavoro è ancora una volta il settore turistico che offre 284 opportunità, a testimonianza del suo ruolo centrale nell’economia locale.

Si ricorda che le offerte, parimenti rivolte ad entrambi i sessi, sono pubblicate quotidianamente sul portale lavoroperte.regione.puglia.itdal quale ci si può candidare direttamente tramite Spid. Si consiglia di consultare costantemente la pagina Facebook “Centri Impiego Lecce e Provincia”, il portale Sintesi Lecce e i profili Google di ogni centro per l’impiego. Gli uffici sono aperti al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 11.30, il martedì anche nel pomeriggio dalle 15 alle 16.30 e il giovedì pomeriggio su appuntamento.

https://drive.google.com/file/d/1cLCYz7r9-QqW_UufuQlxgqqrK1Vf0WWu/view?usp=sharing 

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Anticipo d’estate per il ponte dl 1° maggio

Sta per concludersi la lunga fase instabile che ha caratterizzato l’Italia in questa primavera decisamente turbolenta. Nei prossimi giorni tornerà ad espandersi l’anticiclone…

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Secondo 3bmeteo: “Nei prossimi giorni anticiclone subtropicale con sole prevalente e netto rialzo termico; primi picchi di 28-30°C”.

“Sta per concludersi la lunga fase instabile che ha caratterizzato l’Italia in questa primavera decisamente turbolenta. Nei prossimi giorni tornerà ad espandersi l’anticiclone subtropicale, ripristinando condizioni in prevalenza assolate su gran parte dello Stivale”.

“Non solo ampio soleggiamento ma anche netto aumento delle temperature per il Ponte del 1 maggio” – prosegue Ferrara di 3bmeteo – “sperimenteremo un vero e proprio anticipo d’estate con temperature più tipiche del mese di giugno e ben sopra le medie del periodo. Già giovedì 1 maggio si potranno sfiorare picchi di 27-28°C”.

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Attualità

Acque depurate per i campi di Carpignano e Martano

“Rete irrigua consortile per il riuso delle acque depurate”: i lavori, appena affidati per un importo di circa un milione e 800mila euro, dovranno concludersi in duecento giornate lavorative, quindi entro sette mesi

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«Con soddisfazione, stiamo per risolvere definitivamente la vicenda della “Rete irrigua consortile per il riuso delle acque depurate” nei nostri territori»: lo annunciano con una nota congiunta i sindaci di Carpignano Salentino e Martano.

Un progetto innovativo e ambientalmente strategico, approvato nel 2002 e completato nel 2006, ma mai attivato a causa di problemi legati al depuratore consortile. Inizialmente, mancava una soluzione per lo smaltimento finale delle acque trattate, poiché le trincee drenanti non erano state realizzate.

Successivamente, anni di abbandono e vandalismi avevano reso inutilizzabili la vasca di accumulo e la rete irrigua.

Per superare queste criticità e valorizzare gli investimenti già effettuati, soprattutto in un contesto in cui l’acqua è diventata indispensabile per il reimpianto degli ulivi colpiti dalla Xylella fastidiosa, le amministrazioni comunali di Carpignano e Martano hanno richiesto ripetutamente l’intervento della Regione Puglia.

«Grazie all’impegno di tutta l’amministrazione regionale e, in particolare, del Presidente del Consiglio regionale Loredana Capone, del consigliere regionale Cristian Casili e dell’Assessore all’Agricoltura Donato Pentassuglia», fanno sapere i sindaci Mario Bruno Caputo di Carpignano Salentino e Fabio Tarantino di Martano, «si raggiungerà l’obiettivo di ripristinare e rendere pienamente funzionanti gli impianti danneggiati, garantendo una gestione efficace delle risorse idriche e il loro riutilizzo in agricoltura».

I lavori, appena affidati, per un importo di circa € 1milione e 800mila dovranno concludersi in sette mesi (200 giornate lavorative).

«Questo risultato rappresenta un passo fondamentale per il nostro territorio», aggiungono i due primi cittadini, «ringraziamo la Regione Puglia, il consiglio regionale, la giunta e tutti i funzionari coinvolti per aver compreso l’importanza ambientale ed economica di questo intervento, nonché tutte le amministrazioni comunali di Carpignano e Martano storicamente coinvolte nella realizzazione del depuratore consortile e della rete irrigua». Recuperare e riutilizzare le acque depurate, ricche di nutrienti come l’azoto, significherà evitare sprechi idrici oggi dispersi nel terreno e fornire un sostegno concreto al settore agricolo, in particolare all’olivicoltura, gravemente colpita dalla crisi causata dalla Xylella.

«Questo progetto», si legge ancora in una nota congiunta dei sindaci di Carpignano e Martano, «è frutto di un lavoro corale e della determinazione di tutti gli attori coinvolti, a partire dalla Cooperativa San Giorgio, che ha fortemente sollecitato l’attivazione di questa infrastruttura per sostenere il reimpianto degli ulivi e il rilancio del comparto olivicolo. Si tratta di un intervento di grande rilevanza per il territorio, che fornisce una risposta tangibile alle problematiche legate alla penuria idrica e agli effetti dei cambiamenti climatici, in quanto il recupero e il riutilizzo delle acque depurate non solo mitigano l’impatto ambientale, ma offrono una risposta strutturale alle emergenze idriche, garantendo un supporto fondamentale al settore agricolo e alla rinascita dell’olivicoltura locale.

L’IMPIANTO

Attraverso tale intervento si consoliderà, dunque, un modello di gestione sostenibile delle risorse idriche, capace di affrontare le sfide del presente e preparare il territorio alle necessità future.

Dal punto di vista tecnico, la rete irrigua interesserà un’area di circa 1500 ettari, suddivisa in sette settori, che verranno serviti in modo rotativo grazie a un sistema automatizzato gestito da valvole elettroniche.

Le acque reflue urbane, dopo essere state trattate nel depuratore consortile e sottoposte a disinfezione mediante raggi UV, saranno convogliate in un serbatoio di accumulo con una capacità di 7mila metri cubi, garantendo una distribuzione costante dell’acqua per un periodo di circa quattro giorni.

L’impianto sarà in grado di erogare una portata di 28 litri al secondo (equivalente a 100 metri cubi all’ora), destinata all’irrigazione mirata, una tecnica che compensa le perdite idriche dovute all’evaporazione e alla traspirazione vegetale.

I lavori, tra l’altro, includono: l’ampliamento della camera di comando per facilitare l’utilizzo delle valvole; il ripristino delle connessioni tra le vasche e l’automazione del sistema di accumulo delle acque depurate; il rifacimento dello scarico delle acque in eccesso; la manutenzione straordinaria dei locali tecnici; la revisione completa del gruppo elettrogeno; l’installazione di un sistema antintrusione per garantire la sicurezza degli impianti; e l’adeguamento dei punti di collegamento agli utenti. Con questo progetto, i Comuni di Carpignano Salentino e Martano confermano il loro impegno per uno sviluppo sostenibile e per il sostegno alle attività agricole, pilastro economico e culturale del territorio.

MARTEDÌ 29 LA PRESENTAZIONE UFFICIALE

I lavori saranno ufficialmente presentati presso la Sala Conferenza della Cooperativa San Giorgio in Carpignano (S.P. 48) martedì 29 aprile alle ore 19, alla presenza della presidente del Consiglio regionale Loredana Capone, accompagnata dall’assessore Donato Pentassuglia, dal responsabile delle Risorse Idriche Andrea Zotti, dalla direttrice di Aqp Francesca Portincasa, dal direttore generale di Arif Francesco Ferraro e dai sindaci dei due comuni interessati.

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