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Attualità

Ruffano, 40 anni con Don Nino

Il recupero di luoghi di socialità e la riunione della comunità: quattro decenni con il parroco originario di Specchia, diventato un’istituzione in paese

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A cura di Lorenzo Zito





Chi conosce Ruffano, conosce don Nino Santoro. Il parroco della Natività Beata Vergine Maria è un pezzo di storia del paese. Don Nino, originario di Specchia, all’anagrafe Nicola, ha raggiunto lo scorso 31 ottobre un encomiabile traguardo: da ben 40 anni è lui la guida della parrocchia che trova dimora nella chiesa Matrice ruffanese.





Una ricorrenza che non è passata inosservata in paese, dove istituzioni e fedeli lo hanno celebrato. E che è forte emozione: “La gioia di aver reso la parrocchia, in questi anni, ancor più casa e più famiglia di Dio”.





Poche parole, non casuali, le sue. Un riferimento che corre subito agli anni dell’insediamento e racchiude, in poche battute, l’operato di quattro decenni.





Aveva 33 anni, don Nino, quando arrivò a Ruffano. Alle spalle, appena 8 anni da sacerdote, esercitati a Presicce in qualità di vice di un altro ministro.





Si ritrovò subito a misurarsi con una sfida non banale. Quell’anno, il 1982, fu particolare per Ruffano. L’allora parroco Don Vittorio aveva smesso di officiare, a causa di una malattia che lo costrinse in ospedale. Nel breve vuoto che venne a crearsi, un giovanissimo predicatore giunto dalla Romania, don Lino (che in tanti ancora oggi in paese ricordano e conoscono di persona), con le sue accese prediche, non riconosciute dalla Chiesa, catturò l’interesse di molti fedeli, ritagliandosi uno spazio in paese. Fu proprio Don Nino, insediatosi al posto di Don Vittorio, con quello che oggi definisce “il valore del silenzio”, a risanare nel tempo quella frattura che si era creata nella comunità credente, riunendo appunto la famiglia di Dio di cui sopra.





Gli anni venuti han creato, poi, traccia indelebile del suo passaggio a Ruffano, oggi “ancor più casa di Dio” grazie agli interventi operati in questi anni a beneficio degli spazi di comunità. “La costruzione della casa del signore nell’abitato fisico”, come la definisce in qualità di presidio di fede e spiritualità, è passata attraverso la costruzione di luoghi come, ad esempio, la casa canonica, la casa del catechismo, o attraverso l’importante restauro della chiesa Madre, con il recupero dei sotterranei.




Non tutti sanno che qui, scendendo per la scalinata alle spalle della statua di Sant’Antonio, ci si immerge in un pezzo di storia ruffanese, in un vero e proprio viaggio nel tempo. Una splendida ed ampia cappella ipogea, che oggi può accogliere funzioni, e subito dietro una parte dell’antico cimitero del paese, con le fosse di sepolture ben visibili tra le tracce dell’antica chiesa tardo-quattrocentesca. Poco più in là, girato l’angolo, spuntano i resti delle abitazioni che, nel 1700, furono abbattute per costruire la nuova ed attuale chiesa. Meraviglie riportate alla luce nel 2002, con un intervento dal grande valore storico.





Ma se c’è una storia che porta dritti al nome di Don Nino è quella della Città della Domenica, il più forte filo conduttore di questi 40 anni. Il primo seme di comunità sulla collina della masseria Mariglia don Nino lo piantò subito dopo il suo arrivo con il Presepe vivente. Eredità del suo lavoro negli anni trascorsi a Presicce, la Natività fu un evento che accese quel luogo, avviandone un minuzioso lavoro di recupero. La masseria, all’epoca, era diroccata, gli ambienti in abbandono e impraticabili.





Nelle parole di don Nino il ricordo di quei tempi: «Nei primi anni, per i momenti di ritrovo come la Pasquetta, occorreva l’autobotte per portarvi l’acqua. Poi realizzammo un pozzo artesiano e la Città della Domenica divenne fonte per tutto il paese».





Se oggi quel posto è un meraviglioso patrimonio della comunità immerso nel verde, è anche e soprattutto grazie all’impegno di tutta la comunità locale che affiancò don Nino nel recupero dell’area, prestando volontariamente il proprio tempo e le proprie abilità. Al punto che anche a don Tonino Bello non sfuggì il valore simbolico del luogo. Nella prefazione del volume “La Masseria Mariglia”, lo battezzò così: «Tra i valori più grandi che dobbiamo difendere dall’onda del consumismo, c’è la domenica che agonizza. Oggi la domenica è banalizzata», scriveva don Tonino, «invece che essere percepita come primo giorno della settimana, capace di innervare gli altri giorni con un soprassalto di qualità, viene percepita come momento in cui si bruciano le scorie accumulate. Occorre ridare la domenica alle nostre città, con tutta la quota di valori che essa racchiude. Trionfo della vita. Primato della gioia. Astensione dal lavoro. Nostalgia di futuro. Se la Città della Domenica si pone come obiettivo, la Domenica della città diventerà certamente luogo dove si alimenta la speranza, e fucina dove si temprano gli strumenti del servizio alla comunità».





