Attualità
Il Nuovo Ospedale del Sud Salento
Sorgerà tra Maglie e Melpignano, avrà quasi 400 posti letto e costerà 145 milioni di euro. I presidi di Galatina, Maglie e Poggiardo non saranno mantenuti e saranno riconvertiti dall’Asl leccese

Presentato il nuovo ospedale del Sud Salento: con un investimento totale di 145 milioni: 142 milioni di euro di investimento (134milioni e 900mila pari al 95% a carico dello Stato; 7milioni e 100mila a carico della Regione) a cui vanno aggiunti i tre milioni donati dalla signora Vita Carrapa di Maglie in memoria del fratello Paolo.
Il nuovo ospedale del Sud Salento sarà realizzato su circa 12 ettari tra il territorio di Maglie e di Melpignano.
Avrà quasi 400 posti letto sarà pronto entro i prossimi 7 anni. La struttura sarà riferimento ad un bacino di utenza con 43 Comuni e poco più di 209mila abitanti.
Disporrà di tutti i reparti previsti per un nosocomio di primo livello. Saranno presenti e disponibili in rete h. 24 i Servizi di Radiologia almeno con T.A.C. ed Ecografia, Laboratorio, Servizio Immunotrasfusionale. La struttura sarà anche dotata di letti di “Osservazione Breve Intensiva” e di letti per la Terapia Subintensiva (anche a carattere multidisciplinare). Per le patologie complesse (traumi, cardiovascolari, ictus) saranno previste forme di consultazione, di trasferimento delle immagini e protocolli concordati di trasferimento dei pazienti presso il Centro di II livello.
L’ufficializzazione è arrivata in un consiglio comunale aperto tenutosi a Maglie con la presenza del governatore Michele Emiliano, del direttore generale della Asl, Rodolfo Rollo, dei sindaci di Maglie Ernesto Toma e di Melpignano, Ivan Stomeo dell’eurodeputato Andrea Caroppo, dei consiglieri regionali Cristian Casili e Tony Trevisi (M5s), Sergio Blasi (Pd), del presidente della Provincia Stefano Minerva e degli architetti dello studio Cucinella, vincitori del bando insieme ad Aicom, Rina Consulting, GAe Engineering, Enzo Rizzato e con la consulenza di Mic – Mobility in Chain.
IL PROGETTO
Proprio dal sito dalla Mario Cucinella architects apprendiamo particolari che hanno indirizzato al progettazione della nuova struttura ospedaliera: «La vision e per il nuovo ospedale del Sud Salento nasce dall’obiettivo di coniugare le esigenze funzionale di realizzare una struttura ospedaliera pubblica d’eccellenza con l’ambizione di concretizzarla in una struttura architettonica sensibile alle caratteristiche del luogo in cui si inserisce, sostenibile e umana.
Proprio nella progettazione dell’edilizia sanitaria si possono cogliere le saltare le potenzialità e le specificità del disegno architettonico, che per la sua specifica natura coniuga funzionalità ed efficacia, il rigore costruttivo con la creatività e il calore dell’ambiente e la misura d’uomo.
Nel progetto dell’ospedale si è ritenuto fondamentale dare pari importanza e dignità gli spazi destinati alla diagnostica, il pronto intervento alle esigenze primarie del paziente legate alla malattia con quelli destinati all’ambiente, decoro della cura di tutti gli aspetti che rendono più tollerabile la degenza del malato nell’ambiente di cura. Per attendere a tali obiettivi il concept propone un edificio unitario anche se articolato, la cui forma organica deriva dal connubio tra la particolare morfologia dell’area longilinea costretta tra due infrastrutture viarie, con l’intenzione di salvaguardare il più possibile le aree di degenza del paziente e di accoglienza dei visitatori. L’architettura dell’ospedale supera il vecchio modello dei padiglioni; si snoda in tre volumi principali sviluppati su tre piani che come una massa viva si flette e arretra rispetto i limiti del lotto, per proteggere e salvaguardare le aree più sensibili come quelle dell’accoglienza e della degenza.
