Attualità
Natale dietro le sbarre: intervista all’associazione Antigone
Intervista agli avvocati Maria Pia Scarciglia ed Alessandro Stomeo, dell’associazione che si occupa dei diritti e della tutela del sistema penale e penitenziario
A cura di Luigi Zito
Affrontare il tema del carcere, della pena, con crudo realismo è lo spirito di questa intervista: porci degli imperativi morali che non ci rendano ciechi di fronte agli abomini; cercare sempre la grazia che sprigiona dal perdono; tentare di costruire una società più giusta, più umana, capace di non biasimare chi ha già condannato la vita; indicare loro la strada della redenzione ed usare l’espiazione non come vendetta ma come medicinale curativo: credo sia questo l’impegno che muove la nostra coscienza.
L’Associazione Antigone agisce su tutto il territorio nazionale e si interessa dei diritti e della tutela del sistema penale e penitenziario. In Puglia, ed a Lecce, operano due avvocati, Maria Pia Scarciglia, e Alessandro Stomeo. Con loro abbiamo trascorso un po’ di tempo e posto alcuni interrogativi che vi proponiamo.
Cosa è l’associazione Antigone?
(Maria Pia Scarciglia) «Siamo un’associazione nazionale politico-culturale che nasce negli anni novanta. Fra i fondatori vi sono: Stefano Rodotà, Rossana Rossanda, Massimo Cacciari e molti altri».
Come nasce?
«Come critica ed emergenza e concerne il sistema penitenziario italiano. Sono tanti coloro che ne fanno parte a vario titolo: semplici cittadini, professionisti, pensatori, operatori del diritto, insegnanti, accademici. Comune intento quello di portare avanti una riflessione ed una critica sul sistema penitenziario italiano.
Siamo, sin dal 1997, l’unica associazione in Europa legittimata ad entrare nelle carceri, osservare, muovere critica e denunciare.
Negli anni ‘90 l’Europa si interrogava sulla questione criminale della penalità, mentre l’Italia viveva un periodo storico tragico in cui stragi mafiose, carcere duro e leggi dell’emergenza erano all’ordine del giorno».
Quindi, potete entrare nelle carceri.
«Si, possiamo entrare 2 o 3 persone alla volta, ed abbiamo accesso a tutti gli spazi del carcere, tutte le sezioni, anche l’alta sicurezza, le celle, i cortili, ecc.».
Potete parlare con i detenuti?
«Dipende dalla sensibilità della direzione. Devo dire che abbiamo sempre ricevuto accoglienza, rispetto e sensibilità da parte di tutti: parliamo con i detenuti, con le guardie, con gli operatori, i prelati, con i direttori. Questo ci permette di redigere dei rapporti informativi o di denuncia su particolari situazioni che si riscontrano.
A dispetto dei dati meramente numerici, che troverete sul sito del Ministero di Giustizia (numero dei detenuti, stranieri, donne, alta sicurezza), Antigone produce qualcosa di più completo: mostra una etnografia impareggiabile rispetto al lavoro istituzionale. Sono delle schede, ci tengo a sottolinearlo, di Mauro Palma garante nazionale dei diritti dei detenuti e parte del Consiglio d’Europa».
Poniamo il caso vi capiti fra le mani un caso scabroso, come agisce Antigone?
(Alessandro Stomeo) «Diciamo che siamo nella condizione di verificare e analizzare sul campo quello che accade».
E quindi? Vi contattano direttamente?
«No, c’è una mail che il familiare, il cappellano, il secondino, il sanitario può inviarci chiedendo aiuto o sottoponendoci il caso (puglia@associazioneantigone.it).
Comunque non ci occupiamo di casi specifici e concreti, il nostro compito è quello di supervisionare e denunciare alle istituzioni eventuali soprusi ».
In che modo?
«Informando la stampa, proponendo, attraverso parlamentari e giuristi vicini all’Associazione, delle leggi affinché vengano corrette particolari storture.
Se si verificano poi delle violazioni o dei reati nei confronti dei diritti dei detenuti (leggi Santa Maria Capua Vetere, le violenze dell’Aprile 2020), ci possiamo costituire anche parte civile».