“Un nuovo senso di appartenenza”





Il ricordo di tutto ciò vive nitido nei parrocchiani che hanno percorso questi anni con don Nino. Nelle parole di uno di loro, Beniamino, il saluto a questo importante traguardo a nome di tutta la comunità parrocchiale. Ne riportiamo qui uno stralcio: “Carissimo don Nino, non sembra vero, ma sono trascorsi 40 anni da quando, giovanissimo, giungesti guida della nostra parrocchia, in un periodo non facile per la comunità. Furono giorni difficili, superati con la tua grande capacità empatica, che riportò la serenità negli animi dei parrocchiani. La tua costante ricerca nel trovare un punto d’incontro con la comunità, ti ha consentito di progettare la realizzazione di obiettivi sul piano pastorale e creativo. In poco tempo, Ruffano acquisiva un nuovo senso di appartenenza alla comunità ecclesiale, diventando meta prescelta del turismo culturale-religioso. Grazie don Nino per tutto questo, ti auguro un proseguimento di vita all’insegna della serenità e la pace di cuore con l’affetto e la stima di sempre”.


Appuntamenti

#TAURISANOSVAPO, nuova apertura dopo Maglie e Tricase

“Abbiamo sempre lavorato per fornire il miglior servizio possibile, anche esponendoci di persona per cercare di diventare trend setter in questo settore”…

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Nuova apertura a Taurisano per Svapo già presente a Tricase e Maglie.

«Già presenti sul territorio leccese con due negozi», spiega Dario Surano, «abbiamo deciso di arricchire il sud Salento con un terzo punto vendita. Lo scopo cardine è di espandere la nostra rete di negozi per avvicinare sempre più persone alla nostra visione».

Infatti, prosegue, «operando nel settore svapo dal 2015, abbiamo affinato esperienza e coltivato la clientela con un rapporto che va oltre il mero aspetto lavorativo. Vogliamo mettere a disposizione, tutta l’esperienza maturata in questo tempo per creare luoghi dove passione e professionalità incontrano il meglio che il mercato della sigaretta elettronica possa offrire. Al centro dell’attenzione mettiamo sempre le esigenze e le richieste di tutti coloro che negli anni si sono approcciati o che si vogliono avvicinare alla sigaretta elettronica».

Come si è arrivati alla nuova apertura?

«Insieme a tutti i nostri collaboratori», premette Surano, «abbiamo sempre lavorato per fornire il miglior servizio possibile, anche esponendoci di persona per cercare di diventare trend setter in questo settore che amiamo e in cui mettiamo tutti noi stessi. Con l’apertura di #TAURISANOSVAPO ci rimettiamo in gioco ma siamo sicuri che riusciremo a vincere anche questa una sfida con l’aiuto e anche l’apprezzamento di tutti i consumatori che si affidano a noi con fiducia».

«Vogliamo che ogni cliente di senta parte del nostro progetto», insiste, «offrire il meglio nel mondo dello svapo, con prodotti di qualità e un servizio che faccia sentire ogni persona importante grazie alla professionalità dei nostri collaboratori.

Tutti insieme ci divertiamo, certamente, ma non dobbiamo mai dimenticare che lo svapo è prima di tutto salute, ovvero uno strumento per abbandonare il vizio del fumo. Se riusciremo a trasmettere questo messaggio in allegria e con il sorriso sulle labbra, secondo me, avremo ancora più successo».

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Attualità

Maria Antonietta I di Puglia

È in primo luogo necessario elaborare una strategia di massima che riguarda, per così dire, una più profonda capacità di comprendere, anticipare e soddisfare le attese e le potenzialità del territorio e un aumento del numero dei corsi di laurea e dei dipartimenti, ossia di quelle che una volta (sino al 2010) si chiamavano facoltà….

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Unisalento, ecco la prima rettrice

Maria Antonietta Aiello: «Per me motivo di orgoglio diventare la prima rettrice: non ho dubbi che altre ce ne saranno, perché non c’è alternativa a un futuro di reali pari opportunità»

La professoressa sarà rettrice per il sessennio 2025-2031.

