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Attualità

Un piccolo sorriso per le imprese salentine

Trimestre aprile-giugno: cresce, ma lentamente, il tessuto imprenditoriale della nostra provincia

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In crescita il numero delle imprese salentine, ma con un passo più lento rispetto al medesimo  periodo dello scorso anno. Tra aprile e giugno le nuove imprese sono state 1.468 (contro le 1.624 di un anno fa), le cessazioni 770 ( contro 865) e il saldo si è attestato a 698 imprese in più rispetto marzo (nel 2016 erano 759). Lo stock delle imprese registrate al 30 giugno è pari a 72.694 con un tasso di crescita dello 0,97%, che colloca la provincia di Lecce al primo posto sia in ambito regionale che nazionale, tra tutte le province italiane.


La crescita del tessuto imprenditoriale salentino certamente è un segnale incoraggiante”, commenta il Presidente dell’Ente camerale, Alfredo Prete, “ma occorre accompagnarne la crescita delle nuove realtà imprenditoriali affinché possano svilupparsi in maniera solida  e sopravvivere alla concorrenza.  Il sistema camerale in questa direzione è impegnato a fondo, anche in virtù degli indirizzi della riforma delle Camere di Commercio, che ci ha affidato funzioni specifiche in tema di creazione di impresa e start up. Un impegno che intendiamo portare avanti intensificando i nostri sforzi per sostenere nel concreto la crescita del nostro sistema produttivo, puntando alla diffusione della cultura e dell’utilizzo delle tecnologie digitali”


Il  tasso di sviluppo imprenditoriale della regione Puglia si attesta  a +0,79% mentre quello nazionale è pari a +0,59%. Subito dopo il Salento si colloca la provincia di Foggia con un tasso di crescita  dello 0,92% e un saldo di 662 imprese. Segue Bari (0,63%) con 948 imprese, Taranto (0,89%) con + 433 aziende e Brindisi (0,73%) con 264 imprese in più. Complessivamente il tessuto imprenditoriale pugliese  tra aprile e giugno è aumentato di 3.005 unità.


Tutti i  settori nel  trimestre primaverili hanno realizzato saldi positivi, ad eccezione delle attività manifatturiere (-27) e del commercio (-55), occorre evidenziare, però, la presenza di ben 529 imprese non classificate, alcune delle quali  sicuramente saranno collocate in  tali settori, per cui tali dati negativi saranno sicuramente “mitigati” dalla successiva collocazione delle imprese attualmente prive di codifica. Positivi, invece, i saldi dell’agricoltura (+64), delle costruzioni (+60) e delle attività legate ai servizi di alloggio e alla ristorazione (+44). In generale tutte le attività dei servizi siano essi alla persona che alle imprese, chiudono il trimestre positivamente, tali comparti negli ultimi anni hanno mostrato una  crescita costante,  mentre i settori dell’agricoltura, delle attività manifatturiere e delle costruzioni perdono aziende, il commercio “tiene”.


Per quanto riguarda la forma giuridica, le società di capitali, che rappresentano più del 20% della struttura imprenditoriale salentina con 14.986 imprese, registrano u n saldo di 276 unità, mentre l le imprese individuali, pari a 47.512 aziende, costituiscono il 65,4% dello stock delle imprese e chiudono il trimestre primaverile con +367 unità. Le società di persone chiudono il trimestre con 23 imprese in più mentre le altre forme societarie registrano un incremento di 32 unità.

Le imprese artigiane – Il trimestre in esame si chiude positivamente per il comparto artigiano  con un saldo di +131 unità e un tasso di sviluppo dello 0,74%, il migliore degli ultimi cinque anni. Lo stock delle imprese registrate, però, è diminuito ulteriormente rispetto all’analogo periodo del 2016:  al 30 giugno di quest’anno conta  17.769 imprese (contro le 17.925 del 30.6.2016),  con 357 iscrizioni a fronte di 226 cancellazioni. Occorre sottolineare, però che il numero delle iscrizioni è tra i più elevati degli ultimi cinque anni, mentre quello delle cessazioni è il più contenuto, per tale motivo il saldo, e conseguentemente il tasso di crescita, è in assoluto  il più elevato dal 2013.


