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Attualità

A Tricase il cimitero delle vallonee secolari

In piena area Parco, le querce cadono una dopo l’altra. Sul cancelletto (chiuso) si parla di indagini valutative in corso, per lo stupore dello studio indicato sul cartello. Per la responsabile dell’orto botanico Unisalento: “Dobbiamo ricostruire l’habitat che abbiamo stravolto”

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a cura di Lorenzo Zito

Quando una quercia cade fa rumore? Forse non abbastanza. Ce lo insegna Tricase dove il boschetto delle vallonee, dimora di meravigliose piante plurisecolari, è diventato in breve tempo e nel silenzio un desolante cimitero.


Noto anche come boschetto della Falanida, dopo esser stato travolto da una tromba d’aria nel 2007, è stato inserito, nel 2010, nell’area di regolare manutenzione del “Parco Naturale Regionale Costa Otranto – S. Maria di Leuca – Bosco Tricase”, anche a tutela dal processo di antropizzazione in atto in zona.


Poi nel 2021, lì in quel rettangolo di terra tra le strade che in centinaia tutti i giorni percorrono per Marina Serra e Tricase Porto, per lo stupore di tutti, una quercia secolare è crollata lungo il muro di cinta attorno al boschetto.


La quercia caduta nel 2021 in una foto attuale


Quando un monumento cade segna la fine di un’epoca. È l’inizio di un declino che, adesso, sembra a tutti gli effetti inesorabile. Sul boschetto cala subito il sipario: il cancello viene chiuso; la recinzione (un tempo in più punti malmessa) è presto rinforzata o ripristinata. Impedisce l’accesso ad uno spettacolo desolante: le querce vallonee (hanno oltre tre secoli di vita), una dopo l’altra, si adagiano al suolo. Girando attorno al perimetro, si scorgono quelle che passando dalla strada (via Finocchiare) non si vedono: se ne contano almeno quattro con le radici per aria. Molte di quelle ancora in piedi parlano anche ad occhi inesperti: le loro condizioni di salute sembrano compromesse, il loro destino potrebbe presto essere lo stesso di quello delle loro sorelle.



Qualcuno se ne starà occupando? Sul cancelletto all’entrata, oggi sotto lucchetto, l’ente Parco ha affisso un cartello, che parla anche a nome del Comune di Tricase: “L’ingresso è interdetto al fine di garantire l’incolumità delle persone e protegge il sito da possibili alterazioni”. Manca una qualsivoglia data, ma (si legge) “sono in corso indagini mirate alla valutazione delle condizioni vegetative sanitarie e statiche dei 30 alberi presenti”.



In calce, il nome di uno studio (di Bologna!) e del dottore forestale cui l’ente Parco ha affidato l’incarico di analizzare la situazione. Componiamo il suo numero, alla ricerca di novità. Le risposte non sono quelle che ci saremmo aspettati.


CHIUSO DA ANNI PER UN SOPRALLUOGO?



Non ero a conoscenza di questo cartello”, ci risponde sorpreso il dottor Vincenzo Blotta, dello Studio Tecnoforest, “anche perché, da parte dell’ente, ho ricevuto solamente mandato per un sopralluogo approfondito, risalente a diverso tempo fa. Era il periodo immediatamente successivo la caduta della prima vallonea del boschetto, quella adiacente il muretto di cinta”.


Ne ricorda l’esito?


Ricordo che presi in esame le vallonee presenti, ed anche la salute della famosa quercia dei Cento Cavalieri. Consigliai di ricoprire l’apparato radicale della vallonea appena caduta, per provare a mantenerla in vita anziché rimuoverla, come si stava per fare. Indicai anche l’opportunità di ulteriori approfondite indagini. Sono esami che hanno un certo costo, ma che personalmente ritengo opportuni, visto il contesto e l’età delle piante in gioco. La situazione poi è particolare anche per una serie di altri motivi. Tra questi la presenza in zona di materiale di riporto (NdA, materiali antropici nel terreno, come possono essere, ad esempio, residui e scarti di produzione e di consumo)”.


Chi legge quel cartello, oggi, pensa che lei stia ancora lavorando al problema.


