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Attualità

Tiggiano festeggia i cento anni di Tetti

Maria Concetta Negro ha spento con la propria famiglia le sue prime cento candeline

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Cifra tonda per  Maria Concetta Negro.


Nata il 26 febbraio 1925, a Tiggiano, Tetti ha spento con la propria famiglia le sue prime cento candeline.


Per l’occasione la visita del sindaco di Tiggiano, Giacomo Cazzato.


In occasione del suo speciale compleanno, il racconto della vita della centenaria attraverso le parole del nipote Mario Negro, che pone l’accento sulle difficili vicende che hanno caratterizzato la vita della donna, vissuta nel periodo della Seconda Guerra Mondiale.


LA VITA DI TETTI


Tetti Negro, oggi 100 anni


Immersa nella preghiera. Un rosario stretto tra le mani. Diffidente, sospettosa. La sua vita è segnata da una vicenda straziante che sconvolse la sua famiglia.


Appena diciottenne, nell’estate del ’43, in pieno conflitto mondiale, fu colta per diversi giorni da una febbre acuta che dovette curarsi con delle iniezioni.


Una di queste punture non venne eseguita correttamente tanto da procurarle un ascesso al gluteo e forti dolori all’anca. Non riusciva più a camminare e reggersi in piedi.


Le terapie dell’epoca seguite in casa non destarono miglioramenti. Si decise allora di ricoverarla all’ospedale di Gallipoli dove stette qualche giorno e, malgrado due interventi di incisione chirurgica alla cute, non volse ad un risanamento.


È proprio in quel periodo di degenza che a molti pazienti di quel nosocomio fu imposto un ordine di sfollamento teso a scongiurare severe perdite umane da eventuali bombardamenti della città, com’erano avvenuti in altre località salentine ritenute potenzialmente strategiche dalle forze militari in campo.


Quei degenti dovevano essere trasferiti altrove e, al padre di Tetti, Biagio, fu proposto di spostare la propria figliola a Napoli oppure a Porto Potenza Picena, sedi più idonee alla piena guarigione di quell’infermità e più sicure dall’avanzare delle truppe alleate ormai sbarcate in Sicilia.


Biagio escluse la città partenopea e diede il consenso ad accompagnare Tetti nelle Marche. Così, dopo i preparativi ed un interminabile viaggio in treno, i due giunsero nella nuova struttura sul litorale adriatico.


Consegnarono i documenti in accettazione ed attesero nell’atrio finché un’infermiera si prese cura di Tetti assegnandole un letto d’un grande stanzone gremito di malati.


Il babbo stette alcune ore al suo fianco e, quando la vide ben accudita, la salutò con un abbraccio, esortandola a scrivere una lettera appena sarebbe stata dimessa, in modo da poterla raggiungere in tempo e riaccompagnarla nel viaggio di ritorno.


Tetti cominciò a conoscere altri malati, tra cui molti militari provenienti d’ogni parte, insieme a volontari, suore e personale sanitario.


Ricevette le cure necessarie alla sua malattia e volgeva via via verso la guarigione.


Dopo qualche settimana, desiderava darne notizia ai familiari; si procurò una penna ed un foglietto intenta a scrivere di sé.


Presto, però, apprese che ciò che stava per fare sarebbe stato vano: quella lettera non poteva essere spedita in seguito ai devastanti eventi bellici che continuavano a minacciare l’intero Paese.


La posta e altri servizi pubblici erano stati bloccati.


Trascorsero così altri giorni di attesa, poi mesi e mesi sempre più difficili che non permisero comunicazioni.


La fine dell’alleanza dell’Italia con la Germania nazista dall’armistizio dell’8 settembre aveva scatenato molta confusione e ulteriori stragi, bombardamenti e rappresaglie.


Quel territorio era ancora controllato dai tedeschi. Eseguivano frequenti ispezioni all’interno dell’ospedale nella ricerca di ebrei, partigiani e disertori.


Tetti, ormai del tutto ristabilita al pieno delle sue forze, continuava a soggiornare nel nosocomio non avendo altra dimora che potesse ospitarla.


Le avevano riservato un posticino in un attiguo capannone da cui, nel vivo delle belligeranze, poteva uscire qualche minuto al mattino per le vie del centro; assistette così al cannoneggiamento da parte dei tedeschi che, in ritirata verso la linea gotica, danneggiarono la torre e la piazza del paese.


