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Parabita

Giorgio Monteanni, eroe di Parabita

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Questo è il racconto di un eroe. Un altro eroe, dove per “altro” s’intende di tempi ormai lontanissimi, quando non c’era certo la tivvù a rendere note al Mondo le azioni di chi ha combattuto ed ha sacrificato la vita per la Patria. Oggi di tanti eroi italiani della guerra o delle missioni cosiddette di pace se ne conoscono i nomi, i volti, le storie, ogni minimo particolare. Invece questo che vi propiniamo è il racconto di un eroe sinora sconosciuto ai più.


Un racconto che emoziona e mette i brividi perché narra di un soldato italiano della Prima Guerra Mondiale (la Grande Guerra), Giorgio Monteanni, di Parabita, consapevole della morte alle porte. E’ una sorta di testamento di chi sa di avere i giorni contati e, nonostante ciò, è pronto a cimentarsi nell’ultima battaglia, non prima però di rivolgere l’estremo saluto ai propri cari.


“Bello ricordarlo per la Festa dei Caduti”


A rendercene partecipi, ed a consegnare ai giorni nostri, a distanza di ben 95 anni, le gesta di questo soldato, è un suo nipote. Gigi De Blasi è un arzillo signore di 75 anni, originario di Parabita, ma che dal 1963 risiede con la famiglia a Tricase, qui trasferitosi per lavoro (è stato rappresentante di commercio in zona per una nota industria dolciaria). Ed è una sua scoperta, quella appunto di una lettera dello zio (fratello della madre), a spingerlo a venire nella nostra Redazione, “perché”, ci dice con la voce rotta e gli occhi umidi per l’emozione, “non si può sottacere il dramma ma allo stesso tempo il coraggio di chi, come mio zio e come migliaia di soldati, era al fronte e vedeva la morte da molto vicino. Ho ritenuto che, nella ricorrenza del 4 Novembre, Festa dei Caduti, questo episodio dovesse essere portato a conoscenza delle generazioni di oggi”.


La lettera 95 anni dopo…


Tutto comincia per caso: “Lo scorso settembre, nel dare una veloce sistemazione alla casa di mia sorella Rosaria, dopo la morte dell’altra sorella, Cosimina, mi capita tra le mani una lettera: comincio a leggere e subito provo un tuffo al cuore. Guardo la data e mi assale l’ansia, che diventa commozione quando giungo alla firma: è quella di mio zio Giorgio. La data è il 4 luglio 1915, certamente pochi giorni prima della sua morte. Infatti, in base alla ricostruzione di quei terribili momenti che zio Giorgio fa nella sua lettera, credo che fossero appena riusciti a respingere un primo attacco degli austriaci sull’Isonzo, ma che fossero consapevoli che da lì a poco sarebbe arrivata la fine”. Un altro veemente attacco sferrato dagli austriaci, stavolta con gli alleati ungheresi, segna il destino dei nostri soldati.


62mila morti sull’Isonzo


Affidato il Comando delle Forze Armate Italiane al Generale Luigi Cadorna, vengono sferrate quattro offensive sull’Isonzo contro gli austro-ungarici: dal 23 giugno al 7 luglio 1915; dal 18 luglio al 4 agosto; dal 18 ottobre al 4 novembre; il 10 novembre. Ma i reparti italiani non ottengono alcun risultato rilevante. Anzi il nostro contingente conta 62mila morti e 170mila feriti, ovvero circa un quarto del contingente.


Giorgio a 20 anni parte per il fronte


Giorgio Monteanni, di Panfilo e Rosaria Cataldi, parte in guerra alla fine del 1914, all’età di circa 20 anni, lasciando la sua attività di parrucchiere per uomo a Parabita (ed il suo hobby di suonatore di Flauto Traverso). Attività che però continua a svolgere al servizio degli altri soldati, fra cui molti compaesani. A proposito dei quali, il sig. De Blasi ricorda distintamente un episodio significativo e decisivo della sorte dello zio Giorgio, episodio legato a Luigi Giannelli. Infatti, al contrario di Giorgio Monteanni, Giannelli si salvò (anche se perse una gamba) e, terminata la Guerra, lavorò come bidello alle scuole elementari di Parabita, dove conobbe appunto il sig. De Blasi (siamo nel ‘40/’41), a cui raccontò che quando Giorgio rimase ferito mortalmente, lui era proprio al suo fianco e, nonostante furono quelli attimi terribili, ebbe la freddezza di spostarne il corpo dalla prima linea perché non venisse calpestato e martoriato dai soldati che sopraggiungevano.

