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Ruffano: pandemonio eolico

Tolti i sigilli al parco eolico agli Occhiazzi. Rocco Toma: “Il Sindaco si dimetta”. Nicola Fiorito: “Il Parco eolico non centra, volevano colpire me”

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Dopo una lunga battaglia, durata quasi 7 anni, e non ancora finita, sono stati tolti i sigilli al parco eolico di Ruffano, di proprietà dell’Antonio Srl, società facente capo all’imprenditore locale Rocco Fulvio Toma. Dopo un lungo iter giudiziario e infinite battaglie politiche, la Cassazione ha annullato le condanne a Toma, Nicola Fiorito (allora Sindaco) e Claudio D’Ippolito (ex Segretario comunale).


OcchiazziIl progetto prevedeva (e prevede) la realizzazione di 11 pale eoliche alte circa 80 metri, da installare a 350 metri di distanza l’una dall’altra, in località Occhiazzi, alle porte di Ruffano.

“Oggi”, commenta l’imprenditore, “dopo una battaglia durata anni, rimane l’ultimo scoglio da superare: il contenzioso al Consiglio di Stato tra noi e la Regione Puglia”. Da poco, intanto è stata ritirata l’autorizzazione ad operare perché scaduti i termini. “Bravi!”, tuona Toma, “Tre anni per ultimare i lavori… Come potevamo procedere se il sequestro è durato sette anni privandoci della facoltà d’uso del cantiere?”. Prova ne è “la certificazione emessa dal Tribunale Penale di Lecce, che dichiara che il sequestro è durato dal 05/07/2009 al 19/01/2015, e sul cantiere non è stata concessa la facoltà d’uso per il prosieguo dei lavori”. Secondo Toma quello della scadenza dei termini sarebbe stato un “suggerimento Sel… vaggio di qualche politico da strapazzo di caratura nazionale”.

Toma insiste sulla “battaglia politica, perché gli amministratori locali mi hanno ostacolato in ogni modo lecito e non, anche producendo o facendo produrre ad altri atti falsi. Un accanimento perpetrato nei riguardi miei e della mia azienda e di conseguenza alla mia famiglia. Spero davvero che la Procura possa accertare quanto da me esposto affinché venga a galla la verità dei fatti. Malgrado più volte io abbia scritto alla Procura di Lecce, per essere ascoltato, e far luce su come la stessa Procura stava prendendo un abbaglio sull’intero iter penale lontano anni luce dalle accuse, prive di fondamento di Gaetani, testimone assolutamente inattendibile come già dichiarato in altri processi dai giudici del Tribunale di Lecce e dalla Suprema Corte di Cassazione di Roma”.

Da noi sollecitato, Toma spiega anche alcuni aspetti della vicenda “che è importante chiarire: era pronto un investimento di 30 milioni di Euro con una significativa ricaduta in termini economici e di posti di lavoro tra cantiere, gestione delle pale ed indotto. Al Comune di Ruffano sarebbero andati dai 3 ai 5 centomila euro l’anno di royalties: in questi sette anni avrebbe già incassato da un minimo di 2,1 milioni ad un massimo di 3,5 milioni di Euro a beneficio della comunità, per mense gratis alle scuole e servizi sociali. Invece, al momento di inizio lavori noi, come da convenzione, abbiamo versato 44mila euro, una tantum ed a fondo perduto. E, a quanto mi risulta, questi soldi invece di spenderli a beneficio della comunità o per le persone bisognose sono stati usati contro la stessa azienda pagando le parcelle dei legali”.

Toma, rivolgendosi a coloro che hanno sollevato la questione ambientale, spiega: “Da sette anni pago 2 polizze obbligatorie, per il ripristino dei luoghi”. Vale a dire? “Chi installa le pale eoliche ha l’obbligo, dopo 20 anni, di smontare gli impianti e riportare il tutto esattamente come era prima. In pratica, la polizza obbligatoria è una sorta di fidejussione che garantisce la Regione Puglia ed il Comune di Ruffano in caso di mancanze della società investitrice. Intanto sarebbero già passati sette anni, tra 13 avrei smontato tutto e, nel frattempo abbiamo perso tante occasioni di crescita sociale e di cultura d’impresa”.