Al primo turno il voto pesato per ciascuno dei tre candidati ammessi alla procedura elettorale era stato: Maria Antonietta Aiello, 338,269; Luigi Melica, 278,944; Salvatore Rizzello, 138,239.

Dopo il ritiro degli altri due candidati, ovvero il direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche Luigi Melica e il direttore della Scuola superiore ISUFI Salvatore Rizzello, i voti della comunità accademica si sono indirizzati in blocco, infatti, sull’attuale prorettrice vicaria e ordinaria di Tecnica delle Costruzioni al Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione. Di Marzi (Cosenza), sarà dal prossimo 1° novembre, a prendere il testimone dal rettore Fabio Pollice.

La vera sfida del futuro

di Hervé Cavallera

di Hervé Cavallera

Il 2025 è un anno importante per l’Università del Salento. Da non molto sono trascorsi i festeggiamenti per il suo 70° anno di vita ed è stato appena eletto, nella persona della prof.ssa Maria Antonietta Aiello, il suo 11° rettore, anzi la prima Rettrice di Unisalento.

Il primo rettore, e inoltre fondatore dell’Università, fu Giuseppe-Codacci-Pisanelli (nel 1955 rettore del Consorzio Universitario Salentino, dal 1956 al 1976 rettore dell’Università di Lecce), quindi Saverio Mongelli (1976-1979), Mario Marti (1979-1981), Alberto Sobrero (1981-1983), Donato Valli (1983-1992), Angelo Rizzo (1992-2001), Oronzo Limone (2001-2007) che mutò (2007) il nome da Università di Lecce in Università del Salento, Domenico Laforgia (2007-2013), Vincenzo Zara (2013-2019), Fabio Pollice (2019-2025).

In 70 anni, ovviamente, non solo è cresciuta l’offerta formativa dell’Università salentina (sorta con la Facoltà di Magistero a cui seguì quella di Lettere e Filosofia), ma è cambiato l’intero panorama nazionale.

L’Università di Lecce fu la terza ad esistere, dopo Napoli e Bari, nell’Italia meridionale continentale.

Oggi numerose sono le università statali nelle diverse regioni del Sud, a cui devono aggiungersi quelle non statali legalmente riconosciute e quelle telematiche. Il che, si capisce, comporta una serie di problemi di natura economica, che crescono ulteriormente pensando al numero consistente di studenti del Sud che preferiscono recarsi in università del Centro-Nord e, non ultimo, alla denatalità che riduce il numero dei giovani.

Mantenere al meglio l’esistente è ciò che diventa immediatamente evidente per chi assurge alla carica rettorale.

Ma “mantenere”, in una realtà sempre più complessa, concorrenziale e globalizzata, non è invero sufficiente. Nel mondo della flessibilità, non si mantiene: si sviluppa. Occorre crescere ulteriormente e divenire sempre più concorrenziali.

Sotto tale profilo il compito che attende la Rettrice, non è affatto facile.

È in primo luogo necessario elaborare una strategia di massima che riguarda, per così dire, una più profonda capacità di comprendere, anticipare e soddisfare le attese e le potenzialità del territorio e un aumento del numero dei corsi di laurea e dei dipartimenti, ossia di quelle che una volta (sino al 2010) si chiamavano facoltà.

Al tempo stesso è opportuno migliorare la qualità dell’assistenza studentesca, dei servizi che si offrono.

Basti pensare agli alloggi, ai collegamenti, alla viabilità, alle mense universitarie.

Si tratta di una serie di obiettivi che – una volta raggiunti – farebbero risaltare l’immagine di una università dinamica, accorta ai bisogni del presente e del territorio, volta all’innovazione.

E’ opportuno che per raggiungere tutto questo la Rettrice sia coadiuvata da uno staff efficiente e coeso.

Certo, quello che si è indicato pare necessario e tuttavia non facile da conseguire in quanto comporta in primo luogo una serie di interazioni con il mondo politico ed economico abbastanza complesse. Soprattutto non sono trascurabili, ad avviso di chi scrive, i dati già rilevati connessi alla denatalità e alla volontà giovanile di spostarsi altrove, anche fuori d’Italia, in vista di una più proficua occupazione dopo aver conseguito la laurea.

Alla luce di quanto sopra il problema diventa allora quello di rendere appetibile – mi si passi il termine – Unisalento.

Affinché questo sia, bisogna tornare ad essere quello che l’università ha voluto essere nel suo significato pieno, come del resto è attestato dalla storia.

Certo, è il luogo ove studiare le discipline che consentono di acquisire le conoscenze e le competenze di base della propria professione per il bene personale e del prossimo, ma in primo luogo è un centro di ricerca di alta cultura.

Solo puntando alla realizzazione di uno stimolante centro di ricerca è possibile dare veramente vita ad una università.