Questa permeabilità dell’ambiente esterno non interrompe le connessioni funzionali interne tra un’area assistenziale e l’altra, consentendo di prevedere e realizzare grandi elementi paesaggistici verdi, vere proprie colline alberate, che proteggono ulteriormente dal rumore e offrono affacci di indubbie qualità alle camere di degenza e agli ambienti di lavoro del personale. Il complesso architettonico proposto, maturato dalla traduzione strutturale delle funzioni assistenziali (la forma deriva dalla funzione), permette di allocare le aree di degenza (più di 400 posti letto) e le connesse attività diagnostiche e di supporto (compresa l’area dell’emergenza-urgenza) nei due corpi di fabbrica posti al sud mentre al nord sono concentrate le funzioni out-patient (ambulatori, prelievi, dialisi, pre-ricovero, ecc.)».
GALATINA, SCORRANO E POGGIARDO CHE FINE FARANNO?
Nella sede comunale di Maglie tutti hanno sottolineato la necessità di non poter mantenere più, così come sono i vecchi presidi territoriali, di Galatina, Scorrano e Poggiardo che, come già previsto dalle intenzioni dell’Asl leccese, saranno presto riconvertiti.
Va sottolineato che per area geografica il Nuovo Ospedale del Sud Salento riguarderà soprattutto (ma non solo) i distretti sociosanitari proprio di Galatina, Scorrano e Poggiardo e, in più, quello di Martano.
Il presidente Emiliano ha parlato di «passi avanti della sanità pugliese certificata da tutti i parametri: pur avendo 15mila addetti in meno dell’Emilia Romagna abbiamo fatto un balzo rilevante nell’offerta delle cure, e con il nuovo ospedale faremo un ulteriore avanzamento».
Il sindaco di Maglie, Ernesto Toma, e quello di Melpignano, Ivan Stomeo, ribadendo la loro soddisfazione per la scelta di quella fasca del Salento, hanno chiesto «nei limiti del possibile di ridurre i tempi per il completamento dell’opera».
Per il presidente de La Puglia con Emiliano e consigliere delegato all’edilizia sanitaria, Paolo Pellegrino, si tratta di «un’opera che coniuga qualità e innovazione. Un’opera che può e che deve davvero cambiare il volto assistenziale del Salento. Senza dimenticare la sua posizione strategica. La collocazione infatti lungo la direttrice Lecce-Maglie-Santa Maria di Leuca consentirà all’ospedale di servire in modo efficace tutti i Comuni dei distretti sociosanitari di Maglie, Poggiardo e Martano e di interessare, per la sua accessibilità, anche molti Comuni dei distretti di Casarano, Gallipoli, Galatina e Nardò. A dimostrazione che progettare e realizzare un ospedale significa intercettare a 360 gradi le necessità dei territori. Aver incontrato la cittadinanza è stato un momento di importante analisi e confronto».
C’È CHI DICE NO
Non tutti però fanno salti di gioia per il nuovo ospedale. Tanto che si è anche formato un un Comitato Cittadino Spontaneo per la tutela della salute e per il giusto impiego delle risorse nella sanità pubblica.
«L’area tra Maglie e Melpignano individuata per la nuova struttura ospedaliera», fanno presente dal Comitato, «è troppo piccola per ospitare un nosocomio degno di questo nome che dia risposte alla domanda di salute che viene da quelle collettività. Vogliamo lanciare un grido di allarme per scongiurare la costruzione di una scatoletta compressa su un’ area piccola. Vogliamo ancora una volta evidenziare come», punzecchiano, «non si possa costruire un ospedale solo perché bisogna utilizzare quel terreno e non altri. Oltre al danno ci sarebbe anche la beffa dello spreco delle risorse pubbliche. Denaro di tutti», concludono, «che aumenterà il patrimonio edilizio abbandonato della ASL di Lecce».
