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Usura: «Nel Salento situazione drammatica»

La Fondazione San Giuseppe Lavoratore opera in tutto il Salento, da Brindisi a Santa Maria di Leuca  per la Consulta nazionale delle fondazioni e associazioni antiusura italiane “Giovanni Paolo II”. Elio Romano: «Attenti al vicino di casa che diventa affettuoso e generoso, con apparente interesse e poi, attraverso condizioni capestro, diventa l’usuraio della porta accanto»

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Cresce l’esposizione delle piccole e medie imprese salentine con l’eccessivo ricorso ai prestiti bancari (clicca qui per l’analisi in esclusiva di Davide Stasi dell’Osservatorio economico Aforisma). La crisi prima e la pandemia poi hanno bloccato la circolazione di denaro mettendo in ginocchio tante famiglie: l’humus ideale per l’espansione di  un fenomeno pericolosissimo come quello dell’usura.


Un rischio personale e sociale contro il quale combatte la Consulta nazionale delle fondazioni e associazioni antiusura italiane “Giovanni Paolo II”.


La Consulta, da Statuto «è una associazione volontaria di Fondazioni e Associazioni antiusura (regionali, provinciali o comunali) che si costituisce secondo esplicita motivazione cristiana nell’ambito di una azione di promozione umana della Chiesa Cattolica Italiana e delle direttive della C.E.I.».


Si ispira statutariamente al principio della solidarietà cristiana e si propone di animare in forma organica, nell’ambito delle diocesi italiane, un’attività sociale e pastorale legata alla problematica dell’usura e dell’indebitamento delle famiglie, di suscitare il volontariato e l’associazionismo indirizzandolo alla costituzione di associazioni e/o fondazioni antiusura, laddove mancano, e di costituire una rete operativa che sia capace di rilevare e comprendere il problema e contrastarlo. Per raggiungere tale scopo, promuove presso tutte le Fondazioni che si riconoscono in essa un orientamento comune per un lavoro coerente e una rappresentatività nei confronti delle Istituzioni Civili ed Ecclesiali, dei mass-media e delle diverse realtà, emanazioni o non delle istituzioni centrali e locali, che si occupano di questa diffusa piaga sociale.


LA FONDAZIONE DIOCESANA SAN GIUSEPPE LAVORATORE


Della rete fa parte, per tutto il Salento, la Fondazione diocesana anti usura “San Giuseppe Lavoratore”.


Elio Romano


Ad illustrarci il lavoro della fondazione il presidente Elio Giuseppe Romano, magistrato in pensione che ha ricoperto, tra gli altri incarichi, quello di presidente della Corte d’Assise e presidente del Tribunale di Sorveglianza: «La Fondazione è stata costituita nel febbraio del 2007 su iniziativa di Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, Arcivescovo Metropolita del tempo. È riconosciuta a carattere nazionale perché rientrante per scopi, costituzione, ecc., nelle Fondazioni antiusura contemplate dalla legge numero 108/1996. Grazie all’impegno di persone con particolari competenze (volontari o soci), svolge attività di consulenza, rispondendo ad esigenze di solidarietà umana o bisogni sociali. Dispone di un fondo garanzia e di un  fondo di solidarietà, quest’ultimo accantonato presso il Ministero degli Interni ed è destinato a titolo di risarcimento a chi ha subito danni, alla persona o alla propria impresa, a causa del racket o dell’usura. Non è destinato a società di capitali né a società commerciali ma a persone, famiglie o società familiari, i cosiddetti “piccoli imprenditori” contemplati nell’Art. 1 della legge fallimentare. Se questi versano in condizioni di attuale soggezione all’usura o corrono il rischio di incorrerci, possono beneficiare del contributo dal Fondo di solidarietà oltre che dell’assistenza che la nostra fondazione contempla, attraverso il sottoscritto (ex magistrato), alcuni avvocati, un commercialista ed altre persone con competenze specifiche. In tutto siamo una ventina di volontari. La fondazione può inoltre costituirsi parte civile nei processi che coinvolgono persone usurate che abbiano subito violenze o minacce per non essere riuscite a ripianare il debito contratto».


