Veglie
Pittura in chiave di violino a Veglie
Lunedì 4 luglio, dalle 22, performance musico-pittorica a cura del violinista Francesco Del Prete e del pittore Orodè Deoro. Inserita all’interno della Settimana della Cultura 2011
Lunedì 4 luglio, dalle 22, performance musico-pittorica a cura del violinista Francesco Del Prete e del pittore Orodè Deoro. Inserita all’interno della Settimana della Cultura 2011, che quest’anno ha come tema ”La storia siamo noi”, presso l’ex Convento dei Francescani di Veglie. La pittura di Orodè Deoro incontra la musica del violinista Francesco Del Prete. La musica si farà largo e farà breccia nell’anima e prima che scompaia assisteremo al tentativo di vederla disegnata e colorata. Tra colori caldi accordati, livide tonalità e figure di donne il pittore trasporrà nell’opera l’intima ribellione sua e del musicista contro l’alienante sofisticazione contemporanea, mentre la carta catturerà le fiamme delle più tormentate e insistenti passioni umane.
Approfondimenti
Islam, l’altra metà della fede
Musulmani in Salento, Pochi luoghi di culto per una fede relegata ancora alle zone d’ombra ed all’autogestione. L’imam di Lecce: «Coltiviamo la convivialità delle differenze». E poi: «Chi sceglie di vivere in Salento sa che, quando non ci sarà più, la sua salma dovrà tornare in patria e separarsi per sempre dai propri cari, a causa dell’assenza di uno spazio cimiteriale islamico»
di Lorenzo Zito
Non esiste un dato esatto in grado di dirci quanti siano i musulmani in provincia di Lecce; tuttavia, la comunità islamica salentina è in crescita.
L’ultimo censimento risale al 2014, ma resta non del tutto attendibile: all’epoca, furono conteggiati i cittadini provenienti da Paesi islamici e soggiornanti Salento.
Un dato non proprio ortodosso, visto che la provenienza di per sé non rappresenta un passaporto del credo. Sta di fatto che il numero, stabilito in 22mila fedeli, era già di per sé considerevole.
Ci ha parlato di questo dato Saifeddine Maaroufi, imam della comunità islamica di Lecce.
A lui ci siamo rivolti per analizzare la presenza e la vita musulmana in Salento.
Partendo da un punto di domanda: come mai se negli ultimi anni gli arrivi di stranieri sono aumentati (questo sì, lo raccontano i numeri) e molte famiglie musulmane si sono stabilizzate sul territorio, i luoghi di culto continuano ad essere pochi, insufficienti, piccoli e spesso improvvisati?
Facciamo prima un passo indietro, partendo dalla figura dell’imam di Lecce.
Signor Maaroufi, come è iniziata la sua storia in Salento?
«Sono a Lecce da 13 anni, nonostante la mia permanenza sia iniziata quasi per caso. Sono tunisino, vengo da una formazione medica ed ho studiato anche scienze religiose. Durante gli studi, in Tunisia, lavoravo in un call center. Un giorno fui mandato in Italia per fare da formatore ai nuovi operatori che avrebbero lavorato nella nuova sede dislocata di Lecce. Mentre ero qui, in Tunisia scoppiò la Rivoluzione dei Gelsomini, che mi impedì di fare rientro a casa. Da allora mi stabilizzai a Lecce. In seguito, mi ha raggiunto anche la mia famiglia e poi, da un dialogo con la comunità islamica locale, complici i miei studi in scienze religiose, nel 2011 fui scelto come guida spirituale di Lecce».
Chi non conosce la figura dell’imam la immagina un po’ come un vescovo. È corretto?
«Spesso ho riscontrato anch’io come venga fatto questo accostamento, nel tentativo di provare a comprendere meglio questo ruolo. In realtà è qualcosa di diverso, perché nell’Islam non c’è un Clero con una sua struttura gerarchica. Per questo accade che nei Paesi arabi le moschee sono sotto la tutela dello Stato, ed anche il ruolo dell’imam passa da un controllo in un certo senso istituzionale.
