Attualità
Regionali: oggi le Primarie del centrosinistra
Il centrosinistra pugliese sceglie il suo candidato Presidente chiamato a raccogliere l’eredità di Vendola. Intervista ai tre candidati: Michele Emiliano, Gugliemo Minervini e Dario Stefàno

Oggi si aprono i gazebo e il popolo del centrosinistra pugliese può scegliere il suo candidato Presidente, colui che dovrà raccogliere l’eredità di Nichi Vendola e concorrere alla carica di Presidente della Regione Puglia. In lizza Michele Emiliano, Guglielmo Minervini e Dario Stefàno.
Emiliano “Sindaco di Puglia”? «Miglioriamo l’esperienza Vendola»
Il circolo PD Alessano-Montesardo ha ospitato il segretario regionale Michele Emiliano, candidato alle primarie del centro-sinistra per la presidenza della Regione Puglia. Il PD di Alessano ha chiesto a Michele Emiliano di diventare “Sindaco di Puglia”, e come tale ascoltare le esigenze di coloro che lo hanno votato e non; innovatore, “ma non come un governatore che vuole stravolgere quello che è stato il governo di Vendola, perché su alcuni settori si è lavorato bene, benissimo (attività produttive, sviluppo economico), ma si può chiedere di più per l’ambiente e per la sanità. Il sud Salento non può tacere sul fatto che negli ultimi vent’anni ha avuto un depotenziamento delle sue strutture sanitarie: è impossibile pensare che d’estate esista soltanto un Pronto Soccorso: quello di Tricase. Il partito democratico non è un partito che si spaventa delle novità, delle critiche, delle idee diverse. Il nostro”, prosegue, “è un sud che non ha bisogno di aiuti, di denaro, di trattamenti speciali, la nostra è l’unica regione in tutto il centro sud ad avere una sanità non commissariata, però”, aggiunge, “sappiamo che da noi si aspettavano un po’ di più i pugliesi… perché quella spinta fortissima che era partita nel 2004/2005 si è man mano affievolita: stiamo costruendo e imparando dagli errori che abbiamo commesso; vogliamo arrivare al governo della Puglia senza creare illusioni e senza esagerare nella creazione delle aspettative; vogliamo essere sì concreti, ma anche continuare a sognare”.
Uno dei punti sui quali Emiliano ha messo l’accento è il suo desiderio di poter approvare una “legge sulla bellezza” da inserire nel piano regolatore delle aree, che permetterebbe ai Consigli comunali e alla Regione di abbattere aree giudicate superflue, per pulire e ripristinare il disegno urbano e il paesaggio. Emiliano ha parlato, poi, dell’utilità di una legge sulla partecipazione attiva, “per consentire alle comunità di discutere sulle situazioni che comportano disagio per il territorio”.
Sulla questone TAP, ha sottolineato il fatto che, “se ci fosse stata una legge sul dibattito pubblico, forse si sarebbe risolto diversamente e forse già tre anni fa si sarebbe trovato un altro approdo”. Secondo Emiliano, la legge sulla partecipazione è indispensabile per consentire ai cittadini di esprimersi in maniera diretta e ai partiti di fare attività politica: “Una Regione così creerebbe cittadini migliori; sarebbe una Regione che forse avrebbe meno uomini soli al comando, ma godrebbe di una specie di “quarto stato” capace di tonificarsi, andare avanti e presentarsi al resto dell’Italia e dell’Europa con maggiore autorevolezza”.
E alla domanda su come intende raccogliere l’eredità di dieci anni di centro-sinistra alla Regione, come intende apportare delle migliorie e comunque differenziarsi, Emiliano risponde dicendo di voler “procedere con una “tecnica artigianale”, imparando dagli errori, migliorare le cose che è possibile migliorare senza avere la pretesa di fare per forza dei grandi balzi in avanti, ma con l’umiltà di chi ha fatto per 10 anni il Sindaco e sa che le cose non possono essere cambiate di colpo, ma bisogna lavorarci con impegno e pazienza. Iniziare un nuovo cammino: ci spaventa, ma dopo ogni passo ci rendiamo conto di quanto sia pericoloso rimanere fermi… da quando ho cominciato a fare politica sono un uomo migliore, più felice, più equilibrato, con meno paturnie, e anche più risoluto dal punto di vista della mia identità personale. A me la politica ha fatto da medicina dell’anima”, conclude Emiliano, “e sarei felicissimo se questa medicina rendesse felici anche tutti i pugliesi. Sono convinto che ci possiamo riuscire”.