 “In verità non sa cosa sia stato fatto dopo quel mio sopralluogo, perché non mi compete e perché non mi fu dato alcun altro mandato. Apprendo da voi della caduta di altre vallonee”.


È GIUNTA L’ORA DELLE VALLONEE?


Dato che, come recita uno dei cartelli lungo il perimetro del parco, la quercia vallonea è inserita fra le specie a rischio della Lista Rossa Nazionale, abbiamo interpellato un esperto. Per capire se dopo aver segnato il destino della millenaria vallonea dei Cento Cavalieri (delle cui sorti, appese anche ad un tira e molla tra pubblico e privato, abbiamo spesso parlato in separata sede) e dopo la fine degli ulivi dobbiamo rassegnarci anche a quella delle vallonee.


Ha risposto ai nostri interrogativi la professoressa Rita Accogli, originaria di Tricase e responsabile tecnico dell’Orto Botanico dell’Università del Salento.


Rita Accogli


Dottoressa, come muore una quercia vallonea? Ci dà dei segnali preventivi o è un processo repentino ed inesorabile?


I fattori che portano al decesso della pianta possono essere diversi. Sia edafici, quindi pertinenti alla natura del terreno, che ambientali e climatici. Fondamentali sono pure la presenza e le relazioni con gli animali, che possono danneggiare o proteggere la pianta dall’azione di determinati parassiti. Anche la carenza del giusto quantitativo d’acqua potrebbe essere un fattore di decadenza.


E di conseguenza può pesare anche l’incuria…


È evidente che, essendo piante spontanee, non vengono curate, nel senso agronomico del termine. Ma è anche vero che, se una pianta muore dopo secoli di sopravvivenza autonoma, accende un campanello d’allarme. Un segnale del fatto che qualcosa, nell’habitat in cui si trova, non sta più andando come dovrebbe. Il compito dell’uomo, quindi, oltre che di prendersi diretta cura di queste piante, è quello di preservare e favorire i giusti equilibri attorno ad esse.


Oggi sul territorio sono presenti più soggetti (corpi, enti ed istituzioni) che a vario titolo dovrebbero vigilare sulla salute del territorio. La loro compresenza può diventare un rischio?


Purtroppo, mi sento di dire che per la tutela del territorio siamo all’anno zero. Spesso la compresenza crea confusione e, in assenza di debita regolamentazione, non c’è chiarezza su chi deve far cosa. Questo ha anche una ricaduta sociale: la sovrapposizione di tutti questi enti instilla nelle persone la convinzione che ci sia sempre qualcuno deputato alla cura dell’ambiente al nostro posto. Ne deriva un forte calo di sensibilità, soprattutto nelle nuove generazioni, ed una mancanza di senso civico.


Lei conosce da vicino la realtà di Tricase, in passato vi ha studiato la diffusione delle vallonee. Qual è la situazione sul posto?


Nel 2003, l’Orto Botanico dell’Università del Salento, su commissione del Comune di Tricase, ha effettuato un censimento delle vallonee adulte (dai 30 anni di età in su). Nel territorio ne sono state individuate circa 7mila. Sino alla fine degli anni ’90, nel bosco delle vallonee si contavano più di 10 esemplari la cui età era compresa tra i 350 e i 400 anni. Buona parte di queste oggi non c’è più. È possibile che, in un’area protetta, nel giro di appena venti anni, le condizioni anziché migliorare peggiorino? E nel frattempo, tutte quelle piante che all’epoca non furono censite perché non adulte, che fine avranno fatto, visto che molto spesso sono oggetto di tacita rimozione perché ritenute ostacolo a ristrutturazione e miglioramento delle case di campagna?


Cosa andrebbe fatto, da dove ripartire?


È necessario partire da uno studio pedologico e delle condizioni edafiche, per accertarsi del giusto funzionamento dei cicli biogeochimici, della presenza della giusta micro- e macro-fauna, dei detrivori, della micro e macro-flora, delle specie fungine e batteriche etc. Negli anni, numerose sono state le richieste di tutela del bosco avanzate da associazioni, istituti scolastici, frontisti, cittadini e studiosi che proponevano interventi strutturali che sono stati poi realizzati, come la deviazione delle acque bianche che dal paese passavano attraverso il bosco per poi perdersi verso il Canale del Rio, la recinzione, la regolamentazione della fruizione etc.