Era giugno del ’44 e, pur volendo tornare a casa nel Salento, Tetti non poteva avventurarsi ad affrontare un viaggio pieno di insidie: vi erano tratti ferroviari interrotti e l’accesso ai treni era stato limitato e militarizzato.


A Tiggiano il papà Biagio si recava ogni giorno alla posta sperando di ricevere notizie di sua figlia.


Giungeva a testa bassa sotto la coppola. Posava lentamente la bicicletta davanti all’uscio dell’ufficio, sempre allo stesso punto, in un rituale che auspicava fiducia e speranza.


Entrando, salutava fugacemente i presenti; l’impiegato era pronto a ripetergli: “Non c’è niente”.


Ogni mattina restituiva a casa una nuova delusione che, tuttavia, non faceva vacillare la ferma convinzione che una lettera sarebbe presto arrivata.


Mamma Peppi si dilaniava dal dolore mentre, in costante inquietudine, si occupava della crescita di altri sei figli.


Era passato più di un anno che di Tetti non si sapeva alcunché.


Il papà voleva tornare a tutti i costi in quell’ospedale per verificare la situazione della figlia. In questo incognito viaggio fu vivamente sconsigliato. Lasciare il Salento sarebbe stato rischioso.


Oltreché all’assenza di treni disponibili, il suo nome avrebbe destato sospetto nel fermento generale degli schieramenti per aver gestito un ufficio di collocamento del regime e, qualora fermato ai controlli, poteva essere interrogato con inimmaginabili sorti.


A Porto Potenza Picena erano in molti a conoscere Tetti: la ragazza salentina che non riusciva a tornare nella sua terra.


La sua permanenza in paese era diventata estenuante e rientrava nei tanti ineluttabili drammi della guerra.


Un mattino, in astanteria, le si avvicinò un ufficiale delle truppe alleate che aveva partecipato alla liberazione dall’occupazione nazi-fascista della città.


Era un sottotenente polacco che girava con una Jeep Willys e, udito il racconto della sua vicenda, le propose un salvacondotto o di salire su d’un convoglio che s’apprestava a dirigersi a Brindisi.


Tetti non accettò, confidando: “Verrà mio padre a prendermi”.


Giorni dopo, altri pugliesi la invitarono ad unirsi in un incerto viaggio di ritorno verso casa. La risposta di Tetti era sempre la stessa, preferiva starsene lì, circospetta, pronta a nascondersi ed a ripararsi durante gli attacchi ed i rastrellamenti, certa che, un giorno, suo padre l’avrebbe raggiunta.


Al mattino saliva al quinto piano dell’edificio. Il mare che osservava dalle grandi finestre le echeggiava i felici momenti trascorsi insieme ai suoi familiari a raccogliere cicorie selvatiche, mirti e critimi sulla scogliera di Torre Nasparo.


Intanto, mamma Peppi a Tiggiano continuava a tormentarsi dai tristi pensieri.


L’ansia di saper qualcosa le procurava tanta trepidazione e, inopinatamente, nel sogno di una notte, le apparve sant’Ippazio che le diede un messaggio premonitore: “Non affliggerti. Tua figlia sta bene! Presto riceverai sue notizie.”


Era già la primavera del ’45.

Gli eventi storici spingevano verso la fine delle ostilità e, con l’aiuto di una suora, Tetti riuscì ad affrancare e spedire una cartolina per la sua famiglia, con la quale comunicava di star bene e di essere pronta ad aspettare il papà alla stazione ferroviaria di Potenza Picena-Montelupone.


Un paio di settimane e la missiva giunse alla posta di Tiggiano.


Quel mattino il papà Biagio, sorpreso d’immensa gioia, ritirò il messaggio e lo portò immediatamente a casa.


Mamma Peppi intravide il marito radioso che sventolava il cartoncino. Colse la notizia come un miracolo, suscitandole enorme meraviglia.


S’inginocchiò per qualche istante, poi, come per adempiere fedelmente ad un indubbio riconoscimento, si diede una ravvivata ai capelli, li strinse al fermaglio sulla nuca, sistemò la lunga gonna nera (cd. vistiano), ritoccò leggermente la spilla della Vergine fissata sul corpetto di lino (cd. sciuppareddhu) ed uscì di casa; iniziò a trascinarsi in ginocchio fino a giungere in chiesa e ringraziare il santo patrono.


