Attualità
Gazzetta del Mezzogiorno: ci risiamo con la crisi
I dati di vendita degli altri Quotidiani pugliesi.
Editoria, Lacarra-Pagano (PD): Governo sostenga lavoratori Gazzetta del Mezzogiorno. Evitare licenziamenti, più strumenti per sostenibilità azienda.
“Procura grande preoccupazione l’avvio della procedura di licenziamento collettivo denunciata qualche ora fa dai rappresentanti sindacali dei poligrafici e dei giornalisti de La Gazzetta del Mezzogiorno.
La testata, che rappresenta un pezzo imprescindibile della storia della nostra terra, continua a versare in una situazione di difficoltà che però non può ricadere su chi ha già dato la sua intera vita per la Gazzetta“.
E’ quanto sostengono i due deputati pugliesi: “Il Governo nazionale, esattamente come è stato già fatto in passato da altri esecutivi, dovrebbe intervenire immediatamente per sanare la situazione, aiutando l’azienda ad evitare i licenziamenti e a dare maggiori possibilità di pensionamento anticipato e risorse per la riqualificazione e la formazione professionale.
La prossima legge di bilancio dovrà farsi carico dell’intera questione e ci aspettiamo che i colleghi di maggioranza voteranno a sostegno dei nostri emendamenti al riguardo.”
Marco Lacarra e Ubaldo Pagano, deputati PD
SCREENSHOOT DELLA SITUAZIONE DELLA TESTATA
Nonostante il potenziale bacino di utenti, della Puglia e Basilicata, di sei milioni di lettori, continua la crisi di vendite in edicola della Gazzetta del Mezzogiorno.
Le vendite quotidiane sono infatti scese sotto le 5 mila copie al giorno (dati ADS 4.796 copie al giorno).
Una crisi generata da una gestione editoriale-giornalistica, che nel 2022, ha portato ad una perdita di oltre 4 milioni di euro.
Chi vende di più, nonostante esca solo a Bari, Brindisi, Lecce e Taranto città in cui ha delle redazioni locali, con 6.890 copie vendute al giorno è il Nuovo Quotidiano di Puglia.
Anche l’Edicola del Sud, venduto in coppia con La Gazzetta dello Sport, ha superato le vendite della Gazzetta, e si attesta su una media di ca 5.000 copie vendute al giorno.
Approfondimenti
Xylella 15 anni dopo: a che punto siamo?
Il Salento ha assistito alla distruzione della filiera olivicola da parte della Xylella, filiera che per secoli ha avuto una notevole importanza sia economica che sociale. Il danno è stato enorme e molti, in particolare gli abitanti delle città e i politici, sembrano non averne pienamente contezza così che, in attesa che la “Scienza” trovi un rimedio, ben pochi, anche tra i ricercatori, agiscono o propongono attività di buon senso.
speciale agricoltura
IL FUTURO DEL SALENTO DOPO LA XYLELLA
Prof. Luigi de Bellis
Ci sono prospettive per una agricoltura Salentina post-Xylella?
Lo abbiamo chiesto al prof. Luigi De Bellis del Dipartimento di Scienze e Tecnologia Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento.
«Il Salento ha assistito alla distruzione della filiera olivicola da parte della Xylella, filiera che per secoli ha avuto una notevole importanza sia economica che sociale. Il danno è stato enorme e molti, in particolare gli abitanti delle città e i politici, sembrano non averne pienamente contezza così che, in attesa che la “Scienza” trovi un rimedio, ben pochi, anche tra i ricercatori, agiscono o propongono attività di buon senso.
Ultimamente si assiste a proposte molto contraddittorie quali, ad esempio, la sponsorizzazione – perché di sponsorizzazione si tratta, non di divulgazione scientifica – di prodotti curativi quasi “magici”, la cessazione delle procedure fitosanitarie di abbattimento delle piante potenzialmente ospiti del batterio nel raggio di 50 metri da una pianta infetta, o l’introduzione di piattaforme tecnologiche che forniscano all’agricoltore cose che conosce già, come le colture che possono essere coltivate (moltissime, eccetto quelle che hanno un fabbisogno di freddo invernale o molte specie tropicali) insieme alle caratteristiche del suolo e dell’acqua che ha a disposizione.
