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Cronaca

Mancato rispetto norme anticovid: due locali nei guai

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Ancora due locali chiusi in Salento dalla polizia per mandato rispetto delle norme anticovid. Lo rende noto la polizia con un comunicato:





Nell’ambito dei controlli sul corretto adempimento delle misure previste dal D.L. n.19/2020 e D.L. n.33 del 16 maggio 2020, voluti dal Questore di Lecce per verificare il rispetto delle norme finalizzate a ostacolare la diffusione del virus Covid-19, gli agenti in servizio presso il Commissariato di P.S. di Nardò, hanno sanzionato due locali che insistono sulla costa di rispettiva competenza.

Il “MALEGRIA” ed “Mayapan”, sito in Santa Caterina poiché nel corso del controllo si constatava la presenza, nell’area esterna, di circa 150 avventori e, senza soluzione di continuità, nei pressi dell’ingresso in detta area, vi erano altre persone in attesa di fare ingresso all’interno del locale e i tavolini, posti nell’area delimitata, non erano alla distanza prevista anti-Covid.

Ed il “FICODINDIA” sito in Nardò – località Torre Uluzzo, poichè si constatavano violazioni sia per inosservanza delle misure anti-covid che sulle licenze e autorizzazioni amministrative.
In particolare: la banchina stradale e parte della carreggiata nei pressi del locale, era occupata dalla presenza di numerose persone che vi stazionavano – sul muretto in pietra di recinzione del locale, dell’altezza di circa 80 cm. dal suolo, sostavano persone di cui alcune in piedi intente a ballare ed alcune sedute.
L’interno del locale si presentava completamente pieno di persone – tra l’area esterna e l’area interna al locale si potevano contare circa 1000 (mille) persone e l’accesso al locale si presentava libero, senza l’indicazione di entrata e uscita e privo di servizio adibito al contingentamento degli avventori.

Per quanto riguarda la musica il volume percepito durante il sopralluogo era talmente alto e rimbombante che rendeva difficoltosa la comunicazione tra gli operatori.
La licenza invece prevede piccoli trattenimenti o spettacoli senza ballo, complementari all’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e con un numero di partecipanti non superiori a 100.

Si constatava inoltre che dietro al bancone adibito alla somministrazione di bevande, vi erano tre uomini, tutti privi di protezione individuale (mascherina) contro il Covid-19.
Tutte le persone presenti (avventori) all’interno del locale, intente a ballare, erano prive di dispositivo di protezione individuale (mascherina).
Il personale eseguiva dei rilievi fotografici su tutta l’area interessata all’assembramento sopra descritto e contestava la violazione delle norme relative alle misure per contrastare e contenere il diffondersi del “virus COVID-19”, in quanto non osservava la misura di cui all’art.1, lett. m del D.P.C.M. 11.06.2020, prorogato dal D.P.C.M. 17.07.2020, permettendo l’assembramento di massa di tutti gli avventori intervenuti presso il predetto locale.

Contestualmente, in considerazione della portata della violazione commessa e della gravità evidente, nonché, valutato l’alto rischio di reiterazione della condotta antigiuridica nella gestione dell’esercizio pubblico esaminato, si dispova la Chiusura provvisoria dell’attività per la durata di 5 (cinque) giorni a decorrere dalla data di notifica della contestazione (06.08.2020) ex art.4, comma 4, d.l. n.19/2020.
Giova precisare che il FICODINDIA, negli anni è stato teatro di numerosi eventi delittuosi (risse – spaccio di sostanze stupefacenti – frequentazione abituale di soggetti con precedenti penali). Nell’agosto 2019, in seguito ad un’operazione di Polizia sono stati tratti in arresto cinque soggetti tutti di Nardò perché resisi responsabili tra loro del reato di spaccio di sostanze stupefacenti, attività illecita che avveniva sia all’interno che all’esterno del predetto locale; e nel settembre 2019, gli veniva applicata la sospensione ex art. 100 TULPS per giorni 25 con provvedimento del Questore di Lecce.





Cronaca

Le raccomandate a Ruffano… vanno di fretta

Disagio comune. «Lasciano avvisi di giacenza senza citofonare. Ritirare la busta verde diventa un’impresa ed una corsa contro la decorrenza dei termini»

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Cinema e letteratura del secolo scorso ci hanno insegnato che “il postino suona sempre due volte”. Non a Ruffano.

Oggi riavvolgiamo il nastro delle diverse segnalazioni assonanti, arrivateci in merito ad un disagio non da poco che riguarda la (mancata) consegna di lettere raccomandate.