Il saldo positivo è stato determinato dalle 86 imprese riconducibili al comparto delle costruzioni e dalle 30 delle altre attività di servizi. Leggeri saldi negativi per il settore estrattivo (-2 unità), il manifatturiero (-1) public utilities (-2) , commercio (-3) e i servizi legati alla sanità e assistenza sociale (-1).


Contratti di rete – Al 3 luglio scorso i contratti di rete in Italia hanno raggiunto quota 3.869, coinvolgendo 19.500 aziende sparse su tutto il territorio nazionale. Le aziende pugliesi che hanno sottoscritto un contratto di rete sono 1.171, di cui 186 aziende salentine, queste ultime  hanno sottoscritto 67 contratti, dei quali 7 registrati al registro delle imprese. Micro impresa appartenente al comparto dei servizi e del commercio, è questo l’identikit delle aziende salentine che sottoscrivono contratti di rete. Sono infatti  le aziende dei servizi che fanno rete  (43 imprese), seguite da quelle del commercio (35) e industria/artigianato (32). In relazione alla forma giuridica sono soprattutto imprese individuali (59 aziende)  e società a responsabilità limitata (50).


I fallimenti – Migliora il trend dei fallimenti delle imprese salentine: tra aprile e giugno sono fallite 17 imprese, contro le 19 del corrispondente periodo  del 2016 e le 22 del  2015. Percentualmente i fallimenti sono diminuiti del 10% e  viene confermata la frenata dello scorso anno dove si era già registrata una flessione del 13% rispetto al 2015. Relativamente alla struttura imprenditoriale salentina, il fenomeno delle aperture fallimentari riguarda un numero di imprese molto esiguo. Analogo discorso  a livello nazionale:  su 6.079.761 le imprese fallite sono nell’ordine di 1,9 unità ogni mille per complessive 3.008 aziende.


Andrano

Tartaruga liberata da rete fantasma

Associazione “A Mare”, straordinario salvataggio a Marina di Andrano: la grande Caretta Caretta visibilmente provata ma in buone condizioni, ha potuto riprendere a nuotare libera

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Un commovente intervento di salvataggio ha avuto luogo oggi pomeriggio lungo la costa di Marina di Andrano, dove una tartaruga marina Caretta Caretta di grandi dimensioni è stata ritrovata in difficoltà, intrappolata in una rete fantasma.

A intervenire prontamente sono stati i rappresentanti dell’associazione A Mare, realtà da sempre impegnata nella protezione dell’ambiente marino.

A guidare l’operazione tre volontari esperti: Dario Urso, Antonio Pellegrino e Danilo Minonne, che con grande abilità e delicatezza sono riusciti a liberare l’animale dalla rete e a restituirlo al mare in tutta sicurezza.

La tartaruga, visibilmente provata ma in buone condizioni, ha ripreso a nuotare libera.

Questi salvataggi sono la dimostrazione concreta di quanto sia urgente proteggere il nostro mare e le creature che lo abitano“, ha commentato uno dei volontari.

Le reti fantasma, abbandonate o perse in mare, continuano a rappresentare una delle più gravi minacce per la fauna marina, causando ogni anno la morte di migliaia di animali.

L’associazione A Mare lancia ancora una volta un appello alla cittadinanza: occhi aperti in mare e segnalazioni tempestive possono fare la differenza.

La salvaguardia dell’ecosistema marino è una responsabilità collettiva.

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Attualità

Olio lampante nelle mense scolastiche: a Taurisano la rabbia fa 90

Quasi cento famiglie si riuniscono in una class action per chiedere al Comune di recedere dal contratto con “La Fenice”, finita sotto inchiesta. Mentre un’assessora non è d’accordo con la decisione della maggioranza, il sindaco spiega: “Prendiamo decisioni oculate: e se la ditta fosse innocente?”

