Attualità
L’intervista a Don Flavio: “Dopo 23 anni, arrivederci Tricase”
Il parroco originario di Salignano prossimo al trasferimento: nel 2000 iniziò il suo ministero nella frazione di Depressa, poi il trasferimento nella parrocchia della chiesa Madre

di Lorenzo Zito
Ci sono esperienze che durano a lungo, al punto da sembrare non debbano finire mai. E più il tempo passa più il cambiamento, quando arriva, sorprende.
A Tricase la parrocchia della Natività della Beata Vergine Maria (per tutti, più semplicemente, la Chiesa Madre) dopo 12 anni saluta il suo parroco. Don Flavio Ferraro (oggi 53 anni, nativo di Salignano, frazione Castrignano del Capo), con la sua famosa bici alla don Matteo, si appresta a pedalare per le vie di Ugento. Lo attende la parrocchia di San Giovanni Bosco, che il prossimo 5 novembre lo accoglierà con la messa d’ingresso.
A Tricase, invece, il congedo a fine mese. L’ultima sua funzione nella chiesa tra piazza Pisanelli e piazza don Tonino Bello sarà alle 17e30 di mercoledì 31 ottobre. Poi tutto diverrà un ricordo: il rapporto coi fedeli, l’amicizia con un’intera comunità, l’impegno per i poveri (vicini e lontani), il restauro della Madonna della Serra ed anche qualche rammarico.
La nostra chiacchierata in Redazione con Don Flavio inizia col pensiero ad amico in comune, il veterinario Massimo Probo scomparso in questi giorni: “Non sono molto per le messe, ma il 31 ottobre verrò a trovarti, mi aveva detto”. Da qui lo spunto per la prima domanda.
Pensi di aver creato comunità anche oltre la fede?
Ho fatto del mio meglio per dare valore all’uomo che c’è dietro alla figura spirituale. Credo che il primo compito sia quello di non giudicare la persona in quanto tale, ma di capirla e prescindere dalla sua storia. Anche questo è il ruolo del parroco.
Tricase: cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto.
Tutta la mia esperienza sacerdotale è qui a Tricase: quello di Depressa è stato il mio primo ministero, seguito dagli anni nella chiesa Madre. Per questo dico, non mi ha tolto nulla ma mi ha insegnato e fatto crescere tanto. Ho imparato ad essere padre, fratello, figlio. E spero di aver restituito quanto ricevuto. Confido di lasciare una comunità cresciuta sotto l’aspetto dell’accoglienza.
Alla soglia della nuova esperienza, c’è più entusiasmo o nostalgia? Cosa ti mancherà?
Quando abiti questi posti, o ti fermi ai doveri d’ufficio o entri nella comunità, crei un rapporto, un colloquio umano. Questo è quello che è accaduto a Tricase. Sì, sapevo che non sarei potuto restare qui in eterno, ma oggi mi rendo conto che stando bene con me stesso sono stato bene con il mondo. Oltre alle persone, mi mancherà quello che abbiamo creato. Come la mensa per i poveri, che di norma è un compito delle amministrazioni e non delle parrocchie. Il lavoro fatto con le suore Francescane del Cuore Immacolato di Maria, giunte dal Tamil Nadu e che oggi vivono nella nostra parrocchia: un gemellaggio con l’India che ci ha permesso di adottare 60 bambini. L’impegno per i ragazzi disagiati, che abbiamo affiancato grazie al tempo dedicato dai pensionati al gruppo “Ala di riserva”. Vado via carico per l’esperienza che mi attende ed in pace con me stesso: a Tricase sono arrivato povero e me ne vado povero. Consapevole di aver restituito alla comunità tutto quanto è passato per le mie mani.
Don Tonino Bello è stato parroco della chiesa della Natività della Beata Vergine Maria. Che peso ha questa eredità?
All’inizio l’impatto è stato forte. Mi sentivo inadeguato. Poi mi sono accorto che in parrocchia non era rimasto nulla del suo messaggio. Allora ho iniziato a lavorare al recupero di tutto il materiale che aveva a che fare con il suo passaggio da Tricase, con la ricerca ed il restauro di scritti, testimonianze, foto. E nel tempo ho appreso che don Tonino è oltre i libri: ogni persona che lo ha conosciuto e amato è una pagina della sua vita.
Hai rammarico per qualcosa che avresti voluto e non hai potuto fare?
L’oratorio. È ciò che avrei voluto realizzare per questa parrocchia. Mi è mancato molto avere questo luogo di aggregazione, questa città nella città. Ci ho provato, ma non ho ricevuto aiuto: ho chiesto alle amministrazioni ed anche alle famiglie che, pensavo, avrebbero potuto concedere un pezzo di terra. Ma non è stato così.
Un messaggio ai tricasini?