Attualità
«Non solo farmaci, ma tanto supporto umano e sociale»
Lilt, il ruolo del Volontariato nell’assistenza al malato terminale. A raccolta enti e professionisti coinvolti nella gestione dell’assistenza al malato oncologico terminale in tutta la provincia

«Serve uno sforzo innovativo nella gestione dell’assistenza domiciliare oncologica: non basta garantire le cure mediche ed infermieristiche al paziente nella fase terminale della malattia, ma occorre maggiore attenzione agli aspetti sociali, che spesso prevalgono su quelli sanitari e finiscono per comprometterne il buon esito. Il supporto ai familiari e caregiver, alle prese con problemi di tipo psicologico, logistico-gestionale ed economico, è fondamentale e va necessariamente rafforzato».
È questo il messaggio lanciato dalla Lega contro i tumori di Lecce nel corso del convegno sull’assistenza socio-sanitaria in Oncologia che si è svolto questa mattina nel Polo didattico dell’ASL, in occasione della XXII Giornata nazionale del Sollievo.
L’associazione ha chiamato a raccolta enti e professionisti coinvolti nella gestione dell’assistenza al malato oncologico terminale in tutta la provincia per approfondire l’ambito della relazione d’aiuto nel campo delle cure palliative. «L’esperienza trentennale della LILT di Lecce nel campo dell’assistenza domiciliare oncologica ci ha insegnato che la qualità di intervento dei medici palliativisti deve viaggiare di pari passo con l’attenzione globale ai bisogni della famiglia, perché solo così potrà esprimere i più alti livelli di umanizzazione», ha evidenziato nell’intervento di apertura l’oncologo Carmine Cerullo, presidente della LILT di Lecce.
Nell’aula gremita anche gli studenti del corso di laurea in Infermieristica di Lecce. Si è discusso di strutture di cura, percorsi assistenziali, criteri decisionali, organizzativi e comunicativi adottati nella gestione dei pazienti nella fase terminale della malattia oncologica.
In apertura di lavori Stefano Rossi, direttore generale dell’Asl Lecce, ha colto l’occasione per ringraziare tutte le associazioni di volontariato impegnate su questo fronte: «È soprattutto grazie al loro sacrificio che oggi si realizza l’assioma della casa come luogo di cura».
Anche per Pierangelo Errico, direttore sanitario dell’ospedale “Panico” di Tricase, la collaborazione con LILT e il mondo del volontariato è fondamentale «perché occorre rispondere con adeguatezza alla crescente domanda di Salute, ai bisogni dei malati oncologi e delle loro famiglie, spesso disorientati e bisognosi di orientamento».
Dell’importanza della continuità assistenziale “di qualità” per il malato oncologico terminale ha parlato Silvana Leo, direttore dell’UOC di Oncologia del “Vito Fazzi” di Lecce, evidenziando punti di forza e debolezza, nonché proposte migliorative: «I malati oncologici aumentano, per fortuna cresce anche la sopravvivenza grazie ai progressi della scienza e con essa i bisogni che il servizio di continuità assistenziale deve garantire».
Ha quindi parlato della necessità di “Cure simultanee” come parte integrante del percorso di cura e di come attuarle, attraverso un modello organizzativo-gestionale ove l’oncologo medico è affiancato dal medico palliativista, dallo psicologo, in un’ottica di condivisione delle competenze e conoscenze, con il coinvolgimento del MMG, dei servizi territoriali e delle associazioni di volontariato «per individuare, nelle varie fasi della malattia, il setting di cura più appropriato per il singolo paziente. Il concetto di simultaneous care», ha ricordato, «è nato proprio dalla necessità di condividere il percorso del malato metastatico, tra ospedale e territorio, sin dalla diagnosi di malattia avanzata».