Rocco Toma è deciso anche a rivolgersi alla Corte di Giustizia europea “perché sono stati violati molteplici diritti alla base della libera imprenditoria. Il Sindaco del mio paese (Carlo Russo, NdA)”, punta il dito l’imprenditore, “ha ribadito che i ruffanesi avrebbero potuto dormire sonni tranquilli perché il parco eolico non sarebbe mai arrivato a compimento. Esulta perchè uccide la libera impresa locale? Oltre al senso della misura ha perso anche quello del ridicolo? Il sonno dei ruffanesi è agitato per la sua cattiva e disastrosa amministrazione che ha caricato i cittadini di tasse come nessun altro Comune d’Italia. Piuttosto dovrebbe vergognarsi”, attacca Toma, “per aver bloccato un imprenditore locale con un progetto che avrebbe portato delle ricadute importanti per il paese, lustro alla nostra comunità e beneficio per tutti ”.

C’è anche chi dice che l’imprenditore ha “pagato” l’amicizia con l’ex sindaco Nicola Fiorito: “Orgoglioso di essere suo amico, avessimo politici del genere sia a livello locale che nazionale”, replica deciso, “assurdo che si riduca tutto ad una questione politica. Dopo tutto quello che è accaduto, come faccio a guardare in faccia i miei figli e continuare a dire loro dell’importanza di valori come lealtà, giustizia e lavoro?”.

Secondo Toma, però, la verità verrà a galla e “solo allora i sonni dei miei concittadini saranno tranquilli, quando quest’Amministrazione dovrà dimettersi in blocco, evitando ulteriori danni al paese”.


Fiorito: “Sono diventato la loro ossessione”


Nicola Fiorito

Nicola Fiorito


La sentenza della Cassazione ha ribaltato quella di primo e secondo grado. Niente più condanna, quindi, anche per l’ex sindaco Nicola Fiorito. “Quanto avvenuto”, dichiara Fiorito, “ha del clamoroso. La Cassazione con la sua sentenza ha ammonito i giudici di primo e secondo grado, sottolineando come non ci fossero i termini per una condanna: si sono basati solo su dichiarazioni di Pasquale Gaetani (facente parte dell’attuale maggioranza e “nemico storico” di Fiorito) non suffragate da prove concrete. Avrebbero dovuto far rifare il processo ma intanto è pervenuta la prescrizione”. La condanna nei precedenti gradi di giudizio faceva riferimento ad un assegno di 6mila euro intestato proprio a lei da Rocco Toma. “Ero il suo commercialista e, come avvenuto per gli altri clienti, una volta diventato Sindaco ho rinunciato all’incarico e incassato i sospesi, così come da regolare fattura. Questa era la prova che secondo i giudici di primo e secondo grado mi inchiodava…”. Secondo lei perché questa disparità tra primi gradi di giudizio e Cassazione? “Abbiamo assistito ad una strumentalizzazione di tipo politico corredata da accuse gravissime a miei danni: concussione, corruzione, ecc. Tutte accuse dalle quali sono stato assolto con formula piena nel febbraio del 2013 con la sentenza che ha rimarcato come tutto sia nato da un astio particolare del Gaetani nei miei confronti”.


