Andrano
I Margini al Centro
Invertire lo sguardo sui territori che si spopolano: dialogo sul Manifesto per riabitare l’Italia. «Tema essenziale per il Salento, lo confermano anche i numeri». Giovedì 21 gennaio alle18, online sulla pagina fb Casa delle Agriculture Tullia e Gino

Esiste un Salento “del margine” così come esiste un’Italia marginalizzata: territori decentrati alle prese con un autentico declino demografico ed economico. In queste aree, distanti dal “centro”, anche l’esercizio dei diritti di cittadinanza si fa sempre più difficile.
C’è, però, il rovescio della medaglia. A questa narrazione in negativo, ad ogni modo reale, si deve affiancare quella in positivo, altrettanto vera: lontano dall’essere piccoli mondi antichi, queste aree sono spesso fucine di innovazione sociale ed economica, comunità dall’elevato civismo e luoghi della sperimentazione politica da parte della cittadinanza attiva oltre (e più) che delle amministrazioni.
“L’inversione dello sguardo” sui territori che si spopolano – ancora più urgente in tempi di pandemia – è la rotta principale imboccata dal variegato gruppo di ricerca che ha stilato il “Manifesto per riabitare l’Italia” (Donzelli, 2020).
È da questo che prenderà spunto il dialogo “I margini al centro”, appuntamento online programmato dall’organizzazione di volontariato Casa delle AgriCulture Tullia e Gino di Castiglione d’Otranto con il patrocinio del Dipartimento di Storia Società e Studi sull’Uomo dell’Università del Salento.
Sulla pagina Facebook dell’associazione, giovedì 21 gennaio alle orantne 18, il tema sarà approfondito assieme ad Antonio De Rossi, docente di Progettazione Architettonica del Politecnico di Torino e curatore di “Riabitare l’Italia” (Donzelli, 2018), e Angelo Salento, docente di Sociologia economica e del lavoro presso l’Università del Salento. In apertura, porgerà il saluto istituzionale Mariano Longo, direttore del Dipartimento Storia Società e Studi sull’Uomo di UniSalento.
Modererà il dibattito Tiziana Colluto, giornalista e presidente di Casa delle Agriculture Tullia e Gino, che da un decennio è impegnata in un processo di restanza nel Capo di Leuca.
Invertire lo sguardo: il senso di Riabitare l’Italia con Antonio De Rossi
Tra le voci più autorevoli in Italia sul tema legato alla vita dei territori soggetti a spopolamento, Antonio De Rossi, architetto, è professore ordinario di Progettazione architettonica e urbana e direttore dell’Istituto di Architettura Montana e della rivista internazionale «ArchAlp» presso il Politecnico di Torino.

Antonio De Rossi
Ha al proprio attivo diversi progetti architettonici e di rigenerazione sulle Alpi, con cui ha ottenuto premi e riconoscimenti. E’ autore di oltre 300 pubblicazioni scientifiche, e con i due volumi «La costruzione delle Alpi» (Donzelli, 2014 e 2016) ha vinto i premi Mario Rigoni Stern e Acqui Storia. Il suo nome è legato anche alla rinascita e rigenerazione di Ostana, borgo delle valli occitane dove più forte è stato il morso dello spopolamento: contava 1.200 abitanti negli anni ’20, ridotti a sei negli anni ’80, quando è iniziato il percorso inverso di rivitalizzazione, in cui l’architettura ha funto da elemento chiave.
«La pandemia», spiega De Rossi in vista dell’appuntamento di giovedì, «in quanto acceleratore e moltiplicatore della crisi ambientale e dei modelli di sviluppo degli ultimi decenni, ha messo in evidenza profonde criticità ma anche inattese opportunità non solo delle montagne e delle aree interne, ma anche dell’intero sistema insediativo italiano. I due volumi “Riabitare l’Italia” (pubblicato nel 2018 a cura dello stesso De Rossi, ndr) e “Manifesto per riabitare l’Italia” (edito nel 2020 a cura di Domenico Cersosimo e Carmine Donzelli) propongono una “inversione di sguardo” e un progetto di ripensamento dell’intero paese proprio a partire dai suoi margini, nell’idea che qui si giochino alcune sfide fondamentali per il territorio italiano del prossimo futuro».