La strada era battuta di pietrisco (cd. fricciu) che dopo pochi metri sfilacciò la sua veste e le sbucciò le ginocchia fino a farle sanguinare. Lei, come presa d’estasi, non avvertì alcun dolore e non se ne curò; continuava imperterrita il suo cammino penitenziale recitando lodi di gloria per tutto il percorso.


Il suo passaggio lasciava la gente sgomenta anche se, in paese, non erano insolite simili vedute di devoti; in molti assistevano a tali rituali con sentimenti di incoraggiamento e partecipazione.


I preparativi di Biagio per affrontare il lungo viaggio erano pronti. Nei sacchetti a tracolla (cd. pasazze) aveva sistemato un pezzo di pane, del formaggio e della frutta.


Attese il rientro della moglie, poi si diresse alla stazione. Salì sul primo treno per Lecce.


Il viaggio proseguì su d’un treno merci che giunto a Bari restò fermo l’intera giornata. La città era avvolta da una fitta nube nera. Nel porto c’era stata un’immensa esplosione (cfr. nave Henderson) che aveva provocato centinaia di morti e feriti.


Poi, a notte fonda, si diede il via alla ripartenza del treno e Biagio poté proseguire il suo viaggio sino a raggiungere Potenza Picena al mattino.


Quel giorno di aprile del ’45 il sole splendeva alto nel cielo. Tetti sedeva sulla panchina della stazione. Il papà la notò già dal finestrino e, appena sceso dal vagone, corse velocemente a riabbracciarla. Entrambi furono invasi da enorme commozione.


Biagio si guardò intorno, poi sedette anch’egli. Vide la figlia un po’ cresciutella. Dialogarono intensamente, ancor più guardandosi negli occhi senza proferir parole.


Tetti lo accompagnò alla fontana per dissetarsi e rinfrescarsi dal lungo viaggio compiuto. Era finito un incubo. Si poteva finalmente rientrare a casa. C’era un treno dopo qualche ora.


Tetti volle quindi salutare gli amici dell’ospedale unitamente al babbo; così fece con suor Antonia, suor Francesca e don Simone e tanti altri con cui spesso s’intratteneva, si confidava e si aiutava a vicenda.


S’abbracciarono con reciproca gioia per la terribile guerra ormai terminata e la fine di quel distacco dai propri cari che Tetti dovette affrontare per quasi due anni.


Tetti tornò a Tiggiano.


Il suo babbo le era stato accanto per tutto il viaggio. Arrivarono a casa. Ci fu una grande festa in famiglia.


Da quel giorno non si discostò più dalla madre finché Peppi non morì nell’84.


Non si unì con nessun uomo, nonostante avesse maturato un aspetto disinvolto da quell’esperienza vissuta e non le mancassero proposte di matrimonio alle quali, delle volte, rispondeva di non essere pronta, ma in cuor suo, seriamente, non le piacque alcun corteggiatore.


Restò nubile, sempre accanto ai genitori, legata a quella presenza fisica da cui dovette starne lontana per il lungo periodo della sua disavventura e per cui desiderava non separarsene più.


A Tiggiano non conoscevano la sua vicenda.


Quel periodo di assenza dal paese lasciava presumere che fosse stata ai lavori stagionali al magazzino del tabacco o nelle campagne brindisine o tarantine.


A lei, invece, piaceva raccontarsi per ricordare personaggi, luoghi, date storiche e misfatti della guerra.


Pensava fosse noto a tutti quanto accaduto, cercava dialoghi, conferme.


Alcuni l’ascoltavano un po’ increduli, qui non vi era traccia di quei lontani eventi e cominciarono a dubitare alle sue parole.


Altri non esitarono a farla passare per matta per cui non poteva che rattristarsene e chiudersi in casa.


A volte insisteva a narrare quanto aveva conosciuto della guerra ed a spiegare certi fatti a chi li ignorava.


Tranne casi sporadici non c’era alcun interlocutore. La gente trascurava quei discorsi e si mostrava insensibile a mantenere vivi quei ricordi.


La memoria di Tetti era destinata a perdersi.


