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Attualità

Morìa delle vallonee a Tricase: parla l’Ente Parco

La ricostruzione di Francesco Minonne del Parco Naturale Regionale “Costa Otranto Leuca e Bosco di Tricase”

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Dopo aver lanciato l’S.O.S. per le Vallonee a Tricase in un articolo sull’ultimo numero de “il Gallo” (“IL CIMITERO DELLE QUERCE SECOLARI”), per completezza di informazione, registriamo la posizione del Parco Naturale Regionale “Costa Otranto Leuca e Bosco di Tricase” per voce di Francesco Minonne.


«NEL 2008 ERA ANCHE PEGGIO»


«I nuclei boschivi diffusi nel Salento sono spesso di piccolissime dimensioni», illustra il biologo facente parte del Comitato esecutivo del Parco, «tra quelli più vetusti troviamo relitti di antiche formazioni boschive che un tempo si estendevano su ben altre dimensioni. I boschi prendono così la denominazione di Boschetti e la loro condizione ecologica è spesso stravolta da fenomeni di urbanizzazione ed opere antropiche che li hanno accerchiati e modificati più o meno drasticamente. Non fa eccezione a tutto questo il Boschetto delle vallonee di Tricase.

Il Boschetto rientra nel perimetro dell’Area protetta Parco Naturale Regionale “Costa Otranto Leuca e Bosco di Tricase”. Istituito con legge regionale nel 2006 il Parco ha cominciato la propria attività con l’apertura della Sede e l’insediamento del Comitato Esecutivo nel 2008.  Con il Progetto “Azioni di tutela e ridiffusione delle vallonee e chirotteri di grotta”, avviato nel 2010, il Parco ha cominciato le prime azioni di tutela diretta anche di alcuni nuclei boschivi di proprietà comunale. Tali azioni sono state sostenute direttamente attraverso progetti come quello citato o indirettamente offrendo sostegno all’amministrazione comunale per interventi a regia comunale (es PSR Misura sui Boschi da seme)»

Questa la premessa per poi dire che «abbiamo trovato il boschetto delle vallonee in uno stato di conservazione di gran lunga più critico di quello attuale».


LE CAUSE


A tal proposito Minonne riporta una relazione del 2018 della D.ssa Rita Accogli, «redatta nell’ambito di un protocollo d’intesa tra Parco e Associazioni del terzo settore, «he definiva quanto segue: “Nel bosco, il numero di esemplari di vallonea è andato sempre più riducendosi negli anni, per cause diverse, una morìa iniziata ancor prima del 2007 quando una tromba d’aria ha divelto ben 17 esemplari, di cui almeno 4 di età compresa tra i 200 e 300 anni”».


Secondo il biologo del Parco, «tale evento oltre alla perdita di esemplari arborei ha contribuito all’apertura di chiarìe improvvise, squarci di luce e calore che hanno facilitato lo sviluppo di vegetazione infestante e l’avanzare di nuclei di rovo e specie estranee alla vegetazione autoctona. Questa situazione ha alterato radicalmente la natura del sottobosco diventato sempre più un prato con specie erbacee invasive che nel periodo estivo diventano biomassa secca, pericoloso veicolo di innesco degli incendi estivi. Non è una condizione ideale quella che vediamo oggi ma non possiamo aspettarci l’habitat boschivo di un tempo piuttosto lontano».


Minonne ricorda anche come, nella stessa relazione di Accogli citata prima, si aggiungesse come “per anni, il Bosco di Tricase è stato interessato da inondazioni di acque reflue che dal tratto finale della “Lama” (che scende dalla Serra di Tricase) venivano convogliate verso Contrada Finocchiaro, una situazione tamponata solo in parte dagli interventi effettuati dall’amministrazione comunale come il muro di cinta che delimita il boschetto e la canalizzazione delle acque bianche che dal paese si riversano nella Contrada cercando quel naturale alveo che un tempo le riversava nel Canale del Rio”.


«Nell’estate del 2009», aggiunge Minonne «il sito subisce un incendio che, seppur radente, intacca il colletto di buona parte degli esemplari vetusti. Dall’anno successivo comincia l’azione condivisa del Parco che, di intesa con il Comune, ha svolto, ogni anno, regolari operazioni di manutenzione soprattutto a carico della coltre erbosa secca al fine di scongiurare nuovi incendi. Il sito ha avuto, inoltre, la sorveglianza antincendio svolta ogni anno dalla Protezione civile».