La tomba di Giorgio Monteanni si trova (insieme a quelle del padre e della madre) nel Cimitero Monumentale di Parabita.


Federico Scarascia


La lettera: “Mi son fatto già persuaso che non vedrò più nessuno…”


Riportiamo fedelmente il testo della lettera scritta dal fronte da Giorgio Monteanni al padre Panfilo, datata 4 luglio 1915, nella quale il soldato parabitano prende consapevolezza della fine vicina. Chiede così al padre di raccomandarlo alla Madonna (con riferimento particolare alla protettrice di Parabita, la Madonna della Coltura) e di estendere i saluti a tutti i familiari: sono citati la sorella Nena, il cognato Pici (si tratta della madre e del padre, di origini gallipoline, del sig. De Blasi), i fratelli Luigi e Carlo e la fidanzata Letizia.


La prima facciata

La prima facciata


La seconda facciata

La seconda facciata


“Carissimo padre. Sono contento che o ricevuta la tua cartolina e che godi di ottima salute di unita a tutti di casa, ciò che posso assicurarti di me, solo che sono 6 giorni che mi trovo in un punto dove sto con la morte sopra. Dalla notte di S. Pietro e Paolo per me non ci fu più bene, prima stavo bene, ma ora mi son fatto già persuaso che non vedrò più nessuno e non ritornerò più per abbracciarvi. Di voi altro non voglio che la vostra benedizione e il perdono, e questo ve lo chiedo piangendo e raccomandarmi alla madonna come mi son raccomandato solo. Vuoi sapere dove mi trovo? io sto alle montagne di Gorizia trincerato al fiume Isonzo e di sopra alle montagne ci sono i forti austriaci, sto in 1^ linea di fuoco e immaginati come si trova il tuo disgraziato Giorgio, che io solo nacqui per soffrire. Finisco di scrivere salutando tutti Zii Zie Amici e clienti, distintamente nena – Pici – Luigi e Carlo e te di unita alla mamma e sono il tuo figlio Giorgio. Saluto Letizia e ricordati sovente di me. Con i paesani sono 9 giorni che non ci vediamo che ci siamo perduti”.


Posta Militare – 4 Luglio 15 – 21^ Divisione


Attualità

Donne Vittime di violenza: reinserimento al lavoro dopo il Centro

La Rete territoriale antiviolenza dell’Ambito di Casarano al lavoro per l’empowerment delle donne

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Presso l’Aula Consiliare del Comune di Casarano, il Prefetto di Lecce Natalino Manno ha presieduto una riunione operativa sul tema del “Reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza”.

Tale iniziativa rientra nell’area di intervento interistituzionale, dopo il “Protocollo d’Intesa per la prevenzione ed il contrasto della violenza di genere nell’Ambito Territoriale Sociale di Casarano”.

L’argomento è stato affrontato ed esaminato da più punti di vista, con particolare riguardo al delicato momento di “uscita” delle donne dal Centro Antiviolenza, in seguito alla conclusione di un percorso riabilitativo, e alla fase di “accompagnamento” al reinserimento sociale, che non può ritenersi compiuto senza un lavoro.

Una platea di addetti ai lavori ben rappresentata dai sindaci dei comuni dell’Ambito Sociale Territoriale (quindi rappresentanti di Casarano, Collepasso, Matino, Parabita, Ruffano, Supersano e Taurisano), dai referenti del Centro Anti Violenza, delle Associazioni datoriali, di Arpal Puglia, dell’UDEPE e dai rappresentanti delle Aziende che operano nell’hinterland casaranese, ha tracciato le linee guida e individuato gli step del delicato percorso di reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza, condividendo concrete strategie operative, tese a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, oltre a percorsi di risocializzazione, costruiti attraverso la formazione, il rafforzamento delle motivazioni personali e una maggiore consapevolezza dell’importanza di avere un’indipendenza economica, per uscire definitivamente da circuito assistenzialistico.

In particolare, con la collaborazione di Arpal e con il supporto delle Associazioni di categoria, saranno attivati canali privilegiati per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche alla luce dei benefici fiscali e contributivi riconosciuti dalle disposizioni normative vigenti, nonché della possibilità per la Cooperativa Medihospes che gestisce il Centro AntiviolenzaIl Melograno” di sostenere le donne nei percorsi di formazione e nei primi mesi dall’inserimento lavorativo, grazie a finanziamenti regionali.

