Cronaca
«Verità e giustizia per Ivan»
I motivi per cui «il caso non può essere archiviato». «Era uno speaker, un musicista, non un maratoneta». Il 3 dicembre il GIP di Lecce valuterà l’opposizione alla richiesta di archiviazione delle indagini

È prevista venerdì 3 dicembre presso il Tribunale di Lecce l’udienza fissata dal GIP Sergio Tosi per la trattazione in camera di consiglio dell’opposizione depositata lo scorso 27 aprile dagli avvocati Maria Chiara Landolfo, Paolo Maci e Gianluca Tarantino, difensori della famiglia di Ivan Ciullo, a seguito della richiesta di archiviazione avanzata dalla PM Maria Vallefuoco in relazione al procedimento che vede indagato un uomo per istigazione al suicidio.
L’opposizione denuncia «indagini carenti e incomplete che non hanno chiarito in alcun modo i tanti dubbi emersi in questi 6 anni trascorsi dal ritrovamento del giovane, appeso ad un albero nelle campagne di Acquarica del Capo, il 22 giugno 2015. La PM Vallefuoco chiede la chiusura del fascicolo negando a priori i risultati di quelle consulenze di parte che il 2 febbraio del 2019 l’avevano portata a riaprire le indagini e che quindi doveva aver giudicato rilevanti. Ha ignorato lo sforzo investigativo prodotto dalla famiglia (in assenza di indagini da parte degli inquirenti), limitandosi a dichiarare l’inadeguatezza dei consulenti di parte, senza spiegarne le motivazioni».
Di fatto nella richiesta di archiviazione, secondo i legali della famiglia, «non viene sciolto nessuno dei dubbi né vengono chiarite le tante incongruenze emerse. Una su tutte: il GPS del cellulare di Ivan, attivato dall’utilizzo di internet, tra le 18 e le 19 del 21 giugno 2015 registra delle posizioni incompatibili con il fatto che il satellitare della sua auto ci dice che era ferma dalle 17,13 in Località Calie dove è stato ritrovato il suo corpo la mattina del giorno seguente. Ivan non può aver percorso quei chilometri a piedi. Da tener presente che i dati estrapolati dal cellulare si riferiscono non alle celle telefoniche che possono dare una posizione approssimativa, ma al GPS che si attiva durante l’utilizzo della rete internet, come ha evidenziato la perizia di parte redatta dal criminologo Roberto Lazzari che si è avvalso della consulenza di un esperto informatico per analizzare i dati del cellulare. La stessa perizia che aveva convinto la Pm a proseguire le indagini, salvo poi non tenerne conto, senza peraltro avvalersi di un perito tecnico per eventualmente confutarne le conclusioni».
Mettendo a confronto i dati emersi dal telefonino e dalla posizione dell’auto, sostengono ancora gli avvocati di parte, «si vede chiaramente che il telefonino di Ivan si sposta da Acquarica del Capo a Taurisano, poi torna in aperta campagna e si ferma a metà strada per poi tornare di nuovo al centro di Taurisano. In uno di questi spostamenti, in particolare, si evidenzia che avrebbe dovuto percorrere 4 km in 10 minuti. Ivan non era un velocista, né un maratoneta. Qualcuno deve averlo portato con un’altra auto a Taurisano, oppure qualcuno gli ha sottratto il telefono, lo ha portato a Taurisano e poi glielo ha rimesso nella tasca dei pantaloni, dove è stato ritrovato. In ogni caso Ivan quel giorno non era solo. La PM di questo dato non ha tenuto alcun conto. Con chi era? Chi lo ha portato da Località Calie a Taurisano?».
La famiglia di Ivan esige dalla magistratura «una risposta plausibile».
I PUNTI DA CHIARIRE
Sono molte altre le mancanze evidenziate dall’opposizione presentata dagli avvocati Maria Chiara Landolfo e Paolo Maci, che chiedono al GIP approfondimenti e verifiche accertate.