RITORNO ALLA CURA
Unica iniziativa di buon senso, portata avanti da alcuni potatori ed esperti di olivicoltura, quella di un ritorno alla “cura” – stavolta intesa non come terapia ma come gestione accorta e razionale dei bisogni agronomici – degli olivi salentini affetti da Xylella ma ancora vivi, attraverso potature dei rami che manifestano i primi sintomi, il controllo dell’insetto vettore (la ormai ben nota “sputacchina”), la difesa da altri patogeni, la corretta gestione dell’acqua e delle concimazioni, che certamente non potranno garantire la produttività e la vitalità degli olivi per molti anni, ma che sembrano, rispetto agli oliveti abbandonati, condurre a qualche rallentamento del declino, così come avviene per gli animali o le persone: chi è ben curato vive più a lungo di chi non riceve alcuna assistenza.
Allo stesso tempo si assiste al reimpianto di oliveti superintensivi, strategia potenzialmente efficace sotto il profilo della sostenibilità economica come sembra indicare anche l’esperienza spagnola, realizzati soprattutto con la cultivar Favolosa, che richiedono, però, ogni anno una significativa quantità di acqua per ettaro, acqua che è sempre stato un fattore limitante nel Salento e lo sarà sempre di più (o avrà costi proibitivi o sarà necessaria una desalinizzazione su larga scala).
La conseguenza è che occorre un aiuto per mantenere una agricoltura degna di questo nome nel Salento.
Aiuto che deve venire soprattutto dai decisori politici a livello nazionale e regionale e da parte dei sindaci del Salento che vedono il loro territorio degradare, così da continuare a supportare la ricerca e proporre il finanziamento (e successivamente un adeguato controllo) di progetti di filiera.
È, infatti, ben poco efficace indicare agli agricoltori cosa coltivare per poi non garantire una prospettiva di remunerazione del loro lavoro, ovvero lasciarli soli di fronte alle difficoltà del mercato; nel XXI secolo non occorre semplicemente conseguire una elevata qualità del prodotto, ma raggiungere una massa critica del prodotto stesso, accompagnata da una solida azione di promozione e marketing.
Questo può essere anche realizzato associando i produttori tra loro (OP o Distretti poco importa) così da organizzare una assistenza e formazione continua, oltre che una efficace e centralizzata promozione per una serie di filiere adatte al Salento.
Non è possibile ipotizzare un reimpianto di tutti gli oliveti affetti da Xylella, perché è risultato evidente come la quasi monocoltura di olivo abbia favorito la diffusione del batterio e i danni conseguenti, mentre sarebbe da sostenere il finanziamento di 3-4 filiere in grado di dare origine ad una agricoltura sia sostenibile che remunerativa per gli agricoltori e, in funzione economica, far ritornare i giovani nel settore.
Questo approccio si rende necessario anche per ragioni ecologiche ed ambientali: tutti gli olivi morti o in via di disseccamento hanno cessato di immagazzinare CO2 e traspirare acqua, così da non contribuire più alla riduzione degli inquinanti ambientali ed a mitigare gli effetti della temperatura, generando un poco percettibile quanto insidioso cambiamento climatico a livello locale.
Tutti i cittadini del territorio insieme agli agricoltori e politici dovrebbero discutere apertamente, senza pregiudizi, all’interno di una solida cornice fatta di conoscenze scientifiche ed analisi di dati fattuali, allo scopo di concordare iniziative per il futuro del Salento. Ciò anche alla luce di uno scenario di convivenza con il batterio Xylella nella zona infetta ed il suo andamento epidemico verosimilmente variabile: dopo la morte di decine di migliaia di olivi, la presenza del batterio potrebbe risultare ridotta, una condizione apparentemente favorevole alle attività di reimpianto ma che potrebbe essere soggetta a non perdurare con l’eventuale introduzione di piante ospiti, pur resistenti.
LE POSSIBILI SOLUZIONI
Mantenendo attive le buone pratiche agricole (lavorazioni dei terreni, taglio della vegetazione erbacea, eliminazione delle piante compromesse, lotta diretta agli insetti vettori) in grado di limitare l’impatto e la diffusione di Xylella, evitando di importare specie altamente suscettibili, semplici basi di discussione e di intervento sono:
– individuare nuove fonti irrigue (nuovi invasi, impianti di depurazione in grado di fornire acqua idonea all’agricoltura, miglioramento delle reti irrigue ecc.) così da fornire acqua agli agricoltori a basso costo, perché solo con la disponibilità di questa essenziale risorsa potrà essere sviluppata nel Salento una moderna e remunerativa agricoltura e gli imprenditori potranno scegliere liberamente cosa e come coltivare;
– analisi critica delle filiere tradizionali e dei relativi sottoprodotti, con particolare attenzione sulle filiere olivicola-olearia, viti-vinicola, e orto-frutticola;
– realizzazione di campi prova/esperienze pilota di coltivazione e/o di trasformazione per realizzazione di (nuovi) prodotti agroalimentari da sottoporre alla attenzione di imprenditori agricoli e cittadini;
– analisi economica delle potenzialità di mercato delle varie filiere così che queste possano essere supportate da finanziamenti regionali o nazionali;
– finanziamento costante negli anni della ricerca indirizzata allo studio di efficaci strumenti per il contrasto alla Xylella e l’individuazione di germoplasma resistente o tollerante ai fini della convivenza con il batterio in area infetta.
