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Alessano

“Don Tonino? Sarebbe diventato Papa”

Il ricordo toccante di don Totò Mileti, di Cursi, classe 1931, amico storico di don Tonino

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ESCLUSIVA


di Luigi Zito


E’ Natale. Una ricorrenza anche quest’anno un po’ sbilenca, come quella dell’altro anno, segnata da una serie di spauracchi, freni e inibizioni.


Nonostante tutto è sempre forte l’annuncio trasmesso da questa festa e, oltre agli addobbi, le luci, i canti natalizi, che da soli non bastano a scaldare il cuore, il vero messaggio che dovrebbe arrivare in una società turbata, confusa e smarrita – oggi più che mai -, dovrebbe essere l’amore, l’altruismo e la carità cristiana (capisaldi della società europea).


Sono fermamente convinto che, in un periodo come quello che stiamo vivendo, il riscatto dell’essere umano debba passare attraverso alcune buone azioni compiute verso i più deboli – Dio sceglie i piccoli per confondere i sapienti – occorre alimentare quel battito d’ali che conforta e fa volteggiare il cuore, far sprigionare quella sinfonia di emozioni che bruciano attraverso il dono, e dopo, scaricare il Green Pass per la nostra coscienza cristiana.


E allora, cosa si accompagna meglio a queste incertezze se non i turbamenti di don Tonino Bello, arrivati a noi con “gli auguri scomodi” formulati ai potenti di sempre che, ancora oggi, interrogano, disarmano e pongono soggezione?


“…Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. (…) I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio.

E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri, che è poi l’unico modo per morire ricchi.”


Ebbene, quest’anno per Natale abbiamo ritenuto opportuno farvi rivivere alcune azioni del “Prete col Grembiule” attraverso l’emozionante, vivido ricordo del “fratello nel Vangelo” che ha percorso buona parte del tragitto della sua esistenza seduto affianco, a cassetta, in un viaggio interminabile e intenso, un viaggio che ha conosciuto discese ardite e risalite, le polveri e l’altare, poste sicure e briganti dietro l’angolo, sempre pronti, armi in pugno, ad assaltare la diligenza.


«ERA IL 1950…»


«Conobbi don Tonino in prima Liceo, era il 1950, frequentavamo entrambi il seminario regionale di Molfetta...».

Don Salvatore Mileti, per tutti don Totò, classe 1931, s’illumina al ricordo. Un raggio fa capolino dal suo cuore e si stampa sul volto, è un attimo, e poi ricomincia: «Eravamo in tutto una ottantina di persone provenienti da tutta la Puglia e, naturalmente, noi leccesi legammo subito. Dopo il Ginnasio e i tre anni di liceo, per don Tonino si presentò un’occasione che ha influito non poco nella sua vita pastorale. Venne a Molfetta monsignor Baldelli, responsabile della Poa, l’attuale Caritas, in cerca di seminaristi per avviarli ad una nuova missione: essere preti operai, vicini alla gente, agli ultimi e a chi aveva bisogno. Per Tonino fù un attimo: subito accettò”.


COME FRATELLI


Questa la ferma convinzione che lo porta a perorare la causa di don Tonino e che, nonostante il bivio a cui la vita li mise di fronte, alla mia domanda, «Eravate molto uniti?”, riprende: “Eravamo come fratelli, ci incontravamo ogni anno, anche quando lui era a Bologna e, non appena se ne presentava la possibilità, stavamo insieme. Fummo ordinati sacerdoti nel 1957 e, subito dopo, io fui mandato a Poggiardo come vice parroco, lui invece ad Ugento dove ha sempre insegnato. Tonino era il centro della Diocesi, portava avanti il seminario, la cultura, la catechesi, era come un pilota nelle diverse pastorali, sia da un punto di vista culturale che pratico».


Il gomitolo dei ricordi si srotola senza nodi. Don Totò sbroglia alcune emozioni sopite e continua: «“Ti racconto un particolare affettuoso. Eravamo stati ordinati da poco sacerdoti, Tonino mi chiama e mi ordina: Totò devi venire ad Ugento, per Santa Lucia, devi parlare tu! Cercai di obiettare: ma come io!? Avevamo poca esperienza, allora non esistevano microfoni e diavolerie varie, bisognava salire sul pulpito e arringare la folla. Furbacchione lui, eh?!”».


