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Sant’Antoni te le Fòcare a Cutrofiano

Il 17 febbraio di ogni anno a Cutrofiano ogni vicinato accende la sua focara scaldando e illuminando il paese in ricordo degli avi afflitti e spaventati dal terremoto

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Sant’Antoni te le Fòcare è la festa d’inverno dei cutrofianesi che ogni 17 febbraio si celebra con Santa Messa, Processione e Focare (falò) nel paese.


L’appuntamento costituisce per i fedeli di Cutrofiano uno dei momenti di maggior devozione verso il proprio protettore, Sant Antonio da Padova, per lo scampato terremoto di qualche secolo fa.


È una delle feste più radicate nella tradizione popolare salentina, con radici molto remote e un’origine particolarmente significativa.  Le origini sono incerte secondo alcune versioni la tradizione partirebbe dal 17 febbraio 1810, secondo altra da quasi un secolo prima:  dal 1743.


In entrambe le date si è tramandata la circostanza terribile di un terremoto notturno, durante il quale i cutrofianesi hanno abbandonato velocemente le loro case, precipitandosi all’esterno e accendendo tanti falò per riscaldarsi e per pregare Sant’Antoni, sia nei crocicchi delle strade, sia nelle campagne e sul sagrato della Chiesa con la statua del Santo.


I falò erano realizzati con tralci di vigna, legna facilmente reperibile in campagna, data la potatura dei vigneti ancora in atto. Le preghiere votive e la fede fecero scampare il paese dal terribile pericolo del terremoto, per cui la devozione si rinnova di anno in anno.


L’originalità della solennità devozionale cutrofianese sta nel fatto che, nel celebrarla, il 17 febbraio di ogni anno, la gente usi accendere dei falò in onore di Sant’Antonio da Padova esattamente come un mese prima, il 17 gennaio, in altre cittadine del Salento il popolo accende fuochi in onore di un altro santo di nome Antonio (ma in questo caso Antonio Abate) la cui identità e la cui agiografia sono del tutto diverse. Antonio da Padova, infatti, in cui onore si rischiara la notte cutrofianese, era un santo francescano di origine portoghese giunto nel XIII secolo a Padova (città sede del suo celebre santuario), mentre Antonio Abate era un eremita vissuto alle origini del cristianesimo nei deserti egizi.


La focara di Piazza Municipio

La focara di Piazza Municipio


Per la circostanza, pertanto, il 17 febbraio di ogni anno a Cutrofiano ogni vicinato accende il suo falò e “le focare” scaldano e illuminano il paese in ricordo degli avi afflitti e spaventati dal terremoto i quali, in occasione del drammatico evento tellurico, avevano fatto lo stesso per alleviare la notte passata al gelo. È così che Sant’Antonio da Padova continua ancor oggi a dispensare la sua santità e meritare la devozione di tanti cutrofianesi grati per quel miracoloso salvataggio: una fiducia condivisa con migliaia di devoti sparsi in tutto il mondo. In verità Cutrofiano dedica a Sant’Antonio da Padova due feste all’anno: la prima, come si è detto, nella stagione invernale, il 17 febbraio; la seconda nella stagione estiva, il 13 giugno.


La caratteristica tradizione del 17 febbraio cutrofianese e salentino sono i falò rionali , le focare,  diffusi in tutto il paese (circa 40 regolarmente autorizzati) a cui si è aggiunto uno collettivo in Piazza da un po’ di anni che si accende al termine della processione.

Il fuoco è il centro di tutta la manifestazione, sia come fuoco libero che si sprigiona dalla combustione delle sarcine te sarmente, che come fuoco d’artificio che accompagna il passaggio della processione nei vari rioni del paese. Le fiamme si liberano nel cielo fino a congiungersi idealmente con le stelle, fino a purificare lo spirito e a scaldare i cuori.

C’è tutto un paese che si muove, che partecipa, che prepara il falò nel vicinato, che imbandisce intorno ad esso un tavolo per consumare i vari arrosti con cui si conclude la serata.

Salsiccia, costate, pesce, bruschette, friselle, pittule, pezzetti di carne di cavallo, tutto innaffiato da buon vino locale.

