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Attualità

Il Natale di una volta, il racconto di…

Lo scrittore e poeta di Castrignano del Capo ricorda come erano le festività natalizie quando lui era bambino

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Quanto era bello per noi bambini, con quelle solenni ma genuine festività natalizie di una volta!

L’ansia iniziava già molti giorni prima di Natale. In ogni casa ci si organizzava, se pur in modo semplice e con piccole cose casarecce per lo svolgimento di tutte le feste Natalizie. Il profumo dei candidi gelsomini si spandeva in ogni luogo. Sembrava fiorissero apposta per Natale, nelle campagne del sud Salento e nei giardini crescevano in quantità e venivano raccolti in abbondanza, per ornare case e chiese.

Nella Parrocchia ecclesiale, l’Altare veniva addobbato di questi fiori già da quando iniziava la novena, con noi bambini felici di essere presenti a quelle funzioni serali.

Era bello intonare tutti insieme i canti dedicati a Gesù bambino, particolarmente Tu scendi dalle stelle: l’inno di Natale tradizionale che si cantava dappertutto, anche nelle scuole.

Il clima delle festività si permeava nell’aria e tra la gente, come l’attesa di una vita nuova piena di speranza e di amore tra le persone che si pacificavano per qualche screzio avuto precedentemente.

Dai camini fuoriusciva il fumo aromatizzato di frittelle, “pittule, purcidduzzi, cartellate” e altre delizie tipo lo stoccafisso (pesce secco), alimento tradizionale per il cenone di Natale. Veniva tagliato a pezzetti una settimana prima e messo a mollo per ammorbidirlo. Vettovaglie che allora erano esclusività solo per Natale e Capodanno.


LA MESSA DI MEZZANOTTE


E poi la celebrazione della messa solenne nella notte: a mezzanotte in punto si scopriva da un drappo di stoffa bianca il giaciglio dove era adagiata la statuetta di Gesù bambino.

Subito partiva il grande applauso, sia dai presenti in Chiesa che dalle case, dove anche gli abitanti aspettavano davanti al fuoco, che doveva essere abbondante, per riscaldare l’ambiente e la Madonna quando avrebbe partorito.

Rimanevamo tutti svegli, aspettando la mezzanotte, trascorrevamo il tempo raccontando storielle o festeggiando con giochi fatti in casa, finché contemporaneamente all’orario stabilito, si ripeteva anche lì, il rito dell’avvento.

Intanto, fuori nelle piazze del paese si era accumulato la enorme catasta di legname di ogni tipo, e già un’ora prima era stato acceso il grosso falò (la fòcara o fuoco di Natale) con tutta la gente intorno a festeggiare e cantare in allegria. Cominciavano ufficialmente così, le feste Natalizie: quindici giorni gioiosi con giochi e scambi di regali che consistevano soprattutto in delizie e provviste di cibo oppure in vestiario.

Bambini e ragazzi, per i regali, dovevano ancora aspettare fino al giorno della Befana.

Anche in questo caso si trattava per lo più di caramelle, cioccolatini e, a volte, di un po’ di… carbone.

Tuttalpiù nelle famiglie con più possibilità, nella calza vi erano bamboline per le femminucce e delle piccole pistole da cowboy per i ragazzini. Erano talmente graditi che diventavano un pregio gelosamente custodito, giocattoli che resistevano integri per anni come fossero preziosi, quasi sacri. Ricordo nelle scuole le poesie e le letture, che raccontavano tutta la storia della notte di Natale, quando Giuseppe, Maria e l’asinello giravano per Betlemme in cerca di un rifugio. E la poesia più declamata era La Notte Santa di Guido Gozzano (…).


LA LETTERIA DI NATALE


Altre poesie venivano insegnate agli scolari e imparate a memoria per poi recitarle in casa o nelle occasioni di festeggiamenti in comitiva. Più importante, per noi ragazzi, era la letterina di Natale o i pensierini dettati dalle suore ai più piccoli.

Mentre a noi che andavamo già a scuola, veniva dettata dagli insegnati, ma solo nei primi anni, successivamente, ognuno la doveva scrivere da solo.

La letterina aveva il pregio dell’intimità tra figli e genitori, in occasione della nascita di Gesù bambino.

Oltre ad augurare benessere e salute, ci apprestavamo a chiedere perdono di tutte le mancanze fatte ai danni di mamma e papà, con la promessa che saremmo stati più bravi e ubbidienti. Una promessa sincera… solo per quel giorno, ma dimenticata già quello dopo!

Respiro ancora l’ansia nell’attesa di leggere quella letterina che doveva rimanere segreta fino quando non si era tutti al pranzo di Natale, seduti intorno allo stesso tavolo. Ogni bambino aveva la sua, che veniva segretamente nascosta sotto il piatto.