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di Lorenzo Zito

L’inchiesta che ha travolto la società La Fenice, con sede a Galatone, continua a scuotere il Salento. L’azienda gestisce da anni 25 centri di cottura su cui si struttura il servizio mensa per bambini e anziani in 38 Comuni, ma da mesi è al centro di un’indagine della Procura di Lecce che ipotizza una frode alimentare di vaste proporzioni: nei piatti sarebbero finiti migliaia di litri di olio non extravergine, in alcuni casi addirittura olio lampante, non idoneo al consumo umano. Un prodotto fornito da un’azienda calabrese, anch’essa finita nel mirino degli inquirenti.

Le accuse mosse dalla Guardia di Finanza e dall’Ispettorato centrale per la repressione delle frodi sono pesanti: frode nelle pubbliche forniture, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, violazioni delle denominazioni protette. Già nel luglio scorso erano stati sequestrati oltre 6mila litri di olio adulterato, mentre le indagini hanno stimato in almeno 38 tonnellate la quantità di prodotto non conforme utilizzata tra il 2023 e il 2024.

Le grandi domande che aleggiano attorno al caso sono principalemente due. La ditta La Fenice sapeva di utilizzare olio non conforme? Ed al netto di questo, oggi, i Comuni che con questa azienda hanno in essere un contratto d’appalto, come si devono comportare? Le risposte potrebbero sembrare scontate, ma non lo sono. La riprova è nelle scelte divergenti delle amministrazioni travolte dalla questione.

CHI HA DETTO ‘STOP’

Alla luce dello scandalo, sono diversi i Comuni che hanno deciso di tagliare i rapporti con La Fenice. Tra questi figurano Racale, Casarano, Castrignano del Capo e Presicce-Acquarica. La linea seguita da queste amministrazioni è netta: la perdita di fiducia verso la ditta è tale da non consentire una prosecuzione, indipendentemente dall’esito finale del procedimento penale. In altri casi invece, laddove la scadenza naturale dell’incarico era prossima, si è deciso di non agire, lasciando che fosse il tempo a fare il suo corso.

Una posizione che va nella direzione opposta è quella di chi ha scelto la prudenza giuridica. Ed è qui che entra in gioco il caso più controverso: Taurisano.

AUMENTATE LE ISCRIZIONI A MENSA”

A Taurisano la vicenda ha assunto toni particolarmente accesi. Il Comune ha infatti deciso di non recedere dal contratto con La Fenice, scatenando le proteste di decine di famiglie e la nascita di una class action che oggi conta circa 90 adesioni.

Nonostante questo fronte comune, il sindaco Luigi Guidano non ha cambiato idea. Lo abbiamo allora interpellato per approfondire le ragioni della scelta: “La decisione del Comune è dettata da un duplice compito: da un lato tutelare la salute dei cittadini, dall’altro salvaguardare gli interessi della città”, ha spiegato. “Per il primo aspetto abbiamo approvato all’unanimità in Consiglio un nuovo regolamento comunale che ci consente maggiori possibilità di controllo e di sollecito agli organi competenti, come NAS e ASL. Per il secondo aspetto, invece, non abbiamo receduto dal contratto perché questa procedura esporrebbe il Comune a rischi notevoli.”

Il riferimento è alla possibilità che un’eventuale rescissione comporti l’interdizione della ditta dalle gare pubbliche. “Esiste un sistema giudiziario che stabilirà se quanto sospettato è effettivamente accaduto. Noi non possiamo sostituirci alla legge, che presume l’innocenza fino a prova contraria. Se a fine procedimento la società dovesse risultare innocente, si rivarrebbe automaticamente sul Comune. Chi pagherebbe a quel punto i danni?

Il sindaco riconosce la delicatezza della questione:“Senz’altro non è una decisione semplice. Allo stesso tempo, però, devo dire che quest’anno gli iscritti al servizio mensa sono più dell’anno scorso. Motivo per cui forse la scelta dell’amministrazione non è così azzardata.”