“Le tradizioni sono ben radicate nella nostra comunità”, ha dichiarato il vicesindaco e assessore alla cultura Lillino Masciullo, “l’Amministrazione Comunale di Cutrofiano guidata da Oriele Rolli ha manifestato l’intendimento forte di far continuare a vivere questa sentitissima festività che valorizza le identità religiosa e culturale dei nostri concittadini”.


Il giorno della festa


La serata di venerdì 17 febbraio sarà così articolata:


Il gruppo di musica popolare Alla Bua

Il gruppo di musica popolare Alla Bua


Alle 14,30 sarà data la possibilità ai ragazzi delle scuole elementari e medie del paese (novità di questa edizione), previa autorizzazione ,di portare delle piccole fascine in onore di Sant’Antoni con il proprio nome e cognome scritto come simbolo di speranza e preghiera, facendo comprendere ai bambini l’importanza del fuoco inteso come calore e visto come rituale.


alle 18, presso la Chiesa Madre ci sarà la solenne Messa con panegirico al Santo;


alle 19, sempre dalla Chiesa Matrice, partirà la Processione lungo le quali Falò e fuochi pirotecnici si accenderanno con il passaggio del Santo;


alle 20,30 è prevista l’accensione pirotecnica della Focara a cura della ditta Francesco Mega con l’intrattenimento musicale della Banda “Città di Cutrofiano” e di “Libera il Sorriso”;


alle ore 21 il concerto di musica popolare con il gruppo Alla Bua; alla fine del concerto o spazio a suonatori di tamburelli e danzatori che si esibiranno attorno al fuoco formando “la ronda”.


Sarà possibile inoltre gustare specialità gastronomiche salentine accompagnate dal buon vino di Cutrofiano: queste pietanze saranno preparate dalle varie associazioni culturali attive nel paese.


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Lucia Villani, di Specchia: “Rinascere partendo dai propri capelli”

AruaM. Il progetto da 28 anni dona il sorriso restituendo i capelli a chi li ha perduti: «Con noi, chiunque può permettersi una rinascita e ricominciare a vivere»

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Dalle donne, per le donne: AruaM-Lucia Villani è una realtà di Specchia che si propone di offrire (alle donne, ma non solo) la possibilità di vivere una rinascita partendo dai capelli!

Lucia Villani ci racconta il suo progetto, da ciò che lo ha animato sin dai primi passi.

“AruaM-Lucia Villani nasce ormai più di 28 anni fa, dal mio grande desiderio di fare del bene, facendo della mia più grande passione il mio lavoro. La mia motivazione maggiore è sempre stata quella di vedere le clienti soddisfatte, con quella luce negli occhi che solo una donna che si piace tanto ha. I grandi sorrisi e le loro soddisfazioni sono sempre stati il carburante che mi ha spinto a dare di più, a fare sempre meglio”.

Cosa rappresenta ad oggi AruaM, a quasi tre decenni dalla sua nascita?

“Senz’altro il lavoro, la dedizione e la forza di continuare a dare il massimo, nonostante le avversità.
Ma anche le grandi soddisfazioni che posso vantare grazie ad alcune collaborazioni con grandi brand quali Nashi, Medavita, Ghd e tanti altri, che permettono a me ad al mio staff di mettere in atto le nostre conoscenze con una marcia e un aiuto in più.

Tra queste, la collaborazione che più mi rende orgogliosa è sicuramente quella con l’azienda «Capelli for You» che ci permette di offrire una nuova vita a tante donne e tanti uomini colpiti dalle problematiche di perdita dei capelli.
Che sia a causa di malattie come alopecia, semplice diradamento oppure caduta dei capelli in seguito a trattamenti chemioterapici, abbiamo la giusta soluzione per ognuno, garantendo la massima riservatezza e il pieno rispetto della privacy”.

Quali sono le soluzioni che siete in grado di offrire?

“Sono varie. Molto rilevante è sicuramente la «protesi capillare» realizzata con capelli veri provenienti dall’Europa la quale, attraverso una sottile ed impercettibile membrana, si posa sul cuoio capelluto, donando nuovamente la folta chioma che tanto si desidera. La nostra protesi capillare non è affatto invasiva, ti permette di vivere la tua vita senza alcun limite ed è l’unica ad essere riconosciuta dal ministero come dispositivo medico di primo livello”.

Per chi cercasse, invece, delle soluzioni temporanee?

