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Melendugno

Tap resta a San Foca

Riunione flash a Roma presso la Presidenza del Consiglio: i ministri hanno chiarito a Potì e alla Regione che i siti alternativi sono definitivamente scartati

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Appena 45 minuti di riunione, ieri a Roma, per la seconda fase della procedura, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, verso la realizzazione del gasdotto Tap.


Riunione lampo in cui i vertici al tavolo non hanno mosso passo dalle loro posizioni iniziali: indi, nulla di nuovo, se non che i siti alternativi a San Foca, per l’approdo dell’impianto in Salento, sono ormai tutti scartati definitivamente.


Arriva così la conferma definitiva: il gasdotto passerà dal mare di Melendugno, con buona pace di quanti si sono battuti per evitarlo, come la Regione, i cui rappresentanti ieri hanno provato a far valere le loro ragioni, scaldando l’incontro nella capitale e incontrando qualche frizione con l’esecutivo.


Se non altro, oggi è più chiaro il perché della ferma opposizione ad uno spostamento rispetto al piano iniziale: il Governo ritiene quello della Tap un progetto importante (il Presidente del Consiglio, a onor del vero, non ha mai mancato di farlo capire) e non vuole ulteriori rallentamenti nelle procedure che conducono alla sua realizzazione. Lo hanno chiarito, proprio ieri, i ministeri presenti all’incontro alla Regione Puglia ed al sindaco di Melendugno, Potì.


E a Melendugno, intanto, scoppia un mini scandalo, collegato proprio alla Tap. Nel consorzio che provvederà alla realizzazione del gasdotto è stata assunta (nel ruolo di “addetta alle relazioni con il territorio”) la moglie di Leandro Candido, il segretario del circolo PD di Melendugno.

Va da sè che in poche ore è esplosa la bufera. I candidati alle prossime elezioni per il Partito Democratico, Michele Emiliano e Salvatore Piconese, candidato della provincia di Lecce, hanno definito la situazione “imbarazzante” e hanno aggiunto: “E’ quantomeno inopportuno che un segretario impegnato a interloquire quotidianamente con la cittadinanza proprio sulla problematica in questione possa manifestare un chiaro conflitto d’interesse”.


I vertici del partito hanno quindi immediatamente chiesto a Candido di dimettersi. D’altronde, sarebbe il colmo se il PD, dopo aver ascoltato e sostenuto la comunità salentina anti-Tap, se ne gettasse addosso l’ira accumulata con l’amara sconfitta nella lotta al gasdotto.


Lorenzo Zito


Attualità

Melendugno, viaggio nel Medioevo

L’abbazia di San Niceta svela i suoi misteri. Presentati in Soprintendenza i risultati della nuova campagna di scavi. Una piccola abbazia italo-greca che nel Medioevo ha rappresentato un importante centro di gestione delle risorse agricole del territorio

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Così importante da possedere terreni sino al mare.

Così attiva da riuscire a produrre grano e cereali per oltre 200 tonnellate… e da arrivare a pagare sino a 6 once di tasse, il triplo rispetto alla più nota Abbazia di Santa Maria a Cerrate, che si trova sulla Squinzano Casalabate.

Si squarcia il velo sui misteri dell’Abbazia di San Niceta a Melendugno.

Svelati i risultati della campagna di scavo finanziata con fondi del Comune di Melendugno e del Consorzio Interuniversitario Salentino per il secondo anno consecutivo.

«Stiamo riportando alla luce una storia dimenticata», spiega il direttore scientifico del progetto, Marco Leo Imperiale del Dipartimento Beni Culturali dell’Università del Salento, «quella di una piccola abbazia italo-greca che nel Medioevo ha rappresentato un importante centro di gestione delle risorse agricole del territorio, nonché ancora adesso un luogo di grande devozione per gli abitanti di Melendugno. Accanto agli importanti risultati della ricerca scientifica, il nostro lavoro potrà essere utile per restituire alle comunità locali una parte poco nota del loro passato».

«Il progetto sull’abbazia italo-greca di San Niceta, a Melendugno», aggiunge il direttore del Dipartimento di Beni Culturali – Università del Salento, Girolamo Fiorentino, «si iscrive a pieno titolo tra le attività scientifiche che il nostro dipartimento porta avanti guardando anche alla crescita dei territori attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico. In questo contesto, il comune di Melendugno è un partner strategico grazie ad una serie di iniziative che sono partite alcuni decenni fa con gli scavi di Roca e che ora contemplano anche il patrimonio di età bizantina e medievale».