L’ASSESSORA CONTROCORRENTE

Durante l’ultimo consiglio comunale, però, non tutto è filato liscio. L’assessora Valeria Carolì, delegata tra le altre cose ad asili nido ed edilizia scolastica, pur appartenendo alla maggioranza, ha scelto di non allinearsi del tutto alla linea del sindaco. Mentre il primo cittadino, seduto alle sue spalle, le ricordava che il suo intervento esulava dall’ordine del giorno, tra gli applausi scroscianti di quanti erano accorsi a seguire di persona il consiglio comunale, ha affermato:“Ben venga il regolamento, ma potrebbe non bastare. Se è vero quanto emerso dalle ultime indagini, la ditta La Fenice sapeva. Questo rappresenterebbe un grave inadempimento, sufficiente ad una risoluzione contrattuale ai sensi della legge”.

Un gesto percepito da molti cittadini come un atto di coscienza e di onestà, che ha messo in evidenza come il dibattito non divida soltanto le famiglie e l’amministrazione, ma anche la stessa maggioranza.

Il sindaco tuttavia, interpellato sulla divergenza, ha minimizzato: “L’assessora ha esposto liberamente il suo punto di vista, come è giusto che sia, anche se non era quello l’oggetto del dibattimento. Non c’è nessuna frattura all’interno della maggioranza.”

GLI ULTIMI SVILUPPI

Le ultime rivelazioni cui fa riferimento l’assessora aggravano il quadro. Da quanto emerso, già nel 2019 un’analisi chimica segnalava come l’olio fornito non rispettasse i requisiti dell’extravergine. Nonostante ciò, la ditta avrebbe continuato a impiegarlo nei pasti destinati a bambini e anziani.

Dagli atti emergerebbe inoltre il ruolo di un dipendente di La Fenice, stretto collaboratore del legale rappresentante, già gravato da precedenti per frode nelle pubbliche forniture. Sarebbe stato lui a gestire i rapporti con il fornitore calabrese, ricevendo in cambio regalie alimentari — salumi, formaggi, vino — a testimonianza di un legame consolidato e di una consapevolezza interna alla ditta. Questi elementi spostano l’asse della responsabilità: non solo i fornitori calabresi, dunque, ma anche chi in La Fenice avrebbe dovuto vigilare sulla qualità dei prodotti distribuiti.

Mentre le indagini proseguono, le famiglie sono preoccupate e cresce la tensione. Attraverso gli avvocati Luca Puce e Davide Micaletto, hanno annunciato nuove iniziative. La richiesta è chiara: rescindere il contratto. Nelle parole di alcuni genitori, che preferiscono restare anonimi, tutta la preoccupazione:“Non c’è più fiducia nella ditta. L’unica forma di garanzia è la rescissione. Il regolamento non è sufficiente. Gli ultimi sviluppi emersi, il sapere che sapevano, ci ha ulteriormente sconcertato”.

In queste ore, le famiglie sarebbero pronte a reiterare ufficialmente la richiesta al Comune e a rendere pubblica una nuova comunicazione nei prossimi giorni.

UNA PARTITA ANCORA APERTA

La vicenda delle mense non si chiude qui e tra divergenze, nuovi regolamenti (in più Comuni) ed indagini in corso, la partita è tutt’altro che conclusa. Tra diritto alla salute, presunzione di innocenza, conti pubblici da salvaguardare e fiducia ormai compromessa, il caso continua a rimanere un banco di prova delicato per l’intero territorio salentino.

L’esame delle responsabilità, a prescindere dall’esito giudiziario, fa scattare un campanello d’allarme. Possono trascorrere così tanti anni prima che le autorità approfondiscano a dovere cosa c’è dietro a dozzine di bandi pubblici vinti (su tutto il territorio provinciale e nello stesso settore) dallo stesso interlocutore?

