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Attualità

Nuovo Pronto soccorso a Tricase, l’ospedale fa da sé

Lo scontro tra maggioranza e opposizione, le lungaggini burocratiche e la scadenza del 31 dicembre prossimo per partecipare al bando hanno indotto l’azienda ospedaliera ad una scelta radicale. L’ingegner Antonio Coppola: «Dopo un’infinità di incontri, vista la mancata condivisione politica, abbiamo cambiato strada».  Dettagli, foto e video rendering dei progetti del Pronto soccorso e della Piastra

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di Giuseppe Cerfeda


Nuovo Pronto Soccorso di Tricase: dove eravamo rimasti?


Al progetto che coinvolgeva anche il comune di Tricase perché avrebbe interessato una porzione della città, con inevitabile impatto urbanistico.


Lo scontro tra maggioranza e opposizione, le prevedibili lungaggini burocratiche e la scadenza del 31 dicembre prossimo per partecipare al bando (max 3 milioni per progetto con un massimo di due progetti) dedicato esclusivamente ai cosiddetti ospedali “classificati” (San Giovanni Rotondo, il “Miulli” di Acquaviva delle Fonti ed il “Cardinale Panico”), hanno indotto l’Azienda ospedaliera tricasina a cercare una soluzione alternativa.


«Abbiamo cambiato per necessità», ammette l’ing. Antonio Coppola, responsabile tecnico del “Cardinale Panico”, «il vecchio progetto era nato dopo un’infinità di incontri. Venendo meno la condivisione politica e correndo il rischio di portarla troppo per le lunghe, per non perdere il finanziamento della Regione, abbiamo deciso di fare da soli, prevedendo l’intera opera all’interno dell’area ospedaliera».


La soluzione studiata dall’ing. Coppola è condivisa con la Direzione dell’ospedale: «Il Pronto Soccorso verrà filo strada e bisognerà utilizzare tutti quegli accorgimenti necessari perché non ci siano violazioni della privacy in situazioni di estrema difficoltà. Abbiamo cercato soluzioni architettoniche che fungano da schermatura».


Nulla cambia per quanto riguarda l’ampliamento del presidio di Pronto soccorso e, quindi, «per poter scavare dove ora ci sono le rampe, bisognerà realizzare un percorso alternativo: la rampa per arrivare al Pronto soccorso partirà dal cancello carraio alla fine di via San Pio X, dove c’è la centrale di cogenerazione».



La difficoltà resta quella di realizzare i lavori senza intralciare l’operato del Pronto soccorso, la cui attività non si potrà certo sospendere: «Parliamo di un presidio con 36mila accessi all’anno e con la previsione di toccare i 40mila. Nella nuova impostazione che ci siamo data, realizzando tutto all’interno del recinto ospedaliero, procederemo ad opere definitive e non provvisorie. Realizzeremo un’altra strada che, confinante con la via che va verso Depressa, partirà dal piano stradale fino al piano primo, dove adesso c’è il Pronto soccorso; da qui si scenderà all’interno dell’ospedale, vicino al reparto di Radiologia, l’attuale ingresso».


I lavori dovranno essere separati in due momenti distinti: «Una prima fase prevede l’adeguamento del Pronto soccorso, vicino all’attuale chiesetta. La parte più indietro, quella dell’ingresso dirigenziale di rappresentanza, sarà destinata al “Codice disciplina 51”. Si tratta di 10 posti letto, sempre per emergenza – urgenza, che verranno finanziati separatamente. Il “Codice 51” verrà realizzato nella fase immediatamente successiva rispetto alla realizzazione della rampa».