«Lo spopolamento non è un processo irreversibile, ma servono politiche pubbliche»
«A scanso di equivoci, è bene rimarcare», chiosano da Casa delle Agriculture, «che lo spopolamento non è un processo inesorabile e irreversibile: altri territori italiani, che hanno vissuto il problema prima di noi, hanno dimostrato che è possibile invertire la tendenza, a patto che si attuino politiche pubbliche mirate, lungimiranti e costanti, politiche da elaborare ai diversi livelli istituzionali, compresi quelli di prossimità, e che qui intravediamo a stento».
Fondamentale è spostare l’asse del ragionamento, per passare dalla dominanza del punto di vista metropolitano alla centralità dei territori fiaccati dalla sofferenza demografica ma che pure costituiscono “inesplorate opportunità di coesione, solidarietà e uguaglianza”. È un processo necessario e anche non più rinviabile: il Covid-19, con le sue conseguenze, ha acuito la crisi di egemonia dei grandi agglomerati urbani dove, dalla fine del Novecento, continua ad amplificarsi il divario tra ceti sociali. Non si sta meglio nell’Italia dei “vuoti”, segnata dalla continua fuga di persone, economie e diritti, aree in cui allo smantellamento dei servizi essenziali (con la chiusura di scuole, uffici postali, ambulatori, negozi di vicinato) si sommano l’affievolimento dei servizi di trasporto, di connettività e conciliazione familiare e la perdita di occasioni di lavoro. Territori sempre più fragili anche dal punto di vista ambientale, poiché i grandi patrimoni di terre, boschi e culture devono fare i conti con incendi e cementificazione selvaggia, dissesto idrogeologico, scarsa manutenzione e abbandono.
Nel Salento è tema essenziale: ecco i numeri
«Comprendere a quali condizioni è possibile riabitare i territori è decisivo per il Salento. Abbiamo bisogno di un modello di sviluppo, ma anche di un modello di benessere collettivo che offra alle generazioni giovani buoni motivi per restare e per ritornare».
A dirlo è Angelo Salento, professore associato di Sociologia economica e del lavoro presso l’Ateneo leccese e tra coloro che hanno contribuito a redigere il Manifesto per Riabitare l’Italia.
Per quanto trascurato, il tema è essenziale per il territorio leccese. Dopo un costante aumento del numero di abitanti, stando ai dati Istat relativi al bilancio demografico elaborati da Casa delle Agriculture, da sette anni la provincia registra una progressiva diminuzione: i residenti sono scesi dai 806.412 del 2014 ai 791.122 del 2019, una contrazione pari a -15.290. È come se in cinque anni fosse sparito un intero paese grande quanto Galatone. Si allarga la forbice tra nascite (appena 5.064 nel 2019) e decessi (8.235), con dati che si mantengono costanti nell’ultimo quinquennio. Positivo negli ultimi vent’anni, dal 2018 è diventato negativo anche il saldo migratorio: siamo sempre più terra da cui si parte e non in cui si arriva. Il tasso di decrescita nel 2019 è stato pari a -0,50 per cento (era -0,10 per cento nel 2014).
Dentro questi numeri, tuttavia, c’è un’altra preoccupante verità: la decrescita demografica, pur in linea col dato regionale (-0,52 per cento nel 2019) ma superiore a quello nazionale (-0,19 nel 2019), si associa a un importante squilibrio territoriale. A perdere residenti sono i centri minori e più distanti dal capoluogo, in primis quelli del sud Salento e dell’entroterra otrantino, dove più marcata è la polverizzazione dei Comuni (tra l’altro quasi sempre al di sotto dei 5mila abitanti, residenti anche nelle frazioni) e dunque dei servizi. Di contro, sempre più attrattivi negli ultimi anni sono stati Lecce e i Comuni della sua cintura, che hanno assorbito una fetta della popolazione in età produttiva (e fertile) dal resto della provincia (ciò si è verificato soprattutto a Cavallino, Lizzanello, Lequile, San Pietro in Lama, mentre iniziano a vivere una battuta d’arresto Monteroni, Surbo e San Cesario).