Nei Paesi occidentali, come l’Italia, invece, dove tutto questo manca, la scelta dell’imam spetta alla comunità ed è molto legata alle sue conoscenze in ambito religioso. Nel mio caso, poi, pesò anche il fatto che fossi in grado di parlare più lingue, un elemento importante in un territorio che raggruppa fedeli di provenienza eterogenea. Tornando al paragone con la Chiesa va specificato che, nonostante io venga spesso sollecitato a rappresentare pubblicamente la comunità musulmana di tutta Lecce e provincia, non esiste una regola che preveda un ruolo di questo tipo o delle posizioni di subordinazione nei confronti della mia figura».
Qual è la geografia dei luoghi di culto islamici in provincia di Lecce?
«Le moschee presenti in provincia, fuori dalla città di Lecce, sono quattro. Tutte prevalentemente frequentate da fedeli di origine marocchina, infatti la loro esistenza è legata proprio alla presenza di grandi nuclei marocchini che popolano ormai da decenni questi territori. La più vecchia è a Corigliano d’Otranto. Una stanza molto piccola ma che resiste al passare del tempo: è stata aperta negli anni ’80. Un’altra è a Ruffano, dove da lungo tempo si sono stabilizzate tante famiglie di commercianti, anch’essi marocchini. Poi c’è Spongano, paese dove vivono tanti fedeli musulmani impiegati nel mondo dell’edilizia. Qui l’integrazione è passata dal mondo dello sport, attraverso un lungo percorso partito negli anni ‘90 con un’associazione il cui nome, in italiano, significa “I giovani”. Ed infine la moschea di Porto Cesareo, che in questo momento si è trasferita a Veglie. Quest’ultima ha una peculiarità: essendo legata alla natura turistica del luogo, in estate accoglie tanti fedeli che arrivano sul posto per lavorare come venditori ambulanti. A Lecce invece esistono due moschee. Una è nata da poco, sia per dare risposta alla grande richiesta di luoghi di preghiera (i musulmani in città sono circa 7mila) sia per servire una zona scoperta. L’altra è quella in cui mi sono insediato io nel 2011.
Al mio arrivo eravamo in una piccola sala, in uno spazio concesso dal Comune nella zona 167/B. Nel 2014, con un’apposita colletta, abbiamo raggiunto i fondi necessari ed acquistato una palazzina a due piani nel quartiere San Pio.
La nostra moschea oggi è qui: abbiamo scelto questa zona perché è il quartiere multietnico per eccellenza di Lecce e volevamo essere il più possibile vicini alla comunità musulmana.
Abbiamo una grande sala di preghiera, una sala per le donne, dedichiamo degli spazi ai corsi di lingua araba per bambini ed apriamo le porte anche a chi professa altre fedi, per favorire la conoscenza reciproca. Durante il Ramadan, ogni sera accogliamo circa 70 fedeli che vengono a rompere il digiuno in compagnia».
Come mai ci sono così poche moschee sul territorio?
«La presenza di una moschea è legata alla spontanea iniziativa dei cittadini di fede musulmana. Il contesto non sempre aiuta a compiere questo passo, soprattutto dal punto di vista burocratico. La nostra religione non è riconosciuta ufficialmente dallo stato, nonostante in Italia vi siano oltre 2 milioni di musulmani (quasi la metà italiani). Questo ha delle conseguenze pratiche che vanno, ad esempio, dal non potersi assentare dal lavoro per celebrare i giorni di festa islamici, perché non riconosciuti, al dover utilizzare canali non convenzionali per praticare le attività di culto. Accade allora che, proprio per quanto detto, le moschee sul territorio nascono dall’impegno di associazioni fondate musulmani che però, su carta, sono costrette ad avere finalità diverse da quelle reali, agendo in una sorta di zona grigia».
Le istituzioni locali aiutano? Le amministrazioni vengono incontro alla comunità islamica?
«Non sempre, o non abbastanza. Prevale l’ottica utilitaristica. Troppe volte si sente dire “quanti sono i musulmani che votano nella nostra città?”.
Senza il voto, non si ha peso civile nelle scelte e viene meno l’ascolto delle istituzioni. Anche molte amministrazioni che condividono quelle idee che vengono incontro ai bisogni della comunità islamica finiscono per non far nulla, per paura di esporsi a critiche. Per fortuna, l’apertura mentale dei salentini compensa, mantenendo questa una terra d’accoglienza».