Pasquale Gaetani ha tutta questa influenza sulla Magistratura? “Non lui direttamente, ma i suoi mentori politici. Nella fattispecie Alfredo Mantovano, allora sottosegretario agli Interni, che si prese la briga di sottoscrivere un’interrogazione con richiesta di risposta scritta al Ministero dell’Interno su un ricorso presentato dai Consiglieri di minoranza, tra cui Gaetani, per un concorso ad un posto di Vigile urbano. Vale la pena ricordare che a quel concorso, svoltosi molto tempo prima, aveva fatto domanda di partecipazione la moglie di un assessore che poi, per opportunità, non si presentò. Se un Sottosegretario all’Interno, nonostante i mille pensieri, si preoccupa di una cosa del genere…”. Lei continua, quindi, a pensare ad un complotto ai suoi danni. “Un complotto che ha avuto il suo culmine con la mia rimozione perchè ritenuto elemento pericoloso per il paese, per una presunta vicinanza ad una persona in odore di mafia”. E questo ci riporta ad una vecchia condanna. “Nei primi anni del nuovo secolo Ruffano non era ancora fornita di fogna dinamica: c’era una vecchia discarica fatta costruire dall’allora sindaco Rocco Stradiotti sul suolo di questo personaggio in odore di mafia a cui era affidata la gestione. La discarica in seguito fu chiusa ma, in un periodo di serrata dei depuratori, vivevamo una situazione di emergenza e, per evitare situazioni di pericolo, come massima autorità di igiene pubblica del paese, mi assunsi la responsabilità, insieme al sindaco di Supersano, Pino Stefanelli, di far riaprire in via del tutto eccezionale la discarica di cui sopra. Mi denunciarono, si è svolto il processo e pur riconoscendo l’urgenza, mi condannarono a cinque mesi al pari del sindaco Stefanelli, mentre la posizione di Stradiotti fu stralciata per prescrizione. Per questa vicenda mi hanno tacciato di avere rapporti mafiosi, dimenticando che qualche tempo prima avevo impedito allo stesso soggetto di partecipare ad una gara pubblica e per questo mi hanno bruciato per due volte la casa in campagna e più volte minacciato; per lo stesso motivo l’assessore Franco Margarito fu tenuto sotto scacco per una notte insieme alla famiglia sotto la minaccia di un mitra e gli furono bruciate due auto; così come, ad Antonio Cavallo, allora mio Assessore, bruciarono lo studio. Se quella era un’Amministrazione in combutta con la mafia…”. Lei comunque è stato rimosso addirittura con un decreto del Presidente della Repubblica. “Alle 9 del mattino del 28 maggio 2009, era un sabato, mi è arrivata a casa la comunicazione di Napolitano con la quale mi si diceva che costituivo un grave pericolo per il mantenimento dell’ordine pubblico a Ruffano. Questo perché avevo delle indagini in corso… Ora, però, che dopo sette anni sono stato assolto con formula piena, chi mi riabilita? Resta solo la mia convinzione che sia stata portata a compimento una strategia ben precisa per togliermi di mezzo”.

Scusi la provocazione: il Sindaco di Ruffano è così importante da richiedere una mobilitazione a certi livelli? “Forse semplicemente scomodo, perché non sono mai sottostato ai giochini politici sia che venissero dai miei avversari che dalla mia stessa parte. Oggi si parla di Patto del Nazareno: nessuno ricorda la mia Amministrazione che aveva al suo interno espressioni che andavano da Forza Italia a Rifondazione? Io cacciai dal mio ufficio il segretario provinciale di un partito che voleva impormi il nome di un Assessore…”. Torniamo alla vicenda del Parco eolico di Toma: secondo lei volevano farla pagare a Fiorito? “Certo. La loro ossessione sono io. Come se le pale eoliche fossero le mie… In quel periodo la mia Amministrazione approvò due progetti di eolico, prima quello della FRI-EL di Bolzano e poi quello di Toma. Avevo un progetto complessivo per Ruffano che prevedeva una disponibilità economica per il Comune di almeno 6-7centomila euro l’anno. Dopo aver installato impianti fotovoltaici su tutti i tetti degli edifici pubblici, era prevista, oltre ai parchi eolici, una “public company”, una sorta di azionariato popolare, per la produzione di energia attraverso la dissociazione molecolare dei rifiuti. Allora lo si faceva solo in Islanda (nella città di Húsavík), ora in Italia se ne vantano, giustamente, a Peccioli (Pisa) ed a Sondrio. È un impianto che consente di smaltire tutto il cosiddetto “tal quale”, vale a dire i rifiuti così come sono, attraverso un processo chimico che scompone la materia e produce energia, rilasciando solo vapore acqueo che, ovviamente, non ha alcun effetto collaterale. Per di più c’era anche il risparmio di quei soldi che oggi paghiamo per il conferimento in discarica… Io ci ero arrivato tanti anni fa ma non se ne fece nulla”. Come mai? “L’impianto costava all’epoca una cinquantina di milioni di euro ma avrebbe fruttato almeno 5 milioni l’anno con i benefici che si possono immaginare. Mi accusarono di fare tutto per interessi personali e scatenarono il pandemonio. Allora lasciai perdere…”. Riguardo al Parco eolico? “Nessuno disse alcunchè sulla FRI-EL, mentre l’impianto progettato da Toma era visto come fumo negli occhi. Sarebbe stato il primo imprenditore salentino a realizzare un Parco eolico in provincia di Lecce. Evidentemente preferiamo lasciare tutto in mano alle multinazionali…”. Qual era il motivo del contendere? “Gli oppositori ritenevano che le pale avrebbero avuto un impatto devastante per le Serre Salentine. Invece l’area in questione non interessa le Serre Salentine, né trattasi di zona di pregio ma solo di un terreno incolto che, tra l’altro, l’imprenditore, dopo vent’anni, avrebbe dovuto obbligatoriamente riportare allo stato dei luoghi. Però c’era Fiorito di mezzo e allora bisognava creare problemi… La richiesta di Toma fu accolta perché non c’erano vincoli particolari ma solo quelli generici di natura “B”. Il documento, sottoscritto da me e dal Segretario, fu inviato in Regione insieme al progetto e ai PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico). Puntuale arrivò la denuncia perché a loro dire avevo omesso di indicare il vincolo di tipo faunistico e per questo avremmo prodotto un falso… Come se non ci fossero state due Conferenze dei servizi della Regione con tanto di tecnici esperti a valutare ed approvare il tutto. La Regione, consultando i PUTT allegati fece notare che tre pale dovessero essere eliminate e, infatti, fu indetta una seconda conferenza dei servizi che approvò il progetto modificato. Nonostante tutti questi passaggi hanno mobilitato la Magistratura e bloccato i lavori per sette anni”. Con un’altra beffa: la Regione, quando Toma è tornato a bussare, ha risposto che erano scaduti i termini per eseguire i lavori e che quindi era necessario riprendere daccapo tutto l’iter. “Ecco perché si andrà al Consiglio di Stato. Toma è stato fermo perché la Magistratura ha bloccato tutto in attesa del processo e se avesse ignorato i sigilli avrebbe violato la legge”.