Per la filiera olivicola, che ha la maggiore necessità di un rapido intervento allo scopo di prevenire errori che il territorio potrà pagare caro negli anni futuri, è utile e necessario definire un progetto o più progetti di filiera per il territorio gestiti da Organizzazioni di Produttori (OP) o distretti del cibo riconosciuti dalla Regione Puglia con lo scopo di: garantire e migliorare la qualità dell’olio; aumentare la produzione attraverso nuovi impianti e migliore gestione degli oliveti; programmare i reimpianti con più varietà di olivo in modo da evitare la ricostituzione di una (quasi) monocoltura varietale limitando per quanto possibile impianti superintensivi che richiedono notevoli disponibilità di acqua; creare un marchio collettivo allo scopo di portare sul mercato nazionale ed estero la gran parte del prodotto del territorio così da ottenere una maggiore remunerazione; promuovere la costituzione di una Elaioteca Regionale sia fisica che di promozione e vendita “on-line” partendo da una sede a Lecce (la Legge Regionale 29 luglio 2008, n. 20 “Costituzione dell’Enoteca/Elaioteca regionale”, mai attuata, prevede una sede in ogni capoluogo di provincia della Puglia) quale vetrina dei prodotti olivicoli; promuovere contributi per l’insediamento di giovani agricoltori.
C’E’ ANCORA FUTURO
La risposta alla domanda posta è quindi positiva, a patto di partire dal fatto che la scarsa disponibilità di acqua è il fattore limitante per molte scelte aziendali e territoriali, insieme alla necessità che opportuni finanziamenti regionali o nazionali supportino e promuovano una rinnovata e sostenibile agricoltura sul territorio».
Attualità
Tricase Porto: cambia la viabilità per i lavori di riqualificazione
Da lunedì novità in via Duca degli Abruzzi e sul Lungomare Cristoforo Colombo
Modifiche alla viabilità a Tricase Porto per permettere l’esecuzione dei lavori di riqualificazione del paesaggio costiero appena avviati nella marina.
Dalle ore 7 di lunedì 7 ottobre e sino al 31 gennaio prossimo saranno in vigore la chiusura del traffico veicolare ed istituzione del divieto di sosta in via Duca degli Abruzzi (tratto compreso tra la S.P. 358 e via Della Vela) e il doppio senso di circolazione sulla S.P. 358 (Lungomare Cristoforo Colombo, nel tratto compreso tra via Duca Degli Abruzzi ed S.P.78).
Attualità
Come influisce il cambiamento climatico nel Salento?
Il primo problema da affrontare è quindi quello di una viabilità che dovrebbe tener presente fenomeni atmosferici di una elevata intensità. Al che si potrebbe rispondere che il più è fatto e che l’esistente non si può più modificare. Ed è vero; però è pure doveroso che ogni Comune tenga conto delle esperienze negative e intervenga là dove possibile per prevenire che le strade si trasformino in torrenti d’acqua…
di Hervé Cavallera
L’ingresso dell’autunno 2024 si è segnalato soprattutto nel basso Salento con forti temporali. Il 24 settembre molte vie di centri come Tricase, Ruffano, Casarano, Corsano, per fare qualche nome, sono state intransitabili per i fiumi d’acqua e, ad Andrano Marina, è crollato parte del muretto sul Lungomare delle Agavi.
Su www.ilgallo.it abbiamo prontamente riportato la gravità di quanto accaduto e, in verità, dopo un’estate che è ricordata come una delle più calde – se non la più calda – che abbiamo vissuto, la pioggia è veramente caduta come un’improvvisa “bomba d’acqua” che ha segnato la fine di una stagione e messo ancora una volta in risalto la fragilità del nostro sistema stradale.
Problema atavico, che naturalmente diventerà ancora più grave se il cosiddetto cambiamento climatico porterà nella nostra terra quelle tempeste tropicali con trombe d’aria e cicloni di cui una volta leggevamo sui libri e che siamo abituati a vedere in televisione.