“In tal caso è sicuramente consigliabile l’acquisto di una buona parrucca. Le nostre parrucche sono varie, si ha possibilità di scelta fra diverse colorazioni e differenti qualità del capello. Quasi sempre l’acquisto di una parrucca è correlato ad un periodo in cui ci si sottopone a delle cure chemioterapiche che causano la temporanea perdita dei capelli, ed è per questo che vi è un contributo ASL (fino a €300) per aiutare tutte quelle donne che affrontano una battaglia di questo tipo ogni giorno”.

Come è possibile aver ulteriori informazioni, per valutare magari il proprio caso specifico?

Chiunque avesse necessità di saperne di più può fissare un appuntamento per una consulenza personalizzata, completamente gratuita e senza impegno. Cerchiamo sempre di venire in contro ad ogni esigenza del cliente, ascoltandolo e valutando le varie possibili soluzioni.
La mia maggiore premura è quella di restituire il sorriso a persone che non lo ritrovano più in seguito alla perdita dei capelli.

Con noi, chiunque si può permettere di avere una rinascita, di ricominciare a vivere. Io ed il mio team siamo qui per renderlo possibile. E da anni lo facciamo grazie alla fiducia delle nostre clienti e di tutti coloro che continuano a credere in noi”.                                                        Lucia Villani

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Master Slow Food nel Salento

Aperte le iscrizioni al percorso accademico. A Melpignano via al master universitario in “Gastronomie Territoriali Sostenibili e Food Policies”. Per il primo anno sarà gratuito. Per iscriversi c’è tempo fino ad ottobre

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A febbraio il fondatore del movimento Slow Food Carlo Petrini è stato ospite a Melpignano per una Lectio magistralis dal titolo “Gastronomie territoriali sostenibili e politiche territoriali del cibo”. In quell’occasione era stata annunciata una prestigiosa novità per l’intero territorio: la nascita del primo Master universitario in “Gastronomie territoriali sostenibili e food policies”, nato da un’idea dell’amministrazione comunale di Melpignano e costruito grazie a una collaborazione tra l’Università del Salento e l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, in Piemonte.

Ora quel percorso, che rientra nell’offerta formativa di Unisalento per l’anno accademico 2023-2024, prende ufficialmente forma. C’è ancora tempo per iscriversi, fino al prossimo ottobre. Previsto a partire dal prossimo novembre e fino a ottobre dell’anno venturo, il master durerà 296 ore, per un totale di 60 crediti. Spazierà in moduli didattici che riguarderanno la storia, la cultura, i paesaggi dell’identità gastronomica italiana; passando dalla progettazione e dalle politiche del cibo e puntando anche sulle competenze relative ai prodotti e alle filiere agroalimentari di qualità. Sono dunque aperte le iscrizioni al percorso formativo, di primo livello, estese a 25 laureati e laureate di qualsiasi facoltà.

Un innovativo cammino formativo che sarà gratuito per il primo anno e che, avvicinando le eccellenze del Nordovest a quelle del Sudest, si pone l’obiettivo comune di nuove economie del territorio, fornendo competenze, contatti e nuove modalità di approccio all’agricoltura biologica, alla trasformazione dei prodotti della terra e alla loro distribuzione, al mondo del vino, a quello del turismo e più in generale al senso del “buono, pulito e giusto”.

Questa dunque la direzione intrapresa dal Comune di Melpignano che, davanti alle numerose potenzialità del territorio, si è posto anche l’interrogativo di come contrastare fenomeni come lo spopolamento, la desertificazione, la salinizzazione delle falde. E ancora, pensare a un’azione di contrasto alla monocoltura, puntando invece a variegare il mondo agricolo, ripristinando la biodiversità.

«Il master partirà anche con l’obiettivo di rivitalizzare i borghi. In ogni parte del Paese, in questo senso, stiamo assistendo a una desertificazione. Anche nelle Langhe, la mia terra, stanno aumentando i paesi che non hanno più un negozio “alimentari”, un panettiere o delle osterie. Questo determina che anche la socialità del borgo venga meno e non va bene: un turismo che entri in una dimensione dove non c’è qualità della vita degli abitanti a lungo andare diventa sterile. Il primo compito di una filiera turistica efficace è quello di mantenere alti i livelli di felicità delle comunità locali. Se perdiamo la socialità dei luoghi, la “monocoltura” del turismo può diventare estremamente negativa e poco lungimirante», ha dichiarato Carlo Petrini, rimarcando le parole espresse della sua visita a Melpignano.