Resta fermo il concetto di collegamento tra presidio di emergenza – urgenza e reparti: «Ci sarà un ascensore dedicato esclusivamente al Pronto soccorso. Tutti coloro che giungeranno, sosteranno in un’ampia area di attesa per utenti e parenti. Un’area attrezzata per facilitare l’accesso al Pronto soccorso e ridurre le attese. Previste zone dedicate alle informazioni agli utenti, all’assistenza per le disabilità, all’area ristoro, un’ampia sala d’attesa per i parenti. Per i pazienti due zone distinte: una per i non barellati, cioè per le persone che possono deambulare, l’altra per i barellati che arriveranno in ambulanza dall’altro ingresso. All’interno del P.s. la ripartizione delle postazioni, ognuna per i diversi codici: bianco, verde, azzurro, arancione e rosso».


Le sale di pre-accettazione: «Il paziente una volta giunto al triage verrà classificato in base all’intensità della patologia e, nel caso, potrà anche essere dirottato al “See and Treat (Guarda e Tratta, percorso dedicato ai pazienti i cui problemi potranno essere risolti direttamente all’accoglienza) evitando diversi passaggi e procedure, oppure al Fast Track (Pista Veloce, atta a fornire una risposta assistenziale alle urgenze minori che si presentano in Pronto soccorso). Nel progetto anche una sala separata dedicata esclusivamente ai casi di violenza. Questo per salvaguardare la privacy e per proteggere il paziente che, in questi casi, sarà un soggetto fragile e dovrà godere di ogni supporto necessario».


In pratica l’infermiere di Triage accoglierà la vittima, assegnandole un codice identificativo: il tempo di attesa sarà volutamente breve e la visita medica tempestiva, per ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari.


Nel caso in cui si presentasse una donna con minori sarà fondamentale che gli stessi restino con la madre. Per garantire protezione, sicurezza e riservatezza, la vittima (o il nucleo familiare), sarà accompagnata in un’area separata, area in cui eventuali altri accompagnatori saranno ammessi solo su richiesta della vittima stessa.


Ci saranno anche «otto postazioni di Osservazione Breve Intensiva (O.B.I.)», dove verranno inviati dai medici del Pronto soccorso quei casi con malattie che non necessitano di ricovero immediato ma di una terapia con osservazione per alcune ore e/o di un approfondimento diagnostico.


Tutto questo prelude ad un potenziamento del personale in servizio? A nuove assunzioni?


«Certamente. E varrà per medici, infermieri, autisti, portantini, ecc.».


Oltre al deposito barelle e carrozzelle, il progetto prevede anche una parte dedicata alla sicurezza: «In aggiunta alle guardie giurate, che già stazionano insieme all’attuale portinaio, dedicheremo dei luoghi agli agenti di sicurezza privata».


Tra le novità anche un’area calma per una o più ambulanze in arrivo: «Il paziente dovrà arrivare in un ambiente chiuso e riscaldato (o rinfrescato d’estate). All’arrivo si aprirà la saracinesca, l’ambulanza entrerà e, dopo aver fatto scendere il paziente, uscirà per parcheggiare all’interno del recinto ospedaliero».


La zona contumacia: «Se arrivassero pazienti potenzialmente infettivi, attraverso un filtro entrerebbero, verrebbero esaminati e sottoposti ad accertamenti e test. Nel caso in cui il paziente non fosse infettivo, stazionerebbe il tempo necessario, dopodiché verrebbe inviato nei reparti o nel pronto soccorso. Nel caso fosse infettivo, a seconda del tipo di infezione contratta, usufruirebbe di percorsi separati, in modo da non rappresentare un pericolo per gli altri pazienti».


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LA PIASTRA


«Funzionale ad un adeguamento di tutti i servizi.La Fondazione Panico ha già speso, contraendo mutui, quasi 8 milioni di euro. Abbiamo calcolato ne serviano ancora tra i 15 e i 18»


In attesa che il progetto del nuovo Pronto soccorso completi il suo iter burocratico, proseguono i lavori per il grosso edificio tondeggiante (la “Piastra”), alle spalle del nosocomio, di fronte alla Casa di Betania.