L’USURA NEL SALENTO


Quello dell’usura è un fenomeno che riguarda tristemente anche la nostra provincia.  Romano delinea i confini del fenomeno: «La realtà del territorio salentino è drammatica. Come è stato detto e scrittola redazione della Guardia di Finanza e dell’Anticrimine a cui ha fatto riferimento il presidente della Corte d’Appello nell’inaugurazione dell’anno giudiziario») l’usura si è estesa non solo come tipologia ma anche come qualifica soggettiva. Innanzitutto bisogna star attenti al vicino di casa che diventa affettuoso e generoso, con apparente interesse ma poi, attraverso condizioni capestro, diventa l’usuraio della porta accanto. L’attività criminosa, però, non riguarda più solo l’usuraio come inteso nella tradizione “classica” alle nostre latitudini il “capoccione” del paese per intenderci»), oggi coinvolge e arricchisce le organizzazioni criminali».


Il rapporto tra criminalità organizzata e usura pare consolidato…


«L’emergenza era prevedibile perché tutti coloro che hanno investito lavoro e denaro in imprese artigianali, commerciali e turistiche si sono trovate nei guai per mancanza di liquidità. Il problema è serio perché spesso è volentieri si tratta anche della possibilità di acquistare il pane quotidiano,  come testimoniato dall’affollamento delle mense diocesane».


Quanto pandemia, lockdown e “stallo” economico hanno aggravato la situazione?


«Non abbiamo dati sufficienti per una stima precisa. La sensazione, però, è che la situazione si sia ulteriormente aggravata, diventando ancor più delicata. Non dimentichiamo che il Salento patisce anche il fenomeno dello spopolamento con i tanti giovani costretti a rifarsi una vita altrove per mancanza di opportunità nella loro terra».


Potrebbe raccontarci qualche aneddoto che ha riguardato la nostra provincia?


«Quello dell’usura è un fenomeno sommerso e i criminali, ovviamente, si guardano bene dal farsi firmare delle cambiali o degli assegni postdatati. Semplicemente usano la forza e la violenza per costringere a pagare. In uno dei casi alla nostra attenzione, la vittima ha subito percosse e violenze dopo che gli “amici” che gli si erano avvicinati per offrire il loro sostegno interessato si sono defilati, per fare spazio a chi usa maniere assai più spicce per riscuotere il credito. In un altro caso vi è l’aspetto paradossale di quella forma di riconoscenza nei confronti dell’usuraio che ha fornito la liquidità nel momento del bisogno. Così una persona ogni volta che esce dall’ufficio postale dove ha percepito la pensione, la consegna in pratica al suo aguzzino. Non certo con il sorriso ma quasi con una forma di devoto riconoscimento…».


Altro particolare importante che riguarda le vicende di cronaca legate all’usura: «Spesso hanno come scenario naturale quei centri dove storicamente è maggiormente radicata la criminalità organizzata, quindi il Nord Salento come la fascia centrale o il sud ovest della provincia. Spesso, infatti, l’usura arriva a corollario delle attività criminali mirate alle estorsioni, al controllo del mercato della droga. Ma nessuno si senta al sicuro perché l’allarme è generalizzato su tutto il territorio».

WELFARE MAFIOSO DI PROSSIMITÀ E L’USURAIO DELLA PORTA ACCANTO


Roberto Saviano ha parlato di “welfare mafioso di prossimità”, ovvero quel sostegno attivo alle famiglie degli esercenti attività commerciali e imprenditoriali in difficoltà o in crisi di liquidità in cambio di “future connivenze”, con la non remota possibilità di infiltrarsi ulteriormente nel tessuto economico. Da noi avviene lo stesso o trattasi di una sorta di “usura di vicinato”?


«Laddove ci sono grosse aziende, il gruppo criminale organizzato mira a dare tutto l’aiuto possibile a chi è in difficoltà nell’affrontare le commesse, le consegne e le altre spese  quotidiane fino a risucchiare per intero l’attività ed impadronirsene. Da noi l’economia è soprattutto alimentata da piccole o piccolissime imprese, per cui la forma di estorsione ha più una caratteristica individualizzata, legata al gruppo o alla persona, a chi gestisce la piccola bottega, il piccolo esercizio commerciale e non ce la fa più ad andare avanti».


Cosa dovrebbe fare lo Stato per rendere più agevole ed immediato l’aiuto agli usurati?


«Snellire la burocrazia anche per l’accesso al sostegno bancario utilizzando proprio la mediazione delle fondazioni, ovviamente con i dovuti controlli. I tempi di intervento sono elefantiaci ma chi è in difficoltà ha bisogno di un intervento immediato. Bisogna creare un sistema più agile, diretto e pronto che potrebbe essere assimilabile, ad esempio, al microcredito. Indispensabile attivare nuove forme di sostegno, sulla falsa riga dei ristori che lo Stato sta sperimentando».