Ci guardavamo negli occhi per stabilire chi doveva cominciare per primo.

Si aspettava il momento buono, quando tutti erano presi dalle bontà servite in tavola; scattava il via e subito il primo si alzava in piedi, prendeva la lettera da sotto il piatto e, come se fosse una sorpresa, cominciava a declamarla nel silenzio più assoluto. Finito di leggere, faceva il giro del tavolo partendo dai genitori, li baciava per primi e poi man mano faceva lo stesso con gli altri. Ognuno ripeteva lo stesso rito ricevendo un regalino, un soldino o delle lusinghe di bravura, elargite con affetto e con amore.

Come con la letterina di Natale, si scriveva anche quella per Capodanno, col solito rito e il solito intento di chiedere perdono per tutte le mancanze dell’anno vecchio e la promessa di essere più bravo e ubbidiente nel nuovo anno.


PIRIPORTO QUANTI NE PORTO?


Finito di mangiare, dopo aver sistemato tutto, ci si organizzava per giocare tutti insieme. Spesso si univano anche altri parenti o vicini di casa, più gente c’era, meglio si stava. Ricordo i primi giochi innocenti, quelli con i ceci arrostiti o con mandorle di pigne.

Consisteva nello stringerne un numero da uno a dieci, nel pugno della mano, e fare indovinare al concorrente di turno il numero esatto.

La Frase in gergo era “Piriporto quanti ne porto?”. Se si azzeccava il numero esatto, si prendeva quel contenuto, diversamente si doveva restituirne lo stesso numero. Oppure si giocava con tutte e due le mani chiuse a pugno, di cui una vuota mentre l’altra conteneva la posta in gioco. La frase, sempre in gergo, era “Piripì- piripà, in quale mano sta?”. Si giocava a turno, ognuno con le stesse opportunità. Le pigne erano l’articolo più diffuso per quasi tutti i giochi. Frutto che per tutto il mese di dicembre e oltre, era venduto in quantità sia ai mercati con cataste messe per terra, che nei negozi di frutta. Inizialmente il costo variava dalle 5 alle 10 lire, in base al numero e alla grossezza del frutto.


DALLE CARTE ALLA TOMBOLA


Anche le carte da gioco si prestavano all’uso. Spesso per noi ragazzini, erano quei mazzetti di carte economiche, a taglio piccolo. Si giocava in diversi modi.

A mazzetto era il più frequente, in modo che potessimo giocare tutti insieme. La posta in palio, erano le solite mandorle quando i giocatori erano misti, piccoli e grandi; mentre, con le carte grandi, normali giocavano gli adulti, con in palio i soldini, da 5 o 10 Lire.

La tombola giunse qualche anno dopo. Questo nuovo gioco fu molto gradito, prese subito piede nei raduni organizzati dalla Parrocchia o altre associazioni in diverse serate. Finché, pure nelle case private, la tombola si faceva preferire a tutti i giochi precedenti. Spesso per segna-numeri, si utilizzavano i fagioli o i chicchi di grano. In palio, inizialmente, erano le solite mandorle, finché i soldi diventarono più disponibili e seducenti.

Solo in seguito arrivarono le prime radio ed i giradischi e quelle poche case in cui risuonava la musica, si riempivano di grandi e piccini. Si ballava e si cantava, senza distinzione di età, tutti affascinati dalla misteriosa novità. Finiva così l’era dei giochi innocenti e genuini che ci riempivano il cuore di gioia e la mente di soddisfazione. Sostituiti dal fascino degli apparecchi tecnologici che aumentavano in modo veloce seguendo a ruota l’innovazione sempre più sofisticata, fino all’invasione della tecnologia.

Attualmente le feste natalizie, pur conservando la solennità, si riducono ad uno stimolo al consumo a scapito dell’antico raduno, senza distinzione di età. Le famiglie, oggi, subiscono separazioni generazionali che spezzano l’armonia.

Lasciando così entrare la solitudine nelle case e l’amarezza nell’animo. Molto peggio della miseria economica dei tempi passati che si superava con quella unità che riempiva il cuore di gioia vera, affetto, allegria e amore, che lasciavano tracce indelebili nell’animo di ognuno di noi.


Vittorio Buccarello


Attualità

Regione, Emiliano cambia tutto. Palese fuori

Rimpasto Emiliano: si dimettono Palese e Maraschio, all’assessorato alla legalità, Viviana Metrangolo, figlia di Renata Fonte

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Dopo il terremoto giudiziario che ha scosso gli scranni della giunta pugliese, Emiliano rivede la sua squadra, come richiesto anche dalla segretaria del Partito Democratico. È stato lo stesso governatore ad annunciare l’avvicendamento al suo staff e il “netto cambio di fase” voluto da Elly Schein.