Anche Emiliano Tamburini, direttore dell’UOC Oncologia dell’ospedale “Panico” di Tricase, ha parlato di cure palliative precoci e simultanee e della necessità di «modelli organizzativi di integrazione dei servizi: se il passato prevedeva l’intervento a chiamata del palliativista, oggi oncologo e palliativista vedono insieme il paziente (in ambulatorio, nei gruppi multidisciplinari, nei PDTA), ma il futuro deve essere quello di una reale integrazione tra Rete oncologica, Rete delle cure palliative e dei Servizi dei territori per arrivare a garantire una presa in carico globale, nei fatti, del paziente».
Delle caratteristiche e dei modelli assistenziali degli hospice ha parlato invece Evelina Pedaci, responsabile dell’hospice di San Cesario di Lecce: «Negli ultimi anni la presenza degli hospice è diventata un valore aggiunto per il SSN a causa della transizione demografica ed epidemiologica verso la cronicità complessa ed avanzata. Anche in queste strutture il volontario è parte integrante dell’équipe assistenziale e svolge un ruolo fondamentale nel supporto al paziente e alla sua famiglia».
Tra le principali criticità emerse, anche dalle testimonianze di familiari e volontari presenti in sala, le difficoltà del percorso ospedale-territorio per il paziente che necessita dell’attivazione tempestiva di una terapia antalgica palliativa, il supporto spesso carente alla famiglia per il disbrigo delle pratiche e il conseguente disorientamento, le difficoltà economiche legate all’acquisto dei presìdi sanitari che solo in parte sono forniti gratuitamente dall’Asl.
L’ultima sessione del convegno è stata dedicata all’esperienza trentennale della LILT di Lecce sul fronte dell’assistenza domiciliare oncologica con gli interventi di Antonella Elia, direttore UOSD Oncologia dell’ospedale “Ferrari” di Casarano, per la quale «è oggi imprescindibile il modello di continuità assistenziale e umanizzazione delle cure garantito sul territorio dalla Lilt in convenzione con l’Asl», poi Silvia Errico, psicologa Lilt e Preziosa Portoghese, responsabile delegazione LILT di Gallipoli, che ha scattato una fotografia del volontariato impegnato nell’assistenza ai pazienti oncologici terminali nell’area centro-sud Salento.
LILT Lecce gestisce in media 400 pazienti all’anno nella fase terminale della malattia, la metà dei quali attraverso l’Assistenza Domiciliare Oncologica-ADO erogata in regime di convenzione con ASL Lecce, con tre equipe medico-infermieristiche e il supporto psicologico, in tutti i Comuni appartenenti ai distretti socio-sanitari di Casarano, Gallipoli, Maglie, Poggiardo e Gagliano del Capo.
Il servizio è gratuito ed è nato nel 1996 dal pionieristico progetto LILT di Lecce per i pazienti in fase avanzata di malattia e per i loro familiari.
«Il servizio ADO, di cui LILT è stata pioniera in questo territorio, si ispira al principio della continuità di cure tra ospedale e domicilio, colmando una domanda di prestazioni sempre in crescita, considerato purtroppo il trend in aumento delle patologie neoplastiche», ha rimarcato l’oncologo Giuseppe Serravezza, responsabile scientifico LILT Lecce, «La Medicina dei farmaci è solo una parte della cura serve anche e soprattutto l’integrazione dei saperi e delle diverse discipline, interventi di tipo psicologico e soprattutto sociale, per contribuire a far crescere la cultura della solidarietà e dell’umanizzazione dell’aiuto verso la persona affetta da tumore. Su questo aspetto c’è ancora tanto lavoro da fare e occorre senz’altro intensificare i nostri sforzi».
Alliste
Opera Seme Farm ad Alliste
Una filiera etica che, nel Salento, genera solidarietà e promozione del territorio. 8xmille Chiesa cattolica: “Opera Seme Farm” è una delle opere protagoniste della nuova campagna informativa della CEI

“Se fare un gesto d’amore ti fa sentire bene, immagina farne migliaia”.