Si tratta, insomma, di mettere totalmente da parte sia l’idea di un mero titolificio sia quella di un’azienda che offre pure velleitarie illusioni.

Un centro di ricerca, con docenti scientificamente qualificati, sarebbe certamente in grado di diventare punto di riferimento dell’utenza studentesca e quindi motore di crescita territoriale proprio perché in sé garante della serietà e della qualità degli studi.

In un momento storico in cui prevale l’innovazione è evidente che solo un serio approfondimento nei diversi campi dello scibile umano può diventare forza attrattiva e positivamente propulsiva.

Come scrive Dante nel Canto VI del Paradiso, grande merito dell’imperatore Giustiniano fu quello di aver tolto dalle leggi, nel suo Corpus iuris, «il troppo e ‘l vano».

Ecco: il compito della Rettrice Maria Antonietta Aiello (e ciò in realtà vale per ogni università) è di snellire le lungaggini burocratiche e di puntare sull’essenziale, ossia sull’apporto di docenti veramente all’altezza del presente, che siano in grado di contribuire, ognuno per il proprio settore scientifico-disciplinare, allo sviluppo della ricerca nazionale e internazionale. Infatti, solamente rendendo ancor di più l’Università del Salento un polo di eccellenza scientifica non soltanto i giovani sarebbero indotti ad iscriversi, ma essa diventerebbe un notevole centro di promozione dell’intero territorio.

Tutto questo, si comprende bene, non si realizza in un batter d’ali e richiede lungimiranza e capacità di costituire un corpo docente di rilievo. È ciò che si augura alla Rettrice neoeletta in un momento storico in cui l’Occidente sembra scivolare nei vaniloqui e nell’asservimento alla tecnologia.

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Attualità

Albaservice: Risanamento e tutela dell’occupazione le parole d’ordine

Il percorso di rilancio è stato reso possibile grazie all’impegno del Consiglio Provinciale e alla piena collaborazione dei dirigenti e funzionari dell’Ente….

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Dopo oltre un decennio segnato da difficoltà economiche, ammortizzatori sociali e incertezza occupazionale, Albaservice spa, società interamente partecipata dalla Provincia di Lecce, volta finalmente pagina.

Grazie a un lavoro sinergico e determinato, guidato dal presidente della Provincia Stefano Minerva e dall’amministratore unico Marco Miceli, è stato raggiunto un risultato straordinario: dal 2025 nessun lavoratore sarà lasciato indietro. Tutti i dipendenti torneranno all’orario pieno di 40 ore settimanali, senza più ricorso alla cassa integrazione o altri strumenti di sostegno al reddito.

Un traguardo impensabile fino a pochi mesi fa, ottenuto attraverso un’azione politica e amministrativa forte, che ha visto la rimodulazione delle convenzioni quadro tra Provincia e partecipata, relative alla gestione degli edifici scolastici e alla manutenzione della rete viaria, e l’affidamento di nuovi servizi strategici per garantire la sostenibilità dell’azienda.

Il percorso di rilancio è stato reso possibile grazie all’impegno del Consiglio Provinciale e alla piena collaborazione dei dirigenti e funzionari dell’EnteIn soli sei mesi, la nuova amministrazione ha saputo imprimere una svolta concreta, restituendo ad Albaservice un’identità operativa, una prospettiva industriale e una dignità occupazionale.

Non parliamo solo di un risultato economico, ma di un atto di responsabilità istituzionale e di giustizia sociale. Albaservice torna a essere una risorsa per il territorio, per le scuole, per le strade, per i cittadini, e questo è stato possibile anche grazie alla disponibilità dei lavoratori e al lavoro infaticabile dei sindacati, che ringrazio per il proficuo confronto e la piena convergenza per il raggiungimento di questo importante traguardo”, ha dichiarato il presidente Minerva.

Albaservice rappresenta oggi un modello di servizio pubblico efficiente e vicino alle comunità, con operatori che garantiscono quotidianamente la sicurezza e il decoro del patrimonio scolastico e stradale provinciale. Un ruolo che torna a essere valorizzato, anche grazie alla stabilità lavorativa finalmente restituita a tutte le maestranze.

Anche l’amministratore unico Marco Miceli ha espresso la propria soddisfazione: “Abbiamo lavorato con rigore, visione e rispetto per ogni lavoratore. Questo risultato è la dimostrazione che le partecipate pubbliche, se ben governate, possono essere centri di eccellenza e coesione sociale.”

Il futuro di Albaservice riparte dunque da basi solide: un piano industriale sostenibile, una squadra di lavoro motivata e un ente pubblico che ha saputo credere e investire nel cambiamento.

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