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Attualità

Lettera senza…risposta: la “questione tempo pieno” a Racale

Niente sezione a 40 ore a Racale ed 8 bambini vanno ad Alliste. Le mamme non le mandano a dire: “La scuola non è solo abbecedario”. Ma la dirigente fa scena muta

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di Lorenzo Zito

Quest’anno otto bambini di Racale hanno iniziato la prima elementare fuori dal loro paese, ad Alliste. Una scelta non programmata, né desiderata dalle famiglie, ma resa necessaria dall’impossibilità di attivare una sezione a tempo pieno nella scuola primaria di via Mazzini.

Le mamme coinvolte hanno affidato il loro sfogo a una lettera indirizzata alla dirigente scolastica. Un testo appassionato, denso di delusione e di richiami al senso di comunità: «I nostri bambini, figli di Racale, frequenteranno la prima elementare ad Alliste, in una scuola dove ci hanno accolto felici e non ci hanno trattato come un problema da risolvere».

Il racconto parte da gennaio, quando le famiglie avevano regolarmente iscritto i figli al tempo pieno. Nessuna comunicazione ufficiale è arrivata fino a fine giugno, quando — “da voci di corridoio” — si è diffusa la notizia che la classe non sarebbe partita e che i bambini erano stati spostati d’ufficio sul tempo normale. «Pensavamo di poter trovare una soluzione condivisa — scrivono — ma ci è stato detto che non c’erano possibilità e che l’unica strada era coinvolgere la politica».

Dopo un incontro con la dirigente e successivi contatti con l’Ufficio scolastico provinciale e il sindaco, la situazione non si è sbloccata. In una frase riportata dalle famiglie, rimasta particolarmente impressa, si legge: «Il nostro incontro si è concluso con lei che, inopportunamente, ci ha detto che in fondo lei non piangeva se otto bambini andavano via dalla sua scuola». Da quel momento è maturata la decisione di rivolgersi al comprensivo di Alliste, dove — raccontano — «ci hanno spalancato le porte, accogliendo i nostri bambini con entusiasmo».

Nei giorni seguenti è arrivata una nuova proposta da Racale: il tempo pieno sul plesso di via Siena. Ma ormai il dado era tratto. «Ci eravamo già sentiti accolti ad Alliste e sicuri di poter affidare loro i nostri bambini», scrivono le mamme. Una decisione che, spiegano, non è stata presa a cuor leggero: «La scuola non è solo abbecedario e operazioni matematiche: la scuola è sogno ed esempio».

IL SINDACO: «NON È GIUSTO»

Sulla vicenda è intervenuto anche il sindaco di Racale, Antonio Salsetti, che rivendica l’impegno dell’amministrazione sul fronte scolastico e annuncia l’apertura di un confronto pubblico.

«In questi anni di impegno civile e istituzionale molto è stato fatto, sicuramente molto altro si potrà fare. Ma una cosa posso dirla senza timore di smentita: abbiamo investito sulla scuola da subito e continueremo a farlo», ha dichiarato.

Il primo cittadino, appreso del caso, ha convocato «un tavolo di comunità per analizzare e capire le ragioni di una serie di criticità che hanno portato alla lettera da parte di alcune mamme di Racale. I bambini sono il nostro futuro, la nostra priorità. Non è giusto che vadano via».

SCENA MUTA

Abbiamo contattato la dirigente scolastica del Comprensivo “Angelo Vassallo” di Racale, Stefania Manzo, per potervi illustrare con chiarezza e completezza quanto accaduto. Per indagare appieno le ragioni che hanno portato a questa situazione. Per offrire (a lei) l’opportunità di far sentire la propria versione dei fatti, anche in risposta ad una lettera (densa di comprensibile livore) che non le manda a dire. Ma non abbiamo trovato terreno fertile. La dirigente ha preferito non entrare nel merito: non ha colto il nostro invito. “Chiarirò nelle sedi opportune. E se lo riterrò, interverrò quando sarà il caso“, ha affermato, certamente con le sue ragioni. La risposta, a scanso di equivoci, non la deve a noi, ma ai veri protagonisti di questa vicenda. Quegli otto bambini, quei “figli di Racale” che, da oggi, sono un po’ anche figli di Alliste. Chissà loro, tra qualche anno, come racconteranno al mondo questa vicenda.

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