Dopo gli ulivi, dobbiamo rassegnarci a perdere anche le vallonee?


Interrogarci sarà il primo passo per scongiurare questo rischio: dobbiamo ripartire dalla rinaturalizzazione dell’habitat, perché lo abbiamo stravolto nel tempo e reso tale da non permettere più alle piante di sopravviverci.

Che valore hanno le vallonee per il nostro territorio?


Intanto il popolamento di vallonee a Tricase è veramente eccezionale, anche su scala mondiale: i vecchi areali del secolo scorso, che ne registrano la presenza anche nei Balcani, in Grecia, Siria e Turchia, se aggiornati darebbero ancora più peso al nostro territorio comunale, dato che le vallonee dei paesi dell’Est stanno progressivamente diminuendo.


A ciò si aggiunga il fatto che a Tricase le vallonee sono legate a doppio filo con la storia del paese. Qui un tempo la pianta veniva coltivata, potremmo dire che fu addomesticata, perché fondamentale per la concia e commercio di pellami. Per cinque secoli le vallonee hanno sostenuto “l’arte del pelacane” che ha rappresentato il motore economico del paese, portando i nostri prodotti anche oltreconfine, a competere coi più ambiti pellami d’Europa.


Andrebbe forse ricoltivata anche una coscienza comune in merito, partendo dai più giovani.


Ti dirò, siamo chiamati quasi sempre a parlarne nelle scuole elementari. Troppo poco agli adulti e quasi mai agli adolescenti. Nonostante le tante normative internazionali le diano risalto, molte scuole sembra abbiano dimenticato la botanica. Ormai, viaggiamo verso una completa cecità vegetale…


 


 


























 


Attualità

Salento amico dei giovani imprenditori

Indice Youth Friendly, Lecce terza provincia del Mezzogiorno: «La tecnologia deve essere utilizzata al servizio della creatività delle imprese artigiane». Imprese artigiane alle prese con la sfida dell’innovazione. Dalla transizione digitale ed ecologica all’intelligenza artificiale. Una sfida nelle mani dei giovani

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Si è tenuto presso il Museo Castromediano il convegno “Artigianato: Costruttori di Futuro. Motore di sviluppo economico e sociale del territorio”, organizzato da Confartigianato Lecce per riflettere sulle nuove prospettive di sviluppo del settore artigiano diviso tra il digitale e il saper fare.

«L’artigiano si deve porre di fronte al futuro come protagonista del suo tempo», ha dichiarato Luigi Derniolo, presidente Confartigianato Imprese Lecce, «oggi l’artigiano è la storia del territorio e deve trasmettere quelle conoscenze senza aver paura della tecnologia e del nuovo che avanza. Una tecnologia che è al fianco dell’artigiano, che lo aiuta a costruire. Oggi non si può non essere green. L’azienda deve puntare a essere ecologicamente più sostenibile. Dobbiamo lasciare le generazioni in mondo diverso».

Secondo i dati elaborati dall’Ufficio studi Confartigianato, la provincia Lecce risulta la “locomotiva” del Mezzogiorno con +10,3% occupati tra il 2019 e il 2022; +21,7% donne occupate tra il 2019 e il 2022; Lecce è la terza provincia italiana per dinamica occupati 2019-2022 dopo Frosinone e Brindisi e 1° provincia per crescita occupati 2019-2022 nei Servizi e seconda per crescita tasso occupazione femminile 2019-2022.

Tra novembre 2023 e gennaio 2024 si prevede + 3,4 assunzione nella provincia. Il territorio salentino è la terza provincia “youth friendly” ovvero “amica dei giovani”. Il dato è stato rilevato analizzando 13 indicatori per valutare l’habitat per le imprese e lavoro dei giovani, misurando il grado di apertura verso gli under 35 dei territori italiani. Non mancano le criticità: tra tutti il reperimento del personale, soprattutto addetti specializzati.