E, man mano, si rese conto che quelle cose non interessavano a nessuno, non restava che meditarne con sé stessa, senza esternare il suo pensiero né toccare simili argomenti davanti agli altri.


Molti anni dopo, ormai ultrasessantenne, espresse il desiderio di tornare a Porto Potenza Picena per rivedere quei luoghi in cui aveva vissuto, immaginandoli cambiati in qualche aspetto, ma nella sua mente i ricordi del mare, della stazione e dell’ospedale erano nitidamente localizzati e custoditi in un angolo remoto dei suoi pensieri.


Non voleva tornarci da sola e, tantomeno, vi era qualcuno disposto ad accompagnarla per esaudire questa sua volontà.


Dopo la morte dei genitori continuò a vivere da sola per lunghi anni. Il pomeriggio faceva veloci passeggiate per incontrare fratelli, sorelle e nipoti.


Aveva 75 anni quando cadde vicino casa fratturandosi il femore e dopo un periodo di degenza in ospedale si ricoverò in una casa di riposo a Montesardo.


A 92 anni si fratturò l’altro femore che la obbligò dapprima su una carrozzina e poi quasi costantemente a letto.


È sempre lieta di parlare con chi va a visitarla. Pronta a ricordare tutto, chiede assiduamente come stanno parenti e conoscenti senza tralasciarne alcuno.


Piena di gioia di vivere, dice spesso: “Non voglio morire adesso!”.


Il suo esile corpo conserva un sano equilibrio interiore e, nel suo nascondimento, ha bisogno ancora di pregare su questa terra.


Quell’esperienza vissuta le ha definito la fragilità umana e come essa esprime le sue contraddizioni.


Quante anime nutre ancora quel rosario!”.


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Alessano

SS 275 da Tricase a Leuca, tutto pronto

La Giunta regionale ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica necessaria per il secondo lotto dell’opera, ponendo così le basi per la conclusione dell’intero procedimento tecnico-amministrativo…

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di Lorenzo Zito

Dopo anni di stop, ricorsi e revisioni progettuali, la Maglie–Leuca comincia ad assumere contorni reali: con l’autorizzazione paesaggistica del 22 ottobre e la chiusura della Conferenza dei servizi il 4 novembre, il progetto del secondo lotto è pronto per la gara d’appalto.

L’iter per il completamento della Statale 275 Maglie–Leuca compie, dunque, un passo decisivo.

Lo scorso 22 ottobre la Giunta regionale ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica necessaria per il secondo lotto dell’opera, ponendo così le basi per la conclusione dell’intero procedimento tecnico-amministrativo.

L’atto, corredato da alcune prescrizioni, consente di procedere verso l’approvazione del Progetto di fattibilità tecnico-economica (Pfte), che sarà formalmente ratificata a chiusura della Conferenza dei servizi il 4 novembre, sotto la guida del commissario straordinario Vincenzo Marzi.

Il via libera paesaggistico rappresenta il tassello che mancava per chiudere un percorso lungo e complesso. Dopo anni di sospensioni, ricorsi e revisioni progettuali, il secondo lotto della Statale 275, quello compreso tra la zona industriale di Tricase e Santa Maria di Leuca, può dunque imboccare la strada dell’approvazione definitiva.

La firma del commissario, attesa al termine della Conferenza, segnerà il passaggio conclusivo della fase preliminare e consentirà ad Anas di predisporre il bando di gara per l’affidamento dei lavori.

Il progetto del secondo lotto è stato corredato da tutte le valutazioni ambientali e paesaggistiche previste dalla normativa.
La Valutazione d’impatto ambientale è stata rilasciata il 17 agosto, e il successivo via libera paesaggistico del 22 ottobre ha completato il quadro delle autorizzazioni, sbloccando un procedimento rimasto fermo per oltre un decennio.

LE ALTERNATIVE

Dopo l’annullamento in autotutela da parte di Anas (nel 2016) della precedente gara (indetta nel 2009), furono prese in considerazione tre possibili alternative.

Scartate le prime due (dette Alternativa Est e Alternativa Ovest, con riferimento al lato da cui circumnavigare Tricase), fu scelta la cosiddetta Alternativa 3, descritta dagli studi come quella con performance migliori dal punto di vista ambientale e funzionale, nonché per la sostenibilità dell’opera.