Tra le altre:
«non sono state effettuate indagini sul cavo microfonico al quale è stato trovato appeso. Il perito di parte, dottor Lazzari – è l’unico ad aver esaminato l’altra metà, trovata nell’auto di Ivan ed ha dimostrato – con prove tecniche – che non può in nessun modo essersi allungato. Pertanto non viene spiegato il motivo per cui Ivan è stato trovato con le gambe piegate, quasi inginocchiato»;
«non è stata studiata la modalità del nodo: sarebbe necessario verificare la possibilità che possa essersi chiuso aderendo su tutta la superficie del collo, anche nella zona cervicale, dove sono state riscontrate lesioni che sembrerebbero essere state prodotte da un laccio più piccolo rispetto al cavo»;
«non è stato chiarito il motivo per cui lo sgabello, trovato vicino al corpo e che sarebbe servito ad Ivan per appendersi, è rimasto in piedi. Dalle foto è ben evidente che non ci sono segni di utilizzo né sulla seduta, né sul terreno (le gambe non sono infossate come avrebbero dovuto)»;
«non è stata fatta alcuna analisi della scena del crimine da parte degli inquirenti. Nessuno – eccezion fatta peri il perito di parte, dottor Lazzari – ad esempio, ha misurato l’altezza del ramo da terra, rispetto all’altezza e al peso del corpo di Ivan».
Nelle ventisette pagine di opposizione si chiede al GIP anche di verificare l’attendibilità\veridicità delle dichiarazioni rese agli inquirenti dall’indagato «che si contraddice in più punti sugli spostamenti e sugli orari degli stessi da lui effettuati il 21 giugno. Tra le tante: sostiene di essere passato davanti casa di Ivan, ma i dati estrapolati dal perito di parte dal suo telefonino e dal GPS della sua auto raccontano un’altra verità. Perché mentire?».
L’analisi svolta dal criminologo Roberto Lazzari sui tabulati telefonici dell’indagato «aveva già messo in luce tutte le contraddizioni in cui l’uomo è caduto, non solo in riferimento alle telefonate e ai messaggi scambiati con la vittima il giorno della morte, ma anche sui suoi spostamenti. I tabulati infatti dimostrano che ha mentito e che in realtà era ad Acquarica del Capo proprio nelle ore in cui è stata collocata la morte del ragazzo. L’uomo ha affermato di aver ricevuto dei messaggi dallo stesso Ivan ma di non averli letti. La perizia tecnica invece dimostra che li ha visualizzati poco dopo averli ricevuti. Perché la Procura sembra non aver voluto approfondire? Non avrebbe dovuto avvalersi di un ingegnere informatico per comparare i dati con le dichiarazioni rese dall’indagato all’epoca dei fatti? L’indagato dice che Ivan era depresso. Ma i contenuti dei messaggi di testo, gli audio, i video estrapolati dal telefonino di Ivan parlano della sua spensieratezza, dei tanti progetti che stava portando avanti e anche di nuove relazioni sentimentali. Si chiede pertanto alla Procura anche di ascoltare gli amici di Ivan per capire quale fosse il suo reale stato d’animo e il rapporto con l’indagato».
Infine, l’opposizione evidenzia come non ci sia ancora «alcuna prova certa se si sia trattato di suicidio o omicidio. Infatti, la perizia del medico legale che nel 2019 effettuò l’autopsia non dà alcuna certezza: parla di “presumibile” suicidio. Perizia che è stata peraltro contestata già dal medico legale della famiglia, anche sulla base del fatto che l’osso ioide non è rotto».
Troppe le domande e i dubbi ancora irrisolti per porre fine alle indagini. La famiglia chiede con forza «verità e giustizia per Ivan».
ERA IL 22 GIUGNO DEL 2015…
Ivan Ciullo venne trovato impiccato ad un albero di ulivo il 22 giugno del 2015 nelle campagne di Acquarica del Capo.
Il caso fu inizialmente trattato come un suicidio sulla base del fatto che nell’auto del ragazzo fu ritrovata una presunta lettera di addio ai genitori, Rita Bortone e Sergio Martella, che però non hanno mai creduto alla versione suicidaria e hanno portato avanti delle indagini private, avvalendosi di consulenti criminologi, periti informatici, balistici e medici legali.