Il Prefetto Natalino Manno ha già annunciato di voler «implementare la rete territoriale degli Organismi che, per la loro mission istituzionale, possono favorire tali percorsi ed è suo intendimento trasferire l’esperienza virtuosa avviata con l’Ambito Sociale di Casarano, negli altri territori della provincia, al fine dell’adozione di strumenti di intervento efficaci, di contrasto al terribile fenomeno della violenza di genere, che possano incidere parallelamente sulla crescita culturale di un territorio che merita di essere salvaguardato a trecentosessanta gradi».

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Cronaca

Intrecci tra affari e politica, niente arresto per Delli Noci

In carcere invece l’ex sindaco di Parabitra Alfredo Barone e ai domiciliari Marino Congedo, 82 anni, di Galatina, e il figlio dell’ex rettore di UniSalento Maurizio Laforgia. L?ex assessore regionale Alessandro Delli Noci: «Affronterò quello che devo con la massima fiducia nei confronti della Magistratura, sperando di poter dimostrare nel più breve tempo possibile la mia innocenza»

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Intrecci tra affari e politica: nessuna misura cautelare per l’ex assessore regionale allo Sviluppo Economico Alessandro Delli Noci.

La Guardia di Finanza di Lecce ha invece dato seguito a tre arresti disposti dal Gip Angelo Zizzari.

Misura di custodia cautelare in carcere per Alfredo Barone, 69enne imprenditore ex sindaco di Parabita e arresti domiciliari per Marino Congedo, 82 anni, di GalatinaMaurizio Laforgia, ingegnere barese, figlio dell’ex rettore di Unisalento.

Ha tirato un sospiro di sollievo dunque Alessandro Delli Noci che, sollevato, ha postato: «Oggi il Gip di Lecce ha rigettato la richiesta di misure cautelari nei miei confronti. Oggi, dopo un tempo che è sembrato infinito, ho abbracciato forte i miei genitori, il loro dolore, sperando di alleviarlo almeno un po’».

che ha voluto ringraziare il governatore Emiliano « per il sostegno personale e per non avere mai smesso di rivendicare pubblicamente il lavoro e i risultati di questi cinque anni».

Poi si è rivolto «a chi ha usato parole di odio, di disprezzo, spinto dal proprio pregiudizio o dalla propria personale antipatia.

A loro ha voluto dire che «quelle parole sono coltelli conficcati nel cuore di genitori inermi, di figli e figlie spaesati, di mogli, mariti, compagni e compagne. Non sono giustificate mai, ma ancora di più quando si parla senza sapere, solo per il gusto di colpire a morte il prossimo. A loro dedico le parole di un ragazzo che non conosco e che mi ha scritto privatamente su Facebook. È un ragazzo che ha perduto completamente la vista e ha voluto raccontarmi la sua storia, una storia dolorosa fatta di pregiudizi, di umiliazioni e di cadute a cui però hanno fatto seguito successi e serenità grazie alla sua determinazione. Mi ha detto di tenere duro, e che presto la mia tristezza si sarebbe trasformata in forza».

«Consapevole della natura cautelare di questo passaggio», ha concluso Alessandro Delli Noci, «affronterò quello che devo con la massima fiducia nei confronti della Magistratura, sperando di poter dimostrare nel più breve tempo possibile la mia innocenza, con la forza della verità e dell’amore sincero».

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Attualità

Parabita: vinti 65mila euro al Lotto

Con sei ambi, quattro terni e una quaterna, è la vincita più alta delle tre che hanno segnato il lunedì pugliese per un totale di quasi 130mila euro

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Giocata fortunata in Puglia.

Ieri, come riporta Agipronews è stata infatti realizzata una tripletta da 129.750 euro totali.

Il colpo più alto di giornata, da 64.750 euro, è stato centrato a Parabita, con sei ambi, quattro terni e una quaterna.

Dopo i complimenti al vincitore, come sempre facciamo da queste colonne, raccomandiamo a tutti gli altri di giocare con parsimonia, secondo le possibilità di ognuno, stando attenti che il gioco non si trasformi in dipendenza.

Ricordando che la ludopatia è una malattia vera e rischia di rovinare la vita di chi gioca compulsivamente e dei suoi cari.

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