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Attualità

Aumentano ancora le esportazioni dal Salento. Ok anche l’import

Saldo positivo per 44,5 milioni di euro (418,5 milioni di export contro i 374 di import). Davide Stasi: «Le esportazioni rappresentano un utile indicatore per comprendere lo stato di salute della produzione interna e del commercio mondiale»

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Aumentano ancora le esportazioni, ma anche le importazioni in provincia di Lecce. È quanto emerge dal nuovo studio condotto dall’Osservatorio Economico Aforisma, diretto da Davide Stasi, che ha elaborato ed analizzato l’andamento della bilancia commerciale salentina.


Dopo un anno da record, anche nel primo e nel secondo trimestre di quest’anno, è cresciuto l’export made in Salento verso i consumatori stranieri, ma anche l’import destinato alle aziende e alle famiglie leccesi.


Sul fronte delle esportazioni, dai 252,5 milioni di euro del primo semestre 2020, ai 338,8 milioni del primo semestre 2021, si arriva ai 418,5 milioni del primo semestre di quest’anno.


«Le esportazioni», spiega Davide Stasi, direttore dell’Osservatorio Economico,  «rappresentano un utile indicatore per comprendere lo stato di salute della produzione interna e del commercio mondiale. Attraverso l’andamento dell’export, infatti, si può monitorare la competitività delle aziende della provincia di Lecce e la loro capacità di raggiungere gli altri Paesi che possono rivelarsi strategici per lo sviluppo del territorio. Negli ultimi anni», ricorda Stasi, «c’è stata una grande richiesta di prodotti agroalimentari, oltre ai macchinari che continuano a rappresentare la quota di mercato preponderante. L’export non è solo un’opportunità in più, ma quasi un obbligo per poter accrescere le quote di mercato. È importante, perciò, presidiare i mercati con più eventi, più guide, più promozioni, più presenze, ma anche attraverso la protezione dei nostri marchi. L’attenzione ai mercati esteri non può che diventare una priorità per le aziende che vogliono crescere, diversificando».


Riguardo ai prodotti maggiormente esportati all’estero, i valori più alti si registrano per macchinari e apparecchiature (182,5 milioni di euro); articoli in pelle (escluso abbigliamento) e accessori (69,2 milioni); prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature (30,5 milioni); articoli di abbigliamento (23,8 milioni); prodotti alimentari (14,7 milioni); prodotti agricoli, animali e della caccia (14,6 milioni); bevande (13,1 milioni); autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (9,7 milioni); articoli in gomma e materie plastiche (6,5 milioni); prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (6,4 milioni).

Sul fronte delle importazioni, invece, dai 172,5 milioni di euro del primo semestre 2020, ai 235,9 milioni del primo semestre 2021, si è arrivati ad importare beni per 374 milioni nel primo semestre di quest’anno. Riguardo ai prodotti importati, i valori più alti si registrano per articoli in pelle (escluso abbigliamento) e accessori (42,6 milioni di euro); prodotti chimici (38,5 milioni); macchinari e apparecchiature (34,3 milioni); prodotti della metallurgia (33,5 milioni); prodotti alimentari (33 milioni); articoli in gomma e materie plastiche (21,4 milioni); prodotti agricoli, animali e della caccia (19 milioni); prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (10,6 milioni); mobili (14,4 milioni). Il saldo è positivo per 44,5 milioni di euro: 418,5 milioni di export contro i 374 milioni di import.


Le gravi ricadute innescate dal conflitto ucraino non sembrano ancora impattare se non solo sull’interscambio che interessa Russia e Ucraina. L’export verso la Russia è crollato dai 12 milioni di euro del primo semestre 2021 a meno di 2 milioni di euro del primo semestre di quest’anno, mentre l’import è diminuito (dai 864mila euro ai 485mila).


Anche con l’Ucraina diminuiscono sia le esportazioni (dai 708mila euro del primo semestre 2021 ai 525mila euro di quest’anno) quanto le importazioni (dai 183mila euro del primo semestre 2021 ai 172mila di quest’anno).