Un lampo riga il volto di don Totò, seguito da una sonora risata. E’ un attimo, poi prosegue nel ricordo di quel singolare botta e risposta: «“Senti Totò, ti devo confidare un’altra cosa. Cos’è successo? Risposi allarmato. Niente, oggi è anche il compleanno del Vescovo. Ma si pacciu!?, lo ripresi, e mò me avvisi?», fu la pronta risposta.


LA LUCE PREMONITRICE


«Non solo», accenna il parroco nel suo racconto, accompagnato sempre dalla gioia del ricordo, «il Pontificale è nella Cattedrale di Ugento, davanti al Vescovo, ai canonici, alla folla. Racconto questo ad onore suo: avevo avuto, qualche anno prima un intervento agli occhi e rischiavo seriamente di perdere la vista, quel sermone, quella spinta a omaggiare Santa Lucia e la luce fu premonitrice. Anche allora Tonino aveva visto giusto, tanto che fino alla fine della sua esistenza non perdeva occasione per parlarmene: Totò, ti ricordi quella predica a Ugento, quando parlavi della luce?».


Un connubio fraterno, un amico del cuore che sicuramente, mi inserisco, ti avrà messo a parte di molte confidenze. Ritrova la pace e la giusta serenità e mi apostrofa: «Don Tonino era il centro in tutto quello che faceva, punto! E poi l’esperienza di Bologna l’aveva segnato, maestri come il cardinale Lercaro, momenti difficili come il ’68, l’hanno formato e portato ad abbracciare una spasmodica attenzione verso gli ultimi.

Sostengo poi che Tonino si sia rivelato da Vescovo, maturato anche grazie all’esperienza avuta a Tricase da parroco (dove rimase per tre anni prima di diventare Vescovo); l’essere vicino alla gente, testare con mano le necessità, i problemi, le cure che il popolo chiede, entrare nel vivo delle situazioni, l’ha completato. Una volta Vescovo, poi, ancora di più, ha sperimentato le esigenze delle parrocchie, le suppliche, le situazioni difficili da affrontare”.


L’ATTACCAMENTO ALLA MADRE


E poi, l’attaccamento che ha sempre avuto nei confronti della madre: «Per lui era un faro, un punto di riferimento essenziale, essenziale”, ribadisce quasi a voler convincere sé stesso prima, il lettore poi, e chi lo ascolta.

Si incupisce, mi fissa e con vigore recupera: “Beh, devo dirtelo, era la terza volta che aveva rifiutato di diventare Vescovo, di andare in Calabria. All’ennesimo richiamo di Roma, eravamo a Marina Serra, su uno scoglio, non posso dimenticarlo, alla sua domanda: che dici Totò, che devo fare?», come una nuvola uggiosa pronta a rovesciare acqua, risponde: «Sai che ti dico? Mo basta! Glielo dissi in dialetto, tanta era la mia rabbia: Se non accetti jeu te pìu a cazzotti, devi accettare! E fu così che si convinse. Lui doveva, doveva», rimarca, «essere Vescovo per quello che è stato col senno di poi. Monsignor Mincuzzi aveva scelto bene e poi, diciamocelo, Roma l’aveva posto già sotto la sua lente. Gli anni di Tricase, oltre che formativi, emozionanti, colmi di esperienze e affetti ricambiati dai tricasini, sono stati per Tonino la culla dove ha accresciuto e pasciuto la carità, l’amore per il prossimo, lo spezzare il pane».


Come le ciliegie, una esperienza tira l’altra e, una volta ritrovata la solarità, con piglio riprende: «Ero il parroco di Cursi, l’anno era il 1991. L’11 luglio ricorrevano i 350 anni dell’apparizione della Madonna dell’Abbondanza, una delle apparizioni storiche del Salento (è iscritta nel catasto onciario del ’700), lo chiamai e gli chiesi: Tonino devi venire alla novena! Non ti preoccupare, ci sarò, mi rispose. Si teneva, e si tiene tuttora, al Santuario a pochi km da Cursi: il pellegrinaggio inizia alla 5,30 di mattina, è sempre molto sentito e partecipato, arrivano da tutto il Salento e anche quella volta ci fu un mare di gente! Lui si alzò alle tre di mattina, parti da Molfetta, arrivò in tempo e tenne una omelia superlativa, fu un trionfo! Nessuno pensò di registrare l’evento ma, grazie alla Provvidenza, dieci anni dopo la morte di don Tonino, mi arriva una telefonata da un frate Cappuccino, Padre Francesco Neri, che mi confida:Don Totò abbiamo trovato l’omelia di don Tonino!”».