«RIVOLGETEVI AL CENTRO ASCOLTO E CHIEDETE AIUTO»


Il centro ascolto della Fondazione è ospitato dalla Parrocchia San Giovanni Battista nel Quartiere Stadio (Zona 167), in via Novara a Lecce


Come deve fare una vittima di usura per richiedere  aiuto?


«Basta rivolgersi al centro ascolto ospitato dalla Parrocchia San Giovanni Battista nel Quartiere Stadio (Zona 167), in via Novara a Lecce, per attivare tutto il percorso che porta al coinvolgimento della Fondazione e quindi della Consulta Nazionale anti usura.


Questo vale per la piaga dell’usura così come per quella del gioco d’azzardo anch’essa molto diffusa e per certi versi strettamente connessa allo strozzinaggio.


Quello a cui puntiamo è formare una rete diffusa su tutto il territorio che coinvolga anche i parroci, i sindaci, le associazioni di volontariato ed ovviamente i centri di ascolto disseminati in tutto il Salento.


Nei prossimi gironi metteremo a disposizione anche un sito internet ed un numero di telefono a cui rivolgersi».


Che consiglio darebbe a chi rischia di cadere nella trappola dell’usura?


«Di esternare e manifestare lo stato di disagio morale, economico, finanziario e familiare, presentandosi alla fondazione ed affidandosi ai centri di ascolto per avviare tutto l’iter per poter ricevere sostegno»


Giuseppe Cerfeda


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Certezze ed incertezze del presente

Lo spettro della guerra, malavita, femminicidi, violenza dilagante nel mondo adolescenziale e giovanile. E il Salento? Terra di anziani residenti o fugaci vacanzieri…

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di Hervé Cavallera

di Hervé Cavallera

La Pasqua da poco trascorsa dovrebbe aver ricordato ai Cristiani che essa, per il tramite della passione, morte e resurrezione di Gesù, è l’invito al passaggio ad una vita migliore.

Le feste del Cristianesimo, infatti, possono essere considerate come una sollecitazione per un futuro che sia, per i singoli e per la collettività, più buono e sereno rispetto al passato.

Ma l’immagine del presente non è così.

In campo internazionale permangono almeno due conflitti e i rischi che i campi di battaglia si allarghino non sono da sottovalutare.

E non è un problema dappoco.

Poi, per quanto riguarda l’Italia (ma il fenomeno non è solo italiano) si può constatare un aumento della violenza.

E non ci si riferisce solo ai casi più eclatanti, ossia ai delitti legati al mondo della malavita e alla crisi delle relazioni sentimentali (basti ricordare i femminicidi).

Ci si riferisce particolarmente alla violenza diffusa nel mondo adolescenziale e giovanile con i tumulti nelle università volti ad impedire la libertà di parola a conferenzieri non graditi, alle dimostrazioni pacifiste che generano saccheggi e vandalismi di vario genere, alle conflittualità che serpeggiano in certe scuole in una contrapposizione tra docenti ed allievi, con la partecipazione talvolta dei genitori.

Si ha l’impressione di trovarci in un mondo in cui non si riesce più a controllare gli impulsi.

Così accade che le frustrazioni, che sicuramente la maggior parte di noi ha pure conosciuto nel corso della propria esistenza, non vengano superate rafforzando il carattere e abituando a saper affrontare le difficoltà, ma producano comportamenti aggressivi che si propagano con facilità.

Ciò significa che gli adulti, i genitori in particolar modo, devono ben essere attenti oggi più che mai alle dinamiche dell’età evolutiva dei giovani.

Per fortuna sembrerebbe un fenomeno che non riguarda in modo preoccupante il nostro Salento.

Non che manchino i fatti di cronaca nera, ma fenomeni di scontri di piazza da parte di minorenni sono assai pochi.

E qui allora emerge un’altra considerazione: quello dello spopolamento.

Le nascite sono da tempo in netto calo nella Penisola.

Secondo i dati dell’ISTAT in Italia nascono 6 bambini ogni mille abitanti.

Nel Salento al calo demografico si aggiunge poi il fatto che molti giovani compiono gli studi universitari in altre regioni d’Italia e non tornano più nel paese nativo.

Certo, vi sono anche coloro che tornano e con coraggio, come si è scritto su questo giornale, ma sono pochi.