Questo il claim della nuova campagna di comunicazione 8xmille della Conferenza Episcopale Italiana, che mette in evidenza il significato profondo di un semplice gesto che permette ogni anno la realizzazione di migliaia di progetti in Italia e nei Paesi in via di sviluppo.
La campagna sottolinea la relazione tra la vita quotidiana degli italiani e le opere della Chiesa, attraverso la metafora dei “gesti d’amore”: piccoli o grandi gesti di altruismo che capita di fare nella vita e che non fanno sentire bene solo chi li riceve, ma anche chi li compie.
«L’obiettivo della campagna 2023», afferma il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni, «è far comprendere il valore di un gesto molto semplice come una firma, abbinandolo a momenti della vita di tutti i giorni. Gli spot ruotano intorno al concetto del ‘sentirsi bene’ prendendosi cura del prossimo grazie ad un’opzione, nella propria dichiarazione dei redditi, che si traduce in migliaia di progetti. Chi firma è protagonista di un cambiamento ed è autore di una scelta solidale, frutto di una decisione consapevole, da rinnovare ogni anno. In ogni iniziativa le risorse economiche sono messe a frutto da sacerdoti, suore, operatori e dai tantissimi volontari che, con le nostre firme, sono il vero motore dei progetti realizzati».
Ecco quindi che attraverso una semplice firma, quella per l’8xmille, è possibile moltiplicare ogni giorno la sensazione di benessere che si prova quando si fa un gesto d’amore. Come fa la Chiesa quotidianamente attraverso i suoi interventi arrivando capillarmente sul territorio a sostenere e aiutare chi ne ha più bisogno: poveri, senzatetto, immigrati, ma anche italiani che attraversano momenti di difficoltà.
Quest’anno la campagna fa tappa nel Salento, ad Alliste, dove la vocazione agricola e turistica del territorio, ricco di tipicità e di storia, fa da cornice al progetto “Opera Seme Farm”, voluto e promosso dalla Caritas diocesana di Nardò-Gallipoli, per la promozione e la valorizzazione del lavoro e della persona umana.
È una realtà che si innesta sulla già avviata e consolidata esperienza di Opera Seme, progetto volto alla produzione e distribuzione di prodotti alimentari partendo da ciò che il territorio offre per potenziarlo e rileggerlo. Quest’iniziativa ha avviato un vero e proprio processo di rinnovamento coinvolgendo le realtà cooperativistiche sociali e alcune imprese agricole.
“Opera Seme Farm è uno spin off di Opera Seme», spiega don Giuseppe Venneri, direttore della Caritas di Nardò-Gallipoli, «finalizzato alla promozione del lavoro, del rispetto dell’ambiente e del territorio, cercando di applicare una carità creativa che promuova integralmente la persona umana, creando opportunità per prevenire le povertà. Il nostro obiettivo consiste nel rivalutare l’agricoltura come strumento di sviluppo con un’attenzione ai valori anche per dimostrare che si può far economia senza caporalato nel rispetto di un lavoro etico. I beneficiari di Opera Seme Farm sono prevalentemente giovani o persone che sono rimaste tagliate fuori dal mercato del lavoro e che attraverso un’attività di qualità hanno trovato un’opportunità di crescita, di reinserimento oltre ad un’esperienza di comunione».
Nella prima fase attorno al marchio Opera Seme, si è costituita una filiera etica a sostegno di piccoli produttori del settore agro alimentare, già provati da diverse problematiche economiche e sociali (la piaga della Xylella fastidiosa, la crisi di mercato, il mancato sviluppo della cooperazione e il caporalato in agricoltura e turismo), che ha promosso la vendita dei prodotti, garantendo la tutela del lavoro, l’eticità della produzione, l’attuazione di meccanismi di economia circolare e di prossimità.