Attualità

“Leuca”, di Rachele Andrioli, miglior album 2022

Vince il premio nazionale città di Loano per la musica tradizionale italiana. La cantante salentina conquista anche il premio giovani come miglior under 35. In “Leuca”, l’artista salentina volge il suo sguardo musicale sul mondo come un faro, partendo dalla fine della terra, suo luogo di nascita e appartenenza: il Capo di Leuca

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È “Leuca“, esordio solista della cantante salentina Rachele Andrioli, prodotto da Finisterre nella programmazione Puglia Sounds Records 2022 della Regione Puglia, l’album vincitore del Premio Nazionale Città di Loano per la Musica Tradizionale Italiana. Il più prestigioso riconoscimento per la musica di tradizione in Italia è assegnato ogni anno alla migliore produzione musicale di ambito folk da una giuria composta da oltre cinquanta giornalisti specializzati e studiosi.

Leuca si aggiudica anche il Premio Giovani, riservato a musiciste e musicisti under 35.

La diciannovesima edizione della rassegna, prevista dal 26 al 28 luglio Loano, in provincia di Savona, conferma dunque l’attenzione del Premio a una nuova generazione di performer, che ha saputo far propria l’eredità delle musiche di tradizione, in dialetto o nelle lingue minoritarie, ma che la porta avanti nel contesto delle nuove creatività musicali.

Rachele Andrioli, cantante e percussionista classe 1989, è una delle più originali interpreti della nuova musica salentina. In una carriera iniziata ancora da adolescente ha diviso il palco con musicisti pugliesi e da tutto il mondo, da Officina ZoéGiro di Banda e Tarantavirus (con Cesare dell’Anna) a Rocco Nigro, con il quale ha pubblicato ben tre album (Malìe, 2014; Maldimé, 2015; Maletiempu, 2018, tutti per l’etichetta Dodicilune), da Arto Lindsay e Piers Faccini fino a Baba Sissoko. Leuca, prodotto da Erasmo Treglia per Finisterre e registrato da Valerio Durante, è il suo esordio solista, pubblicato nella programmazione Puglia Sounds Records 2022 della Regione Puglia (POC Puglia 2007-2013 – Azione Sviluppo di Attività Culturali e dello Spettacolo).
Nel cd Rachele Andrioli volge il suo sguardo musicale sul mondo come un faro, partendo dalla fine della terra, suo luogo di nascita e appartenenza: il Capo di Leuca.

Il lavoro è il frutto degli ultimi anni di ricerca sulle tradizioni musicali che legano il Salento a ogni Sud del Mondo; la musica e i testi inediti raccontano storie mediterranee sospese tra verità e leggenda. Un progetto che guarda il mare, attraversato da onde tutte al femminile che rinnovano la tradizione grazie alla partecipazione di Coro a Coro, un ensemble di circa quaranta voci di donne fondato e diretto dalla stessa Andrioli. Presenti anche brani d’autore che rendono omaggio ad alcuni artisti come Victor Jara (“Manifiesto), Enzo Avitabile (“Tutt’ egual song’ ‘e criature”), Nusrat Fateh Ali Khan (“Mast Kalandar”), Rina Durante (“Luna Otrantina”). A spiccare la voce e la grande forza interpretativa della cantante salentina e l’originalità delle sue composizioni che disegnano una modalità di fare musica concentrata sulle emozioni sollecitate da una melodia, da un ritmo, da un testo ogni volta sorprendente. Ospiti in alcuni brani anche Redi Hasa, Valerio Daniele, Maurizio Pellizzari.

Il Premio Città di Loano per la Musica Tradizionale Italiana è nato diciannove anni fa come laboratorio permanente sulla musica folk, e promuove e valorizza la produzione contemporanea di musica tradizionale di radice italiana attraverso il coinvolgimento di artisti, etichette discografiche, giornalisti e operatori culturali. È organizzato dall’Associazione Compagnia dei Curiosi in collaborazione con l’Assessorato al Turismo e alla Cultura del Comune di Loano, e con il contributo della Fondazione A. De Mari. La direzione artistica è a cura di Jacopo Tomatis, con la collaborazione di Ciro De Rosa, Enrico de Angelis, Lucia Campana, Annalisa Scarsellini e Davide Valfrè.