«La valorizzazione del patrimonio enogastronomico dei nostri territori, così come l’adozione di politiche del cibo in grado di promuovere un’alimentazione sostenibile, costituiscono obiettivi che divengono realmente realizzabili solo se si dispone di specifiche professionalità», ha evidenziato Fabio Pollice, Rettore dell’Università del Salento, «ed è proprio con questo intento che si è creato questo percorso di alta formazione a Melpignano, nel cuore della Grecìa Salentina: un territorio che proprio nelle sue risorse enogastronomiche ha uno dei suoi più importanti asset strategici, come peraltro ampiamente documentato dal Piano di sviluppo turistico della Grecìa Salentina realizzato dall’Università del Salento. Il master è anche l’occasione per valorizzare le competenze acquisite dal nostro ateneo nel campo delle Food Policies e delle Food narratives con la Scuola di Placetelling».

«Abbiamo progettato il Master in Gastronomie Territoriali e Food Policies pensando a un territorio che ha bisogno di una conoscenza profonda di tutta la filiera alimentare: dalla produzione, alla trasformazione, al consumo, alla ristorazione. Il Salento ha una straordinaria quantità di risorse lungo tutta la filiera: una produzione agricola d’eccellenza, ma in sofferenza; un’industria e un artigianato della trasformazione alimentare, che certamente possono crescere in quantità e qualità; una varietà di forme di consumo, da quello quotidiano delle famiglie a quello della fruizione turistica, tutte alla ricerca di nuove proposte legate alla tipicità, alla salubrità, alla sostenibilità. Una parte importante del Master è dedicata anche alle politiche del cibo, perché oggi il ruolo delle istituzioni, su questo fronte, torna a essere decisivo», ha aggiunto Angelo Salento, docente e direttore del master in partenza. Che poi ha evidenziato:

L’offerta didattica è di altissimo livello, anche perché il Master è a doppio titolo, essendo sviluppato in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (massima autorità culturale su questi temi, in Europa) e con Slow Food. E il corso si svolge nello splendido Palazzo Marchesale di Melpignano, nel contesto del nuovo Melpignano Food Lab. È certamente un’occasione da non perdere, per chi vuole maturare una specializzazione di alto profilo in questo settore, anche perché questa prima edizione è completamente gratuita».

«Ci siamo guardati attorno, rendendoci conto delle enormi potenzialità del patrimonio del nostro territorio. È necessario, in questa fase storica, costruire un sistema di agricoltura multifunzionale: che sia cioè in grado di puntare a una filiera del cibo sano, orientata alla sostenibilità, un sistema di trasformazione e semilavorati di eccellenza. Allo stesso tempo, ideando questo master, abbiamo pensato a un sistema ricettivo (come quello degli agriturismi) da collegare alle filiere logistiche della distribuzione delle materie prime. In modo da creare reti tra borghi, ripopolandoli. E non soltanto in ambito agricolo, ma pensiamo anche alle piccole botteghe artigiane. È infatti necessario spingere sui contatti diretti coi consumatori oltre confine, per poter promuovere i prodotti di questa terra. Inoltre, l’idea di master che abbiamo in mente ha inevitabilmente a che vedere col welfare di un luogo che punti – uno degli esempi- ai percorsi riabilitativi per mezzo di pratiche agricole. Preoccuparsi, infine, della rigenerazione dei terreni significa automaticamente porsi il problema della salute dei cittadini e delle cittadine. Ripartire dalle numerose ricchezze già presenti nel nostro sconfinato patrimonio e ampliarlo, in uno scambio continuo e simbiotico col territorio delle Langhe», ha sottolineato la sindaca di Melpignano, Valentina Avantaggiato.