Come vivono in Salento i cittadini stranieri musulmani?
«La “convivialità delle differenze” professata da Don Tonino Bello ha fatto breccia nel cuore dei salentini, che da decenni accolgono i fratelli musulmani che arrivano da ogni dove.
Ricordo gli anni in cui gli attentati terroristici nelle grandi città europee avevano seminato panico e islamofobia: anche allora i salentini ci sono stati vicini, perché hanno imparato a conoscere le persone. Il fatto stesso che non esistano quartieri ghetto nel nostro territorio è segno e strumento di convivialità.
Lo straniero qui è il vicino di casa o il commerciante del mercato cui ci si rivolge ogni settimana. Non è un caso se tante famiglie straniere hanno messo radici in Salento, fermando qui quel viaggio migratorio che molte volte prosegue verso il nord Europa o, ancora, spegnendo il sogno del rientro in patria».
Lontano da casa, arrivati qui in Italia, come cambia il rapporto con la fede? Si affievolisce o aumenta?
«Molto spesso cresce. È come se fosse un tratto identitario che, a maggior ragione lontano dalla propria terra, i fedeli vogliono preservare. Vedo tanti giovani avvicinarsi molto di più alla fede dopo esser arrivati in Italia. Questo è uno degli elementi che, qui in Salento, ha reso la
nostra una comunità religiosa salda».
E il rapporto con la Chiesa cattolica?
«È ottimo, c’è un bel dialogo. La Chiesa è impegnata anche nelle attività di prima accoglienza, e questo è un elemento che genera un proficuo contatto sin dall’arrivo del migrante».
Cosa manca, cosa cambieresti sul lato pratico e su quello umano?
«Su quello umano coltiverei ancora l’ascolto per incentivare ulteriormente la vicinanza tra le comunità.
Su quello pratico ci sarebbe molto da fare. Partirei sicuramente dalla possibilità di avere uno spazio cimiteriale islamico. A Lecce e provincia non ve ne sono. Il più vicino è nel Barese. È una grande mancanza che si porta dietro un grande dolore per le famiglie musulmane. Chi sceglie di vivere in Salento lo fa nella consapevolezza che, quando non ci sarà più, la sua salma dovrà tornare in patria. Questo, oltre a comportare delle spese elevate e delle procedure non semplici, significa doversi separare per sempre dalla propria famiglia che ha messo radici in questa splendida terra».
L’Islam e il Salento, l’analisi del prof. Hervé Cavallera, clicca qui
Attualità
Da domani “Gli altri” al cinema. Altro film made in Salento
Tratto dall’omonimo libro di Michele Prisco, diretto da Daniele Salvo, con Ida Di Benedetto, Beppe Servillo, Gianfranco Gallo, Lorenzo Parrotto e Gioia Spaziani. Girato tra Galatina, Parabita, Gallipoli, Nardò e Veglie
A partire da domani, giovedì 18 gennaio, arriva nelle sale il film “Gli Altri”, film diretto da Daniele Salvo, tratto dall’omonimo libro di Michele Prisco.
Protagonisti della vicenda sono: Ida Di Benedetto, Beppe Servillo, Gianfranco Gallo, Lorenzo Parrotto e Gioia Spaziani.
“Gli altri”, è un film ambientato negli anni Cinquanta e racconta la storia di Amelia Jandoli, una donna anziana che vive da sola in pieno centro di una città del Sud. Amelia ha condotto una vita insignificante, nella quale si è rinchiusa in un monotono cerchio, fatto di piccole e reiterate abitudini, come la scuola di ricamo e una quotidianità condita da solitudine e malinconia.
Un giorno uno sconosciuto fa irruzione nella sua casa per dirle che c’è un altro uomo di nome Felice, che sta per morire e invoca il suo nome.
Nonostante Amelia non conosca nessuno dei due, sente dentro di lei qualcosa che la spinge a seguire lo sconosciuto. È da qui che la donna permetterà l’accesso nella sua vita agli “altri”. Scoprirà così quale incredibile storia si celi dietro il suo nome, a partire dalla donna che le ha rubato l’identità, Marisa, che ha vissuto un intenso e appassionato amore clandestino proprio con Felice.