Qui a Lecce ci sono stati casi di violenza?
«A Borgo San Nicola, per fortuna, nessuna violenza. A Bari, invece, è in corso un’indagine».
Fornite aiuti legali diretti come associazione?
«No, in alcune strutture, come quella di Bari, ci sono degli sportelli dei diritti, dove rivolgersi per avere informazioni sulla salute, legale o famigliare».
Ci sono già stati 59 suicidi nelle carceri italiane quest’anno.
«I suicidi all’interno delle carceri sono 18 volte superiori rispetto alla società libera: è inconfutabile come sia collegato lo stato di detenzione all’atto estremo».
Parliamo di Lecce e di San Nicola?
«Cominciamo col dire che la Puglia conta 11 istituti di pena. L’istituto più grande è quello di Lecce, non solo come popolazione ma anche come struttura.
È un carcere che risale al 1998 e, tutto sommato in confronto agli altri pugliesi, si presenta abbastanza bene.
La capienza è di 798 posti. Vi albergano, invece, 1.123 detenuti, 83 donne, 181 stranieri, di cui la maggior parte dell’est: albanesi, rumeni, ecc.».
Possiamo parlare di sovraffollamento?
«Sì, è del 140,7%! Lecce si contraddistingue, poi, perché accoglie detenuti sia di media che alta sicurezza (mafiosi, trafficanti di droga, eversivi, ecc.), ma non ci sono detenuti in 41 bis, né collaboratori di giustizia o transessuali».
E il reparto delle donne?
«Si sa sempre poco delle donne, come se non ce ne fossero in carcere, eppure parliamo di un 4% dell’attuale popolazione carceraria: ben 58mila presenze».
E da noi?
«83 donne, divise tra media ed alta sicurezza: sono per lo più del territorio ma ci sono anche molte napoletane e calabresi».
Denunce particolari?
(Maria Pia Scarciglia) «Ci stiamo prodigando affinché una bambina di due anni possa uscire dal carcere. La madre è del posto ed è in custodia da mesi e mesi. Avendo altri figli fuori affidati al padre ha deciso di portare con se la figlia più piccola (la legge lo permette). Quello che cerchiamo di fare, anche con l’aiuto dell’associazione Fermenti Lattici, è cercare di allontanare la bambina dal carcere almeno per il tempo dell’asilo. In casi come questo, parliamo di una madre che ha commesso reati lievi, crediamo sia indecente far crescere in cella una bambina innocente. Una società emancipata ha il dovere di trovare altre soluzioni meno aberranti».
Accennavate a delle criticità.
(Alessandro Stomeo) «Sono di sistema: quello di Lecce rappresenta, per assurdo, il carcere modello per come è concepito il nostro ordinamento come contenimento e espiazione della pena. Quello che manca è il lavoro ed il reinserimento del “peccatore” nella società civile. Le do un dato: il 70% dei reclusi che non accedono al lavoro sono recidivi; per contro solo meno del 2% di quanti riescono a lavorare incontra recidiva. In questo modo non può esserci il processo di rieducazione e risocializzazione del condannato. E badi bene, non intendo solo il lavoro all’interno della struttura, perché è provato che anche quello è dequalificante, ma quello della formazione professionale che insegni qualcosa e prospetti un futuro. Su 1.123 detenuti sa quanti sono quelli in semilibertà, quelli che escono la mattina e vanno fuori a lavorare? Tre!».
Cosa si può fare in questi casi?
«Informare i più che vi sono delle leggi con fortissimi incentivi a quanti offrono lavoro ai detenuti. Così come avviene nel comune di Padova, dove è stata stilata una convezione fra le parti per avvicinare al lavoro i condannati».
Che idea avete del carcere?
«Quella funzione propriamente giuridica della sanzione, che consiste nel reinserimento del reo nell’ordine sociale dopo la pena. Per quella che è la nostra idea di espiazione della pena e di sanzione, carceri come quello di Lecce, di Bari o di Taranto non dovrebbero esistere».
Cosa mi dite della carenza di organico?