La storia, nei racconti dei cittadini, è quasi sempre la stessa.

Quello che quindi inizialmente appariva un episodio (singolo o fortuito) diventa, alla quinta testimonianza raccolta, prassi. Fa notizia.

Torniamo sui nostri passi. Ricontattiamo quanti ci avevano nel tempo lanciato le singole segnalazioni.

Chiediamo in giro. Rimettiamo assieme. Ed ecco il puzzle che si compone.

«Mi è capitato più volte, recentemente, di ritrovarmi con degli avvisi di giacenza di raccomandate di varia natura. Ma dato che di rado in casa nostra non c’è nessuno», racconta una nostra lettrice che abita in zona Grotta, «ho iniziato a fare attenzione a questa cosa, per poi scoprire che l’addetto alla consegna va via senza nemmeno citofonare».

«Ogni volta la stessa storia», spiega un altro cittadino, «non provano nemmeno a suonare al campanello, ho imparato a riconoscere il suono del motore, per correre alla porta prima che vadano via».

Il disagio non è da poco. Lo si evince chiaramente dalla testimonianza di un’altra nostra lettrice, che ha difficoltà nel recuperare le buste verdi che non le vengono consegnate brevi manu: «È una costante. Lasciano ogni volta una ricevuta di mancata consegna nella buca delle lettere. A quel punto si è costretti ad andare in ufficio postale a ritirare la comunicazione. Ma diventa un’impresa: qui a Ruffano le Poste sono chiuse nel pomeriggio e la mattina ci sono dozzine di persone in fila. Da quando l’ufficio postale è stato trasferito nella sede provvisoria (NdR, a seguito della dichiarata inagibilità del vecchio ufficio di piazza IV Novembre) le code sono all’ordine del giorno. In pratica, per ritirare una raccomandata si perde una mattinata intera».

Stessa situazione per una vicina di casa della signora di prima: «Io ho beccato la responsabile mentre stampava la ricevuta di mancata consegna senza nemmeno avvicinarsi a casa. Non era la prima volta e gliene ho cantate quattro», ammette, «ma ha mentito spudoratamente, negando quanto stava facendo».

Un altro testimone, un pensionato che abita in centro, spiega che «è una storia vecchia. Con più persone parlerete, più gente troverete a raccontarvi la stessa cosa».

Le ragioni per cui tutto questo accade non sono note, ma forse non sono difficili da ipotizzare. Più d’uno dei nostri intervistati concorda nel dire che «è un modo per guadagnare tempo: stampare una ricevuta di mancata consegna è molto più rapido che suonare un campanello ed attendere che il destinatario si palesi ed apponga una firma».

Le conseguenze sono invece ben chiare: ritrovarsi un avviso di giacenza fa decorrere una serie di termini. La famosa busta verde, che può contenere importanti comunicazioni così come atti giudiziari o amministrativi, se non ritirata entro i giorni stabiliti dalla legge torna al mittente, ma gli effetti del suo contenuto non decadono.

Al contrario, vi possono essere ricadute legali che il destinatario ignorerà.

La fotografia di questa situazione è tutta nella narrazione di uno dei testimoni precedentemente intervenuti: «È una situazione inverosimile. Una beffa. All’orario in cui passano per le consegne nella mia zona, nel primo pomeriggio, io sono in casa, ormai rientrato dal lavoro. Invece negli orari di apertura dell’ufficio postale non sono quasi mai a Ruffano, ed ho sempre difficoltà a ritirare le raccomandate».

Lorenzo Zito

 

 

 

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Casarano

Con un drone tentano di calare droga e telefoni in carcere. Intercettati

Il drone, ancora acceso e munito di videocamera frontale, era collegato mediante fili di nylon a involucri contenenti sostanza verosimilmente stupefacente e numerosi dispositivi elettronici….

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Prosegue l’azione di contrasto dei Carabinieri al fenomeno dell’introduzione illecita di sostanze stupefacenti e oggetti proibiti all’interno degli istituti penitenziari, fenomeno che si avvale sempre più spesso dell’utilizzo di droni tecnologicamente sofisticati.

Nella serata di ieri, è stato intercettato un drone in volo nelle immediate vicinanze di un noto esercizio commerciale, in un’area compatibile con una possibile rotta diretta verso il carcere di Borgo San Nicola.

L’intervento dei militari del NORM di Lecce ha consentito di bloccare il velivolo e recuperare il carico trasportato, evitando che il materiale illecito potesse raggiungere il carcere.