«Non offrirà nuovi posti letto», chiarisce l’ing. Antonio Coppola, «sarà funzionale ad un adeguamento di tutti i servizi dell’ospedale. Il piano più in basso, al livello dell’ingresso carraio, è destinato a quelle attività che hanno rapporti diretti con l’esterno: carico e scarico merci, lavanderia, uffici tecnici, economato per il personale, zona operai, ecc. In questo modo non ci saranno interferenze con la movimentazione sanitaria. Al piano immediatamente superiore verrà il Centro unico di prenotazione (CUP). Non ci saranno più postazioni sparse, sarà tutto concentrato in questo piano con ingresso, fornito di rampa per disabili, da via Giovanni XXIII. Sarà un grosso CUP con ampia zona di ristoro e attesa. Sullo stesso piano anche parafarmacia e gli ambulatori collegati con il primo accesso per prericovero, prelievo, ecc. Sullo stesso livello dell’attuale piano terra avranno sede il laboratorio di analisi e l’ampliato servizio immunotrasfusionale.  Su quello che corrisponde all’attuale primo piano, per tutta la dimensione della piastra, altri ambulatori ed una parte destinata ad attività dirigenziali: direzione amministrativa, direzione sanitaria, eccetera. Il piano più su è destinato agli ambulatori che richiedono più spazio».


Tutto collegato all’attuale ospedale: «Usufruiremo di sei ascensori in più, in adiacenza rispetto agli attuali. Due di questi saranno in dotazione esclusiva dei Vigili del fuoco in caso di necessità. Ci saranno anche delle “aree calme” dove, nel caso si verificasse un incendio, gli utilizzatori del reparto troveranno rifugio sicuro».


E i piani sopra? «Finita la parte destinata agli ambulatori realizzeremo tre piani destinati a degenze, non ampliamento ma miglioramento di quelle che già ci sono. Si tratta dei piani che corrispondono agli attuali terzo e quarto. Il quinto piano sarà dedicato al miglioramento di ostetricia-ginecologia, dotato di un’altra sala per pre e post-parto e una nuova sala operatoria. Infine, sopra a tutti, un piano servizi con gli impianti di condizionamento per tutte le macchine in dotazione».


I lavori in corso, anche in questo caso, ovviamente, non interferiscono con l’attuale attività: «Fino ad ora abbiamo sempre lavorato senza bloccare l’attività esistente, dotandoci di opere provvisorie. Abbiamo bloccato i corridoi della cucina, realizzando delle strutture esterne separate; deviato il percorso della fognatura, quelli di media tensione, dell’elettricità e dell’acquedotto, senza mai interrompere i servizi, neanche per un giorno».


I tempi per il completamento?


«Ci auguriamo non siano biblici. Tutto dipenderà dal finanziamento pubblico che, però, non sappiamo se e quando si concretizzerà.  Abbiamo fatto richiesta, indicando quali sono gli importi necessari all’ultimazione. Però non c’è stato ancora dato riscontro».


C’è il rischio che l’opera resti incompleta?


«No. Comunque andremmo avanti! Anche dovendo contare solo sulle nostre forze. La Fondazione ha già speso, contraendo mutui, quasi 8 milioni di euro. Abbiamo calcolato ne servano ancora tra i 15 e i 18. Più il tempo passa senza che la Regione adegui le tariffe e più sarà complicato riuscire senza un congruo finanziamento pubblico. Non che non si faccia, ma è chiaro che l’opera non potrà essere realizzata subito e in blocco se non ci sarà un finanziamento pubblico. Nel caso si concretizzasse il finanziamento, invece, si potrà realizzare l’intera struttura nel giro di tre anni».


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Appuntamenti

#TAURISANOSVAPO, nuova apertura dopo Maglie e Tricase

“Abbiamo sempre lavorato per fornire il miglior servizio possibile, anche esponendoci di persona per cercare di diventare trend setter in questo settore”…

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Nuova apertura a Taurisano per Svapo già presente a Tricase e Maglie.

«Già presenti sul territorio leccese con due negozi», spiega Dario Surano, «abbiamo deciso di arricchire il sud Salento con un terzo punto vendita. Lo scopo cardine è di espandere la nostra rete di negozi per avvicinare sempre più persone alla nostra visione».