Emiliano ha reso noto di aver chiesto ai due attuali assessori esterni alla Sanità (Palese) e all’Ambiente (Maraschio) di farsi da parte per favorire l’ingresso di due nuovi nomi. Per “ragioni esclusivamente politiche”, come ha dichiarato, i due assessori hanno rassegnato entrambi le dimissioni. “Considerata l’attuale situazione politica ho ritenuto opportuno formalizzare le mie dimissioni da assessore, anche nella speranza che questo possa favorire una più rapida soluzione che consenta al Governo regionale di riprendere e continuare a lavorare per il bene dei cittadini pugliesi”, afferma Rocco Palese. In serata è giunto dunque il rimpasto tanto preannunciato.

Tre erano dunque le caselle scoperte, oltre a quelle di Palese e Maraschio, quella di Maurodinoia, indagata per corruzione.
Emiliano punta a un mini rimpasto in realtà, annunciandolo in serata. Per l’assessorato alla legalità, confermata l’indiscrezione delle ore precedenti. A capo del nuovo assessorato sarà la dottoressa Viviana Metrangolo, figlia di Renata Fonte, uccisa dalla mafia nel 1984. Metrangolo avrà anche la delega a Cultura, tutela e sviluppo delle imprese culturali e Antimafia sociale.

A Serena Triggiani, invece, va la delega all’Ambiente, Ciclo rifiuti e bonifiche, Vigilanza Ambientale, Parchi, Rischio industriale, Politiche abitative, Crisi industriali e Politiche di genere; a Debora Ciliento la delega ai Trasporti e Mobilità sostenibile.

Giovanna Nuzzo

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Appuntamenti

Una cena per Daniela e Paola

Dopo il successo dello scorso anno domenica 28 aprile torna la cena di beneficenza di ApsRacaleCam per sostenere la fondazione casaranese che si occupa di alleviare lo stato di disagio e di emarginazione in cui si trovano numerosi bimbi sul nostro territorio. Nove chef pugliesi si ritrovano per una cena degustazione unica nel suo genere

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La buona cucina sposa la solidarietà per un momento conviviale volto alla sensibilizzazione su una giusta causa ed anche quest’anno ApsRacaleCam insieme a numerosi professionisti del settore ristorativo hanno deciso di scendere in campo per una nobile causa sostenere la Fondazione Onlus Daniela e Paola.

Domenica 28 aprile, a partire dalle ore 20,30, in un luogo segreto, che sarà svelato solo ai partecipanti della cena, si terrà la quarta edizione della cena di beneficenza a sostegno della fondazione casaranese che si occupa di alleviare lo stato di disagio e di emarginazione in cui si trovano numerosi bimbi sul nostro territorio.

Un gruppo di professionisti ma soprattutto amici che per l’occasione insieme realizzeranno un menù unico ed autentico per regalare piacevoli momenti conviviali a tavola e sostenere un progetto che da oltre quindici anni è presente nel nostro territorio.

Sono numerosi gli chef e professionisti del settore che hanno aderito all’iniziativa dove tra i fornelli della cucina ognuno preparerà un proprio piatto.

«I partecipanti avranno modo di gustare un menù unico nel suo genere preparato in esclusiva dagli chef», dice Valentino Interlandi, ideatore e vice presidente di APS RacaleCam, «ogni portata riflette l’estro e la personalità di ogni singolo chef che ha deciso di sostenere la causa. Una cucina che dialoga con la terra ed il mare, un menù semplice e creativo, che vede l’utilizzo di prodotti del territorio con il contributo di realtà locali che hanno deciso di fare rete per sostenere una bellissima realtà nel nostro territorio».

Tutto il ricavato della cena sarà devoluto a favore della Fondazione Daniela e Paola Onlus, impegnata nei progetti a favore dell’infanzia.

Durante la cena sarà proprio il presidente Claudio Bastianutti a raccontare la storia della fondazione, ad illustrare le attività già attivate e quelle in programma, da avviare grazie all’aiuto di tutti i volontari e i benefattori.

Ecco alcuni degli chef e ristoratori che hanno deciso di partecipare all’iniziativa: Samuele TomaSinodia Corigliano D’Otranto; Leonardo D’IngeoFran by Masseria Francescani Torre Chianca; Daniela MontinaroLe Macare Alezio; Antonella De VitisAntico Monastero Felline; Antonio De CarloMasseria Caronte Vernole; Roberto FersinoLe Stanzie Supersano; Rodolfo CaldarazzoVizio Melpignano; Antonio CamilliSantaVoglia Lecce.