L’INIZIATIVA “PROMUOVE CULTURA”

L’amministrazione comunale di Melpignano ha avviato un percorso per la rigenerazione culturale, sociale ed economica del proprio piccolo borgo storico, all’interno di un ampio piano di investimenti, finanziato con i fondi PNRR “Avviso attrattività dei borghi storici – Linea B”. Un vasto progetto, onnicomprensivo e multidisciplinare, che punta a contrastare in maniera concreta l’abbandono, con investimenti sul patrimonio culturale, materiale e immateriale. Ricostruire un’attrattività turistica che cammini accanto al benessere degli abitanti dei luoghi. Non è dunque un “semplice” master, bensì un progetto di più ampio respiro che punta alla connessione dei due territori, quello delle Langhe e il Salento. Una modalità concreta di consentire ai due centri di fare rete, partendo dalle reciproche eccellenze e dalle strategie attivate per tutelarle e valorizzarle. Il lavoro innovativo svolto da Petrini e dal movimento Slow Food ha riqualificato l’agricoltura di quel luogo, aprendo a un ragionamento sul cibo in senso lato. Un modello replicabile nel territorio dell’estremo lembo di Puglia dove già esistono forme di agricoltura “autogestite”, portate avanti da molti giovani che hanno a cuore l’ambiente e la qualità, così come la sostenibilità e il paesaggio. Quello della produzione alimentare agroecologica, come dimostrano le varie edizioni del “Mercato del Giusto”, è uno degli aspetti sul quale il Comune di Melpignano ha recentemente voluto scommettere. Un settore che rientra tra i 12 interventi integrati previsti da Melpignano promuove cultura. Un’iniziativa che conta tre principali assi di intervento. Il Melpignano Food Lab, per esempio, sarà un laboratorio dedicato a innovare la cultura e la produzione agroalimentare. L’obiettivo è quello di sviluppare attorno al “cibo” nuove produzioni e forme occupazionali, con un’offerta formativa d’eccellenza per pubblici diversi, corredata di itinerari turistico-culturali, una rete collaborativa tra attori pubblici e privati per l’innovazione e la promozione della produzione alimentare agroecologica.

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Turismo, che estate è stata? “Un mezzo flop, lo dicono i dati”

«Sono product manager per un tour operator internazionale nel turismo delle dimore di pregio. Affittiamo dalle ville agli alloggi storici di lusso ad un’utenza di fascia medio-alta e di provenienza internazionale….

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INTERVISTA ESCLUSIVA

di Lorenzo Zito

Che estate è stata? L’immancabile quesito settembrino, quest’anno, ha trovato fin troppe risposte già all’ombra delle stelle cadenti di San Lorenzo. Flop.

Quattro lettere, una parola sola che balena nella testa di tutti. L’impressione è comune e diffusa. E negli occhi di ognuno il ricordo è ancora nitido: l’invivibile traffico delle precedenti estati; le spiagge stracolme; le auto in strada per far spazio alle orde di ragazzini disposti a dormire nei garage, pur di taggare Gallipoli nelle loro stories.

Ma un assioma sopravvive al tempo: non ci andava bene prima, ma non ci va bene nemmeno adesso.

Una parola (da sola) però non può essere compendio di una baraonda di sensazioni e polemiche che, a suon di scontrini e lezioni di vita, ci hanno accompagnato lungo questa vituperata estate, ergendo ciascuno di noi ad esperto del settore.

Più d’una, di parola, l’abbiamo allora chiesta a chi nel settore ci lavora da anni. Domandandoci se il sovrapprezzo per il pasticciotto tagliato in due, più che causa dello spopolamento, possa essere conseguenza dell’incapacità di fare analisi e di dare risposte valide ai bisogni del territorio.

La preziosa testimonianza è quella della salentina Saveria Carparelli. La sua è una prospettiva per certi versi insolita, sulla quale non si fa poi così spesso un gran vociare. È quella del turismo di fascia alta che, in Salento come in altri paradisi terrestri, cerca nei luoghi e nelle comunità quel surplus da riservare al cliente, con l’obiettivo di costruire in chi viaggia ricordi pregni dell’anima del posto.

Saveria, qual è il tuo mestiere?
«Sono product manager per un tour operator internazionale nel turismo delle dimore di pregio. Affittiamo dalle ville agli alloggi storici di lusso ad un’utenza di fascia medio-alta e di provenienza internazionale».

Che estate ha riservato il Salento al vostro settore?
«Per certi versi anomala. Di certo non è stata un’annata top, ai livelli di quella del 2019 (la migliore pre-Covid) o di quella del 2022 (la più intensa post pandemia). Noi abbiamo avuto il polso della situazione già diversi mesi prima della bella stagione. Il nostro tour operator apre il calendario di prenotazioni sin dall’anno prima ed il turista organizza per tempo il suo viaggio, talvolta anche a dodici mesi dalla partenza (sia per garantirsi un posto sui voli disponibili che per l’abitudine, diversa dalla nostra, di fissare la vacanza con largo anticipo).