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Attualità

«Non solo farmaci, ma tanto supporto umano e sociale»

Lilt, il ruolo del Volontariato nell’assistenza al malato terminale. A raccolta enti e professionisti coinvolti nella gestione dell’assistenza al malato oncologico terminale in tutta la provincia

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«Serve uno sforzo innovativo nella gestione dell’assistenza domiciliare oncologica: non basta garantire le cure mediche ed infermieristiche al paziente nella fase terminale della malattia, ma occorre maggiore attenzione agli aspetti sociali, che spesso prevalgono su quelli sanitari e finiscono per comprometterne il buon esito. Il supporto ai familiari e caregiver, alle prese con problemi di tipo psicologico, logistico-gestionale ed economico, è fondamentale e va necessariamente rafforzato».

È questo il messaggio lanciato dalla Lega contro i tumori di Lecce nel corso del convegno sull’assistenza socio-sanitaria in Oncologia che si è svolto questa mattina nel Polo didattico dell’ASL, in occasione della XXII Giornata nazionale del Sollievo.

L’associazione ha chiamato a raccolta enti e professionisti coinvolti nella gestione dell’assistenza al malato oncologico terminale in tutta la provincia per approfondire l’ambito della relazione d’aiuto nel campo delle cure palliative. «L’esperienza trentennale della LILT di Lecce nel campo dell’assistenza domiciliare oncologica ci ha insegnato che la qualità di intervento dei medici palliativisti deve viaggiare di pari passo con l’attenzione globale ai bisogni della famiglia, perché solo così potrà esprimere i più alti livelli di umanizzazione», ha evidenziato nell’intervento di apertura l’oncologo Carmine Cerullo, presidente della LILT di Lecce.

Nell’aula gremita anche gli studenti del corso di laurea in Infermieristica di Lecce. Si è discusso di strutture di cura, percorsi assistenziali, criteri decisionali, organizzativi e comunicativi adottati nella gestione dei pazienti nella fase terminale della malattia oncologica.

In apertura di lavori Stefano Rossi, direttore generale dell’Asl Lecce, ha colto l’occasione per ringraziare tutte le associazioni di volontariato impegnate su questo fronte: «È soprattutto grazie al loro sacrificio che oggi si realizza l’assioma della casa come luogo di cura».

Anche per Pierangelo Errico, direttore sanitario dell’ospedale “Panico” di Tricase, la collaborazione con LILT e il mondo del volontariato è fondamentale «perché occorre rispondere con adeguatezza alla crescente domanda di Salute, ai bisogni dei malati oncologi e delle loro famiglie, spesso disorientati e bisognosi di orientamento».

Dell’importanza della continuità assistenziale “di qualità” per il malato oncologico terminale ha parlato Silvana Leo, direttore dell’UOC di Oncologia del “Vito Fazzi” di Lecce, evidenziando punti di forza e debolezza, nonché proposte migliorative: «I malati oncologici aumentano, per fortuna cresce anche la sopravvivenza grazie ai progressi della scienza e con essa i bisogni che il servizio di continuità assistenziale deve garantire».

Ha quindi parlato della necessità di “Cure simultanee” come parte integrante del percorso di cura e di come attuarle, attraverso un modello organizzativo-gestionale ove l’oncologo medico è affiancato dal medico palliativista, dallo psicologo, in un’ottica di condivisione delle competenze e conoscenze, con il coinvolgimento del MMG, dei servizi territoriali e delle associazioni di volontariato «per individuare, nelle varie fasi della malattia, il setting di cura più appropriato per il singolo paziente. Il concetto di simultaneous care», ha ricordato, «è nato proprio dalla necessità di condividere il percorso del malato metastatico, tra ospedale e territorio, sin dalla diagnosi di malattia avanzata».