(Maria Pia Scarciglia) «L’80% dei fondi vengono investiti nell’arruolamento della polizia penitenziaria. Questo significa che mancano i soldi per gli assistenti sociali, gli ambulatori, le figure di supporto ai detenuti, per non parlare del personale sanitario.
Gli psichiatri sono pochissimi, ed è chiaro che senza un incentivo molti scelgono di non lavorare in un ambiente così complicato.
Le faccio un esempio: su una pianta di 4 psichiatri ce n’è uno; 20 i posti regolamentari per pazienti con diagnosi psichiatrica, ridotti a 6 per carenza di personale; pochi infermieri e sempre in emergenza».
Cosa si potrebbe fare?
«È risaputo che chi entra in carcere alla prima esperienza lo fa con un bagaglio di disagio evidente e spesso questo si tramuta in malattia. Prima che si trasformi in malessere psichiatrico basterebbe accompagnare il detenuto da uno psicologo, un assistente sociale, figure deputate all’ascolto ed al conforto di queste persone. Inoltre, circa il 40% dei detenuti assume psicofarmaci, regolatori d’umore o anti depressivi, e non tutti figli di problemi psichiatrici».
Sono farmaci prescritti da medici o palliativi per affrontare l’emergenza e tenerli buoni?
(Alessandro Stomeo) «A mali estremi… C’è un grandissimo utilizzo dei farmaci: in condizioni di sofferenza. Se non vi è altro strumento per affrontarla, quello sembra essere la soluzione. C’è chi non dorme, ci sono i tossicodipendenti (che sono il 32%) e che non dovrebbero stare in carcere ma in comunità, e spesso sono lì solo per lungaggini burocratiche. Inoltre, un 30% dei detenuti è in attesa di giudizio».
Cosa ne deduciamo?
«Che se togliessimo dalle carceri i tossicodipendenti, gli stranieri (che per concetto sono delinquenti), i malati, chi delinque per pochi spiccioli e usassimo la funzione del carcere come contenimento della libertà per tutelare la sicurezza…».
Mi state dicendo che l’80% dei detenuti del carcere di Lecce dovrebbe essere fuori?
«Per noi si! Tolta l’alta sicurezza, gli altri dovrebbero avere pene rieducative diverse».
Avete mai ricevuto minacce?
«No, mai. Svolgiamo un ruolo di cerniera con le Istituzioni perché rappresentiamo l’associazione che per antonomasia si occupa di queste tematiche. Antigone Puglia è fra le associazioni più attive in Italia insieme a quella dell’Emilia Romagna».
Chiudiamo così, ripromettendoci di risentirci presto. Nel mentre un vortice di problematiche, che hanno carezzato la nostra chiacchiera, vengono a galla mentre ci salutiamo.
«Non scordiamoci», fa eco Maria Pia, «dei malati oncologici, dei sieropositivi, dei cardiopatici, dei diabetici che affollano le celle del nostro carcere e che spesso sono nel limbo per ritardi di cure e intralci burocratici. A loro dovrebbe essere rivolto il nostro primo pensiero, il nostro aiuto».
Una seconda possibilità va concessa a tutti. Riflettevo: “Chi è senza peccato…”.
Se è vero, come è vero, che la qualità di una società si misura da come guarda ai più deboli, una chance che certifichi la nostra maturità sociale, ratifichi l’incondizionato perdono cristiano e cancelli quel compatimento bigotto, di facciata che sovente ostentiamo, è l’unica via da seguire per cambiare passo e sbugiardare noi stessi e quanti ci accusano di riempirci la bocca di buonismo e falsa indulgenza. Soprattutto durante le feste comandate.
Attualità
Campionato Nazionale di Cucina, Gold Metal a Chef Ciardo
Il 58enne di Depressa di Tricase, tra i più apprezzati con il suo “Tria di mare”. Tutti i riconoscimenti riservati ai salentini
L’arte è emozione e la cucina, anche ogni singolo piatto che noi mangiamo, può essere emozione.
Soprattutto se preparato da uno chef ispirato come Tonino Ciardo di Depressa di Tricase.
Il cinquantottenne chef del Ristorante La Tora di Felloniche (Patù) ha messo tutti d’accordo durante la convention calabrese di Siderno.