Soddisfatto il sindaco di Melendugno Maurizio Cisternino: «Non avevamo dubbi che il sapiente lavoro degli archeologi con la direzione scientifica del professore Marco Leo Imperiale avrebbe restituito nuove pagine, mai lette, della nostra storia di cui beneficerà la nostra comunità e il Salento tutto. Ringrazio la Soprintendenza, il Consorzio Universitario Interprovinciale, UniSalento, la Provincia di Lecce e la mia assessora alla cultura Sonia Petrachi che con professionalità e impegno ha saputo intercettare finanziamenti per far partire la campagna di scavo. Ringrazio in particolare il proprietario del terreno dove si stanno conducendo gli scavi, Paolo Santoro per la sua disponibilità. Noi ci abbiamo creduto e ci crediamo fortemente tanto da aver investito risorse di Bilancio pur di sostenere l’attività degli studiosi, convinti come siamo che le straordinarie scoperte arricchiranno l’offerta turistico culturale del nostro territorio, già ampliamente apprezzato dal turismo italiano e internazionale per la bellezza delle sue marine».

«L’Abbazia di San Niceta è da sempre per noi melendugnesi un luogo ricco di grande fascino. Ma è stata da sempre avvolta da un grande mistero e nessuno mai, sino ad oggi, aveva fatto indagini approfondite». sottolinea l’assessore alla cultura di Melendugno, Sonia Petrachi, «sono felice di constatare come, anche questa nuova campagna di scavi, fortemente voluta dalla nostra Amministrazione comunale, abbia portato a scoprire nuovi tasselli della nostra straordinaria storia, che riscrive le conoscenze del Salento italo greco. Oggi posso dirmi veramente molto soddisfatta per aver contribuito a far emergere questo grande tesoro di conoscenze, che diventerà patrimonio comune dei melendugnesi e dei salentini tutti”.

COSA RACCONTANO LE PRIME SCOPERTE

La chiesa dedicata a San Niceta il Goto, situata non lontano da Melendugno, è stata sede di un’abbazia italo-greca che nel Medioevo esercitava la propria influenza su vaste estensioni territoriali.

Il luogo riveste un significato particolare per la comunità locale: Melendugno è infatti l’unica città in Italia ad aver scelto San Niceta come patrono. Secondo la tradizione, il monastero sarebbe stato fondato nel periodo normanno, ma le fonti documentarie diventano più attendibili solo a partire dal XIV secolo, quando l’abbazia di Sancti Niceti emerse come un centro di rilievo nell’area costiera grazie alla sua consistente dotazione patrimoniale. Ancora nell’Ottocento, in prossimità della località di San Foca, era attestata una zona denominata “palude di San Niceta”.

A partire dal settembre 2024, la cattedra di Archeologia Medievale del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, in regime di concessione ministeriale, ha condotto due campagne di scavo sotto la direzione scientifica di Marco Leo Imperiale, affiancato da Paolo Marcato e Serena Siena. Hanno partecipato alle indagini archeologi e studenti di archeologia provenienti dai corsi di laurea e di specializzazione dell’Ateneo salentino e anche da altre università italiane.

Le ricerche hanno portato alla luce, per la prima volta, resti riconducibili all’abbazia e alla gestione agricola dei suoi vasti possedimenti terrieri, strutture e materiali databili a partire dall’età bizantina (X-XI secolo) e, soprattutto, all’età normanno-sveva.

È stato individuato un imponente edificio in pietra a secco quadrangolare, di poco più di 5 metri di lato, all’interno del quale era collocata una fossa granaria ancora in parte sigillata e sul cui elemento di chiusura in pietra erano incisi dei graffiti, tra i quali anche iscrizioni in greco ora al vaglio degli epigrafisti.

Altre strutture nell’area erano probabilmente afferenti all’abbazia e, accanto a resti di murature, erano presenti gli alloggiamenti per l’impianto di pali, che lasciano pensare alla presenza di tettoie e ad altre strutture realizzate in legno.

Monete bizantine dell’XI secolo circolanti anche in età normanna e, in particolare, un denaro di Federico II coniato nella zecca di Brindisi permettono di datare queste strutture all’età normanno-sveva, sebbene l’abbazia potrebbe essere stata fondata attorno al X secolo, come dimostrano vari materiali archeologici di quel periodo rinvenuti nell’area.

La fondazione del monastero potrebbe essere quindi legata alla seconda colonizzazione bizantina, quando la mobilità dei religiosi italo-greci nella penisola aumentò sensibilmente, anche a seguito dell’avanzata araba in Sicilia e Calabria.

Di particolare rilievo è il rinvenimento di un consistente gruppo di fosse granarie, una trentina, che testimonia l’intensa messa a coltura e la rilevante gestione agricola di un’ampia porzione costiera affidata al monastero.

Lo scavo integrale di uno di questi granai scavati nella roccia, profondo circa 2,50 m, ha permesso di recuperare dati sulle colture praticate nell’area (grano tenero e duro, orzo) ma anche di stimare l’ingente produzione agricola, che forse poteva superare le 200 tonnellate di granaglie.