Giuseppe Cerfeda


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Certezze ed incertezze del presente

Lo spettro della guerra, malavita, femminicidi, violenza dilagante nel mondo adolescenziale e giovanile. E il Salento? Terra di anziani residenti o fugaci vacanzieri…

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di Hervé Cavallera

di Hervé Cavallera

La Pasqua da poco trascorsa dovrebbe aver ricordato ai Cristiani che essa, per il tramite della passione, morte e resurrezione di Gesù, è l’invito al passaggio ad una vita migliore.

Le feste del Cristianesimo, infatti, possono essere considerate come una sollecitazione per un futuro che sia, per i singoli e per la collettività, più buono e sereno rispetto al passato.

Ma l’immagine del presente non è così.

In campo internazionale permangono almeno due conflitti e i rischi che i campi di battaglia si allarghino non sono da sottovalutare.

E non è un problema dappoco.

Poi, per quanto riguarda l’Italia (ma il fenomeno non è solo italiano) si può constatare un aumento della violenza.

E non ci si riferisce solo ai casi più eclatanti, ossia ai delitti legati al mondo della malavita e alla crisi delle relazioni sentimentali (basti ricordare i femminicidi).

Ci si riferisce particolarmente alla violenza diffusa nel mondo adolescenziale e giovanile con i tumulti nelle università volti ad impedire la libertà di parola a conferenzieri non graditi, alle dimostrazioni pacifiste che generano saccheggi e vandalismi di vario genere, alle conflittualità che serpeggiano in certe scuole in una contrapposizione tra docenti ed allievi, con la partecipazione talvolta dei genitori.

Si ha l’impressione di trovarci in un mondo in cui non si riesce più a controllare gli impulsi.

Così accade che le frustrazioni, che sicuramente la maggior parte di noi ha pure conosciuto nel corso della propria esistenza, non vengano superate rafforzando il carattere e abituando a saper affrontare le difficoltà, ma producano comportamenti aggressivi che si propagano con facilità.

Ciò significa che gli adulti, i genitori in particolar modo, devono ben essere attenti oggi più che mai alle dinamiche dell’età evolutiva dei giovani.

Per fortuna sembrerebbe un fenomeno che non riguarda in modo preoccupante il nostro Salento.

Non che manchino i fatti di cronaca nera, ma fenomeni di scontri di piazza da parte di minorenni sono assai pochi.

E qui allora emerge un’altra considerazione: quello dello spopolamento.

Le nascite sono da tempo in netto calo nella Penisola.

Secondo i dati dell’ISTAT in Italia nascono 6 bambini ogni mille abitanti.

Nel Salento al calo demografico si aggiunge poi il fatto che molti giovani compiono gli studi universitari in altre regioni d’Italia e non tornano più nel paese nativo.

Certo, vi sono anche coloro che tornano e con coraggio, come si è scritto su questo giornale, ma sono pochi.

Il Salento diventa la terra di anziani residenti o di fugaci vacanzieri.