Proprio in provincia di Reggio Calabria si è celebrato il prestigioso Campionato Nazionale di Cucina (Organizzato dall’A.I.C. (Associazione Italiana Cuochi) in collaborazione col Comune di Siderno e il Presidente nazionale Simone Falcini e la sua commissione), una sorta di chiamata a raccolta dei migliori artisti dei fornelli, più di un centinaio, provenienti da tutte le regioni dello Stivale.
Tonino, forte della sua ultratrentennale esperienza, ha presentato una delle sue tante specialità: la Tria di mare.
Lo chef di Depressa ha sollecitato la vista ed il palato dei presenti preparando ed impiattando una pasta alla curcuma coi i frutti di mare, meritando apprezzamenti e complimenti degli autorevoli assaggiatori.
I PREMIATI
Medaglia d’argento nella categoria “piatti caldi” allo chef Danilo Romano di Matino con il suo piatto contadino quando “E rrumasuijie te ieri su cchiù bbone allu crai”.
Altra medaglia d’argento a Salvatore Palma di Carpignano Salentino e la sua ricetta tradizionale “Fave e Foijie”.
Tra gli emergenti, primo posto assoluto nella categoria junior chef di Alessio Pio Nuzzo di Racale studente dell’IPSAR di Santa Cesarea Terme che ha presentato il piatto Corona del Mediterraneo.
La squadra pugliese è stata guidata dal presidente regionale A.I.C. Puglia, lo chef Mirco Antonio Vigna di Alessano.
Infine attestato di eccellenza per i vini dell’Azienda Cantina Monsellato di Presicce-Acquarica e per Offishina di Matino, certificata azienda ecosostenibile per la sua lavorazione di prodotti stagionati di pesce e condimenti pregiati di mare.
Alezio
La Giusta Direzione di Alezio
Un progetto per agevolare l’accessibilità ai servizi disponibili sul territorio per i cittadini stranieri che potrebbero avere difficoltà a comprendere la lingua italiana
La Giusta Direzione è un progetto di riqualificazione urbana per la realizzazione di cartellonistica inclusiva in lingua straniera.
Verrà presentato in conferenza stampa domani, giovedì 5 dicembre, alle ore 10, presso il palazzo comunale, di Alezio.
Destinatari principali dell’intervento, sono i migranti accolti all’interno del progetto di accoglienza DM/DS SAI Alezio di cui ente titolare ed ente attuatore sono rispettivamente il comune di Alezio e la Cooperativa Sociale Rinascita.
L’obiettivo principale è quello di agevolare l’accessibilità ai servizi disponibili sul territorio per i cittadini stranieri che potrebbero avere difficoltà a comprendere la lingua italiana, migliorando in questo modo la costruzione di un percorso di autonomia, attraverso la conoscenza e mappatura del territorio.
Il progetto valorizza la diversità linguistica e ne riconosce il patrimonio, rendendo visibile a tutte le culture di origine dei migranti una cartellonistica proposta in 6 lingue: italiano, inglese, francese, arabo, ucraino e urdu.
Saranno presenti: Andrea Barone, sindaco Comune di Alezio; Rocco De Santis, assessore alle politiche sociali Comune di Alezio; Valentina Romano, direttrice del dipartimento Welfare della Regione Puglia; Rosario Tornesello, direttore di Nuovo Quotidiano di Puglia; Ilaria Forte, coordinatrice progetto DM/DS SAI Alezio; Gianmarco Negri, responsabile area accoglienza cooperativa sociale Rinascita.
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Attualità
Angelica Pirtoli, nasce l’associazione dedicata alla più piccola vittima di mafia
Domani nel giorno del compleanno (5 dicembre) di Angelica, la presentazione ufficiale presso l’auditorium di Casarano, alla presenza di familiari e magistrati che hanno seguito il caso
«È servito del tempo per elaborare, ma ora sappiamo che Angelica Pirtoli vive nel nostro impegno. L’antimafia siamo tutti noi».
Recita così il video che accompagna la nascita dell’associazione dedicata alla più piccola vittima di mafia in Italia, Angelica Pirtoli.