Anche Emiliano Tamburini, direttore dell’UOC Oncologia dell’ospedale “Panico” di Tricase, ha parlato di cure palliative precoci e simultanee e della necessità di «modelli organizzativi di integrazione dei servizi: se il passato prevedeva l’intervento a chiamata del palliativista, oggi oncologo e palliativista vedono insieme il paziente (in ambulatorio, nei gruppi multidisciplinari, nei PDTA), ma il futuro deve essere quello di una reale integrazione tra Rete oncologica, Rete delle cure palliative e dei Servizi dei territori per arrivare a garantire una presa in carico globale, nei fatti, del paziente».

Delle caratteristiche e dei modelli assistenziali degli hospice ha parlato invece Evelina Pedaci, responsabile dell’hospice di San Cesario di Lecce: «Negli ultimi anni la presenza degli hospice è diventata un valore aggiunto per il SSN a causa della transizione demografica ed epidemiologica verso la cronicità complessa ed avanzata. Anche in queste strutture il volontario è parte integrante dell’équipe assistenziale e svolge un ruolo fondamentale nel supporto al paziente e alla sua famiglia».

Tra le principali criticità emerse, anche dalle testimonianze di familiari e volontari presenti in sala, le difficoltà del percorso ospedale-territorio per il paziente che necessita dell’attivazione tempestiva di una terapia antalgica palliativa, il supporto spesso carente alla famiglia per il disbrigo delle pratiche e il conseguente disorientamento, le difficoltà economiche legate all’acquisto dei presìdi sanitari che solo in parte sono forniti gratuitamente dall’Asl.

L’ultima sessione del convegno è stata dedicata all’esperienza trentennale della LILT di Lecce sul fronte dell’assistenza domiciliare oncologica con gli interventi di Antonella Elia, direttore UOSD Oncologia dell’ospedale “Ferrari” di Casarano, per la quale «è oggi imprescindibile il modello di continuità assistenziale e umanizzazione delle cure garantito sul territorio dalla Lilt in convenzione con l’Asl», poi Silvia Errico, psicologa Lilt e Preziosa Portoghese, responsabile delegazione LILT di Gallipoli, che ha scattato una fotografia del volontariato impegnato nell’assistenza ai pazienti oncologici terminali nell’area centro-sud Salento.

LILT Lecce gestisce in media 400 pazienti all’anno nella fase terminale della malattia, la metà dei quali attraverso l’Assistenza Domiciliare Oncologica-ADO erogata in regime di convenzione con ASL Lecce, con tre equipe medico-infermieristiche e il supporto psicologico, in tutti i Comuni appartenenti ai distretti socio-sanitari di Casarano, Gallipoli, Maglie, Poggiardo e Gagliano del Capo.

Il servizio è gratuito ed è nato nel 1996 dal pionieristico progetto LILT di Lecce per i pazienti in fase avanzata di malattia e per i loro familiari.

«Il servizio ADO, di cui LILT è stata pioniera in questo territorio, si ispira al principio della continuità di cure tra ospedale e domicilio, colmando una domanda di prestazioni sempre in crescita, considerato purtroppo il trend in aumento delle patologie neoplastiche», ha rimarcato l’oncologo Giuseppe Serravezza, responsabile scientifico LILT Lecce, «La Medicina dei farmaci è solo una parte della cura serve anche e soprattutto l’integrazione dei saperi e delle diverse discipline, interventi di tipo psicologico e soprattutto sociale, per contribuire a far crescere la cultura della solidarietà e dell’umanizzazione dell’aiuto verso la persona affetta da tumore. Su questo aspetto c’è ancora tanto lavoro da fare e occorre senz’altro intensificare i nostri sforzi».