Li ringrazio per l’affetto: mi sono sentito a casa. La cosa più bella, in questi giorni, è stato l’abbraccio delle persone, dopo che avevano appreso del mio trasferimento. Ho scoperto di essere in un pezzetto della vita di tanti che pensavo nemmeno mi conoscessero. Non è scontato. Ricordo le lacrime dei primi giorni: non furono semplici. Venivo da Depressa, una parrocchia generosa che non mi aveva mai lasciato solo ed in cui avevo realizzato tanti progetti e tirato su un oratorio. Quando arrivai a Tricase fui accolto con freddezza. Pensavo di essere indesiderato, invece era ‘solo’ diffidenza iniziale…
Come è cambiato essere parroco in questi ultimi 20 anni?
È cambiato soprattutto il rapporto con la fede. Si è accentuata la visione della parrocchia come luogo degli aspetti burocratici (il battesimo, la comunione, la cresima), mentre si è persa la sua natura spirituale, la sua sacralità.
Per rimediare, oggi molti parroci sono social. È giusto?
È giusto che ognuno veicoli il proprio messaggio nel modo in cui meglio gli riesce. Ma i social non portano più fedeli a messa. Io sono social fino ad un certo punto: la credibilità la chiesa è nel saper essere umani e vicini ai più deboli.
Un messaggio al parroco che ti succederà?
Sono davvero contento che arrivi don Gianluigi. È un parroco con molte potenzialità, una persona originale e con tanta inventiva. Confido che possa far bene.
Per chiudere, una battuta di un nostro lettore: Don Flavio si avvicina al vescovo, è stato promosso!
Rispondo anch’io con una battuta: avevo chiesto una parrocchia piccolina, ma il vescovo mi ha detto che sono ancora giovane (ride). Sono convinto che quella di un Ugento sarà una bella esperienza. Sono entusiasta del mio prossimo inizio e felice di conoscere una nuova comunità, di vivere una nuova parrocchia e di potermi impegnare per valorizzare il suo bell’oratorio.
Appuntamenti
#TAURISANOSVAPO, nuova apertura dopo Maglie e Tricase
“Abbiamo sempre lavorato per fornire il miglior servizio possibile, anche esponendoci di persona per cercare di diventare trend setter in questo settore”…

Nuova apertura a Taurisano per Svapo già presente a Tricase e Maglie.
«Già presenti sul territorio leccese con due negozi», spiega Dario Surano, «abbiamo deciso di arricchire il sud Salento con un terzo punto vendita. Lo scopo cardine è di espandere la nostra rete di negozi per avvicinare sempre più persone alla nostra visione».
Infatti, prosegue, «operando nel settore svapo dal 2015, abbiamo affinato esperienza e coltivato la clientela con un rapporto che va oltre il mero aspetto lavorativo. Vogliamo mettere a disposizione, tutta l’esperienza maturata in questo tempo per creare luoghi dove passione e professionalità incontrano il meglio che il mercato della sigaretta elettronica possa offrire. Al centro dell’attenzione mettiamo sempre le esigenze e le richieste di tutti coloro che negli anni si sono approcciati o che si vogliono avvicinare alla sigaretta elettronica».
Come si è arrivati alla nuova apertura?
«Insieme a tutti i nostri collaboratori», premette Surano, «abbiamo sempre lavorato per fornire il miglior servizio possibile, anche esponendoci di persona per cercare di diventare trend setter in questo settore che amiamo e in cui mettiamo tutti noi stessi. Con l’apertura di #TAURISANOSVAPO ci rimettiamo in gioco ma siamo sicuri che riusciremo a vincere anche questa una sfida con l’aiuto e anche l’apprezzamento di tutti i consumatori che si affidano a noi con fiducia».
«Vogliamo che ogni cliente di senta parte del nostro progetto», insiste, «offrire il meglio nel mondo dello svapo, con prodotti di qualità e un servizio che faccia sentire ogni persona importante grazie alla professionalità dei nostri collaboratori.
Tutti insieme ci divertiamo, certamente, ma non dobbiamo mai dimenticare che lo svapo è prima di tutto salute, ovvero uno strumento per abbandonare il vizio del fumo. Se riusciremo a trasmettere questo messaggio in allegria e con il sorriso sulle labbra, secondo me, avremo ancora più successo».
Attualità
Maria Antonietta I di Puglia
È in primo luogo necessario elaborare una strategia di massima che riguarda, per così dire, una più profonda capacità di comprendere, anticipare e soddisfare le attese e le potenzialità del territorio e un aumento del numero dei corsi di laurea e dei dipartimenti, ossia di quelle che una volta (sino al 2010) si chiamavano facoltà….