La presentazione ufficiale dell’associazione “Angelica Pirtoli – Semi di Giustizia e Rinascita” si terrà domani, giovedì 5 dicembre, alle ore 18,30, presso l’Auditorium “prof. Gino Pisanò” a Casarano (comune di residenza della bambina), alla presenza dei familiari, dei volontari e di alcuni magistrati che hanno contribuito a consegnare alla giustizia gli autori del delitto di mafia più cruento della storia della Scu.
Non una data a caso: il 5 dicembre 1989 è il giorno in cui Angelica è nata.
Com’è noto, la bambina venne uccisa a Parabita il 20 marzo 1991, all’età di due anni, assieme alla mamma Paola Rizzello, ritenuta testimone scomoda del clan Giannelli.
I loro corpi vennero ritrovati solo molti anni dopo, grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia: quello di Paola nel 1997, quello della figlioletta nel 1999.
A volere fortemente la nascita dell’associazione di promozione sociale è stata Nadia Rizzello, sorella di Paola, assieme ad Alessandro Pirtoli, fratello di Angelica.
«Per molti anni ho vissuto il mio dolore in solitudine», dice Nadia Rizzello, «e quel dolore ha cambiato la mia esistenza e quella della mia famiglia. Ho sempre immaginato che un giorno avrei realizzato qualcosa in memoria della mia piccola nipotina. Sono stati proprio quei sogni l’ancora di salvezza per andare avanti. Angelica non dovrà essere dimenticata. Ci impegneremo con tutte le forze perché questo non avvenga, iniziando proprio dai bambini».
LA PRESENTAZIONE UFFICIALE
Ad aprire l’incontro saranno i saluti di Francesco Capezza, referente di Libera Casarano; di Ottavio De Nuzzo, sindaco di Casarano; di Stefano Prete, sindaco di Parabita.
A seguire, gli interventi di Nadia Rizzello, presidente dell’associazione; di Libera Micaela Francioso, vicepresidente; di Roberto Tanisi, già presidente del Tribunale di Lecce; di Maria Francesca Mariano, magistrato sotto scorta da tempo per le minacce di morte ricevute nell’ambito di processi di mafia.
Modererà Alberto Nutricati, giornalista.
Previsti ulteriori interventi dal pubblico e la presenza di rappresentanti delle istituzioni e forze dell’ordine.
Tanisi in qualità di presidente e Mariano in qualità di relatrice della Corte d’Assise d’Appello sono coloro che, nel 2017, hanno vergato la sentenza definitiva all’ergastolo di Biagio Toma, ritenuto, assieme a Luigi De Matteis, esecutore materiale del duplice omicidio, per il quale era già stato condannato al carcere a vita, come mandante, il boss di Parabita Luigi Giannelli, assieme alla moglie Anna De Matteis e al collaboratore Donato Mercuri.
Per il loro impegno, a Tanisi e Mariano sarà riconosciuta la tessera onoraria dell’associazione.
GLI ORGANI ASSOCIATIVI E I SOCI FONDATORI
L’organizzazione è presieduta da Nadia Rizzello ed ha un Consiglio direttivo composto da ulteriori sei membri: Libera Francioso (vicepresidente), Roberto Molentino (segretario e tesoriere), Francesco Capezza, Tiziana Colluto, Pamela De Luca, Gerardo Rizzello, quest’ultimo ulteriore zio materno di Angelica.
L’atto costitutivo è stato firmato da 25 soci fondatori: oltre ai componenti del direttivo, vi sono Angela Bruno, Agata Costantino, Adriana De Giorgi, Francesca De Nuccio, Marilena Giannuzzi, Emanuela Gatto, Danilo Lupo, Annatonia Margiotta, Marco Mastroleo, Alessandro Medello, Cosimo Monsellato, Antonio Nicoletti, Addolorata Panizza, Stefania Parrotta, Antonio Pezzuto, Gianpiero Pisanello, Anna Toma, Mirko Vitali.
Durante l’appuntamento di domani, si potrà sottoscrivere l’adesione per divenire soci dell’associazione e partecipare alle attività sociali.
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