«Dal rapporto emergono prospettive molto interessanti di un territorio che vede legato un sistema diffuso di micro e piccole imprese artigiane con il mondo dei giovani», ha evidenziato Enrico Quintavalle, Responsabile Ufficio studi Confartigianato Imprese, «in particolare rispetto agli indicatori che hanno misurato l’habitat per i giovani Lecce è risulta la terza provincia nel Mezzogiorno. Le medie e piccole imprese artigiane sono tipicamente un luogo di grande importanza per l’avvio dei giovani nel mondo del lavoro. Lecce e la Puglia ha dimostrato una alta presenza di giovani imprenditori under 35. Con questi fattori chiave del capitale umano Lecce dovrebbe essere orientata a confermare le ottime performance di recupero successivo alla pandemia».

Analizzando i dati provinciali sull’economia di impresa, Confartigianato propone una riflessione intorno alle diverse e nuove sfide che le imprese devono affrontare ogni giorno. Tra queste la più importante è quella della transizione ecologica, energetica e digitale che avrà un impatto significativo sulla vita quotidiana, sul modo di produrre e sulle nuove generazioni.

«Si tratta di capire in che mondo si potrà esprimere il valore delle imprese artigiane nella contemporaneità», ha sottolineato Massimiliano Valerii, Direttore Generale Censis, «soffia un vento nuovo. Dopo una narrazione apologetica della globalizzazione durata oltre 30 anni, oggi si parla sempre di più di rimpatrio delle produzioni, di ricerca di un modello nuovo. E questo lascia intendere che torneremo a un protagonismo dei territori e gli artigiani locali sono parte fondativa della tradizione. Questo apre uno spazio nuovo. Ma dobbiamo preservare cioè che di buono la globalizzazione ha portato, ovvero non solo l’apertura di nuovi mercati per le imprese artigiane che esportano ma anche la tecnologia, che deve essere utilizzata al servizio dei valori di qualità e di tradizione e di creatività delle imprese artigiane. La tecnologia è buona per preservare i valori costitutivi degli artigiani».

Il convegno è stata occasione anche per far emergere sempre più la forza degli artigiani e delle micro e piccole imprese quali ‘costruttori di futuro’, e per ribadire la mission dell’associazione ovvero valorizzare le attività del territorio, un universo di eccellenze profondamente connesse tra loro che sono motore dello sviluppo economico e sociale, per costruire insieme a loro, ogni giorno, il nostro domani: un futuro sostenibile e a misura d’uomo.

A chiudere i lavori Mario Vadrucci, presidente Camera di Commercio di Lecce: «Nessuno di noi si aspettava dati così incoraggianti. Le sfide che abbiamo di fronte sono difficilissime. Che vanno capite e poi attuate. Confartigianato è chiamata a essere presente su questi grandi cambiamenti. Il Salento ha un patrimonio di aziende artigiane importante che dobbiamo continuare a valorizzare e ad accompagnare nel futuro. Un futuro che non può prescindere dai giovani e dalle nuove tecnologie».

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Alessano

Area Marina Protetta: 4 incontri aperti al pubblico per condividere dati ambientali e socioeconomici

Progetto CORISMA: questo pomeriggio ad Andrano; giovedì 30 novembre a Santa Maria di Leuca; venerdì 1° dicembre a Santa Cesarea Terme e sabato 2 dicembre a Castro. L’AMP riguarderà i comuni di Alessano, Andrano, Castrignano del Capo, Castro, Corsano, Diso, Gagliano del Capo, Otranto, Santa Cesarea Terme, Tiggiano e Tricase

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Meno dell’8% della superficie marina mondiale è coperta da aree marine protette, che sono l’unica grande opportunità di conservare gli habitat naturali e garantire attività economiche sostenibili. Numeri che devono far riflettere e agire, se si vuol salvare il Mediterraneo, il più importante hotspot di biodiversità al mondo, ma anche il più a rischio per sovrasfruttamento e inquinamento.

Con i suoi 260 Kmdi superficie totale e circa 100 chilometri di costa che da Otranto arrivano a Santa Maria di Leuca, dopo anni di studi e dibattiti potrebbe avere un’accelerazione l’iter per l’istituzione dell’Area Marina Protetta Capo d’Otranto – Grotte Zinzulusa e Romanelli – Capo di Leuca.

Sarebbe la quarta in Puglia, dopo quelle delle Isole Tremiti, Torre Guaceto e Porto Cesareo e tra le più grandi d’Europa.