Unisalento, ecco la prima rettrice
Maria Antonietta Aiello: «Per me motivo di orgoglio diventare la prima rettrice: non ho dubbi che altre ce ne saranno, perché non c’è alternativa a un futuro di reali pari opportunità»
La professoressa sarà rettrice per il sessennio 2025-2031.
Al primo turno il voto pesato per ciascuno dei tre candidati ammessi alla procedura elettorale era stato: Maria Antonietta Aiello, 338,269; Luigi Melica, 278,944; Salvatore Rizzello, 138,239.
Dopo il ritiro degli altri due candidati, ovvero il direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche Luigi Melica e il direttore della Scuola superiore ISUFI Salvatore Rizzello, i voti della comunità accademica si sono indirizzati in blocco, infatti, sull’attuale prorettrice vicaria e ordinaria di Tecnica delle Costruzioni al Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione. Di Marzi (Cosenza), sarà dal prossimo 1° novembre, a prendere il testimone dal rettore Fabio Pollice.
La vera sfida del futuro
di Hervé Cavallera
Il 2025 è un anno importante per l’Università del Salento. Da non molto sono trascorsi i festeggiamenti per il suo 70° anno di vita ed è stato appena eletto, nella persona della prof.ssa Maria Antonietta Aiello, il suo 11° rettore, anzi la prima Rettrice di Unisalento.
Il primo rettore, e inoltre fondatore dell’Università, fu Giuseppe-Codacci-Pisanelli (nel 1955 rettore del Consorzio Universitario Salentino, dal 1956 al 1976 rettore dell’Università di Lecce), quindi Saverio Mongelli (1976-1979), Mario Marti (1979-1981), Alberto Sobrero (1981-1983), Donato Valli (1983-1992), Angelo Rizzo (1992-2001), Oronzo Limone (2001-2007) che mutò (2007) il nome da Università di Lecce in Università del Salento, Domenico Laforgia (2007-2013), Vincenzo Zara (2013-2019), Fabio Pollice (2019-2025).
In 70 anni, ovviamente, non solo è cresciuta l’offerta formativa dell’Università salentina (sorta con la Facoltà di Magistero a cui seguì quella di Lettere e Filosofia), ma è cambiato l’intero panorama nazionale.
L’Università di Lecce fu la terza ad esistere, dopo Napoli e Bari, nell’Italia meridionale continentale.
Oggi numerose sono le università statali nelle diverse regioni del Sud, a cui devono aggiungersi quelle non statali legalmente riconosciute e quelle telematiche. Il che, si capisce, comporta una serie di problemi di natura economica, che crescono ulteriormente pensando al numero consistente di studenti del Sud che preferiscono recarsi in università del Centro-Nord e, non ultimo, alla denatalità che riduce il numero dei giovani.
Mantenere al meglio l’esistente è ciò che diventa immediatamente evidente per chi assurge alla carica rettorale.
Ma “mantenere”, in una realtà sempre più complessa, concorrenziale e globalizzata, non è invero sufficiente. Nel mondo della flessibilità, non si mantiene: si sviluppa. Occorre crescere ulteriormente e divenire sempre più concorrenziali.
Sotto tale profilo il compito che attende la Rettrice, non è affatto facile.
È in primo luogo necessario elaborare una strategia di massima che riguarda, per così dire, una più profonda capacità di comprendere, anticipare e soddisfare le attese e le potenzialità del territorio e un aumento del numero dei corsi di laurea e dei dipartimenti, ossia di quelle che una volta (sino al 2010) si chiamavano facoltà.
Al tempo stesso è opportuno migliorare la qualità dell’assistenza studentesca, dei servizi che si offrono.
Basti pensare agli alloggi, ai collegamenti, alla viabilità, alle mense universitarie.
Si tratta di una serie di obiettivi che – una volta raggiunti – farebbero risaltare l’immagine di una università dinamica, accorta ai bisogni del presente e del territorio, volta all’innovazione.
E’ opportuno che per raggiungere tutto questo la Rettrice sia coadiuvata da uno staff efficiente e coeso.
Certo, quello che si è indicato pare necessario e tuttavia non facile da conseguire in quanto comporta in primo luogo una serie di interazioni con il mondo politico ed economico abbastanza complesse. Soprattutto non sono trascurabili, ad avviso di chi scrive, i dati già rilevati connessi alla denatalità e alla volontà giovanile di spostarsi altrove, anche fuori d’Italia, in vista di una più proficua occupazione dopo aver conseguito la laurea.
Alla luce di quanto sopra il problema diventa allora quello di rendere appetibile – mi si passi il termine – Unisalento.
Affinché questo sia, bisogna tornare ad essere quello che l’università ha voluto essere nel suo significato pieno, come del resto è attestato dalla storia.
Certo, è il luogo ove studiare le discipline che consentono di acquisire le conoscenze e le competenze di base della propria professione per il bene personale e del prossimo, ma in primo luogo è un centro di ricerca di alta cultura.