«È davvero sorprendente vedere che anche quest’anno abbiamo raggiungo la quota prefissata di 50 commensali», ha dichiarato Robert D’Alessandro, presidente di ApsRacalecam, «il fatto che le prenotazioni siano giunte così rapidamente è un segno tangibile dell’impegno delle persone verso le cause benefiche locali e della loro volontà di fare la differenza».

La cena di beneficenza non è solo un’occasione per gustare prelibatezze culinarie ma anche un momento per riflettere sull’importanza della solidarietà e della condivisione.

Ogni piatto servito è un simbolo di speranza e di sostegno verso coloro che ne hanno bisogno.

L’evento è sold out e l’intero ricavato della cena verra interamente devoluto alla fondazione casaranese.

LA FONDAZIONE

La Fondazione O.N.L.U.S. Daniela e Paola nasce a seguito degli attentati terroristici accaduti in Egitto a Sharm el Sheik il 23 luglio 2005.

In quel tragico episodio hanno perso la vita 90 persone della popolazione civile.

Tra loro c’erano le sorelle Bastianutti, Daniela, 25 anni, e Paola, 22 anni (nella foto grande in alto). Si trovavano lì per un viaggio premio.

Da quel momento i genitori hanno deciso di incanalare le loro forze e le loro energie impegnandosi per i più deboli, per i bambini, futuro della società.

GLI OBIETTIVI

Lo scopo principale della Fondazione è quello di alleviare lo stato di disagio e di emarginazione in cui si trovano numerosi bimbi sul nostro territorio.

Per il perseguimento del proprio scopo, la Fondazione ha realizzato una Casa-famiglia, una comunità educativa, in cui accoglie i minori assicurando un clima domestico e di accoglienza.

L’impegno sociale non finisce qui.

Attraverso la Fondazione, infatti, i componenti si prefiggono di aiutare tutti i bambini, italiani, stranieri ed extracomunitari, che per un qualsiasi motivo si dovessero trovare sul territorio italiano e avessero bisogno di cure.

Si vuole, inoltre, attivare iniziative atte ad incentivare la cultura dell’affido e aiutare genitori e figli nel ritrovare e scoprire il giusto rapporto per la crescita della famiglia.

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Attualità

L’impegno di Colacem per la Sicurezza sul Lavoro

Colacem ha scelto il tema della sicurezza alla guida, sviluppando un opuscolo informativo che illustra le linee per una guida sicura su ogni mezzo, con l’obiettivo di ridurre i rischi e proteggere l’incolumità dei lavoratori. «La sicurezza non è solo una responsabilità individuale, ma un impegno collettivo. Colacem è determinata a garantire un ambiente di lavoro sicuro a un’organizzazione professionale e consapevole, per essere esempio di eccellenza in termini di sicurezza e benessere dei suoi lavoratori»

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La Giornata Mondiale della Sicurezza del 28 aprile è occasione per Colacem di «ribadire il suo costante impegno a rafforzare la cultura della sicurezza: un valore fondamentale per l’azienda, che promuove comportamenti consapevoli e sicuri tra i propri dipendenti».

Nella ricorrenza di quest’anno, Colacem ha scelto il tema della sicurezza alla guida, sviluppando un opuscolo informativo che illustra le linee per una guida sicura su ogni mezzo, con l’obiettivo di ridurre i rischi e proteggere l’incolumità dei lavoratori.

Uno strumento di comunicazione che sarà presto disponibile in diverse lingue oltre l’italiano, tra cui francese e spagnolo, per assicurare che il messaggio raggiunga tutti i dipendenti del Gruppo nei vari territori di operatività, ovviamente Salento e Galatina compresi.

Inoltre, per lunedì 29 aprile Colacem ha invitato i propri dipendenti a partecipare a incontri, sia in sede che nei reparti degli stabilimenti, per condividere il contenuto dell’opuscolo e sensibilizzare tutti ad adottare sempre comportamenti sicuri.

«Queste iniziative», fanno sapere dall’azienda, «sono parte di un più ampio sforzo quotidiano per costruire una cultura della sicurezza che permei ogni aspetto del lavoro e della vita. Nel corso degli ultimi anni sono state intraprese numerose attività volte al miglioramento continuo dei livelli di sicurezza degli impianti, all’acquisizione di una maggiore consapevolezza nell’attuare comportamenti sicuri e alla creazione di maggiori standard procedurali. La formazione rimane il principale strumento per la creazione di cultura della sicurezza, insieme alla partecipazione attiva dei lavoratori attraverso riunioni e analisi dei mancati infortuni. La sicurezza non è solo una responsabilità individuale, ma un impegno collettivo. Colacem è determinata a garantire un ambiente di lavoro sicuro a un’organizzazione professionale e consapevole, per essere esempio di eccellenza in termini di sicurezza e benessere dei suoi lavoratori».

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