(Paola Tarantino)
Minervini: «Portiamo la Puglia fuori dalla crisi»
Guglielmo Minervini non ha dubbi: “In questi 10 anni la Puglia è migliorata. La crisi economica però ci dice che dobbiamo fare di più e meglio, in alcuni casi cambiare completamente schema di gioco. Il primo punto dei prossimi anni deve essere questo: come portiamo la Puglia fuori dalla crisi. Per farlo, noi crediamo che al centro della nostra azione vi debba essere tutto il tessuto delle piccole e medie imprese, diminuendo la pressione fiscale e incentivandole a puntare sull’innovazione. Contestualmente dobbiamo rimettere in sesto il nostro territorio che costituisce la nostra più importante risorsa. Per questo vogliamo destinare circa 500 milioni dei prossimi fondi europei per combattere il dissesto idrogeologico e per la cura e la valorizzazione del territorio, progetto che pensiamo permetterà di creare circa 5.000 opportunità di lavoro”.
Ferma la posizione di Minervini anche sulla questione TAP: “Ci opporremo all’eventualità che l’approdo sia San. Si tratta di uno dei punti più belli e suggestivi dell’intera Puglia, in alcun modo si può mettere a repentaglio quello straordinario patrimonio. Allo stesso tempo crediamo che l’approdo debba essere collegato a un progetto di riqualificazione e bonifica del territorio per l’area interessata, una sorta di compensazione ambientale di cui la stessa TAP deve farsi carico”.
E sull’Ente Provincia: “L’assetto delle province è materia di competenza dello Stato. Compito nostro, e su questo vogliamo impegnarci è che i Comuni, soprattutto quelli più piccoli del Salento, condividano problemi e opportunità, dotandosi di strategie condivise. Io credo che l’Area Comuni e i Progetti d’Area Vasta rappresentino sistemi per andare in tale direzione”.
Altro aspetto fondamentale nella campagna elettorale di Minervini è quello della partecipazione: “ Le vivaci polemiche che hanno riguardato la realizzazione di importanti infrastrutture in Salento dimostrano che bisogna cambiare l’approccio. I cittadini vanno coinvolti prima delle decisione e non dopo, quando ormai i conflitti sono esplosi. Per questo, come Assessore, ho promosso la Legge sulla Partecipazione che, se ci fosse già stata nei decenni scorsi, avrebbe portato a un progetto condiviso e sostenibile della Strada 275 Maglie – Leuca, della Maglie – Otranto e persino della TAP. Il mio auspicio è che questa legge venga adottata dal Consiglio regionale prima della fine della legislatura. Altrimenti sarà il primo provvedimento che faremo se saremo noi a vincere le primarie e poi le elezioni”.
Sanità nel Salento ecco come la vede l’assessore uscente: “La programmazione delle nuova rete ospedaliera mette un punto fermo per il superamento della logica dell’ospedale di campanile e configura finalmente un modello più moderno di ospedale di comprensorio. Quel programma va attuato subito con una buona qualità tecnica dei progetti e mettendoci i medici migliori al posto giusto. Anche il Salento ha bisogno nei prossimi 5 anni di vedere nascere una rete qualificata e capillare di servizi territoriali per la promozione della salute, per l’assistenza domiciliare, per il sostegno ai lungodegenti, per una diagnostica accessibile ed efficiente. I prossimi 5 anni dobbiamo spingere per la medicina territoriale, trovando le risorse economiche abbattendo gli sprechi che continuano ad esserci attraverso la centrale unica degli acquisti”.