Si ferma un amen e prima di riprendere la storia, cava a piene mani dalla valigia dei ricordi, la apre: “Mi sono ricordato che a Cursi c’era un frate, un certo Padre Pio, innamorato della tecnologia, dei social e, dovunque andasse, si accompagnava con questi strumenti: fu grazie a lui se oggi la possiamo ricordare e leggere ancora. Presi questa omelia, la stampai e l’anno successivo, nella ricorrenza della morte di don Tonino, feci dono a tutte le famiglie di Cursi di quell’illuminato sermone».

Mancavano due anni, come sappiamo oggi, alla malattia e alla morte, come la visse? «Ero presente quando si operò, io e don Gerardo Serra, un altro caro amico, gli siamo stati vicini fino alla fine. La sofferenza l’ha vissuta coscientemente e l’ha anche accettata, però, ricordo mi diceva spesso:Totò dici ca’ me la face a mie la grazia, lu miraculu!?”».


DON AMBROGIO E GLI ACCATTONI


Si ferma rovista fra le pila di volumi depositati sulla scrivania e, dopo una certosina ricerca, mi mostra un libro: «Questo è don Ambrogio Grittani, l’ispiratore di don Tonino, è stato anche nostro professore di Liceo, per poco. Durante il suo percorso alcune esperienze di vita lo portarono a decisioni estreme: vendette tutto e dedicò il resto della sua esistenza alla cura degli accattoni. Don Ambrogio oggi è venerabile in attesa della santità, e la causa di canonizzazione la iniziammo noi: il Vescovo era Tonino, io il postulatore e l’avvocato del Diavolo, don Luca Murolo il promotore di giustizia. In Puglia», scende di un tono con la voce a rimarcare la serietà della notizia, «dopo la guerra, abbiamo avuto una piaga sociale, la più tremenda: l’accattonaggio.

Lui rinunciò a tutto per questo e così decidemmo di istruire la causa di don Ambrogio, lui che, dopo essere stato ad Assisi, dichiarò: “Mi spenderò nel campo che tutti schivano, ma che Cristo ama di più: gli accattoni”. Don Tonino aveva spillato il suo latte e, nel letto di morte, ricordando don Ambrogio, si interrogava sulla grazia e sui miracoli.

Lui amava la vita, anche se accettò di buon grado quello che gli succedeva».


IL CARDINALE MARTINI L’AVREBBE INDICATO COME FUTURO PAPA


Mi intrufolo nelle giaculatorie dei suoi pensieri: qual è il ricordo più bello che conservi dell’amico? «Io lo invoco spesso, tanto. Non manca l’amico, il confessore, manca chi in questi momenti bui avrebbe preso in mano la situazione e sarebbe andato avanti con sicurezza. Senza fantasie», sentenzia guardandomi dritto negli occhi, «il cardinale Martini avrebbe indicato lui come Papa, se la storia fosse andata diversamente. Credo che le vie del Signore siano sconosciute e infinite e, forse, serviva questo per portarlo alla soglia della santità».


Poi, quasi disgustato al ricordo che gli balena in mente, rivela: «Durante la canonizzazione c’era anche chi riottoso affermava: “Non fate la causa di santificazione per don Tonino, così rischia di diventare un santino da idolatrare e svilisce tutta la sua opera”. E’ vero, risposi, ma tutto dipende da noi. L’importante è il messaggio che noi lanciamo e oggi, ne sono certo, metterei la mano sul fuoco, quel messaggio l’ha fatto suo Papa Francesco”.


Don Tonino, affondo, era accettato, amato in quei tempi?

«Era un profeta, anche se in tanti, anche prelati, non l’hanno mai accettato! Tante volte quando periodicamente ci vedevamo, lui si confidava, dicendomi: “Totò non mi capiscono! Sembrano fole al vento. Leggi!”. E mi mise in mano una lettera della Congregazione del Culto di Roma, dove venivano criticati alcuni suoi modi di essere, di intendere il sacerdozio, ed erano tutte scelte che oggi sta perpetuando Papa Francesco».


PERTINI E LA CROCE DI LEGNO


«E poi, voglio raccontarti il fatto della croce…». Della croce? Abbozzo, sono tutto orecchi.


«Una volta i Vescovi, dopo la consacrazione, dovevano presentarsi dal Presidente della Repubblica, che all’epoca era Sandro Pertini. Tonino, a differenza degli altri vescovi, si presentò con una croce di legno al collo. Il Presidente, dopo i convenevoli, lo richiamò: “Eccellenza, ma che croce è questa!? Non ho mai visto un Vescovo con una tale croce”.