Infatti, prosegue, «operando nel settore svapo dal 2015, abbiamo affinato esperienza e coltivato la clientela con un rapporto che va oltre il mero aspetto lavorativo. Vogliamo mettere a disposizione, tutta l’esperienza maturata in questo tempo per creare luoghi dove passione e professionalità incontrano il meglio che il mercato della sigaretta elettronica possa offrire. Al centro dell’attenzione mettiamo sempre le esigenze e le richieste di tutti coloro che negli anni si sono approcciati o che si vogliono avvicinare alla sigaretta elettronica».

Come si è arrivati alla nuova apertura?

«Insieme a tutti i nostri collaboratori», premette Surano, «abbiamo sempre lavorato per fornire il miglior servizio possibile, anche esponendoci di persona per cercare di diventare trend setter in questo settore che amiamo e in cui mettiamo tutti noi stessi. Con l’apertura di #TAURISANOSVAPO ci rimettiamo in gioco ma siamo sicuri che riusciremo a vincere anche questa una sfida con l’aiuto e anche l’apprezzamento di tutti i consumatori che si affidano a noi con fiducia».

«Vogliamo che ogni cliente di senta parte del nostro progetto», insiste, «offrire il meglio nel mondo dello svapo, con prodotti di qualità e un servizio che faccia sentire ogni persona importante grazie alla professionalità dei nostri collaboratori.

Tutti insieme ci divertiamo, certamente, ma non dobbiamo mai dimenticare che lo svapo è prima di tutto salute, ovvero uno strumento per abbandonare il vizio del fumo. Se riusciremo a trasmettere questo messaggio in allegria e con il sorriso sulle labbra, secondo me, avremo ancora più successo».

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Attualità

Maria Antonietta I di Puglia

È in primo luogo necessario elaborare una strategia di massima che riguarda, per così dire, una più profonda capacità di comprendere, anticipare e soddisfare le attese e le potenzialità del territorio e un aumento del numero dei corsi di laurea e dei dipartimenti, ossia di quelle che una volta (sino al 2010) si chiamavano facoltà….

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Unisalento, ecco la prima rettrice

Maria Antonietta Aiello: «Per me motivo di orgoglio diventare la prima rettrice: non ho dubbi che altre ce ne saranno, perché non c’è alternativa a un futuro di reali pari opportunità»

La professoressa sarà rettrice per il sessennio 2025-2031.

Al primo turno il voto pesato per ciascuno dei tre candidati ammessi alla procedura elettorale era stato: Maria Antonietta Aiello, 338,269; Luigi Melica, 278,944; Salvatore Rizzello, 138,239.

Dopo il ritiro degli altri due candidati, ovvero il direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche Luigi Melica e il direttore della Scuola superiore ISUFI Salvatore Rizzello, i voti della comunità accademica si sono indirizzati in blocco, infatti, sull’attuale prorettrice vicaria e ordinaria di Tecnica delle Costruzioni al Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione. Di Marzi (Cosenza), sarà dal prossimo 1° novembre, a prendere il testimone dal rettore Fabio Pollice.

La vera sfida del futuro

di Hervé Cavallera

di Hervé Cavallera

Il 2025 è un anno importante per l’Università del Salento. Da non molto sono trascorsi i festeggiamenti per il suo 70° anno di vita ed è stato appena eletto, nella persona della prof.ssa Maria Antonietta Aiello, il suo 11° rettore, anzi la prima Rettrice di Unisalento.

Il primo rettore, e inoltre fondatore dell’Università, fu Giuseppe-Codacci-Pisanelli (nel 1955 rettore del Consorzio Universitario Salentino, dal 1956 al 1976 rettore dell’Università di Lecce), quindi Saverio Mongelli (1976-1979), Mario Marti (1979-1981), Alberto Sobrero (1981-1983), Donato Valli (1983-1992), Angelo Rizzo (1992-2001), Oronzo Limone (2001-2007) che mutò (2007) il nome da Università di Lecce in Università del Salento, Domenico Laforgia (2007-2013), Vincenzo Zara (2013-2019), Fabio Pollice (2019-2025).