Il Salento diventa la terra di anziani residenti o di fugaci vacanzieri.

E allora l’invito alla gioia che proviene dal suono delle campane pasquali si spegne in una triste rassegna.

Conflitti sempre più minacciosi tanto da spingere qualcuno a sostenere il ritorno alla leva obbligatoria, sviluppo della criminalità organizzata, violenze e tragedie domestiche, violenza giovanile, fragilità nell’affrontare le difficoltà connesse al quotidiano, spopolamento, stagnazione produttiva…

Occorre precisare che non si nega che esistano casi positivi, anzi di eccellenza nella imprenditoria, nei giovani, nella vita coniugale e così via, ma l’ombra del negativo è sempre più visibile e preoccupante.

LA COMUNICAZIONE DELL’EFFIMERO

Vi è poi la sensazione di una crescita dell’individua- lismo accentuato dai social, dalla facilità di esprimere pareri su tutto e su tutti.

Al tempo stesso la comunicazione digitale isola fisicamente l’utente pur avendo egli un contatto online con centinaia se non migliaia di persone.

È la comunicazione dell’effimero, mentre si continua a rimanere soli.

Come diceva l’antico filosofo, l’uomo è un animale sociale; ha bisogno di vivere concretamente, fisicamente col prossimo, non di limitarsi a parole diffuse con mezzi artificiali.

Ed è questo l’aspetto che è il lascito ideale delle recenti celebrazioni pasquali: quello di tornare ad essere una comunità.

Una comunità di persone che si incontrano e dialogano ed elaborano progetti che permettano una crescita economica e spirituale.

Tutto questo richiede buona volontà e competenza, richiede il mettere da parte l’attrazione per il proprio tornaconto, per il proprio particulare come diceva Guicciardini.

È un compito che devono tornare ad assumere quelle istituzioni ad esso preposte quali la famiglia e la scuola.

In un momento storico in cui i legami familiari diventano sempre più fluidi, bisogna che la scuola diventi davvero un centro di formazione di responsabilità oltre che di conoscenze e competenze.

Un futuro migliore è affidato da sempre ad una buona educazione e di ciò dobbiamo tornare a prendere consapevolezza.

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Il fallimento della democrazia

Astensionismo: nelle regionali del 2023 raggiunse il 60% in Lombardia e Lazio; nel 2014 in Emilia-Romagna votò solo il 37,7%. Nel 2020 l’affluenza alle regionali pugliesi è stata del 56,43%…

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di Hervé Cavallera

Il prof. Hervé Cavallera

Il 25 febbraio si è votato per la Regione in Sardegna.

I candidati alla Presidenza della Regione erano 4 e le liste presenti 25.

Ora, quello che particolarmente colpisce, a prescindere da vinti e vincitori e dalle stesse modalità di votazione (voto disgiunto, ad esempio), è l’affluenza degli elettori.

Poco al di sopra del 52%, quindi ancor meno dell’affluenza avuta nelle precedenti elezioni regionali.

Né si tratta di un fenomeno meramente sardo.

L’affluenza elettorale è effettivamente bassa e, come si suole dire, l’astensionismo è in assoluto il maggior partito in Italia (ma la situazione non è dissimile anche in altri Paesi europei).

Nelle regionali del 2023 l’astensionismo raggiunse il 60% in Lombardia e nel Lazio e nel 2014 in Emilia-Romagna per l’elezione del presidente della Regione votò solo il 37,7% degli elettori.

Nel 2020 l’affluenza alle regionali in Puglia è stata del 56,43%. Ciò non può lasciare indifferenti in quanto, se democrazia significa partecipazione, il “successo” dell’astensionismo significa fallimento della democrazia.

Esiste ormai nella realtà uno scollamento tra cittadini e politica.

È un dato inequivocabile che non può essere risolto con la diffusione del cosiddetto “civismo” ossia con la nascita di movimenti localistici.

Invero nel 1946 l’Assemblea Costituente introdusse il principio della obbligatorietà del voto che però all’art. 48 della Costituzione italiana risulta solo un dovere civico.

Nel 1957, col D. P. R. n.361, si rendeva obbligatorio il voto nelle elezioni politiche, dichiarando che occorreva fare un elenco degli astenuti.

Il tutto poi venne meno nel 1993 (D. L. 20 dicembre 1993, n . 534).