E allora l’invito alla gioia che proviene dal suono delle campane pasquali si spegne in una triste rassegna.

Conflitti sempre più minacciosi tanto da spingere qualcuno a sostenere il ritorno alla leva obbligatoria, sviluppo della criminalità organizzata, violenze e tragedie domestiche, violenza giovanile, fragilità nell’affrontare le difficoltà connesse al quotidiano, spopolamento, stagnazione produttiva…

Occorre precisare che non si nega che esistano casi positivi, anzi di eccellenza nella imprenditoria, nei giovani, nella vita coniugale e così via, ma l’ombra del negativo è sempre più visibile e preoccupante.

LA COMUNICAZIONE DELL’EFFIMERO

Vi è poi la sensazione di una crescita dell’individua- lismo accentuato dai social, dalla facilità di esprimere pareri su tutto e su tutti.

Al tempo stesso la comunicazione digitale isola fisicamente l’utente pur avendo egli un contatto online con centinaia se non migliaia di persone.

È la comunicazione dell’effimero, mentre si continua a rimanere soli.

Come diceva l’antico filosofo, l’uomo è un animale sociale; ha bisogno di vivere concretamente, fisicamente col prossimo, non di limitarsi a parole diffuse con mezzi artificiali.

Ed è questo l’aspetto che è il lascito ideale delle recenti celebrazioni pasquali: quello di tornare ad essere una comunità.

Una comunità di persone che si incontrano e dialogano ed elaborano progetti che permettano una crescita economica e spirituale.

Tutto questo richiede buona volontà e competenza, richiede il mettere da parte l’attrazione per il proprio tornaconto, per il proprio particulare come diceva Guicciardini.

È un compito che devono tornare ad assumere quelle istituzioni ad esso preposte quali la famiglia e la scuola.

In un momento storico in cui i legami familiari diventano sempre più fluidi, bisogna che la scuola diventi davvero un centro di formazione di responsabilità oltre che di conoscenze e competenze.

Un futuro migliore è affidato da sempre ad una buona educazione e di ciò dobbiamo tornare a prendere consapevolezza.

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Il fallimento della democrazia

Astensionismo: nelle regionali del 2023 raggiunse il 60% in Lombardia e Lazio; nel 2014 in Emilia-Romagna votò solo il 37,7%. Nel 2020 l’affluenza alle regionali pugliesi è stata del 56,43%…

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di Hervé Cavallera

Il prof. Hervé Cavallera

Il 25 febbraio si è votato per la Regione in Sardegna.

I candidati alla Presidenza della Regione erano 4 e le liste presenti 25.

Ora, quello che particolarmente colpisce, a prescindere da vinti e vincitori e dalle stesse modalità di votazione (voto disgiunto, ad esempio), è l’affluenza degli elettori.

Poco al di sopra del 52%, quindi ancor meno dell’affluenza avuta nelle precedenti elezioni regionali.

Né si tratta di un fenomeno meramente sardo.

L’affluenza elettorale è effettivamente bassa e, come si suole dire, l’astensionismo è in assoluto il maggior partito in Italia (ma la situazione non è dissimile anche in altri Paesi europei).

Nelle regionali del 2023 l’astensionismo raggiunse il 60% in Lombardia e nel Lazio e nel 2014 in Emilia-Romagna per l’elezione del presidente della Regione votò solo il 37,7% degli elettori.

Nel 2020 l’affluenza alle regionali in Puglia è stata del 56,43%. Ciò non può lasciare indifferenti in quanto, se democrazia significa partecipazione, il “successo” dell’astensionismo significa fallimento della democrazia.

Esiste ormai nella realtà uno scollamento tra cittadini e politica.

È un dato inequivocabile che non può essere risolto con la diffusione del cosiddetto “civismo” ossia con la nascita di movimenti localistici.

Invero nel 1946 l’Assemblea Costituente introdusse il principio della obbligatorietà del voto che però all’art. 48 della Costituzione italiana risulta solo un dovere civico.

Nel 1957, col D. P. R. n.361, si rendeva obbligatorio il voto nelle elezioni politiche, dichiarando che occorreva fare un elenco degli astenuti.

Il tutto poi venne meno nel 1993 (D. L. 20 dicembre 1993, n . 534).

Il che è anche corretto poiché il concetto di liberta implica anche l’astensione. E tuttavia quando l’astensione raggiunge livelli elevatissimi sì da quasi superare il numero dei votanti, è chiaro che è in atto una crisi della sensibilità politica dei cittadini.