Però, è anche vero che il nostro sistema viario non è da tanto tempo in grado di reggere piogge di forte intensità. Ricordo molto chiaramente che quando ero piccolo e frequentavo la scuola elementare, in alcune giornate di forte pioggia il Comune era solito mettere, in alcuni punti degli incroci del Paese, delle passerelle di legno in modo da consentire a noi bambini di tornare a casa senza inzupparci completamente. Piogge abbondanti, quindi, ci sono sempre state ed hanno provocato disagi non lievi anche perché non facilmente nelle strade si è riusciti a dare la giusta pendenza e la non attenta gestione urbanistica ha spesso consentito l’edificazione di case o di quartieri in zone facilmente soggette ad allagamenti.
VIABILITA’ E CAMBIAMENTO CLIMATICO
Il primo problema da affrontare è quindi quello di una viabilità che dovrebbe tener presente fenomeni atmosferici di una elevata intensità. Al che si potrebbe rispondere che il più è fatto e che l’esistente non si può più modificare. Ed è vero; però è pure doveroso che ogni Comune tenga conto delle esperienze negative e intervenga là dove possibile per prevenire che le strade si trasformino in torrenti d’acqua.
Una città è una realtà non immutabile e quindi è necessario che l’amministrazione comunale elabori dei miglioramenti per evitare che si presenti il fenomeno delle strade-fiume o, ancor peggio, che edifici possano essere invasi dalle acque.
Certo, il Salento è la terra du sule, du mare, du ientu, ma non è detto che essi siano sempre benevoli e le precauzioni non sono mai troppe, come peraltro si vede da case che non hanno previsto che possano essere oggetto di penetrazione acquea, per così dire.
Vi è poi un altro e più complesso problema: quello del cambiamento climatico. Gli studiosi non sono tutti d’accordo, ma è chiaro che è in atto un riscaldamento globale molto elevato soprattutto a causa di alcuni Stati, ma di cui sono responsabili in vario modo tutti gli umani poiché l’utilizzazione delle risorse energetiche fa comodo a tutti. Ma la comodità ci può costare molto cara.
La deforestazione – pensiamo a quanto sta accadendo nella foresta amazzonica – conduce non solo all’estinzione di numerose specie animali e vegetali, ma al cosiddetto effetto serra (aumento di anidride carbonica), quindi ad una crescita delle temperature e ad uno squilibrio ecosistemico che può favorire fenomeni estremi come cicloni, tornado e così via. E che non si tratti di un discorso astratto è attestato dallo scioglimento dei ghiacciai che sta avvenendo non solo nella lontana Antartide e nella Groenlandia, ma nelle Alpi e negli Appennini (si è calcolato che stando così le cose i nostri ghiacciai potrebbero sparire entro 20-30 anni).
Ciò porterebbe tra l’altro all’aumento del livello degli oceani con la conseguente minaccia che le terre costiere (si pensi a Venezia e dintorni, per citare una città che viene subito in mente) possano essere sommerse.
In questo modo i problemi di uno spazio relativamente esiguo (quello di una provincia) si incontra con quello enormemente più complesso di una trasformazione planetaria, generando una serie di prospettive minacciose che possono mettere in repentaglio la stessa sopravvivenza della specie.
Per carità, non si vuole essere apocalittici; è tuttavia necessario ricordare che il processo di cementizzazione e di eccedenza energetica non giova né alla qualità della vita né all’equilibro del pianeta, così da rendere possibili fenomeni atmosferici una volta impensabili e ai quali non si può restare indifferenti. Tutto questo comporta una strategia che deve coinvolgere Regioni e Comuni, sì che da un lato operino sul territorio per evitare che burrasche estreme generino tragedie e da un altro possano sfruttare per quello che è possibile le piogge, in modo da impedire la desertificazione.
Ora, visto che già il grande poeta latino Orazio (65 a. C. – 8 a. C.), nato a Venosa, aveva definito la Puglia una terra siticulosa (sitibonda) e considerate le alternanze di siccità e di piogge torrenziali perché non pensare alla creazione di invasi, a dei serbatoi artificiali che possano raccogliere il flusso dell’acqua piovana e depurarla? Si entra in tal modo nella gestione del territorio che ormai è sempre di più una risorsa da tutelare e non una realtà da sfruttare. L’essere umano non è separato dalla natura; ne fa parte integrante e deve saper operare in maniera oculata per non alterare un equilibrio che è condizione della esistenza dei viventi nel pianeta.
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