Il che è anche corretto poiché il concetto di liberta implica anche l’astensione. E tuttavia quando l’astensione raggiunge livelli elevatissimi sì da quasi superare il numero dei votanti, è chiaro che è in atto una crisi della sensibilità politica dei cittadini.

Si tratta di un processo che in Italia si può far risalire alla cosiddetta fine della prima Repubblica (1994) ossia con la fine dei partiti che esistevano nella Penisola dal 1946.

In realtà, il fenomeno rientra nel collo delle grandi ideologie e, di conseguenza, in una semplificazione della vita politica tra due schieramenti, etichettati come moderati o conservatori da una parte e progressisti dall’altra.

Non per nulla negli Stati Uniti d’America dove esistono praticamente solo due partiti, il repubblicano e il democratico, l’astensionismo tocca spesso punte del 70% a cui peraltro ci si è abituati.

Di qui un altro aspetto che va considerato: il ruolo decisivo del candidato alla presidenza.

Sostanzialmente si vota la persona più che le idee.

D’altronde tutti possiamo constatare che nei nostri Comuni sono pressoché inesistenti le tradizionali sezioni dei partiti, ove una volta i tesserati potevano discutere vari temi politici.

Di qui un ulteriore paradosso. Si ritiene che in una società democratica chi “comanda” o, per essere più corretti, chi ha la gestione della cosa pubblica sia la maggioranza.

Nei fatti, invece, proprio grazie all’astensionismo, la gestione del potere è comunque affidata ad una minoranza, mentre la maggioranza dei cittadini assiste con apatia, rassegnazione o altro, a quello che la minoranza decide.

Negli anni ’80 del secolo scorso il sottoscritto scrisse un libro sull’importanza dell’educazione politica, intesa non come educazione partitica, ma come educazione alla partecipazione responsabile alla vita pubblica.

Al presente, di fronte a fenomeni come l’astensionismo, la cancel culture, l’improvvisazione demagogica che talvolta si fa sentire per il tramite dei social, una riflessione articolata, ponderata e di largo respiro sulla necessità di una rifondazione della vita civile, in modo che non sia soggetta alle pulsioni del momento, sarebbe opportuna.

Naturalmente tutto riesce difficile ed è inutile evocare il ricordo della vecchia Educazione civica, anche se dal settembre del 2020 l’Educazione civica è considerata una disciplina trasversale che riguarda tutti i gradi scolastici.

In una società ove predomina il relativismo individualistico, mancano i grandi valori che danno davvero lo slancio vitale all’impegno civile che investa la collettività e tutto si risolve nel gioco degli interessi di piccoli gruppi o dei singoli.

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Galatina, il Liceo Vallone si mobilita “fa rumore” per le Donne

Sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

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In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale dei Diritti della donna, il Liceo A. Vallone, di Galatina, sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

Previsto in mattinata, alle ore 11.45, un corteo che partirà dalla sede centrale del Liceo, in viale don Tonino Bello, e si muoverà verso Piazza San Pietro dove si terrà un flash mob di riflessione chiuso con la lettura di Knocking on Heaven’s door, profondo monologo in voce maschile tratto da Ferite a morte, di Serena Dandini. 

“L’ignominia continua da Giulia…1,2,3…12 vittime” è il messaggio che gli studenti e le studentesse del Liceo porteranno in corteo, ribadendo che “Nessun delitto ha una giustificazione”!

Tutti gli studenti e le studentesse del Liceo, accompagnati dal personale scolastico, attraverseranno le strade principali della città (viale don Tonino Bello – via Ugo Lisi – C.so porta Luce – Piazza San Pietro) con l’obiettivo di fare un silenzioso rumore sull’inefficacia di questa ricorrenza, dipanando un drappo rosso lungo 30 metri, simbolo del dolore e delle violenze che le donne ancora subiscono, visto il perdurante divario di genere.

“Non si ha nulla da celebrare se non vi è uguaglianza. Non si celebra la Donna se non La si rispetta” Queste le parole della Dirigente Scolastica, prof.ssa Angela Venneri, che ha fortemente promosso e sostenuto l’iniziativa, in un’ottica di sensibilizzazione e condivisione d’intenti.

Non un’occasione per festeggiare, dunque, ma solo per riflettere e tenere alta l’attenzione, con l’auspicio che l’educazione culturale possa riaffermare un ineludibile principio di civiltà.

Da qui l’augurio conclusivo dei nostri studenti e studentesse a tutte le donne con i dolcissimi versi della poesia di Alda Merini, Sorridi donna.

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