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Cronaca

Antonio e quello sfratto… kafkiano

Lo Spertello dei Diritti: «Antonio, per le sue condizioni economiche e di salute, dovrebbe essere oggetto, da parte del Comune di Lecce, di assistenza e cura, ed invece viene trattato come un comune delinquente»

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Nel marzo del 2014 viene colpito da un ictus devastante, che gli provoca una grave condizione di disabilità, e lo rende incapace di deambulare autonomamente, potendo egli compiere solo pochi passi, con l’ausilio di una stampella e di un accompagnatore, con un braccio rattrappito, con perdita pressocchè totale della funzionalità della mano; si rende necessario il panno igienico. Questa situazione grave di handicap si innesta in una condizione sanitaria già precaria per obesità, ipertensione e diabete.


Le sue condizioni fisiche sono tali che gli viene riconosciuta invalidità totale e permanente e con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti della vita quotidiana. A lui si dedica quotidianamente la moglie, che lo accompagna alle visite mediche, provvedendo alla sua cura e igiene personale, nonché a tutte le incombenze quotidiane. Le condizioni economiche del piccolo nucleo familiare sono precarie, in quanto gli unici redditi sono la pensione di invalidità civile e l’assegno di accompagnamento, non potendo lavorare neanche la moglie, per poter assistere costantemente il marito.


Nel 2014, prima dell’ictus, la coppia viveva in una casa in affitto, dalla quale viene sfrattata durante il periodo di malattia del nostro protagonista, protrattosi, tra degenza presso l’Ospedale e riabilitazione, per circa tre mesi.


Dopo la dimissione Antonio, non sapendo dove andare, viene ospitato, insieme alla moglie, dalla sorella, nell’alloggio popolare sito in Lecce del quale era originario assegnatario il padre, deceduto pochi giorni prima della dimissione. La sorella di Antonio aveva sempre convissuto con il padre, ed avrebbe avuto diritto a subentrare nell’assegnazione della casa popolare, chiedendo di estendere il nucleo familiare al fratello ed alla cognata.


Abbiamo usato il condizionale, perché purtroppo accade che anche la sorella muore, prima di formalizzare le pratiche per il suo subentro nell’assegnazione dell’alloggio e l’estensione del nucleo familiare.


Antonio, non avendo alternative, rimane nella casa assegnata al padre, ma, rendendosi conto che non si tratta di una situazione regolare, si adopera per sistemare al più presto la situazione. Presenta pertanto domanda di assegnazione di alloggio popolare, partecipando al bando indetto dal Comune di Lecce, e viene inserito nella graduatoria provvisoria in posizione utile, stanti le precarie condizioni economiche e la disabilità.

Ma la vicenda prende una piega assolutamente imprevedibile.


Il Comune di Lecce invia ad Antonio una comunicazione di avvio del procedimento con il quale intende escluderlo dalla graduatoria per l’assegnazione di alloggi popolari, sul presupposto che egli è occupante abusivo della casa già assegnata al padre.


Antonio presenta le sue controdeduzioni, facendo presente di esser stato portato nella casa in questione, ospite della sorella, di non aver compiuto alcun atto di occupazione e che, pur volendo liberare la casa, non sarebbe in grado di farlo. Nulla da fare; il Comune di Lecce procede all’esclusione e lo diffida a rilasciare l’immobile, diffida che in questi giorni è stata reiterata.


«Una vicenda kafkiana», commenta Giovanni D’Agata presidente dello Sportello dei Diritti, «Antonio, per le sue condizioni economiche e di salute, dovrebbe essere oggetto, da parte del Comune di Lecce, di assistenza e cura, ed invece viene trattato come un comune delinquente. Non è giusto marchiarlo come occupante abusivo, essendo egli nelle condizioni di non poter decidere della propria vita, dovendo necessariamente dipendere dagli altri. Non è un occupante abusivo, come non lo sono i figli minorenni che vengano portati in un alloggio occupato. Il Comune di Lecce finora è stato sordo a tutte le richieste di aiuto, ma ha invece l’obbligo di provvedere alle esigenze primarie di questo cittadino, che per le sue condizioni economiche non riesce ad avere una casa in affitto e per le sue condizioni di salute non può certo vivere in strada. La sua partecipazione al bando per l’assegnazione di alloggi popolari avrebbe regolarizzato la situazione, ed invece il Comune ha pensato bene di usare il pugno di ferro, escludendolo dalla graduatoria e privandolo della possibilità di trovare una sistemazione regolare e definitiva».