Il drone, ancora acceso e munito di videocamera frontale, era collegato mediante fili di nylon a involucri contenenti sostanza verosimilmente stupefacente e numerosi dispositivi elettronici.

I Carabinieri hanno proceduto al sequestro di un ingente quantitativo di sostanze verosimilmente stupefacenti, tra cui cocaina e hashish, per un peso complessivo di circa 150 grammi, abilmente occultate anche all’interno di confezioni di chewing gum, bilancini di precisione, telefoni cellulari di varie tipologie (compresi mini-telefoni), cavi, auricolari e caricabatteria, materiale destinato a supportare attività illecite all’interno del carcere.

Il sequestro è stato effettuato in via d’urgenza, considerata l’assenza, in quel momento, della direzione delle indagini da parte dell’AG e il concreto pericolo di dispersione o alterazione delle prove.

Il materiale sequestrato è stato posto a disposizione della Procura di Lecce mentre sono in corso indagini dei Carabinieri volte a individuare i responsabili e a ricostruire l’intera filiera organizzativa.

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Casarano

Che fine ha fatto il gatto Cesare?

A Casarano scompare gatto di quartiere, la comunità sgomenta chiede chiarezza e tutele

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Sta suscitando profonda emozione e sgomento, a Casarano, la scomparsa di Cesare, un gatto di quartiere molto conosciuto e amato dai residenti di via Montesanto, nel centro cittadino.

Del gatto non si hanno più notizie dal pomeriggio di martedì 9 dicembre, intorno alle 16,20.

Cesare viveva da anni nella zona ed era diventato una presenza familiare per molti abitanti del quartiere, che nel tempo si erano presi cura di lui garantendogli cibo, attenzioni e assistenza.

Negli ultimi giorni il gatto non stava bene ed era seguito da un veterinario, con un controllo programmato il giorno successivo.

Proprio per proteggerlo dal freddo e offrirgli un luogo riparato e caldo in attesa della visita veterinaria, nei giorni precedenti alcuni volontari avevano realizzato e posizionato una cuccia impermeabile, collocata sotto il porticato della via.

Secondo le testimonianze raccolte, Cesare si trovava all’interno di questa sistemazione poco prima dell’orario indicato.

In una finestra temporale di circa dieci minuti, il gatto e la cuccia sono scomparsi, senza che vi siano stati avvistamenti successivi o segnalazioni utili a chiarirne la sorte.

«Cesare non era un randagio nel senso comune del termine», spiega un volontario che da tempo si occupava di lui, «ma un gatto seguito, curato e amato da tante persone. Negli ultimi giorni stavamo facendo il possibile per proteggerlo dal freddo, trovargli una sistemazione più sicura e accompagnarlo alle cure veterinarie. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto enorme e ci ricorda quanto sia importante riconoscere e tutelare ufficialmente i gatti liberi, per evitare che situazioni simili possano ripetersi».

La notizia si è rapidamente diffusa in città e sui social network, dove in molti hanno condiviso appelli e messaggi di solidarietà. Cesare non era soltanto un gatto di quartiere: nel tempo era diventato amico di passanti, bambini e negozianti, che gli riservavano quotidianamente carezze, giochi e cibo, rendendolo una presenza rassicurante e familiare nella vita di via Montesanto.

La vicenda ha riacceso il dibattito sul tema della tutela dei gatti liberi e sulla necessità di strumenti chiari e condivisi per la loro protezione.

In diverse città italiane, infatti, le colonie feline sono riconosciute ufficialmente e gestite in collaborazione tra cittadini, Comuni e servizi veterinari, al fine di garantire benessere animale e convivenza civile.

L’episodio richiama inoltre l’attenzione sul quadro normativo italiano, che riconosce e tutela gli animali in quanto esseri senzienti e prevede specifiche responsabilità per chiunque compia atti di maltrattamento o violenza nei loro confronti.

Un impianto giuridico che affida anche alle istituzioni locali un ruolo centrale nella prevenzione, nella tutela e nella promozione di una convivenza rispettosa tra cittadini e animali.

Al momento non sono emersi elementi certi sulla sorte di Cesare.

Le autorità competenti sono state informate dei fatti e stanno svolgendo gli accertamenti necessari per ricostruire quanto accaduto.

Nel frattempo, i residenti chiedono soprattutto chiarezza e auspicano che episodi come questo possano diventare occasione per una maggiore sensibilizzazione e per politiche di tutela più strutturate sul territorio.

La storia di Cesare resta oggi il simbolo di un legame profondo tra una comunità e un animale che, pur senza padrone, era diventato parte integrante della vita quotidiana di tutti.

Salvatore Primiceri

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