Inoltre, sebbene ancora in gran parte celato, è stato messo in luce un settore del cimitero abbaziale; finora sono state indagate sei sepolture che daranno informazioni su coloro che vivevano in questo luogo durante il XII e il XIII secolo. Al momento, le analisi antropologiche hanno permesso di riconoscere alcune inumazioni singole relative ad individui di sesso maschile, ipoteticamente appartenenti alla comunità cenobitica.

Altra area d’indagine è l’interessante area archeologica posta in località Fanfula o Massenzio, in posizione elevata e poco distante dall’abbazia di San Niceta.

In quel luogo, dove gli studiosi dell’Ottocento situavano la parte più antica dell’abbazia, in realtà è stata accertata la presenza di un insediamento di età romana, come già era stato ipotizzato in passato.

I MONASTERI ITALO – GRECI NELLA STORIA DEL SALENTO

Il progetto, finanziato dal Comune di Melendugno e dal Consorzio Interuniversitario Salentino, provincia di Lecce, è integrato nelle attività di ricerca messe in atto negli ultimi anni dal Dipartimento di Beni Culturali e in particolare è stato sostenuto dal programma di rilevanza nazionale dedicato a “Il patrimonio bizantino dell’Italia meridionale”.

Le ricerche nell’abbazia di San Niceta stanno contribuendo a ricostruire una pagina significativa della storia del Salento, facendo emergere il ruolo centrale che i monasteri italo-greci – al pari di quelli latini – ebbero nella gestione e organizzazione del territorio e nella messa a coltura di aree prima incolte o palustri.

Inoltre, le attività di indagine che riguardano l’archeologia di questo cenobio, la chiesa e i suoi affreschi di scuola tardo gotica, contribuiranno alla futura messa in valore di questo bene finora poco considerato.

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Casarano

Droga, quattro arresti

Melendugno, Supersano, Uggiano la Chiesa e Casarano: intensificata l’attività di contrasto ai reati connessi agli stupefacenti e ai reati predatori

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I carabinieri del Comando Provinciale di Lecce sono stati protagonisti di una serie di interventi mirati che hanno portato all’arresto di quattro persone in diverse località della provincia di Lecce.

A MELENDUGNO

I carabinieri della locale Stazione, supportati dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Lecce, hanno arrestato nella flagranza di reato un ventitreenne di Melendugno, già noto alle forze dell’ordine, perché responsabile di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

A seguito di un’accurata attività info-investigativa, i militari sono intervenuti presso l’abitazione del giovane dove hanno proceduto a effettuare una perquisizione domiciliare. Nel corso delle operazioni sono stati rinvenuti, all’interno della camera da letto del 23nne, oltre 16 grammi di marijuana skunk, 40 grammi di cocaina ed un bilancino di precisione.

Al termine delle operazioni il giovane è stato arrestato e, come disposto dal P.M. di turno presso la Procura della Repubblica di Lecce che conduce le indagini, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.

A SUPERSANO

Sempre in tema di prevenzione e contrasto allo spaccio di stupefacenti, i carabinieri della Compagnia di Maglie che, congiuntamente ai militari della Stazione di Minervino di Lecce, hanno arrestato un 40enne residente a Supersano.

Si tratta di un uomo già affidato in prova ai servizi sociali al quale è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Lecce, in relazione alle ipotesi accusatorie di tentata estorsione e detenzione illecita di sostanze stupefacenti. Le indagini portate avanti dagli inquirenti hanno accertato che l’indagato avrebbe ceduto un ingente quantitativo di hashish ad altra persona, pretendendo da questi una somma di denaro superiore a quella pattuita.

Tale condotta sarebbe stata attuata attraverso reiterate e veementi minacce.

Al termine delle operazioni, in osservanza al provvedimento in questione, l’uomo è stato condotto presso la Casa Circondariale del capoluogo salentino.

A UGGIANO LA CHIESA

I carabinieri della Stazione di Minervino di Lecce hanno arrestato un 65nne di Uggiano la Chiesa, destinatario di un provvedimento di sospensione dell’affidamento in prova al servizio sociale e contestuale ordine di carcerazione, emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Lecce.

Il provvedimento scaturisce da specifica richiesta avanzata dagli uomini dell’Arma a conclusione di una meticolosa attività di indagine che li ha condotti a scoprire numerose violazioni legate alla misura cui l’uomo era sottoposto e attuate dall’indagato.

Tra queste condotte illecite connesse agli stupefacenti e guida senza patente.

Al termine delle formalità l’arrestato, espletate le formalità di rito, è stato associato alla Casa Circondariale di Lecce.