Il procedimento istitutivo dell’AMP prevede lo svolgimento dell’istruttoria tecnica preliminare affidata all’ISPRA, organo tecnico del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), che sulla base di studi di carattere ambientale e socioeconomico predispone un’ipotesi di perimetrazione, zonazione e le indicazioni di carattere regolamentare dell’istituenda AMP.

L’Area Marina Protetta: un’occasione di crescita e tutela del territorio tra Otranto e Leuca – Gli incontri

Un importante contributo è stato dato dalla Regione Puglia a partire da fine 2022, grazie al Progetto CORISMA (finanziato dal FEAMP-PO 2014-2020 – Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca 2014-2020), acronimo di una progettualità immaginata per ipotizzare, tra quelli possibili, i migliori scenari di conservazione e gestione delle risorse biologiche marine necessari per impattare positivamente sulla sostenibilità della pesca e delle altre attività connesse all’uso del mare nell’area Marino-Costiera Otranto – S. Maria di Leuca, coordinato dal CIHEAM Bari (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici Mediterranei) insieme ai partner Università del Salento (DISTEBA), ARPA Puglia (Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell’Ambiente) e Regione Puglia -Sezione Gestione sostenibile e tutela delle risorse forestali e naturali, i cui risultati saranno condivisi con le comunità durante quattro incontri territoriali aperti al pubblico.

Incontro in corso in queste ore ad Andrano nella Biblioteca Comunale Don Giacomo Pantaleo, Sede Municipale (piazza Unicef).

Prossimo appuntamento giovedì 30 novembre, alle 17, a Santa Maria di Leuca, nella Sala Convegni Hotel Terminal.

Venerdì 1° dicembre, alle 17, l’incontro sarà ospitato nella Sala Convegni Albergo Palazzo di Santa Cesarea Terme.

Sabato 2 dicembre, alle 10,30, infine, appuntamento a Castro nel Castello Aragonese.

Esperti e ricercatori del CIHEAM Bari (Massimo Zuccaro, Gianfranco Cataldi, Francesco Mancini), dell’Università del Salento (il Prof. Stefano Piraino) e di ARPA Puglia (Nicola Ungaro e Cosimo Giannuzzi) impegnati nella ricerca di dati scientifici, ambientali e socioeconomici del territorio si confronteranno con istituzioni locali e cittadini per condividere le informazioni raccolte e fare il punto sullo stato dell’arte.

Si parlerà di cosa si vuole tutelare, quali sono le attività coinvolte, quali i vantaggi per il territorio e quali sono le tappe da affrontare nel percorso verso l’istituzione di un’Area Marina Protetta tra Otranto e Santa Maria di Leuca.

Sono stati intervistati quasi 600 tra pescatori professionali e ricreativi, gestori di stabilimenti balneari, rappresentanti di associazioni, centri diving, noleggio imbarcazioni, operatori della ristorazione e accoglienza turistica, artigiani, associazioni culturali, centri benessere e termali, referenti delle 11 municipalità ed è emersa una fotografia chiara delle priorità espresse dalle comunità costiere. I dati ambientali sono stati raccolti in 20 tematismi, come la mappa degli habitat bentonici, le grotte sommerse e semisommerse, i siti di nidificazione, le acque di balneazione, gli scarichi, i beni archeologici sommersi, le ordinanze di interdizione e corridoi di accesso alle grotte. Per ciascun tematismo è stato costruito un database, derivante dall’aggregazione di diverse fonti, con lo scopo di creare un archivio georeferito dell’area, indispensabile per l’elaborazione dei dati che consentirà la risoluzione dei problemi di pianificazione e conservazione, individuando le soluzioni più idonee al territorio.

Significativi anche gli approfondimenti socioeconomici, tra cui un focus sulla percezione dell’area marina protetta, sia in termini di vantaggi e svantaggi, che di ricaduta sulle attività in atto sul territorio. Dall’indagine si evince un dato inequivocabile: circa il 90% degli intervistati ritengono importante l’introduzione di alcune forme di protezione dell’ambiente marino nel tratto di costa interessato, in particolare attraverso l’istituzione di un’Area Marina Protetta, adducendo come principali motivazioni l’importanza di preservare habitat, specie e luoghi, salvaguardare il territorio e la categoria dei pescatori, denunciando la presenza eccessiva di plastiche, inquinamenti di natura organica, rifiuti vari e l’eccessivo sfruttamento da parte della pesca professionale e/o sportiva e dal turismo fuori controllo durante la bella stagione. Gran parte degli intervistati indica come vantaggi territoriali e socioeconomici l’incremento del livello di conservazione dell’ambiente marino/biodiversità, il contrasto alla pesca illegale e la crescita dell’educazione ambientale.