“Presidente, le piace? Ribatte Tonino. Questa è fatta con l’ulivo di Puglia e visto che ci tiene tanto gliela regalo!”. E la passo a Pertini. “Un altro aneddoto che spesso raccontava e quando lui, chiamato dal cardinale Martini a Milano, si precipitò e, al momento di officiare la Santa Messa, il cardinale gli chiese: “Ma non hai portato con te l’abito da Vescovo?”. No, fu la laconica risposta di Tonino! I canonici dovettero correre per cercare qualcosa che servisse al caso. Lui era così, schietto, sincero, badava poco alla forma ma tanto alla sostanza».


L’ANELLO DI RAME DELLA MAMMA


«E, poi», si ferma, sgrana gli occhi, mi trafigge con lo sguardo e mi interroga: «Ma tu conosci il fatto dell’anello?».

No, accenno sincero, me lo racconti. «Dunque, quella volta sugli scogli di Marina Serra quando lo minacciai se non avesse accettato la carica, gli confidai: “Tonino io sono venuto anche perché noi, 24 amici, avremmo deciso di regalarti l’anello vescovile. Abbiamo deciso, ti faremo dono di un semplice anello”. Credimi», pausa scenica, mancava solo la colonna sonora di Morricone, «crollò e mi disse: “Totò, ti devo fare una confidenza”. Tu sai che sono molto legato a mia mamma e vorrei portare al dito la sua fede. Rimasi stupefatto e sbigottito ma subito ripresi: sì, ma la fede della mamma tua, come quella di mia madre, sai chi ce l’ha, no?!

“Chi ce l’ha?” Mi chiese!

Mussolini! Ribattei (durante la guerra raccolse tutti gli ori degli italiani per profonderli alla causa bellica). “Si, è vero”, accennò. Conservo, però, la fede di rame di mia madre ed io vorrei portare quella. Bene, risposi, dove la tieni? Nel comò di casa! Lasciammo il mare e con la sua 500 ci portammo verso Alessano.

Mi consegnò quel simulacro.

Cercammo un filo di cotone per misurare la circonferenza del dito, e fu allora che mi ammonì: “Senti Totò, sai che in te ho fiducia santa, mi raccomando!”.

Va bene risposi, commosso. Nello stesso giorno la portai ad un amico orefice che la indorò e scrisse in modo minuscolo sulla fede: “I tuoi compagni di viaggio”».


Quella povera Vera l’ha accompagnato per il resto dei suoi giorni, come a segnare il suo modo di essere e di intendere la vita: povero, semplice, umile, servile, altruista, genuino, puro.


In una parola Santo.


Alessano

Earth Day, anche il Salento Plastic Free

L’onda blu dei volontari ha travolto Spongano, Alessano, Gagliano del Capo, Casarano, la marina di Pescoluse a Salve e Taurisano, Cutrofiano, Gallipoli, Veglie e Salice Salentino

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Un’onda blu di oltre 10mila volontari che con tenacia e determinazione, sfidando le avversità del meteo, ha dedicato un weekend alla Terra in occasione della 54esima ricorrenza dell’Earth Day indetto dalle Nazioni Unite e quest’anno dedicato alla tematica “Planet vs Plastics”.

L’associazione di volontariato Plastic Free Onlus, impegnata dal 2019 nel contrastare l’inquinamento da plastica, è entrata in azione in ben 288 appuntamenti di pulizia ambientale su tutto il territorio nazionale a cui si sono aggiunte, per la prima volta, sei iniziative all’estero.

Grazie all’impegno dei volontari sono stati rimossi complessivamente 121.534 kg di plastica e rifiuti dall’ambiente, ridando vita e splendore a spiagge, parchi, giardini, rive dei fiumi e tante altre aree pubbliche.

Anche la Puglia è stata protagonista con 13 iniziative sul territorio regionale che hanno visto la partecipazione di 730 volontari, i quali hanno rimosso dall’ambiente ben 10.376 chili di plastica e rifiuti.

Nel Salento, in particolare, l’onda blu ha travolto Spongano (vedi foto in alto), Alessano, Gagliano del Capo, Casarano, la marina di Pescoluse a Salve e Taurisano, Cutrofiano, Gallipoli, Veglie e Salice Salentino.