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Alliste

Opera Seme Farm ad Alliste

Una filiera etica che, nel Salento, genera solidarietà e promozione del territorio. 8xmille Chiesa cattolica: “Opera Seme Farm” è una delle opere protagoniste della nuova campagna informativa della CEI

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Se fare un gesto d’amore ti fa sentire bene, immagina farne migliaia”.

Questo il claim della nuova campagna di comunicazione 8xmille della Conferenza Episcopale Italiana, che mette in evidenza il significato profondo di un semplice gesto che permette ogni anno la realizzazione di migliaia di progetti in Italia e nei Paesi in via di sviluppo.

La campagna sottolinea la relazione tra la vita quotidiana degli italiani e le opere della Chiesa, attraverso la metafora dei “gesti d’amore”: piccoli o grandi gesti di altruismo che capita di fare nella vita e che non fanno sentire bene solo chi li riceve, ma anche chi li compie.

«L’obiettivo della campagna 2023», afferma il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni, «è far comprendere il valore di un gesto molto semplice come una firma, abbinandolo a momenti della vita di tutti i giorni. Gli spot ruotano intorno al concetto del ‘sentirsi bene’ prendendosi cura del prossimo grazie ad un’opzione, nella propria dichiarazione dei redditi, che si traduce in migliaia di progetti. Chi firma è protagonista di un cambiamento ed è autore di una scelta solidale, frutto di una decisione consapevole, da rinnovare ogni anno. In ogni iniziativa le risorse economiche sono messe a frutto da sacerdoti, suore, operatori e dai tantissimi volontari che, con le nostre firme, sono il vero motore dei progetti realizzati».

Ecco quindi che attraverso una semplice firma, quella per l’8xmille, è possibile moltiplicare ogni giorno la sensazione di benessere che si prova quando si fa un gesto d’amore. Come fa la Chiesa quotidianamente attraverso i suoi interventi arrivando capillarmente sul territorio a sostenere e aiutare chi ne ha più bisogno: poveri, senzatetto, immigrati, ma anche italiani che attraversano momenti di difficoltà.

Quest’anno la campagna fa tappa nel Salento, ad Alliste, dove la vocazione agricola e turistica del territorio, ricco di tipicità e di storia, fa da cornice al progetto “Opera Seme Farm”, voluto e promosso dalla Caritas diocesana di Nardò-Gallipoli, per la promozione e la valorizzazione del lavoro e della persona umana.

È una realtà che si innesta sulla già avviata e consolidata esperienza di Opera Seme, progetto volto alla produzione e distribuzione di prodotti alimentari partendo da ciò che il territorio offre per potenziarlo e rileggerlo. Quest’iniziativa ha avviato un vero e proprio processo di rinnovamento coinvolgendo le realtà cooperativistiche sociali e alcune imprese agricole.

“Opera Seme Farm è uno spin off di Opera Seme», spiega don Giuseppe Venneri, direttore della Caritas di Nardò-Gallipoli, «finalizzato alla promozione del lavoro, del rispetto dell’ambiente e del territorio, cercando di applicare una carità creativa che promuova integralmente la persona umana, creando opportunità per prevenire le povertà. Il nostro obiettivo consiste nel rivalutare l’agricoltura come strumento di sviluppo con un’attenzione ai valori anche per dimostrare che si può far economia senza caporalato nel rispetto di un lavoro etico. I beneficiari di Opera Seme Farm sono prevalentemente giovani o persone che sono rimaste tagliate fuori dal mercato del lavoro e che attraverso un’attività di qualità hanno trovato un’opportunità di crescita, di reinserimento oltre ad un’esperienza di comunione».

Nella prima fase attorno al marchio Opera Seme, si è costituita una filiera etica a sostegno di piccoli produttori del settore agro alimentare, già provati da diverse problematiche economiche e sociali (la piaga della Xylella fastidiosa, la crisi di mercato, il mancato sviluppo della cooperazione e il caporalato in agricoltura e turismo), che ha promosso la vendita dei prodotti, garantendo la tutela del lavoro, l’eticità della produzione, l’attuazione di meccanismi di economia circolare e di prossimità.