Va ricordato, inoltre, come il progetto inizialmente proposto da Anas prevedesse una statale a due corsie per senso di marcia (quindi quattro corsie) da Maglie sino a Leuca. Soluzione che è stata conservata per il solo lotto nord e scartata per quello a sud, non solo per ridurne l’impatto ambientale ma anche per rispondere adeguatamente alla vera priorità dell’opera in questo tratto: portare il traffico verso il Capo di Leuca fuori dai centri abitati di Montesano Salentino, Lucugnano, Alessano, Montesardo e Gagliano del Capo, tutt’oggi tagliati in due dalla SS275.

Ultimo (ma non ultimo) l’elemento rifiuti: il nuovo progetto toglie Anas dall’imbarazzo delle discariche abusive emerse lungo il vecchio percorso tra Alessano e Tricase.

La scelta di allontanarsi da quelle aree ha un duplice effetto: da un lato scongiura il rischio di un sequestro dell’opera da parte della magistratura, dall’altro ha del tutto distolto i riflettori dal tema bonifica.

I NUMERI

Il valore complessivo dell’intervento ammonta a 257 milioni di euro, risorse già stanziate nell’ambito dell’Accordo di Coesione.
Il nuovo tracciato interesserà i comuni di Montesano Salentino, Miggiano, Specchia, Tricase, Tiggiano, Alessano, Gagliano del Capo e Castrignano del Capo, con opere di adeguamento della sede stradale e interventi di messa in sicurezza.

Il progetto punta a migliorare la fluidità della circolazione e la connessione tra l’entroterra e la fascia costiera, sostenendo al tempo stesso i flussi turistici e lo sviluppo economico del basso Salento.

Il nuovo tragitto lungo circa 19 chilometri che, secondo le previsioni, dal giorno in cui verrà cantierizzato (non prima di un anno e mezzo/due), richiederà circa 1.350 giorni per essere portato a termine (poco più di 3 anni e mezzo).

Per una spesa, riferita ai soli lavori, di 140 milioni di euro.

Una lingua d’asfalto con una carreggiata a due corsie, una per senso di marcia, costituita per il 71% circa da tratti in rilevato, per il 24,5% da tratti in trincea e, per restante parte, da opere in sottopasso (3,5%) e in sovrappasso con viadotti e ponti (0,4%).
22 curve, 28 rettifili, 9 intersezioni e 6 immissioni/diversioni per un percorso tecnicamente suddiviso in cinque tratti (che, come sta accadendo col primo lotto, non saranno realizzati all’unisono, ma con cantierizzazioni indipendenti, uno dopo l’altro).

LA SVOLTA

L’iter ha conosciuto una svolta nell’estate 2025, quando due sentenze gemelle del Consiglio di Stato hanno chiarito definitivamente le questioni contenziose che bloccavano la procedura.

Da quel momento, Anas e il commissario straordinario hanno potuto riprendere l’istruttoria e aggiornare gli elaborati progettuali alle più recenti disposizioni del Codice degli appalti, in vigore dal 2016 e successivamente modificato.

In parallelo sono stati rivisti i parametri economici, adeguati ai costi aggiornati tra il 2019 e il 2023.

Il cronoprogramma aggiornato prevede che, una volta approvato il progetto di fattibilità, Anas bandisca la gara entro il 2026.
L’avvio dei cantieri del secondo lotto potrebbe quindi avvenire tra la fine del 2026 e i primi mesi del 2027, nella migliore delle ipotesi.

L’obiettivo è affiancare l’intervento già in corso sul primo lotto, quello tra Maglie e l’area industriale di Tricase, inaugurato un anno e mezzo fa e attualmente in fase di realizzazione.

Con l’autorizzazione paesaggistica dello scorso 22 ottobre e la chiusura imminente della Conferenza dei servizi il 4 novembre, la Statale 275 torna dunque al centro dell’agenda infrastrutturale del Salento.

Dopo anni di attese, ricorsi e stop burocratici, il completamento dell’arteria che unisce l’entroterra leccese a Santa Maria di Leuca si avvicina a un punto di svolta: la prospettiva, finalmente concreta, di un’opera strategica per la sicurezza, la mobilità e lo sviluppo del territorio.