«Ringraziamo i cittadini che si sono uniti a noi in questo weekend dedicato alla Terra», dichiara Luigi Schifano, referente regionale Plastic Free, «Vedere tanta gente assieme nel segno dell’amore concreto per la Natura regala gioia e speranza per un futuro sempre più sostenibile e libero dall’eccesso di materiali plastici, che inquinano i nostri ambienti di vita. L’entusiasmo, soprattutto dei più giovani, ci permette di continuare con sempre più determinazione ad impegnarci nella nostra azione di sensibilizzazione che non si ferma e prosegue, ogni settimana, nelle piazze e nelle scuole”.

 

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Alessano

Senza censura: Matteotti e la “Liberazione” con Mario Gianfrate ad Alessano

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In Rai, ne hanno parlato tutti, certi argomenti (e talune persone non propriamente schierate) sono banditi.

Grazie a Dio però non c’è solo la Rai, rimasta mamma di pochi e non più di tutti gli italiani, e pullulano le iniziative per parlare di quegli argomenti che sono la nostra storia, che siamo noi.

Come quella di Alessano: dopodomani, mercoledì 24 aprile, alle 19, presso il Vescovado, in piazza don Tonino Bello, si terrà un incontro con lo scrittore Mario Gianfrate e la presentazione del suo libroDelitto Matteotti-Il mandante”.

L’incontro organizzato da L’Adelfia – Società Cooperativa, sarà un momento di analisi e dibattito con ospiti del mondo accademico per ricordare l’Uomo e il Politico, Giacomo Matteotti.

La doppia ricorrenza del centenario dalla sua morte avvenuta il 10 giugno del 1924 e della festa della Liberazione, rafforza l’idea di porre la figura di Matteotti come simbolo dell’impegno e della responsabilità civile e politica, anticorpi democratici di ogni deriva liberticida.

In questa cornice Mario Gianfrate e il suo libro forniranno lo spunto per una più attenta disamina e riscoperta prospettiva storica di ciò che fu il prologo e il tragico epilogo della battaglia per la Libertà di Giacomo Matteotti.

Interverranno: Mario Gianfrate – autore del libro; Gabriele Bastianutti – insegnante di filosofia al Liceo G. C. Vanini; Federico Imperato – ricercatore Università Degli Studi di Bari; On. Biagio Marzo – già parlamentare PSI. Modererà Giovanni Bongo, insegnante di filosofia Liceo G. C. Vanini

“Delitto Matteotti-Il mandante”

«Il volume non è soltanto una brillante, lucida analisi dei tragici eventi che aprirono definitivamente la via alla dittatura in Italia, ma anche un’analisi appuntita, meticolosa, accuratissima che consente di verificare come nella trascrizione del resoconto stenografico dei funzionari della Camera siano scomparsi, grazie a una occhiuta e certamente non disinteressata regia, elementi preziosi tra i quali diverse interruzioni (una delle quali dello stesso Mussolini!) che, integralmente qui riportate, consentono una rilettura originale e rivelatrice di quel discorso, restituendoci qualcosa che evidentemente si voleva far scomparire. Dobbiamo dunque alla stampa libera del tempo e all’appassionata ricerca di Gianfrate se oggi abbiamo di quella estrema testimonianza di libertà una ricostruzione più completa, non “emendata” dal regime, non offuscata da filtri ma ricostruita grazie a giornali quali La Giustizia, l’Avanti! e l’Unità, ma anche a un giornale “fascistissimo” quale La Gazzetta di Puglia, la cui cronaca è tuttavia ricca di particolari inediti» (dalla prefazione di Alberto Aghemo).

Mario Gianfrate

Mario Gianfrate

Nato a Locorotondo nel 1950, professore di Lettere, militante e dirigente socialista in Locorotondo, proviene da una famiglia storicamente legata al socialismo pugliese.

Suo nonno Giovanni (1882-1937), giovane barbiere autodidatta, fondatore del Partito socialista di Locorotondo (Bari), agli albori del secolo scorso organizzò le lotte del movimento operaio, dando vita alla Lega di miglioramento tra gli edili e affini promuovendo gli scioperi per il conseguimento di condizioni di vita più umane dei lavoratori. Attiva fu la sua battaglia contro la camorra organizzata del luogo che si contendeva il possesso dello strumento comunale.

Nel 1914 fondò «Il Seme», settimanale socialista, dal quale condusse una vigorosa battaglia contro la guerra. Arrestato per attività antimilitarista e pacifista, fu confinato a Bitonto per un anno, per i primi sei mesi a domicilio coatto e per i restanti in libertà vigilata.