In 70 anni, ovviamente, non solo è cresciuta l’offerta formativa dell’Università salentina (sorta con la Facoltà di Magistero a cui seguì quella di Lettere e Filosofia), ma è cambiato l’intero panorama nazionale.

L’Università di Lecce fu la terza ad esistere, dopo Napoli e Bari, nell’Italia meridionale continentale.

Oggi numerose sono le università statali nelle diverse regioni del Sud, a cui devono aggiungersi quelle non statali legalmente riconosciute e quelle telematiche. Il che, si capisce, comporta una serie di problemi di natura economica, che crescono ulteriormente pensando al numero consistente di studenti del Sud che preferiscono recarsi in università del Centro-Nord e, non ultimo, alla denatalità che riduce il numero dei giovani.

Mantenere al meglio l’esistente è ciò che diventa immediatamente evidente per chi assurge alla carica rettorale.

Ma “mantenere”, in una realtà sempre più complessa, concorrenziale e globalizzata, non è invero sufficiente. Nel mondo della flessibilità, non si mantiene: si sviluppa. Occorre crescere ulteriormente e divenire sempre più concorrenziali.

Sotto tale profilo il compito che attende la Rettrice, non è affatto facile.

È in primo luogo necessario elaborare una strategia di massima che riguarda, per così dire, una più profonda capacità di comprendere, anticipare e soddisfare le attese e le potenzialità del territorio e un aumento del numero dei corsi di laurea e dei dipartimenti, ossia di quelle che una volta (sino al 2010) si chiamavano facoltà.

Al tempo stesso è opportuno migliorare la qualità dell’assistenza studentesca, dei servizi che si offrono.

Basti pensare agli alloggi, ai collegamenti, alla viabilità, alle mense universitarie.

Si tratta di una serie di obiettivi che – una volta raggiunti – farebbero risaltare l’immagine di una università dinamica, accorta ai bisogni del presente e del territorio, volta all’innovazione.

E’ opportuno che per raggiungere tutto questo la Rettrice sia coadiuvata da uno staff efficiente e coeso.

Certo, quello che si è indicato pare necessario e tuttavia non facile da conseguire in quanto comporta in primo luogo una serie di interazioni con il mondo politico ed economico abbastanza complesse. Soprattutto non sono trascurabili, ad avviso di chi scrive, i dati già rilevati connessi alla denatalità e alla volontà giovanile di spostarsi altrove, anche fuori d’Italia, in vista di una più proficua occupazione dopo aver conseguito la laurea.

Alla luce di quanto sopra il problema diventa allora quello di rendere appetibile – mi si passi il termine – Unisalento.

Affinché questo sia, bisogna tornare ad essere quello che l’università ha voluto essere nel suo significato pieno, come del resto è attestato dalla storia.

Certo, è il luogo ove studiare le discipline che consentono di acquisire le conoscenze e le competenze di base della propria professione per il bene personale e del prossimo, ma in primo luogo è un centro di ricerca di alta cultura.

Solo puntando alla realizzazione di uno stimolante centro di ricerca è possibile dare veramente vita ad una università.

Si tratta, insomma, di mettere totalmente da parte sia l’idea di un mero titolificio sia quella di un’azienda che offre pure velleitarie illusioni.

Un centro di ricerca, con docenti scientificamente qualificati, sarebbe certamente in grado di diventare punto di riferimento dell’utenza studentesca e quindi motore di crescita territoriale proprio perché in sé garante della serietà e della qualità degli studi.

In un momento storico in cui prevale l’innovazione è evidente che solo un serio approfondimento nei diversi campi dello scibile umano può diventare forza attrattiva e positivamente propulsiva.