«L’Opera è nata nel 2019 a seguito dell’analisi dei dati che arrivavano alla Caritas diocesana dai centri di ascolto», spiega Roberto de Donatis, referente progetti 8xmille Caritas diocesana, «che segnalavano una situazione allarmante in relazione all’occupazione. Mai avremmo pensato, però, che nel giro di due anni avremmo dovuto potenziare il progetto e riconvertirlo in ambito aiuti alimentari per rispondere alla crescente domanda».

Sostenuto nel primo biennio, dal 2019 al 2020, dai fondi 8xmille alla Chiesa cattolica, Opera Seme Farm è stato arricchito ed ampliato grazie ad altri 130.000 euro per il 2022.

«L’8xmille ci ha consentito di intraprendere iniziative in grado di raccogliere», aggiunge il direttore, «l’interesse e il sostegno anche di altri soggetti, con cui abbiamo attivato esperienze formative, come scuole, parrocchie, università e istituzioni. Abbiamo avviato un processo che, coinvolgendo le realtà cooperativistiche sociali, enti pubblici e privati cittadini, ha raggiunto gli ambiti della produzione, della vendita e della formazione realizzando un vero e proprio cambiamento culturale, con un percorso nelle parrocchie della diocesi per promuovere la sana alimentazione, il consumo critico, arrivando ad eliminare lo scarto dalle cucine delle mense. Senza il contributo determinante dell’8xmille Opera Seme Farm sarebbe rimasta solo un’idea».

Vasta la produzione sviluppata grazie alla sinergia tra diversi produttori locali: Caritas diocesana di Nardò-Gallipoli e la Cooperativa Sociale Ipso F.A.C.T.O. Una rete solidale che accanto alla commercializzazione dei prodotti, con punti vendita diretti a Nardò, Galatone, Gallipoli e attraverso il portale operaseme.it, consente l’approvvigionamento delle tre mense della diocesi.

«Grazie ai prodotti della filiera il menù è molto vario», conclude don Venneri, «privilegiando la stagionalità dei prodotti. Di solito alle mense arrivano le eccedenze alimentari. Noi abbiamo voluto operare un cambio di rotta, per interrompere quella che riteniamo un’ingiustizia sociale e abbiamo chiesto alle aziende agricole della filiera di produrre il fabbisogno delle mense, che ogni anno erogano 50.000 pasti, e dei G.A.S (Gruppi di Acquisto Solidale). Allestiamo e confezioniamo i prodotti agricoli in un piccolo stabilimento da cui partono per le consegne alle varie sedi. È un circolo virtuoso di cui siamo molto orgogliosi, che crea sistema e promozione del territorio. Dopo la fase iniziale di avvio, le aziende adesso sono autonome e producono occupazione e reddito».

Un progetto articolato, dunque, reso possibile anche da un team di operatori che assicurano le competenze professionali necessarie. «Cerchiamo di diffondere», spiega Alessandra, operatrice, «un messaggio diverso di promozione della terra e di lotta agli sprechi. Opera Seme è stata una vera e propria rivoluzione per me.  Qui ho trovato un lavoro e, quest’anno, avrò la possibilità di aprire un Emporio nella nostra città, un sogno nel cassetto che si realizzerà e che sarà un riferimento per tante persone in stato di vulnerabilità».

Opera Seme Farm punta, inoltre, a promuovere la costituzione dei G.A.S. per sostenere i produttori agricoli che hanno aderito alla filiera etica per portare sulle tavole prodotti sani e genuini. È la prima esperienza in Puglia, tra le poche in Italia, di progettazione volta a sostenere il lavoro agricolo attraverso l’economia generata dalle opere segno Caritas.

Disponibile sia sul sito 8xmille.it che nel relativo canale YouTube il video relativo ad Opera Seme Farm racconta, attraverso la testimonianza del direttore, dei responsabili e degli operatori, le nuove opportunità create da un’iniziativa che coltiva speranza e inclusione sociale offrendo risposte concrete alla disoccupazione.

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