Solo puntando alla realizzazione di uno stimolante centro di ricerca è possibile dare veramente vita ad una università.
Si tratta, insomma, di mettere totalmente da parte sia l’idea di un mero titolificio sia quella di un’azienda che offre pure velleitarie illusioni.
Un centro di ricerca, con docenti scientificamente qualificati, sarebbe certamente in grado di diventare punto di riferimento dell’utenza studentesca e quindi motore di crescita territoriale proprio perché in sé garante della serietà e della qualità degli studi.
In un momento storico in cui prevale l’innovazione è evidente che solo un serio approfondimento nei diversi campi dello scibile umano può diventare forza attrattiva e positivamente propulsiva.
Come scrive Dante nel Canto VI del Paradiso, grande merito dell’imperatore Giustiniano fu quello di aver tolto dalle leggi, nel suo Corpus iuris, «il troppo e ‘l vano».
Ecco: il compito della Rettrice Maria Antonietta Aiello (e ciò in realtà vale per ogni università) è di snellire le lungaggini burocratiche e di puntare sull’essenziale, ossia sull’apporto di docenti veramente all’altezza del presente, che siano in grado di contribuire, ognuno per il proprio settore scientifico-disciplinare, allo sviluppo della ricerca nazionale e internazionale. Infatti, solamente rendendo ancor di più l’Università del Salento un polo di eccellenza scientifica non soltanto i giovani sarebbero indotti ad iscriversi, ma essa diventerebbe un notevole centro di promozione dell’intero territorio.
Tutto questo, si comprende bene, non si realizza in un batter d’ali e richiede lungimiranza e capacità di costituire un corpo docente di rilievo. È ciò che si augura alla Rettrice neoeletta in un momento storico in cui l’Occidente sembra scivolare nei vaniloqui e nell’asservimento alla tecnologia.
Attualità
Albaservice: Risanamento e tutela dell’occupazione le parole d’ordine
Il percorso di rilancio è stato reso possibile grazie all’impegno del Consiglio Provinciale e alla piena collaborazione dei dirigenti e funzionari dell’Ente….

Dopo oltre un decennio segnato da difficoltà economiche, ammortizzatori sociali e incertezza occupazionale, Albaservice spa, società interamente partecipata dalla Provincia di Lecce, volta finalmente pagina.
Grazie a un lavoro sinergico e determinato, guidato dal presidente della Provincia Stefano Minerva e dall’amministratore unico Marco Miceli, è stato raggiunto un risultato straordinario: dal 2025 nessun lavoratore sarà lasciato indietro. Tutti i dipendenti torneranno all’orario pieno di 40 ore settimanali, senza più ricorso alla cassa integrazione o altri strumenti di sostegno al reddito.
Un traguardo impensabile fino a pochi mesi fa, ottenuto attraverso un’azione politica e amministrativa forte, che ha visto la rimodulazione delle convenzioni quadro tra Provincia e partecipata, relative alla gestione degli edifici scolastici e alla manutenzione della rete viaria, e l’affidamento di nuovi servizi strategici per garantire la sostenibilità dell’azienda.
Il percorso di rilancio è stato reso possibile grazie all’impegno del Consiglio Provinciale e alla piena collaborazione dei dirigenti e funzionari dell’Ente. In soli sei mesi, la nuova amministrazione ha saputo imprimere una svolta concreta, restituendo ad Albaservice un’identità operativa, una prospettiva industriale e una dignità occupazionale.
“Non parliamo solo di un risultato economico, ma di un atto di responsabilità istituzionale e di giustizia sociale. Albaservice torna a essere una risorsa per il territorio, per le scuole, per le strade, per i cittadini, e questo è stato possibile anche grazie alla disponibilità dei lavoratori e al lavoro infaticabile dei sindacati, che ringrazio per il proficuo confronto e la piena convergenza per il raggiungimento di questo importante traguardo”, ha dichiarato il presidente Minerva.
Albaservice rappresenta oggi un modello di servizio pubblico efficiente e vicino alle comunità, con operatori che garantiscono quotidianamente la sicurezza e il decoro del patrimonio scolastico e stradale provinciale. Un ruolo che torna a essere valorizzato, anche grazie alla stabilità lavorativa finalmente restituita a tutte le maestranze.
Anche l’amministratore unico Marco Miceli ha espresso la propria soddisfazione: “Abbiamo lavorato con rigore, visione e rispetto per ogni lavoratore. Questo risultato è la dimostrazione che le partecipate pubbliche, se ben governate, possono essere centri di eccellenza e coesione sociale.”
Il futuro di Albaservice riparte dunque da basi solide: un piano industriale sostenibile, una squadra di lavoro motivata e un ente pubblico che ha saputo credere e investire nel cambiamento.
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