Il trend è apparso subito non all’altezza del recente passato, in particolar modo nell’alta stagione. Le prenotazioni, poi, sono arrivate con tempistiche diverse: talvolta già a marzo i calendari dei nostri alloggi sono già completi, mentre quest’anno in quel periodo eravamo fermi al 40%. Abbiamo anche registrato molti last minute (che per noi sono una novità) ed una serie di buchi a ridosso dell’alta stagione, ad esempio a luglio. Al tramonto dell’estate, l’impressione è quella di aver perso una fetta di utenza medio-alta, mentre ha continuato a rispondere agli standard il turista di fascia elevata»

È andata meglio ad altre mete?
«Trovo che il dato sia generalizzato. Non solo guardando la Puglia, ma anche altre destinazioni nazionali, come ad esempio la Sicilia che ha registrato lo stesso calo. E lo scenario non è del tutto diverso all’estero, come ci raccontano Corsica o Grecia».

Quali le cause? Pesano rincari e nuove destinazioni meno dispendiose (come l’Albania, di cui si fa un gran parlare)?
«Non ho i dati per fornire una risposta adeguata sull’Albania (che tuttavia ritengo sia indietro sulla preparazione turistica rispetto alla Puglia, così come diremmo di noi se ci dovessimo paragonare a chi fa questo mestiere da più tempo, tipo la Toscana). È l’Europa tutta ad aver perso appeal quest’anno.

La causa principale è il conflitto russo-ucraino, che da un lato ha ridotto la percezione di sicurezza del viaggiatore e dall’altro ha portato a rincari generalizzati. A questo si uniscono una serie di altri elementi: pesano anche fattori esogeni, e non solo gli aspetti legati al luogo d’arrivo.

Un esempio è il caso dell’Inghilterra, rilevato sulla stagione 2023. La nostra utenza, che talvolta è arrivata ad essere per il 70% inglese, quest’anno ha registrato un calo fortissimo sul mercato britannico. Un dato probabilmente legato al momento storico che si vive oltremanica (dove le dichiarazioni dello stesso Premier, che affermato “non so se gli inglesi riusciranno a permettersi una vacanza quest’anno”, hanno seminato sfiducia). Poi a tutto ciò si sommano anche paure legate ad alcune notizie che varcano i confini del nostro Paese».

L’eco delle disgrazie ha un peso?
«Mi vengono in mente la Xylella o la piaga degli incendi. Il cliente spesso ci chiama per essere rassicurato. Vuole sapere se i posti che andrà a visitare o dove andrà ad alloggiare sono ancora come li ha visto in foto. Il turismo è un settore sensibile a molte variabili: basti pensare che oggi alcuni tour operator riservano all’utente la possibilità di rivedere la propria permanenza in caso di cattive previsioni meteo.                                                                                                   Va da sé che il forte risalto dato a determinati temi dalla stampa faccia assumere proporzioni smisurate ad alcune questioni, se viste da lontano: qualche anno fa qualcuno mi chiese anche se la Xylella poteva essere pericolosa per l’uomo…».

Che prospettive vedi all’orizzonte?
«In questi giorni stanno arrivando le prime prenotazioni per la prossima stagione e spero siano di buon auspicio. Mi auguro che si possa andare verso un ritorno alla normalità, anche se ci sono degli aspetti su cui il Salento è ancora indietro nel confronto con altre destinazioni».

Cosa andrebbe migliorato?
«Delle infrastrutture se ne parla da anni: collegamenti e distanza dagli aeroporti pesano. A ciò si stanno aggiungendo delle politiche sui voli che fanno calare le presenze. La riduzione dei collegamenti per l’aeroporto di Brindisi (e la centralizzazione di quello di Bari), ad esempio, ci penalizza molto. Spesso il turista che vorrebbe trascorrere una settimana in Terra d’Otranto è costretto ad andar via prima per poter trovare un volo per tornare casa. O, peggio, non si spinge a sud per non dover percorrere ore di macchina dopo aver preso l’aereo che lo ha portato a Bari».

 

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