Lotta alle piazze di spaccio ma anche ai reati predatori.

A CASARANO

Ed è stato proprio quest’ultimo il contesto in cui, nel pomeriggio di ieri, i carabinieri della locale Stazione di Casarano hanno dato esecuzione a un provvedimento di revoca dell’affidamento in prova ai servizi sociali e contestuale carcerazione nei confronti di un 34nne censurato del luogo.

Il provvedimento è stato emesso dall’Ufficio di Sorveglianza di Lecce, su specifica richiesta dei militari operanti, che hanno riscontrato violazioni alle prescrizioni imposte, nonché lo hanno denunciato in stato di libertà per un furto aggravato ai danni di un esercizio pubblico, perpetrato nella notte del 14 settembre scorso.

In quella circostanza, l’uomo si sarebbe introdotto all’interno dell’attività commerciale asportando attrezzatura da lavoro e accessori per aspirapolvere.

Al termine delle formalità di rito, l’arrestato è stato accompagnato presso la Casa Circondariale di Lecce.

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Attualità

Pesca a cianciolo: «Svuotano i nostri mari!»

Pescherecci siciliani con la “rete a circuizione come le cianciole” fanno incetta di ricciole e altri pelagici. Ogni anno si ripete lo scempio: nulla di illegale ma molto presto si rischia una riduzione epocale degli stock ittici

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La protesta degli amanti del mare corre sui social e una  segnalazione è stata inoltrata anche allo Sportello dei Diritti.

Un coro di disapprovazione di pescatori e appassionati salentini che si sono messi in moto per sollevarsi pacificamente e che hanno deciso di organizzare manifestazioni contro lo scempio che ogni anno e ormai ciclicamente si ripete: pescherecci siciliani con la “rete a circuizione” che approdano sulle nostre coste per fare incetta di migliaia di esemplari di ricciole e altri tipi di pesci pelagici.

Enormi quantità di pesce in una volta sola come riferisce la D.ssa Diana D’Agata, Veterinary Surgeon nel Regno Unito, esperta di fauna marina, che, dopo essere accerchiati, sono rinchiusi ed issati sull’imbarcazione.

Anche se, va specificato, che parliamo di pesca prevalentemente della ricciola, che non prevede limiti quantitativi imposti per legge.

La “sommossa” corsa in rete è nata dopo che alcuni appassionati di apnea hanno segnalato la presenza di un motopeschereccio proveniente dalla Sicilia e che avrebbe stazionato qualche giorno nelle acque di Gallipoli.

La pesca eccessiva peraltro avviene durante il periodo riproduttivo, generando un allarme tra i pescatori locali e le associazioni ambientaliste, che denunciano le pratiche distruttive e l’impatto negativo sull’ecosistema marino.

Normalmente veniva applicata per la cattura del pesce azzurro in particolari periodi dell’anno, quando le grandi ricciole si riuniscono in grandi banchi, diventando facili prede dei ciancioli nel momento in cui inseguono il pesce azzurro. Tuttavia, l’utilizzo dei sonar e di altri strumenti sempre più all’avanguardia ha reso ancor più semplice l’individuazione e quindi la cattura.

Il D.P.R. 1639/68 disciplina questo tipo di pesca e la vieta “entro una distanza di 3 miglia dalla costa o all’interno dell’isobata di 50 m (quando tale profondità è raggiunta a una distanza inferiore dalla costa)”.

Per eludere i controlli della capitaneria di porto, i pescatori interromperebbero temporaneamente il segnale ICE che identifica la loro posizione e, una volta completata la cattura, lo riattiverebbero.

Avendo appreso della presenza “ingombrante” dell’equipaggio siculo, i pescatori salentini hanno denunciato pubblicamente quanto sta accadendo ormai ciclicamente ed i rischi per la fauna marina.

In molti l’hanno definiti una vera e propria “mattanza” per l’eccessiva quantità di pesce pescato in ogni battuta con il conseguente pericolo a medio termine d’impauperimento degli stock ittici di queste specie di pesci che si stanno riducendo, anno dopo anno, con pericolose conseguenze sulla catena alimentare.

Dal presidente dello Sportello dei Diritti, Giovanni D’Agata, l’invito al Capo del compartimento Marittimo a verificare la sostenibilità di tale tipo di pesca intensiva.

È bene ricordare, infatti, che questa autorità al fine della tutela delle risorse biologiche del mare e previo parere della commissione consultiva locale per la pesca marittima, può stabilire ogni altra disposizione circa la località di esercizio, i periodi di tempo e i tipi degli strumenti pescherecci per la pesca con fonti luminose nelle acque del compartimento.

Un appello urgente alla responsabilità e all’adozione di misure più severe per tutelare le risorse marine e il fragile equilibrio ecologico del nostro mare.

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