Andrano
In bici lancia mattoni contro auto in corsa: paura sulla Andrano-Tricase
La denuncia di una donna della zona che, con la foto della sua vettura danneggiata, mette in guarda tutti anche sui social

Un’esperienza di quelle che difficilmente si dimenticano ed una doppia denuncia: dalla querela in caserma all’appello all’attenzione sui social.
La malcapitata protagonista è una donna, vittima del lancio di pietre da parte di un uomo al momento non meglio identificato.
L’episodio si è verificato nei giorni scorsi sulla provinciale che collega Andrano a Tricase passando per la zona del Mito.
Qui, un uomo di colore avrebbe scagliato dei conci di tufo contro una Mini in transito, guidata proprio dalla suddetta donna, originaria di Marittima (Diso).
Secondo quanto denunciato dalla stessa sui social, l’uomo, in sella alla bici, avrebbe atteso il passaggio della sua auto per poi provare a colpirla, invadendo anche la sua corsia di marcia e mettendo a repentaglio la propria stessa incolumità.
Nella foto, condivisa per mettere in guardia quanti più utenti Facebook possibile, si vedono chiaramente i danni patiti dall’auto, con il parabrezza in pezzi.
I carabinieri sono al lavoro sull’accaduto.
Il comportamento dell’uomo è dettato da ragioni non note: la donna non lo conoscerebbe personalmente, elemento questo che fa prendere in considerazione anche una possibile situazione di disagio di natura psichica.
Andrano
Statale 275, qualcosa si muove. Tre stralci per 289 milioni
Dopo decine e decine di morti, di incidenti gravi con menomazioni, ritardi, dimostrazioni, associazioni che si sono accapigliate per vedere l’opera iniziata; pastoie burocratiche che hanno affossato un progetto che doveva vedere l’alba 30 anni fa, probabilmente (il dubbio è d’obbligo)…

Una ventina le aziende interessate all’aggiudicazione che dovrebbe arrivare nei prossimi mesi
Dopo decine e decine di morti, di incidenti gravi con menomazioni, ritardi, dimostrazioni, associazioni che si sono accapigliate per vedere l’opera iniziata; pastoie burocratiche che hanno affossato un progetto che doveva vedere l’alba 30 anni fa, probabilmente (il dubbio è d’obbligo), fra alcuni mesi partiranno i lavori per l’ammodernamento del primo lotto della SS 275 Maglie-Santa Maria di Leuca.
Anas in questi giorni sta vagliando i raggruppamenti d’impresa per aggiudicare i tre differenti stralci, in cui è stato suddiviso l’appalto 289 milioni di euro, conteso fra un gruppo di 25 aziende e, che Dio ce la mandi buona, nei prossimi mesi, l’iter dovrebbe concludersi.
L’appalto del primo lotto diviso in tre stralci
L’obiettivo più volte confermato dal commissario straordinario governativo per la SS 275, Vincenzo Marzi è quello di far partire i lavori prima possibile. Infatti, le aziende che hanno partecipato alla gara non sono tante: a novembre scorso sono pervenute in totale 25 offerte: 9 per il primo stralcio; 9 per il secondo e 7 per il terzo.
Si parte da Melpignano si arriva a Tricase
Il primo è il più lungo e consistente in termini economici: parte da Melpignano e Scorrano, per una lunghezza di 11 Km e vale 149,4 milioni di euro; il secondo è compreso tra Botrugno e Surano, lungo 7,7 Km, per un importo di 81,7 milioni; il terzo è il tracciato tra Surano e la zona industriale di Tricase-Specchia-Miggiano, lungo 5,1 chilometri, vale 56,8 milioni di euro.
39 i km dei lavori e 11 i Comuni coinvolti
Sono 39 i Km interessati e coinvolgono 11 comuni del sud Salento: Melpignano, Maglie, Muro Leccese, Scorrano, Botrugno, San Cassiano, Nociglia, Surano, Montesano Salentino, Andrano, Tricase.