L’INCARICO AL DR. BLOTTA


«Nel 2021, in seguito a tre giorni di vento intenso», prosegue il biologo, «avviene la caduta di un esemplare arboreo proprio  sul perimetro che definisce il confine con la strada comunale; il comune interviene immediatamente per mettere in sicurezza la strada ed il Parco svolge un tentativo di recupero della pianta lasciandola sul posto. In fase di sopralluogo, infatti, con un consulto telefonico con il Dottore Forestale. Agr. Vincenzo Blotta (Studio Tecnoforest – Bologna) tecnico esperto di aspetti relativi alla fitostatica degli alberi, si esclude la possibilità di rimettere in posizione verticale la pianta, sia per problematiche legate alla staticità e quindi sicurezza, sia per la reale possibilità di rottura della parte di radice ancorate al terreno. Per non rompere una parte di radice rimasta ancora ancorata al terreno, si ricopre la radice esposta con cumulo di terriccio sterile e terreno smosso dalla caduta e si eseguono regolari irrigazioni localizzate per tutta l’estate; il tentativo ha avuto successo e la pianta è ancora viva e vegeta sia pure in una posizione certamente anomala».


È proprio «in questa fase» che il Parco decide di «incaricare il  Dott. Blotta per una relazione da cui emerga un parere preliminare in relazione alle condizioni ecologiche, fitosanitarie e strutturali degli esemplari compresi nel nucleo boschivo.  Nello stesso mese però, proprio mentre era in arrivo il tecnico incaricato e sempre in seguito a giornate di vento intenso, un’altra pianta vetusta cade all’interno dell’area», racconta ancora Francesco Minonne, «il tecnico, dopo il sopralluogo, redige la sua relazione indicando la necessità di ulteriori studi ed approfondimenti per definire la causa delle cadute. Le indagini suggerite, come dichiarato dal tecnico stesso, sono estremamente costose e necessitano di fasi diverse di attuazione; per alcune di queste fasi non è possibile definire un impegno di spesa se non si è superato, ovviamente, la fase precedente. Come si può evincere dalla relazione consegnata alla fine del 2021, la complessità di tutti gli approfondimenti proposti richiede scelte economiche e progettuali piuttosto complesse.  Per tali approfondimenti e successive eventuali azioni da mettere in atto è chiaro che si necessita di specifiche risorse ed è chiaro, altresì, che altrettanto complessa è la rete di collaborazioni interdisciplinari necessarie per uno studio completo e risoluzioni operative fattibili e sostenibili sia dal punto di vista economico che ambientale».


LE AREE PROTETTE


Il risultato è oggi il Boschetto è chiuso al pubblico: «E non potrebbe essere diversamente. Innanzitutto per motivi di sicurezza; qualunque studio ed indagine specifica difficilmente potrà garantire la stabilità di tutti gli esemplari presenti che, con la loro vetustà ed enorme biomassa legnosa giacciono, in alcuni casi, su tavolato roccioso. Inoltre il sito, per la sua vulnerabilità, anche connessa alla esiguità della superficie (0,50 ha circa) è inserito nelle Zone A del Parco, aree in cui è possibile accedere solo per motivi di manutenzione, conservazione e ricerca».

«Non sappiamo dire in quale misura le Aree protette come la nostra abbiano invertito la rotta sulla tutela del territorio», ammette, «dalle tante manifestazioni di sostegno che riceviamo nelle manifestazioni in cui siamo presenti e, soprattutto, dalla quantità e qualità dei Pareri e Nullaosta che esprimiamo tutte le settimane», rivendica, «non abbiamo alcun dubbio nel dire che la rotta è da tempo invertita! La complessità, i cambiamenti ambientali in atto sia su scala locale (vedi Xylella) sia su scala globale certamente impauriscono, fanno rabbia e cambiano le percezioni, ma questo non significa che nulla si muove su questo fronte!».


Francesco Minonne ne approfitta per ricordare a chiunque voglia chiarimenti o informazioni che «siamo sempre disponibili a rispondere di persona (tutti i mercoledì pomeriggio) presso la sede del Parco, nel Castello di Andrano, e con la nostra mail info@parcootrantoleuca. Vi invitiamo inoltre a seguire la nostra pagina facebook e visitare il nostro sito www.sentierinelparco.it».

Infine le scuse al Tecnico, Dott. Vincenzo Blotta, «per aver lasciato il cartello di chiusura del sito, con indicazione del nome e studio tecnico, dopo la fine dell’incarico. Sarà premura dell’Ente», la promessa «sostituirlo immediatamente»


Attualità

Santa Cesarea, 18 milioni di motivi per recuperare il Polo Termale Sportivo

Finanziamento destinato al recupero e al rilancio della più grande opera incompiuta del Salento, in stato di abbandono da quasi 25 anni

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«Santa Cesarea è nelle mie radici e nel mio cuore: aiutarla a rinascere sarà il mio orgoglio più grande».