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Attualità

Architetture fortificate, c’è una corsanese nel team vincitore

Grazia Chiarello fa parte dei cinque neoarchitetti del Politecnico di Bari che si sono aggiudicato il primo premio nazionale

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Successo e Pprimo premio nazionale per cinque neoarchitetti del Politecnico di Bari.

Tra loro anche Grazia Chiarello di Corsano (nella foto in alto, la terza da sinistra).

La loro tesi di laurea, dedicata alla conservazione, restauro e valorizzazione del Castello Svevo-aragonese di Brindisi è risultata vincitrice alla XXVIII edizione del Premio di laurea “Architetture Fortificate

La Commissione del concorso, bandito dal prestigioso Istituto Italiano dei Castelli, organizzazione internazionale riconosciuta da Unesco, Consiglio d’Europa, Europa Nostra, ha misurato la “qualità” delle 24 proposte ammesse, pervenute da tutta Italia.

Il prestigioso riconoscimento è stato assegnato a Udine, presso l’università, in una apposita cerimonia ai laureati del Corso di Laurea Magistrale in Architettura

1° Premio. “Architetture fortificate in Terra d’Otranto. Il Castello Grande di Brindisi”

Il giudizio della Commissione: «La tesi, frutto di una efficace collaborazione di gruppo, parte da un’accurata e approfondita lettura del Castello Grande di Brindisi, con particolare attenzione alle trasformazioni formali e funzionali delle strutture, alla loro relazione con il contesto territoriale, alle tecniche costruttive e alle condizioni di conservazione del complesso a tutt’oggi proprietà della Marina Militare Italiana. Le ben delineate proposte progettuali sono coerenti con le premesse di studio e mirano al recupero dell’unitarietà del complesso e ad una fruizione ampliata di uno dei monumenti simbolo della memoria collettiva di Brindisi».

Tutte le tesi ammesse alla XXVIII edizione del concorso 2025 saranno citate sul sito ufficiale dell’Istituto Italiano dei Castelli (istitutoitalianocastelli.it)

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Appuntamenti

La Scuola di Paesaggio per le Comunità nel Parco Agricolo dei Paduli

“Costruire”, “Coltivare” e “Abitare” il paesaggio. Attorno a questi tre gesti fondativi, tra Botrugno e San Cassiano nasce la Scuola di Paesaggio per le Comunità nel Parco Agricolo dei Paduli. A novembre si avviano due dei suoi tre ambiti tematici: la “Scuola Naturale Terra dei Bambini” e la “Scuola Giardinieri – Custodi del Paesaggio”

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Con la Scuola Naturale Terra dei Bambini e con La Scuola Giardinieri – Custodi del Paesaggio prende ufficialmente il via la Scuola di Paesaggio per le Comunità, una scuola popolare nata tra Botrugno e San Cassiano in provincia di Lecce per realizzare modelli di “cura” del patrimonio paesaggistico del Parco Agricolo dei Paduli attorno alle aree tematiche del “Costruire”, “Coltivare” e “Abitare” il paesaggio.

Declinata in tre ambiti (“Scuola Naturale Terra dei Bambini”, “Scuola Giardinieri – Custodi del Paesaggio” e “Scuola di Agritettura” – di prossima attivazione), la Scuola presenta i suoi percorsi formativi con un approccio multidisciplinare, con il coinvolgimento attivo di professionisti, organizzazioni e istituzioni locali, ma anche di partner sovralocali che permetteranno l’incontro tra il sapere locale e il sapere esperto, e con l’attivazione di azioni di cooperazione interterritoriale.

L’Obiettivo è formare alla pratica di alternative concrete per ripensare il paesaggio degradato del Parco Paduli, in seguito al disseccamento epocale del patrimonio arboreo derivante dal batterio Xylella fastidiosa e, di riflesso, reagire alla crisi dei tratti identitari e culturali che ne è scaturita.

La Scuola di Paesaggio per le Comunità è uno spazio condiviso di educazione, formazione e rigenerazione, dove il paesaggio è visto come oggetto e soggetto del processo educativo. Un’esperienza collettiva che intreccia educazione, ecologia e comunità, con l’obiettivo di ricostruire un nuovo patto tra persone e territori, in armonia con la natura e con la memoria dei luoghi.