La Procura di Lecce ha aperto un fascicolo per Istigazione al suicidio e ha indagato un uomo con cui il ragazzo aveva avuto una tormentata relazione.
Dopo anni la PM Maria Vallefuoco ha chiesto l’archiviazione del caso.
Il prossimo 3 dicembre è prevista l’udienza del GIP per la trattazione dell’opposizione, depositata lo scorso mese di aprile dagli avvocati Maria Chiara Landolfo, Paolo Maci e Gianluca Tarantino. rappresentanti della famiglia di Ivan.
Cronaca
Alto impatto, una sinergia di interforze per un controllo totale
Sono state effettuate ispezioni con attività congiunte di tutte le Forze di Polizia, nel corso delle quali il personale coinvolto nel servizio ha effettuato 13 posti di controllo, identificato…

SINERGIE INTERFORZE IMPEGNATE NEI CONTROLLI AD ALTO IMPATTO
Prosegue l’attività di controlli ad alto impatto che interessa tutta la provincia volte a intensificare la vigilanza e l’azione di contrasto in aree ritenute sensibili.
In particolare, le azioni poste in essere nella notte tra il 10 e l’11 luglio scorsi, si sono concentrate sul territorio di Nardò, comprese le marine di Santa Maria al Bagno e Sant’ Isidoro, luoghi in cui si registra una massiva affluenza di turisti e residenti che, nel periodo estivo, si riversano nelle abitazioni costiere, determinando un decisivo incremento delle attività dei lidi balneari e dei locali di intrattenimento e di ristorazione, con possibili fenomeni di illegalità legati alla cosiddetta “malamovida“.
Sono state effettuate ispezioni con attività congiunte di tutte le Forze di Polizia, nel corso delle quali il personale coinvolto nel servizio ha effettuato 13 posti di controllo, identificato 401 persone, fermati 213 veicoli e rilevato 9 infrazioni al Codice della Strada.
I controlli di tipo amministrativo hanno interessato, invece, 14 esercizi pubblici, presso i quali state In particolare, la Polizia, a Santa Maria al Bagno, ha disposto la chiusura ad un locale per la somministrazione di alimenti e bevande per carenze igienico sanitarie, avvalendosi della
collaborazione del competente personale della ASL di Lecce; la stessa attività commerciale è risultata avere una ordinanza dirigenziale del Comune di Nardò che ne vietava l’esercizio.
Per tale motivo, è stata sanzionata con una multa di euro 5.164,oo per aver svolto attività senza regolare licenza.
I Carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità hanno ispezionato un’attività di ristorazione rilevando alcune irregolarità con conseguente segnalazione all’autorità sanitaria.
L’attività di controllo della Guardia di Finanza, invece, ha interessato 4 esercizi commerciali a cui sono state contestate sanzioni relative a violazioni in materia fiscale, di cui alcune per mancata emissione della fattura e altre per mancata installazione del ricevitore di cassa, per un importo complessivo di circa euro 1.700,00.
Anche la Polizia Municipale di Nardò, ha effettuato, nella zona di Sant’Isidoro, un sequestro penale a carico di un locale di intrattenimento e somministrazione di alimenti e bevande, per occupazione demaniale, di circa 50 mq, con sedie e tavoli, e vari controlli nella marina e a Nardò.
Cronaca
57enne arrestata con un mandato d’arresto europeo
La donna era destinataria di una pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione, emessa dai Giudici ungheresi per il reato di truffa…

Grazie al servizio “alert alloggiati” è stato effettuato l’arresto in esecuzione di un mandato d’arresto europeo nei confronti di una 57enne di nazionalità ungherese.
Detto servizio ieri nelle prime ore del pomeriggio segnalava al Commissariato di Polizia di Nardò la presenza in una struttura ricettiva di Porto Cesareo di una cittadina ungherese, ricercata per truffa dalle autorità del suo paese a carico della quale pendeva un mandato d’arresto europeo.
Gli agenti hanno raggiunto subito la struttura segnalata, ma venivano informati dal personale presente che la donna si era allontanata a piedi dall’hotel la mattina presto.