È con queste parole l’on. Andrea Caroppo, vicepresidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, ha annunciato nella conferenza stampa tenuta assieme al sindaco di Santa Cesarea Terme Pasquale Bleve, l’arrivo di 18 milioni di euro destinati al recupero e al rilancio del Polo Termale Sportivo di Santa Cesarea Terme, la più grande opera incompiuta del Salento, in stato di abbandono da quasi 25 anni.

Il finanziamento, reso possibile grazie al progetto “Turismo delle Radici” promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, rientra nell’Accordo di Coesione sottoscritto nei giorni scorsi tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nell’ambito della programmazione nazionale 2021-2027 per la coesione territoriale.

Con questi fondi si realizzerà un intervento di recupero che consentirà di restituire vita e funzione pubblica al complesso termale e sportivo, da anni abbandonato, trasformandolo in un polo di benessere, accoglienza e sviluppo economico al servizio dell’intero Salento.

«Un risultato concreto», sottolinea Caroppo, «reso possibile grazie alla straordinaria sensibilità del Ministro Antonio Tajani, che ringrazio per aver voluto destinare risorse così importanti a un territorio che da troppo tempo attende di poter rinascere

«Il Polo Termale Sportivo», ha aggiunto Caroppo, «è il simbolo di un’occasione perduta che oggi torna a essere una grande opportunità per tutto il territorio. È la prova che, con visione e collaborazione tra istituzioni, anche le pagine incompiute possono diventare storie di rinascita».

Dello stesso avviso anche il sindaco di Santa Cesarea Terme, Pasquale Bleve, che ha espresso profonda soddisfazione per il risultato conseguito: «Quella di oggi è una giornata storica che consente alla nostra Santa Cesarea Terme di guardare al futuro con fiducia e rinnovato ottimismo. Non è un punto di arrivo, ma neppure un punto di partenza: rappresenta una tappa fondamentale di un percorso iniziato oltre dieci anni fa, che sta restituendo alla nostra città la possibilità di rinascere in tutti i sensi».

Il sindaco ha anche ricordato il lungo cammino che ha interessato il complesso del Nuovo Centro Termale e dell’area degli impianti sportivi P.I.M., evidenziando come si tratti di «un passato da superare che oggi diventa occasione di nuova ricchezza, di crescita turistica e di opportunità di lavoro per le nostre famiglie. È doveroso ringraziare tutti coloro che hanno contribuito al raggiungimento di questo traguardo: dai colleghi amministratori agli uffici comunali, fino a chi, come l’onorevole Andrea Caroppo, si è impegnato in prima persona per il futuro e il benessere del nostro territorio. Senza impegno, dedizione e gioco di squadra», ha concluso Bleve, «questi risultati non sarebbero possibili».

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Santa Cesarea: 18 milioni per il Polo Termale Sportivo

Finanziamento stanziato dal Ministero degli esteri nell’ambito de il “Turismo delle Radici”. Domattina la conferenza stampa di presentazione

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Una conferenza stampa per illustrare il finanziamento di 18 milioni di euro stanziato dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale, rientrante nella strategia nazionale per promuovere il “Turismo delle Radici”.

Il finanziamento è destinato al recupero e alla riqualificazione del Polo Termale Sportivo di Santa Cesarea Terme.
Alla Conferenza, in programma domani, a partire dalle ore 10,30, presso la sala consiliare del Comune di Santa Cesarea Terme (via Roma, 159), interverranno il sindaco di Santa Cesarea Terme Pasquale Bleve e l’on. Andrea Caroppo.

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Natale di disagi in 20 uffici postali

Comunità senza sportelli e Atm, lavoratori sotto stress. Tra novembre e aprile si succederanno ben 14 chiusure nel Salento: ma le difficoltà saranno ben più diffuse. La Cgil chiede l’intervento del Prefetto. Ristrutturazioni in contemporanea per il progetto Polis, alle quali si sommano le chiusure per eventi criminosi. Cgil, Slc e Spi chiedono un tavolo prefettizio e fanno appello ai sindaci per pretendere l’apertura di uffici mobili. 

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Si preannuncia un Natale… di passione per utenti e lavoratori degli uffici postali salentini.

Nel periodo festivo e in quello prenatalizio Poste Italiane chiuderà undici uffici postali, il cui carico di lavoro sarà riversato su sei sedi extra comunali (oltre che in due container ed in altri uffici nel medesimo Comune).

La nuova organizzazione riguarderà complessivamente 20 uffici postali.

I disagi si avvertiranno in 18 centri abitati.

Le chiusure sono disposte quasi tutte nell’ambito di “Polis”, progetto finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che ha come obiettivi ammodernamento e digitalizzazione degli uffici postali nei piccoli centri abitati d’Italia.