Negli anni del biennio rosso organizzò i moti del ’19 contro il rincaro indiscriminato dei prezzi dei beni di prima necessità. Promosse la costituzione di una cooperativa di consumo.

Antifascista, tenne la commemorazione di Giacomo Matteotti assassinato dai fascisti. Arrestato la sera del 31 dicembre del 1928, fu trasferito, insieme ad altri cinque compagni di fede, al carcere di Monopoli.

Significativa la sua attività letteraria: un suo dramma sull’emigrazione, La Patria dei poveri, è conservato presso la Library of Congress degli Stati Uniti.

Mario Gianfrate raccoglie l’eredità ideale e politica di Giovanni dedicandosi anche al recupero di materiale documentario relativo alla storia locale del Partito socialista.

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Alessano

L’Università del Salento plastic free per la Giornata della Terra

Iniziative sul territorio per celebrare l’evento mondiale e rimuovere plastica e rifiuti dispersi in spazi pubblici

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L’Università del Salento si mobilita per la Giornata della Terra (“Earth Day”) che si celebra il 22 aprile a livello mondiale. Numerose le iniziative in programma: eventi di CleanUp sul territorio con la raccolta dei rifiuti in plastica abbandonati; l’esplorazione di un “Museo virtuale degli ecosistemi per le scuole secondarie di secondo grado; una lezione pubblica aperta e partecipativa nel campus Ecotekne sull’obiettivo “Rifiuti Zero”.

Durante il weekend 19-21 aprile si svolgerà la campagna nazionale “Giornata della Terra” promossa dall’associazione “Plastic Free Odv Onlus”, della quale l’Università del Salento è partner istituzionale.

I volontari in campo rimuoveranno plastica e rifiuti dispersi in spazi pubblici.

In provincia di Lecce dopo l’appuntamento di venerdì 19Spongano (zona Le More, ore 15,30), domenica 21 aprile toccherà a: Casarano (piazzale Madonna della Campana, ore 9), Alessano (autolavaggio self service Planet Wash, via Gonfalone, ore 9), Cutrofiano (passeggiata ecologica, Chiesa Madonna delle Grazie, via Aspromonte 98, ore 9), Gallipoli (Rivabella parcheggio Lido La Bussola, ore 9), Taurisano (parcheggio antistante il cimitero comunale, ore 9,30), Gagliano del Capo (villetta Aldo Moro, ore 9,30), Veglie (strada Spartifeudo Veglie-Salice, ore 10), Salice Salentino (strada Spartifeudo Veglie-Salice, ore 10); Lecce (Spiaggiabella, via Porto Ercole, ore 10).

Lunedì 22 aprile, nel giorno dell’Earth Day, l’Università del Salento ha organizzato due ulteriori iniziative.

Il primo evento sarà online ed è indirizzato agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado. È curato congiuntamente dal Laboratorio di Ecologia dell’Università del Salento (referenti Alberto Basset e Franca Sangiorgio) e dall’Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) del CNR (referenti: Mariasilvia Giamberini e Cecilia Noce). Il titolo dell’iniziativa, che si svolgerà il 22 aprile dalle ore 10 alle ore 11, è “Conoscere gli ecosistemi per proteggerli”: gli studenti saranno accompagnati nell’esplorazione di un “Museo virtuale sugli ecosistemi” e potranno seguire i talk di ricercatori esperti in Ecologia, partecipando al gioco “Scelte per la Sostenibilità” (alle scuole iscritte sarà inviato per email il link per partecipare).

Il secondo evento consisterà in una Lezione pubblica, aperta alla partecipazione di studenti, docenti, personale amministrativo, associazioni e cittadini, sul tema “Earth Day e obiettivo Rifiuti Zero: dalle regole legali ai comportamenti reali” (referente Massimo Monteduro). La Lezione si svolgerà il 22 aprile dalle ore 11.30 alle ore 14.30 nell’aula R13 dell’edificio R1 nel campus Ecotekne (Giurisprudenza), con la partecipazione di Chiara Feliziani (Università di Macerata), Eugenio Fidelbo (Università di Bologna), Alessio Martini (Università di Roma Tre), Giovanni Maria Caruso (Università della Calabria) e del referente di “Plastic Free Odv Onlus” per le Regioni Puglia e Basilicata, Luigi Schifano.

 

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