Un’area unica, sia perché si trova in una zona centrale del Mediterraneo, sia perché ha delle caratteristiche geomorfologiche estremamente importanti, come la presenza di grotte sommerse e semisommerse, di una falesia rocciosa che scende rapidamente in profondità e che può dare rifugio a specie che sono sensibili alle ondate di calore, sempre più frequenti nel Mediterraneo.

Si tratta di uno dei litorali a più alta naturalità dell’intera costa italiana, con abbondanza di specie bentoniche e habitat chiave, come le praterie di Posidonia e il Coralligeno, aree elettive di riproduzione, sviluppo e accrescimento per molte specie ittiche di interesse per la pesca. All’interno dell’area ricadono, inoltre, due zone speciali di conservazione: il Posidonieto Capo San Gregorio – Punta Ristola e quello Costa Otranto – Santa Maria di Leuca, con un’estesa falesia ricca di grotte, cavità, incisioni e insenature.

Un’opportunità di sviluppo per gli 11 Comuni coinvolti (Alessano, Andrano, Castrignano del Capo, Castro, Corsano, Diso, Gagliano del Capo, Otranto, Santa Cesarea Terme, Tiggiano e Tricase) che hanno convocato il 21 e 28 novembre i consigli comunali, per deliberare sulla volontà di avviare nel proprio territorio l’iter tecnico e amministrativo per l’istituzione dell’Area Marina Protetta Capo d’Otranto – Grotte Zinzulusa e Romanelli – Capo di Leuca, sostenendo una velocizzazione del processo.

 

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Attualità

Lavorare nelle istituzioni: analisi delle sfide e delle opportunità a Zollino

Job day dal panel innovativo nell’ambito del progetto Punti Cardinali della Regione Puglia

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Lavorare all’interno delle istituzioni è un tema di cui probabilmente non si è mai discusso pubblicamente, ancor meno con coloro i quali operano all’interno delle istituzioni ed affiancano i politici che svolgono la propria attività istituzionale in contesti nazionali ed europei.

Questo panel del tutto innovativo ma che ha suscitato notevole interesse e curiosità è partito da Zollino. L’amministrazione comunale ed il Sindaco Edoardo Calò, nell’ambito del programma Punti Cardinali, ideato dalla Regione Puglia, hanno organizzato un job day dal titolo “lavorare nelle istituzioni: sfide ed opportunità”.

Ad intervenire all’incontro sono state diverse personalità che lavoro all’interno delle istituzioni, occupandosi di comunicazione politica, dei rapporti territoriali, della gestione delle campagne elettorali e del coordinamento di importanti programmi economici sviluppati della Commissione Europea.

Tutti giovani ragazzi salentini, con un’età media inferiore ai trent’anni e già una grande esperienza alle spalle. Tra gli altri anche il Professore Daniele De Luca, presidente del corso di laurea in scienze politiche dell’Università del Salento, l’università da cui provengono proprio la maggior dei giovani professionisti.

Si sono alternati così Lorenzo Tondo, assistente parlamentare europeo e già collaboratore politico nella scorsa legislatura presso il Consiglio Regionale della Puglia. Margherita Zappatore, consulente politico e legislativo e amministratore unico della ZCA consulting. Letizia Castellano, policy assistant nella direzione generale per gli affari economici e finanziari presso la commissione europea, nonché cittadina di Zollino. Salvatore Ciriolo, assistente europeo ed esperto di comunicazione politica ed istituzionale.

A moderare gli interventi Giulia Gigante, autrice presso Formiche.net. Un incontro, a quanto riferiscono i presenti, decisamente interessante che ha fatto luce su professioni poco note ma di grande interesse, con giovani professionisti che si sono rivelati risorse importanti per questo territorio.

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