In provincia di Lecce i disagi provocati da questi lavori di ristrutturazione vanno però a sommarsi a quelli prodotti dagli assalti ai postamat degli ultimi mesi, che hanno causato lunghi lavori di ristrutturazione e l’attivazione degli Atm solo nell’orario di apertura degli uffici.

Cgil, Slc e Spi chiedono la convocazione di un tavolo al Prefetto e fanno appello ai sindaci affinché pretendano l’apertura di uffici mobili nei comuni interessati dalle chiusure.

 LE CHIUSURE

Nelle prossime settimane Poste Italiane, nel solco del completamento del progetto Polis, procederà, dunque, alla totale chiusura dei seguenti uffici postali (tra parentesi il periodo di chiusura e l’ufficio postale che prenderà in carico l’attività): Acquarica del Capo (dal 20 novembre al 7 aprile, con appoggio su Presicce), Castro (fino al 7 aprile, su Vignacastrisi), Galatina 1 (fino al 10 dicembre, su Galatina), Leverano (fino al 29 dicembre per evento criminoso, su container), Melendugno (dal 17 novembre al 7 gennaio, su Calimera), Sanarica (dal 26 novembre al 13 aprile, su Minervino), Spongano (dal 4 novembre al 15 dicembre, su Diso), Squinzano (dal 9 dicembre al 28 gennaio, su Campi Salentina), Surbo (fino all’11 dicembre, su un container nella stessa Surbo in piazza Aldo Moro), Trepuzzi (dal 24 novembre al 13 gennaio, su Novoli), Vernole (dal 25 novembre al 13 aprile, su Castrì di Lecce).

A queste chiusure, che attraversano il periodo natalizio o lo sfiorano, si aggiungono anche quelle di Tiggiano (fino al 17 novembre, su Alessano), Sogliano (fino al 26 novembre, su Cutrofiano).

DANNI A COMUNITÀ, ANZIANI E LAVORATORI

Le comunità servite dagli uffici chiusi (tranne dove è stato attivato l’ufficio mobile nel container) per utilizzare i servizi postali e per i prelievi dagli Atm dovranno spostarsi, perciò, in altri comuni.

Dal canto loro le comunità che ospiteranno il carico derivante dalle chiusure dovranno sicuramente fronteggiare rallentamenti ed attese finora sconosciute.

Come evidenziano i segretari generali Tommaso Moscara (Cgil Lecce), Monia Rosato (Slc Cgil Lecce) e Fernanda Cosi (Spi Cgil Lecce), «L’impatto sarà forte soprattutto sulla popolazione più anziana, a lungo sensibilizzata a rivolgersi agli sportelli per evitare scippi e furti, e che ora devono fare i conti con un’oggettiva difficoltà a spostarsi da un comune all’altro. Il tutto avviene nell’ambito dell’accordo Polis, firmato da Slp Cisl, ConfsalCom, UglCom e Failp Cisal, ma non sottoscritto da Slc Cgil e UilPost. Soprattutto avviene senza tenere in alcuna considerazione i disagi causati a cittadini e dipendenti, quando di norma Poste Italiane dovrebbe prevedere l’installazione di appositi container che suppliscono alla chiusura temporanea dell’ufficio».

«Siamo consapevoli che il completamento del progetto Polis serva a migliorare i servizi nelle piccole comunità», spiegano i segretari generali territoriali di Cgil, Slc e Spi. «esprimiamo, però, dissenso su una programmazione dei lavori calata piramidalmente dalla Direzione Lavori di Poste Italiane. Un modus operandi che viola la normativa e che non tiene il polso della situazione locale, soprattutto in un periodo di per sé critico come quello prenatalizio, in cui è facilmente prevedibile un vero e proprio assalto dei cittadini per le scadenze di fine anno, per gli invii dei pacchi postali o ancora per il pagamento delle mensilità e delle tredicesime ai pensionati. Il tutto aggravato dalle limitazioni sull’uso degli Atm per disposizioni di ordine pubblico. Chiediamo al prefetto l’apertura di un tavolo alla presenza delle organizzazioni sindacali e si fa appello ai sindaci di pretendere l’installazione di un ufficio mobile».

 CONSEGUENZE SUL LAVORO

«Da non sottovalutare inoltre le ripercussioni sul benessere del personale, come sottolinea Monia Rosato: «La nuova organizzazione del lavoro crea una serie di conseguenze di carattere logistico e di trasporto. Questa situazione rende precaria la condizione lavorativa dei lavoratori postali interessati. Oltre a subire le crescenti pressioni commerciali dall’azienda, nelle prossime settimane saranno sottoposti anche ad un evidente e pesante carico di lavoro aggiuntivo, allo stress lavorativo costante, alla mobilità sul territorio e ad una flessibilità operativa dovuta alla mancanza di spazi»

 

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