Gli uomini in servizio perlustravano allora le vie di Porto Cesareo palmo a palmo e dopo alcune ore la ricerca permetteva loro di rintracciare la donna in un mercatino rionale.
Accompagnata in commissariato per gli accertamenti di rito, accertato che si trattava della donna destinataria di una pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione, emessa dai Giudici ungheresi per il reato di truffa, gli agenti della Polizia hanno eseguito l’arresto informato il P.M. di turno e accompagnato la donna presso la casa circondariale di Lecce, in attesa di estradizione.
Cronaca
Violazioni urbanistiche, armi improprie e guida sotto effetto di alcol e droghe
Controlli straordinari dei Carabinieri a Lecce ed in provincia…

Controlli straordinari dei Carabinieri: violazioni urbanistiche, armi improprie e guida sotto effetto di alcol e droghe.
I Carabinieri di Lecce, con il supporto dell’11° Reggimento “Puglia”, hanno dato avvio ad un’operazione straordinaria di controllo del territorio.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate numerose pattuglie dell’Arma nei comuni di Porto Cesareo e Lecce, con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza, prevenire reati e verificare il rispetto delle normative vigenti.
A Porto Cesareo, i Carabinieri di Campi Salentina, affiancati dai colleghi della locale Stazione, hanno scoperto che su un terreno agricolo di circa cinque ettari, già sequestrato nei mesi scorsi, erano tornate a comparire le stesse casette prefabbricate oggetto dell’inchiesta.
In quell’area, autorizzata originariamente per un agriturismo, era stato realizzato abusivamente un vero e proprio campeggio: 73 casette prefabbricate e una piscina, pienamente funzionante.
Al momento del blitz, 42 alloggi erano già stati affittati a turisti ignari della situazione. I Carabinieri hanno proceduto al ripristino dei sigilli sulle strutture ancora libere, mentre per le restanti si attenderà il termine dei soggiorni per completare lo sgombero, come disposto dall’Autorità Giudiziaria.
Sempre nella zona, il servizio ha portato a segnalare due episodi legati alla sicurezza stradale: due persone sono state denunciate per guida sotto l’effetto di alcol e droghe.
In un caso, il conducente ha rifiutato di sottoporsi ai test dopo un sinistro stradale; nell’altro, l’interessato è risultato positivo alla cocaina.
Complessivamente, nella sola area di Porto Cesareo sono stati controllati 90 individui e 44 veicoli, 4 patenti ritirate e altrettanti veicoli sottoposti a sequestro amministrativo.
Sono state, inoltre, verificate 29 persone sottoposte a misure restrittive.
A LECCE
L’attività dei Carabinieri di Lecce, con il supporto del personale dell’11° Reggimento “Puglia”, ha consentito di deferire in stato di libertà due soggetti per porto abusivo di armi e oggetti atti ad offendere: uno trovato in possesso di una katana di 96 cm e una mazza da baseball, l’altro di una pistola scacciacani alterata.
Le armi sono state sottoposte a sequestro.
Nel corso del medesimo servizio sono stati effettuati controlli su 46 soggetti sottoposti al regime di detenzione domiciliare, tre dei quali sono stati sorpresi fuori dalla propria abitazione in violazione delle misure imposte, e pertanto denunciati per evasione.
L’azione di controllo presso gli esercizi pubblici ha portato alla denuncia di una persona sottoposta a misure di prevenzione personali, sorpresa all’interno di un locale pubblico in violazione delle prescrizioni a cui era soggetta.
Nel complesso, nel territorio di Lecce sono state identificate 185 persone e controllati 121 veicoli, con 18 sanzioni al Codice della Strada, tre deferimenti per guida senza patente, due per guida in stato di ebbrezza e tre patenti ritirate.
La costante presenza delle pattuglie, unita al rigoroso monitoraggio delle situazioni più sensibili, conferma l’impegno quotidiano dell’Arma nel tutelare i cittadini e nel preservare la legalità, anche attraverso interventi mirati e tempestivi in contesti urbani e turistici
particolarmente esposti a fenomeni di abusivismo e degrado.
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