«Il film», commenta l’attrice Ida Di Benedetto, «è stato girato in Puglia e precisamente nel Salento. Da ragazza, prima di trasferirmi a Roma, un mio amico mi regalò il libro “Gli altri” di Michele Prisco pregandomi di non leggerlo subito ma dopo qualche anno, perché ero giovane e la protagonista del romanzo è una donna matura. Col passare degli anni lo lessi e me ne innamorai immediatamente, così misi su il progetto con Dino e filippo Gentili che furono entusiasti della mia presenza perché da napoletana riuscivo a cogliere la profondità delle frasi, la bellezza, l’armonia della scrittura di Prisco».
Girato in provincia di Lecce tra Gallipoli, Parabita, Nardò, Galatina e Veglie, il film è prodotto da Oberon Productions, distribuito da Digital Soul ed è stato realizzato con il sostegno di Apulia Film Commission e Regione Puglia.
Cronaca
Salmonella, altre uova ritirate
Il Ministero della Salute ordina il ritiro di altri lotti di uova provenienti dell’azienda “Fattoria Salentine Sarl” dai supermercati locali
L’allerta alimentare dovuta ai vari casi di aviaria e di salmonella nelle uova accertati in alcuni comuni del Salento, è stata estesa ad un’altra marca presente nei supermercati locali, per “rischio microbiologico”, denominazione utilizzata ogni qual volta si sospetta la contaminazione di alimenti da parte di un batterio, di un virus o di un altro agente patogeno, considerati pericolosi per la salute umana.
Le uova ad essere state richiamate sono quelle dell’azienda Fattoria Salentine Sarl, provenienti da allevamento a terra, il cui marchio d’identificazione dello stabilimento/produttore è Alicom, con stabilimento attivo in provincia di Lecce, in località Contrada Piritta sulla Strada Provinciale Veglie-Novoli.
Il richiamo in questione è stato effettuato per la possibile contaminazione dal batterio della Salmonella typhimirium, colpevole dell’insorgere della salmonellosi, una sorta di gastroenterite che, nelle persone che ingeriscono i cibi contaminati, può portare all’insorgere di una varietà di sintomi particolarmente fastidiosi fra i quali mal di pancia, diarrea, febbre, dolori addominali e altri sintomi associati alle gastroenteriti, ma anche, nei casi più estremi, malattie come batteriemie o meningiti.
Il batterio della salmonella può essere presente nella carne cruda, formaggio, frutta, verdura e, per l’appunto, uova.
Le confezioni ritirate sono di diverso tipo: confezioni da 6 o dieci uova e cartoni da 180, 200, 360 o denominate “S”, “M”, “L” e “XL”.
I numeri dei lotti di produzione ritirati sono i seguenti: 34101, 34201, 34301, 34401, 34501, 34601, 34701, 34801, 34901, 35001, 35101, 35201, 35301, 35401, 35501, 35601, 35701, 35801, 35901, 36001, 36101, 36201, 36301 e 36401.
A scopo precauzionale, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, raccomanda di “non consumare le uova con le scadenze e i numeri di lotto segnalati“.
I consumatori e le consumatrici in possesso dei prodotti richiamati possono restituirli al punto vendita d’acquisto o al Servizio igiene degli alimenti e nutrizione della ASL locale.
-
Cronaca2 settimane fa
Ladro sorpreso in casa dal proprietario e bloccato da un vicino
-
Castrignano del Capo3 settimane fa
Il Capo di Leuca piange Silvia Pontrelli, una vita al fianco dei cani meno fortunati
-
Cronaca3 settimane fa
Ennesimo dramma a Tricase: uomo ritrovato senza vita
-
Cronaca3 settimane fa
Molestava minorenne iscritta alla sua palestra: condannato 47enne
-
Casarano3 settimane fa
Due gruppi, nati dalla scissione in seno alla SCU, si contendevano Casarano
-
Attualità2 settimane fa
Maglie: muore dopo malore l’imprenditore Andrea Bavia
-
Cronaca4 settimane fa
Tricase, Zona Draghi: «Vogliono avvelenare cani e gatti»
-
Casarano4 settimane fa
Omicidio in piazza in pieno giorno a Casarano