(Giuseppe Cerfeda)
Il salentino Stefàno: «Più Salute, più ambiente, più lavoro»
Nel centrosinistra punto focale del prossimo candidato Presidente sarà il modo con cui intende, dopo 10 anni di governo del centrosinistra, raccogliere l’eredità di Vendola. “Mi sono candidato alle primarie per proteggere un’esperienza da valorizzare”, dichiara senza tentennamenti Dario Stefàno, “riconosciuta come riferimento intelligente, creativo e virtuoso in tutta Italia. E che, paradossalmente, qui in Puglia, qualcuno si propone di azzerare. Non da avversario che intende proporsi come alternativa dopo 10 anni di governo di centrosinistra, ma da segretario regionale del PD, ossia del partito maggioritario della coalizione che ha avuto peso e ruolo nell’Amministrazione Vendola. La motivazione all’impegno nasce da questa inaccettabile schizofrenia. Assumere questo profilo”, approfondisce Stefàno, “non significa volersi appuntare una medaglietta sul petto, ma riconoscere quanto di buono realizzato, avere consapevolezza delle criticità ed indicare credibilmente priorità e obiettivi. Sappiamo di avere tanti meriti, conosciamo i nostri limiti, riconosciamo di non aver corrisposto a tante aspettative, assumendoci le nostre responsabilità. L’esercizio di una leadership si misura anche da questo. Per questi motivi il mio programma è impostato su tre priorità, da realizzare in cinque anni, che saranno il cuore delle nostre politiche: più Salute, cioè una Puglia che cura meglio i suoi pazienti; più Ambiente, cioè una Puglia nella quale si vive bene perché si punta sullo sviluppo ecosostenibile; più Lavoro, cioè una Puglia che investe sulle opportunità di un modello di sviluppo incentrato su cultura, turismo, agricoltura, formazione e innovazione”.
Sulla questione TAP la posizione di Dario Stefano è chiara: “La Puglia non si sottrae dal farsi carico degli interessi nazionali. Ma pretende che siano compatibili con gli interessi di un territorio che assegna alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, all’attenzione al benessere e alla salute dei suoi cittadini precedenza assoluta. Il nostro no a San Foca è motivato con gli stessi argomenti con i quali il Ministero dei Beni Culturali ha bocciato il progetto proposto in considerazione dell’altissimo pregio naturalistico dell’area interessata”.
Sul futuro della Provincia di Lecce, Stefàno dice: “Il futuro delle Province è nelle mani del Governo, il caos che esse vivono è legato all’incredibile ritardo nell’emanazione dei decreti attuativi della legge di riforma, che lascia sospese questioni decisive quali funzioni, personale e risorse. Il riformismo quando si nutre di simboli più che di idee produce risultati negativi. La riduzione dei Consiglieri, l’azzeramento dei rimborsi, al momento rimangono ancora in ombra rispetto al disagio procurato e all’incertezza del futuro”.
Altro punto sul quale sicuramente in campagna elettorale ci sarà battaglia è quello della Sanità: “È una questione decisiva. Assorbe oltre l’80% della spesa regionale. Abbiamo alle spalle anni impegnativi nel corso dei quali abbiamo azzerato deficit, gestito riordino, dimezzato le Asl, affrontato blocco delle assunzioni, innovato tecnologicamente strutture, internalizzato servizi esterni dando stabilità occupazionale a centinaia di persone. Abbiamo scalato una montagna con tanti tornanti: è stato faticoso ma abbiamo tenuto la strada. Ora comincia la fase due: l’obiettivo è innalzare la qualità delle prestazioni, curare sempre meglio i pugliesi. Nei prossimi cinque anni vogliamo aumentare del 30% il punteggio ministeriale sul livello dei servizi erogati ed allinearci alle performance delle regioni più virtuose. L’obiettivo è il governo della domanda insieme al mondo della grande professione per concentrare e qualificare l’offerta. Penso ad una connessione del mondo dell’assistenza socio sanitaria, per realizzare con maggiore tempestività ed efficacia la territorializzazione dell’offerta e la deospedalizzazione di prestazioni che non necessitano di ricoveri”.
Stefàno punterà anche ad incrementare ulteriormente la partecipazione : “La Regione in questi anni è stata molto presente sul tema (“progetto di rigenerazione urbana, fase consultiva e di ascolto avviata per la redazione del Piano paesaggistico regionale, incontri pubblici organizzai sulla TAP…”). È mancato un raccordo sistematico tra l’attività politica ed il dialogo con gli elettori, che è compito principalmente dei partiti, spesso fragili ed indeboliti. È li che si deve migliorare, nel rafforzare i corpi intermedi, quelli capaci di tenere il collegamento tra Palazzo e piazze. Poi, certo le politiche possono sempre migliorarsi. Non a caso la Regione ha predisposto un disegno di legge sulla partecipazione il cui scopo è quello di garantire informazione, accesso e coinvolgimento dei cittadini nelle scelte infrastrutturali strategiche”.
(Giuseppe Cerfeda)
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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