Lo Sportello dei Diritti chiede «che le istituzioni intervengano in aiuto di questa persona, fornendogli la necessaria assistenza», e compirà «tutte le iniziative che si renderanno utili a conseguire questo obiettivo».


Cronaca

Fornello resta acceso in cucina: incendio in abitazione a Miggiano

Illesa la proprietaria di casa che non si era accorta del fumo: ad allertarla, il parroco di passaggio

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Incendio in una privata abitazione a Miggiano nella serata di ieri.

Spavento per un’anziana del posto che, inizialmente, non si era accorta dell’accaduto. E’ stato il parroco, di passaggio davanti alla sua casa, a notare la fuoriuscita di fumo nero e ad allertarla. Poi, la chiamata al 115 che ha fatto accorrere sul posto i vigili del fuoco del Distaccamento di Tricase.

Le fiamme, divampate in cucina, sarebbero state causate da un fornello del piano cottura rimasto accesso. Nessuna conseguenza per la donna.

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Attualità

Racale, autovelox mobili sulle vie per il mare: da ottobre i test

Il sindaco Antonio Salsetti: «Troppi incidenti. Non è un escamotage per fare cassa. Ci auguriamo solo che la presenza dei dispositivi mobili porti consiglio in modo che quelle strade risultino più sicure per tutti»

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Troppa imprudenza sulle strade così Racale corre ai ripari e, a partire dal prossimo mese, si effettueranno i test per gli autovelox mobili da utilizzare sulla via di Torre suda, in direzione Ugento e verso Melissano.

I controlli secondo quando stabilito dalla giunta saranno affidati alla polizia locale che verificherà il rispetto dei limiti di velocità lungo diverse strade del territorio comunale.

Non è ancora stato stabilito un controllo ma, assicurano, dalal giunta comunale, le postazioni mobili di controllo saranno pubblicizzate attraverso il sito internet dell’Ente.

Per il sindaco Antonio Salsetti la decisione non era più differibile: «Troppi incidenti anche dagli esiti funesti. Come accaduto per Alessandro Verardi, il giovane farmacista che ha perso la vita il 18 dicembre 2022 lungo la provinciale 202. Famiglie e cittadini ci hanno sollecitato chiedendoci di intervenire. Prima dell’estate abbiamo effettuato i primi test sulla via per Torre Suda e su quella per Ugento e già in quell’occasione sono emerse criticità riguardo possibili sanzioni da elevare. Quella dellautovelox mobile diventa una decisione inevitabile per ridurre la velocità degli automobilisti su quelle strade». Il sindaco Salsetti ci tiene a chiarire che «non è un escamotage per fare cassa. Ci auguriamo solo che la presenza dei dispositivi mobili porti consiglio in modo che quelle strade risultino più sicure per tutti».

L’idea alla fine dei test è quella di chiedere all’Osservatorio per la sicurezza stradale della Prefettura di poter installare un autovelox fisso su quelle vie.

*foto in alto di repertorio
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Cronaca

Abusò della fidanzata che rimase incinta: condannato 26enne

La sentenza ha inflitto 4 anni e 6 mesi per violenza sessuale aggravata e continuata

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Rimase incinta dopo esser stata costretta a rapporti sessuali dal suo fidanzato: arriva la condanna del ragazzo, di Gagliano del Capo, a 4 anni e 6 mesi di reclusione.

E’ quanto deciso dal collegio della prima sezione nella giornata di ieri a margine di un iter giudiziario che ha mosso i primi passi dopo la denuncia della vittima ai carabinieri.

I fatti risalgono al periodo tra l’agosto ed il dicembre 2019. La ragazza fu costretta ad un rapporto sessuale in prossimità di un casolare abbandonato quando era ancora minorenne. Poi ancora, alcune settimane dopo, all’interno di casa sua. Per scoprire, in seguito, di essere incinta proprio del 26enne che aveva abusato di lei.

Le indagini scattate dopo la querela per il reato di violenza sessuale aggravata e continuata hanno portato il pubblico ministero a chiedere 7 anni e 6 mesi di reclusione. La prima sentenza ne ha inflitti 4 e mezzo: si attenderà ora di capire se, dopo che verranno depositate le motivazioni (entro 60 giorni), l’imputato presenterà o meno ricorso.

Disposto anche il risarcimento del danno in separata sede e una provvisionale di 30mila euro in favore della vittima che si era costituita parte civile.

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