E’ prevista la realizzazione di una strada a 4 corsie, larga 22,5 metri. A questa si affianca la previsione di esecuzione di 16 svincoli, 78 complanari, 14 cavalcavia, 2 sovrappassi, 3 sottopassi e 16 vasche di prima pioggia.
La durata dei lavori pubblicata nel bando di gara di giugno 2023, per l’esecuzione del primo stralcio è stimata in 2 anni e mezzo lavorando tutti i giorni, incessantemente; per il secondo stralcio sono 870 i giorni; per il terzo stralcio ci vorranno 605 giorni.
Alessano
Area Marina Protetta: 4 incontri aperti al pubblico per condividere dati ambientali e socioeconomici
Progetto CORISMA: questo pomeriggio ad Andrano; giovedì 30 novembre a Santa Maria di Leuca; venerdì 1° dicembre a Santa Cesarea Terme e sabato 2 dicembre a Castro. L’AMP riguarderà i comuni di Alessano, Andrano, Castrignano del Capo, Castro, Corsano, Diso, Gagliano del Capo, Otranto, Santa Cesarea Terme, Tiggiano e Tricase

Meno dell’8% della superficie marina mondiale è coperta da aree marine protette, che sono l’unica grande opportunità di conservare gli habitat naturali e garantire attività economiche sostenibili. Numeri che devono far riflettere e agire, se si vuol salvare il Mediterraneo, il più importante hotspot di biodiversità al mondo, ma anche il più a rischio per sovrasfruttamento e inquinamento.
Con i suoi 260 Km2 di superficie totale e circa 100 chilometri di costa che da Otranto arrivano a Santa Maria di Leuca, dopo anni di studi e dibattiti potrebbe avere un’accelerazione l’iter per l’istituzione dell’Area Marina Protetta Capo d’Otranto – Grotte Zinzulusa e Romanelli – Capo di Leuca.
Sarebbe la quarta in Puglia, dopo quelle delle Isole Tremiti, Torre Guaceto e Porto Cesareo e tra le più grandi d’Europa.
Il procedimento istitutivo dell’AMP prevede lo svolgimento dell’istruttoria tecnica preliminare affidata all’ISPRA, organo tecnico del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), che sulla base di studi di carattere ambientale e socioeconomico predispone un’ipotesi di perimetrazione, zonazione e le indicazioni di carattere regolamentare dell’istituenda AMP.
L’Area Marina Protetta: un’occasione di crescita e tutela del territorio tra Otranto e Leuca – Gli incontri
Un importante contributo è stato dato dalla Regione Puglia a partire da fine 2022, grazie al Progetto CORISMA (finanziato dal FEAMP-PO 2014-2020 – Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca 2014-2020), acronimo di una progettualità immaginata per ipotizzare, tra quelli possibili, i migliori scenari di conservazione e gestione delle risorse biologiche marine necessari per impattare positivamente sulla sostenibilità della pesca e delle altre attività connesse all’uso del mare nell’area Marino-Costiera Otranto – S. Maria di Leuca, coordinato dal CIHEAM Bari (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici Mediterranei) insieme ai partner Università del Salento (DISTEBA), ARPA Puglia (Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell’Ambiente) e Regione Puglia -Sezione Gestione sostenibile e tutela delle risorse forestali e naturali, i cui risultati saranno condivisi con le comunità durante quattro incontri territoriali aperti al pubblico.
Incontro in corso in queste ore ad Andrano nella Biblioteca Comunale Don Giacomo Pantaleo, Sede Municipale (piazza Unicef).
Prossimo appuntamento giovedì 30 novembre, alle 17, a Santa Maria di Leuca, nella Sala Convegni Hotel Terminal.
Venerdì 1° dicembre, alle 17, l’incontro sarà ospitato nella Sala Convegni Albergo Palazzo di Santa Cesarea Terme.
Sabato 2 dicembre, alle 10,30, infine, appuntamento a Castro nel Castello Aragonese.