«L’Opera è nata nel 2019 a seguito dell’analisi dei dati che arrivavano alla Caritas diocesana dai centri di ascolto», spiega Roberto de Donatis, referente progetti 8xmille Caritas diocesana, «che segnalavano una situazione allarmante in relazione all’occupazione. Mai avremmo pensato, però, che nel giro di due anni avremmo dovuto potenziare il progetto e riconvertirlo in ambito aiuti alimentari per rispondere alla crescente domanda».
Sostenuto nel primo biennio, dal 2019 al 2020, dai fondi 8xmille alla Chiesa cattolica, Opera Seme Farm è stato arricchito ed ampliato grazie ad altri 130.000 euro per il 2022.
«L’8xmille ci ha consentito di intraprendere iniziative in grado di raccogliere», aggiunge il direttore, «l’interesse e il sostegno anche di altri soggetti, con cui abbiamo attivato esperienze formative, come scuole, parrocchie, università e istituzioni. Abbiamo avviato un processo che, coinvolgendo le realtà cooperativistiche sociali, enti pubblici e privati cittadini, ha raggiunto gli ambiti della produzione, della vendita e della formazione realizzando un vero e proprio cambiamento culturale, con un percorso nelle parrocchie della diocesi per promuovere la sana alimentazione, il consumo critico, arrivando ad eliminare lo scarto dalle cucine delle mense. Senza il contributo determinante dell’8xmille Opera Seme Farm sarebbe rimasta solo un’idea».
Vasta la produzione sviluppata grazie alla sinergia tra diversi produttori locali: Caritas diocesana di Nardò-Gallipoli e la Cooperativa Sociale Ipso F.A.C.T.O. Una rete solidale che accanto alla commercializzazione dei prodotti, con punti vendita diretti a Nardò, Galatone, Gallipoli e attraverso il portale operaseme.it, consente l’approvvigionamento delle tre mense della diocesi.
«Grazie ai prodotti della filiera il menù è molto vario», conclude don Venneri, «privilegiando la stagionalità dei prodotti. Di solito alle mense arrivano le eccedenze alimentari. Noi abbiamo voluto operare un cambio di rotta, per interrompere quella che riteniamo un’ingiustizia sociale e abbiamo chiesto alle aziende agricole della filiera di produrre il fabbisogno delle mense, che ogni anno erogano 50.000 pasti, e dei G.A.S (Gruppi di Acquisto Solidale). Allestiamo e confezioniamo i prodotti agricoli in un piccolo stabilimento da cui partono per le consegne alle varie sedi. È un circolo virtuoso di cui siamo molto orgogliosi, che crea sistema e promozione del territorio. Dopo la fase iniziale di avvio, le aziende adesso sono autonome e producono occupazione e reddito».
Un progetto articolato, dunque, reso possibile anche da un team di operatori che assicurano le competenze professionali necessarie. «Cerchiamo di diffondere», spiega Alessandra, operatrice, «un messaggio diverso di promozione della terra e di lotta agli sprechi. Opera Seme è stata una vera e propria rivoluzione per me. Qui ho trovato un lavoro e, quest’anno, avrò la possibilità di aprire un Emporio nella nostra città, un sogno nel cassetto che si realizzerà e che sarà un riferimento per tante persone in stato di vulnerabilità».
Opera Seme Farm punta, inoltre, a promuovere la costituzione dei G.A.S. per sostenere i produttori agricoli che hanno aderito alla filiera etica per portare sulle tavole prodotti sani e genuini. È la prima esperienza in Puglia, tra le poche in Italia, di progettazione volta a sostenere il lavoro agricolo attraverso l’economia generata dalle opere segno Caritas.
Disponibile sia sul sito 8xmille.it che nel relativo canale YouTube il video relativo ad Opera Seme Farm racconta, attraverso la testimonianza del direttore, dei responsabili e degli operatori, le nuove opportunità create da un’iniziativa che coltiva speranza e inclusione sociale offrendo risposte concrete alla disoccupazione.