Come scrive Dante nel Canto VI del Paradiso, grande merito dell’imperatore Giustiniano fu quello di aver tolto dalle leggi, nel suo Corpus iuris, «il troppo e ‘l vano».

Ecco: il compito della Rettrice Maria Antonietta Aiello (e ciò in realtà vale per ogni università) è di snellire le lungaggini burocratiche e di puntare sull’essenziale, ossia sull’apporto di docenti veramente all’altezza del presente, che siano in grado di contribuire, ognuno per il proprio settore scientifico-disciplinare, allo sviluppo della ricerca nazionale e internazionale. Infatti, solamente rendendo ancor di più l’Università del Salento un polo di eccellenza scientifica non soltanto i giovani sarebbero indotti ad iscriversi, ma essa diventerebbe un notevole centro di promozione dell’intero territorio.

Tutto questo, si comprende bene, non si realizza in un batter d’ali e richiede lungimiranza e capacità di costituire un corpo docente di rilievo. È ciò che si augura alla Rettrice neoeletta in un momento storico in cui l’Occidente sembra scivolare nei vaniloqui e nell’asservimento alla tecnologia.

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Attualità

Albaservice: Risanamento e tutela dell’occupazione le parole d’ordine

Il percorso di rilancio è stato reso possibile grazie all’impegno del Consiglio Provinciale e alla piena collaborazione dei dirigenti e funzionari dell’Ente….

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Dopo oltre un decennio segnato da difficoltà economiche, ammortizzatori sociali e incertezza occupazionale, Albaservice spa, società interamente partecipata dalla Provincia di Lecce, volta finalmente pagina.

Grazie a un lavoro sinergico e determinato, guidato dal presidente della Provincia Stefano Minerva e dall’amministratore unico Marco Miceli, è stato raggiunto un risultato straordinario: dal 2025 nessun lavoratore sarà lasciato indietro. Tutti i dipendenti torneranno all’orario pieno di 40 ore settimanali, senza più ricorso alla cassa integrazione o altri strumenti di sostegno al reddito.

Un traguardo impensabile fino a pochi mesi fa, ottenuto attraverso un’azione politica e amministrativa forte, che ha visto la rimodulazione delle convenzioni quadro tra Provincia e partecipata, relative alla gestione degli edifici scolastici e alla manutenzione della rete viaria, e l’affidamento di nuovi servizi strategici per garantire la sostenibilità dell’azienda.

Il percorso di rilancio è stato reso possibile grazie all’impegno del Consiglio Provinciale e alla piena collaborazione dei dirigenti e funzionari dell’EnteIn soli sei mesi, la nuova amministrazione ha saputo imprimere una svolta concreta, restituendo ad Albaservice un’identità operativa, una prospettiva industriale e una dignità occupazionale.

Non parliamo solo di un risultato economico, ma di un atto di responsabilità istituzionale e di giustizia sociale. Albaservice torna a essere una risorsa per il territorio, per le scuole, per le strade, per i cittadini, e questo è stato possibile anche grazie alla disponibilità dei lavoratori e al lavoro infaticabile dei sindacati, che ringrazio per il proficuo confronto e la piena convergenza per il raggiungimento di questo importante traguardo”, ha dichiarato il presidente Minerva.

Albaservice rappresenta oggi un modello di servizio pubblico efficiente e vicino alle comunità, con operatori che garantiscono quotidianamente la sicurezza e il decoro del patrimonio scolastico e stradale provinciale. Un ruolo che torna a essere valorizzato, anche grazie alla stabilità lavorativa finalmente restituita a tutte le maestranze.

Anche l’amministratore unico Marco Miceli ha espresso la propria soddisfazione: “Abbiamo lavorato con rigore, visione e rispetto per ogni lavoratore. Questo risultato è la dimostrazione che le partecipate pubbliche, se ben governate, possono essere centri di eccellenza e coesione sociale.”

Il futuro di Albaservice riparte dunque da basi solide: un piano industriale sostenibile, una squadra di lavoro motivata e un ente pubblico che ha saputo credere e investire nel cambiamento.

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