Esperti e ricercatori del CIHEAM Bari (Massimo Zuccaro, Gianfranco Cataldi, Francesco Mancini), dell’Università del Salento (il Prof. Stefano Piraino) e di ARPA Puglia (Nicola Ungaro e Cosimo Giannuzzi) impegnati nella ricerca di dati scientifici, ambientali e socioeconomici del territorio si confronteranno con istituzioni locali e cittadini per condividere le informazioni raccolte e fare il punto sullo stato dell’arte.
Si parlerà di cosa si vuole tutelare, quali sono le attività coinvolte, quali i vantaggi per il territorio e quali sono le tappe da affrontare nel percorso verso l’istituzione di un’Area Marina Protetta tra Otranto e Santa Maria di Leuca.
Sono stati intervistati quasi 600 tra pescatori professionali e ricreativi, gestori di stabilimenti balneari, rappresentanti di associazioni, centri diving, noleggio imbarcazioni, operatori della ristorazione e accoglienza turistica, artigiani, associazioni culturali, centri benessere e termali, referenti delle 11 municipalità ed è emersa una fotografia chiara delle priorità espresse dalle comunità costiere. I dati ambientali sono stati raccolti in 20 tematismi, come la mappa degli habitat bentonici, le grotte sommerse e semisommerse, i siti di nidificazione, le acque di balneazione, gli scarichi, i beni archeologici sommersi, le ordinanze di interdizione e corridoi di accesso alle grotte. Per ciascun tematismo è stato costruito un database, derivante dall’aggregazione di diverse fonti, con lo scopo di creare un archivio georeferito dell’area, indispensabile per l’elaborazione dei dati che consentirà la risoluzione dei problemi di pianificazione e conservazione, individuando le soluzioni più idonee al territorio.
Significativi anche gli approfondimenti socioeconomici, tra cui un focus sulla percezione dell’area marina protetta, sia in termini di vantaggi e svantaggi, che di ricaduta sulle attività in atto sul territorio. Dall’indagine si evince un dato inequivocabile: circa il 90% degli intervistati ritengono importante l’introduzione di alcune forme di protezione dell’ambiente marino nel tratto di costa interessato, in particolare attraverso l’istituzione di un’Area Marina Protetta, adducendo come principali motivazioni l’importanza di preservare habitat, specie e luoghi, salvaguardare il territorio e la categoria dei pescatori, denunciando la presenza eccessiva di plastiche, inquinamenti di natura organica, rifiuti vari e l’eccessivo sfruttamento da parte della pesca professionale e/o sportiva e dal turismo fuori controllo durante la bella stagione. Gran parte degli intervistati indica come vantaggi territoriali e socioeconomici l’incremento del livello di conservazione dell’ambiente marino/biodiversità, il contrasto alla pesca illegale e la crescita dell’educazione ambientale.
Un’area unica, sia perché si trova in una zona centrale del Mediterraneo, sia perché ha delle caratteristiche geomorfologiche estremamente importanti, come la presenza di grotte sommerse e semisommerse, di una falesia rocciosa che scende rapidamente in profondità e che può dare rifugio a specie che sono sensibili alle ondate di calore, sempre più frequenti nel Mediterraneo.
Si tratta di uno dei litorali a più alta naturalità dell’intera costa italiana, con abbondanza di specie bentoniche e habitat chiave, come le praterie di Posidonia e il Coralligeno, aree elettive di riproduzione, sviluppo e accrescimento per molte specie ittiche di interesse per la pesca. All’interno dell’area ricadono, inoltre, due zone speciali di conservazione: il Posidonieto Capo San Gregorio – Punta Ristola e quello Costa Otranto – Santa Maria di Leuca, con un’estesa falesia ricca di grotte, cavità, incisioni e insenature.
Un’opportunità di sviluppo per gli 11 Comuni coinvolti (Alessano, Andrano, Castrignano del Capo, Castro, Corsano, Diso, Gagliano del Capo, Otranto, Santa Cesarea Terme, Tiggiano e Tricase) che hanno convocato il 21 e 28 novembre i consigli comunali, per deliberare sulla volontà di avviare nel proprio territorio l’iter tecnico e amministrativo per l’istituzione dell’Area Marina Protetta Capo d’Otranto – Grotte Zinzulusa e Romanelli – Capo di Leuca, sostenendo una velocizzazione del processo.
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