Il paesaggio del Parco Agricolo Multifunzionale dei Paduli può essere ancora una volta un laboratorio a cielo aperto, in cui riprogrammare la relazione tra comunità e ambiente. La crisi ambientale ha inciso profondamente sulla produzione olivicola e sul suo indotto: oggi, la ricostituzione del paesaggio rurale diventa occasione per immaginare filiere innovative, diversificate e sostenibili, capaci di valorizzare il capitale umano locale e interterritoriale e di affrontare le sfide economiche, ambientali e sociali in un’ottica di inclusione e crescita sostenibile.

La Scuola nasce nell’ambito del progetto “Il Paesaggio che sono io”, iniziativa di rigenerazione culturale e sociale promossa dai Comuni di San Cassiano e Botrugno nell’ambito del Bando Borghi – Linea B, finanziato dal Ministero della Cultura – PNRR M1C3, Investimento 2.1 – Attrattività dei borghi storici.

Info: www.ilpaesaggiochesonoio.it

LA SCUOLA NATURALE “TERRA DEI BAMBINI”

La Scuola Naturale Terra dei Bambini”, itinerante in cargo bike, è condotta dalla Cooperativa Sociale Magnolia

Coinvolge famiglie, scuole e comunità locali in un percorso educativo rivolto a bambini e bambine dai 12 ai 36 mesi (massimo dieci partecipanti).

L’obiettivo è promuovere un modello educativo innovativo, centrato sulla relazione tra bambino, natura e territorio, contribuendo alla rigenerazione culturale e sociale del Parco dei Paduli.

Attraverso il contatto quotidiano con la natura, il gioco libero e la manipolazione di materiali naturali, i bambini imparano a conoscere sé stessi, gli altri e il mondo, diventando custodi consapevoli del paesaggio che abitano.

Le attività si svolgeranno dal lunedì al venerdì (ore 8–13), con campo base presso l’Oratorio di San Cassiano e aule all’aperto nel Parco Agricolo dei Paduli, raggiunte quotidianamente in cargo bike.

Info e contatti: 3201921562 (Stefania); coop.magnolia21@gmail.com; https://ilpaesaggiochesonoio.it/naturale/

LA SCUOLA GIARDINIERI – CUSTODI DEL PAESAGGIO

Con la Lectio Magistralis del professor Fabio Caporali, pioniere dell’agroecologia in Italia, in programma sabato 22 novembre, presso il Palazzo Ducale di San Cassiano, prenderà il via la Scuola Giardinieri – Custodi del Paesaggio, condotta da Manes – Scuole Naturali, in collaborazione con IISS Egidio Lanoce di Maglie e con la partecipazione di Istituto comprensivo Botrugno Nociglia San Cassiano Supersano.

Il percorso formativo si svolgerà tra San Cassiano e Botrugno dal 21 novembre 2025 al 6 giugno 2026, con lezioni, esperienze outdoor e laboratori dedicati alla cura e alla rigenerazione del paesaggio.

La scuola mira a formare nuove figure professionali e sociali capaci di tutelare, rigenerare e valorizzare il patrimonio paesaggistico e naturale del territorio, attraverso un approccio multidisciplinare, partecipativo e inclusivo.

Due i profili formativi previsti: Il Giardiniere del Paesaggio, con competenze tecniche nella manutenzione, rigenerazione e valorizzazione ecologica degli spazi aperti; Il Custode del Paesaggio / Educatore Naturale, orientato alla progettazione di esperienze educative, intergenerazionali e inclusive legate alla natura e al paesaggio.

Il percorso prevede una prima fase comune dedicata agli strumenti di lettura del territorio e ai fondamenti del paesaggio culturale e ambientale, seguita da una seconda fase professionalizzante per la specializzazione nei due profili.

Il corpo docente comprende esperti e formatori di livello nazionale insieme a persone della comunità locale portatrici di saperi tradizionali, in un dialogo tra sapere scientifico e conoscenza locale. Tutti i percorsi sono gratuiti e aperti alla partecipazione della cittadinanza.

Info e iscrizioni (dal 21 novembre 2025 – 6 giugno 2026) 3495524003 (Sonia); info@scuolenaturali.it. Programma completo: su https://ilpaesaggiochesonoio.it/giardinieri-custodi-del-paesaggio/

 

 

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