Appuntamenti
A don Antonio Coluccia l’Oscar Capitolino
Tra gli insigniti al 51° Premio Simpatia Roma Capidoglio anche il parroco antimafia salentino che combatte quotidianamente lo spaccio nelle borgate romane

Anche il parroco originario di Specchia, don Antonio Coluccia, nell’elenco degli insigniti al Premio Simpatia Roma Capidoglio, l’Oscar Capitolino.
La 51ma edizione del Premio sarà caratterizzata dai temi della pace, della cultura e dell’arte.
Saranno 28 in totale, i premiati che riceveranno la preziosa rosa di Assen Peikov, simbolo dell’Oscar Capitolino, ideata da Domenico Pertica.
Tra coloro che riceveranno la preziosa rosa di Assen Peikov, simbolo del riconoscimento ideato dal grande storico della romanità Domenico Pertica, definito l’Oscar Capitolino, ci sono, per la solidarietà, l’iraniana Pegah Moshir Pour, attivista da tempo impegnata a sostenere le donne che nel suo paese stanno lottando per la libertà. E poi il Team U.S.A.R. Lazio dei Vigili del Fuoco, intervenuto per primo nel terremoto in Turchia, l’ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede Andrii Yurash, il sindaco di Cutro Antonio Ceraso, sempre molto attento all’ emergenza migranti e la presidente dell’associazione Salvamamme Maria Grazia Passeri, attiva nel sostegno alle famiglie Ucraine attraverso un hub di accoglienza e distribuzione di beni.
Per la musica Al Bano e per lo spettacolo il poliedrico Amadeus, il regista Gabriele Muccino, gli attori Pilar Fogliati, Paola Sotgiu e Gabriel Garko e lo storico direttore della fotografia Danilo Desideri.
Per letteratura e giornalismo, premiati la scrittrice Ilaria Tuti, Maria Jatosti, Serena Bortone, Geppi Cucciari, Sigfrido Ranucci e Pif.
Per Medicina, ricerca e università premi al Centro di immunoterapia oncologica della A.O.U. di Siena, alla Rettrice Università La Sapienza Antonella Polimeni, ad Edoardo Alesse, direttore generale fondazione IRCCS Santa Lucia, a Massimo Ruggieri, chirurgo specializzato in chirurgia mininvasiva e a Giulio Sapelli, storico economista.
Per le storie ad Alessandra Laterza, detta “La Libraia”, titolare della libreria “Le Torri” di Tor Bella Monaca, e a don Antonio Coluccia, il parroco antimafia salentino che combatte quotidianamente lo spaccio nelle borgate romane.
Per tradizioni e artigianato Diego Percossi Papi, storico artigiano orafo romano, recentemente in mostra a Madrid e l’Antica Forneria Molettieri di Napoli, che utilizza materie provenienti dai cicli biologici della natura nel rispetto dell’ambiente.
E infine per lo sport Chiara Pellacani, atleta olimpionica romana, medaglia d’oro nei tuffi agli europei di nuoto.
Una selezione attenta, quella degli illustri giurati del premio ovvero: Renzo Arbore, Giorgio Assumma, Pippo Baudo, Verdiana Bixio, Christian De Sica, Marisela Federici, Nicola Maccanico, Simona Marchini, Alessandro Nicosia, Carlotta Proietti, Alessia Tota, Carlo Verdone.
La cerimonia di premiazione, che sarà presentata, come ogni anno, da Paola Saluzzi e Pino Strabioli, si terrà domani, mercoledì 30 maggio, alle 18, nella Sala della Promoteca in Campidoglio.
Gli sbandieratori del Leone Rampante di Cori apriranno e chiuderanno la manifestazione organizzata con il patrocinio del Comune di Roma, della Regione Lazio e di Federalberghi Roma. Un grazie a Publispei ed E.S.S.E.
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