Si tratta di un processo che in Italia si può far risalire alla cosiddetta fine della prima Repubblica (1994) ossia con la fine dei partiti che esistevano nella Penisola dal 1946.

In realtà, il fenomeno rientra nel collo delle grandi ideologie e, di conseguenza, in una semplificazione della vita politica tra due schieramenti, etichettati come moderati o conservatori da una parte e progressisti dall’altra.

Non per nulla negli Stati Uniti d’America dove esistono praticamente solo due partiti, il repubblicano e il democratico, l’astensionismo tocca spesso punte del 70% a cui peraltro ci si è abituati.

Di qui un altro aspetto che va considerato: il ruolo decisivo del candidato alla presidenza.

Sostanzialmente si vota la persona più che le idee.

D’altronde tutti possiamo constatare che nei nostri Comuni sono pressoché inesistenti le tradizionali sezioni dei partiti, ove una volta i tesserati potevano discutere vari temi politici.

Di qui un ulteriore paradosso. Si ritiene che in una società democratica chi “comanda” o, per essere più corretti, chi ha la gestione della cosa pubblica sia la maggioranza.

Nei fatti, invece, proprio grazie all’astensionismo, la gestione del potere è comunque affidata ad una minoranza, mentre la maggioranza dei cittadini assiste con apatia, rassegnazione o altro, a quello che la minoranza decide.

Negli anni ’80 del secolo scorso il sottoscritto scrisse un libro sull’importanza dell’educazione politica, intesa non come educazione partitica, ma come educazione alla partecipazione responsabile alla vita pubblica.

Al presente, di fronte a fenomeni come l’astensionismo, la cancel culture, l’improvvisazione demagogica che talvolta si fa sentire per il tramite dei social, una riflessione articolata, ponderata e di largo respiro sulla necessità di una rifondazione della vita civile, in modo che non sia soggetta alle pulsioni del momento, sarebbe opportuna.

Naturalmente tutto riesce difficile ed è inutile evocare il ricordo della vecchia Educazione civica, anche se dal settembre del 2020 l’Educazione civica è considerata una disciplina trasversale che riguarda tutti i gradi scolastici.

In una società ove predomina il relativismo individualistico, mancano i grandi valori che danno davvero lo slancio vitale all’impegno civile che investa la collettività e tutto si risolve nel gioco degli interessi di piccoli gruppi o dei singoli.

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Galatina, il Liceo Vallone si mobilita “fa rumore” per le Donne

Sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

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In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale dei Diritti della donna, il Liceo A. Vallone, di Galatina, sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

Previsto in mattinata, alle ore 11.45, un corteo che partirà dalla sede centrale del Liceo, in viale don Tonino Bello, e si muoverà verso Piazza San Pietro dove si terrà un flash mob di riflessione chiuso con la lettura di Knocking on Heaven’s door, profondo monologo in voce maschile tratto da Ferite a morte, di Serena Dandini. 

“L’ignominia continua da Giulia…1,2,3…12 vittime” è il messaggio che gli studenti e le studentesse del Liceo porteranno in corteo, ribadendo che “Nessun delitto ha una giustificazione”!

Tutti gli studenti e le studentesse del Liceo, accompagnati dal personale scolastico, attraverseranno le strade principali della città (viale don Tonino Bello – via Ugo Lisi – C.so porta Luce – Piazza San Pietro) con l’obiettivo di fare un silenzioso rumore sull’inefficacia di questa ricorrenza, dipanando un drappo rosso lungo 30 metri, simbolo del dolore e delle violenze che le donne ancora subiscono, visto il perdurante divario di genere.

“Non si ha nulla da celebrare se non vi è uguaglianza. Non si celebra la Donna se non La si rispetta” Queste le parole della Dirigente Scolastica, prof.ssa Angela Venneri, che ha fortemente promosso e sostenuto l’iniziativa, in un’ottica di sensibilizzazione e condivisione d’intenti.

Non un’occasione per festeggiare, dunque, ma solo per riflettere e tenere alta l’attenzione, con l’auspicio che l’educazione culturale possa riaffermare un ineludibile principio di civiltà.

Da qui l’augurio conclusivo dei nostri studenti e studentesse a tutte le donne con i dolcissimi versi della poesia di Alda Merini, Sorridi donna.

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