Attualità
Tiggiano festeggia i cento anni di Tetti
Maria Concetta Negro ha spento con la propria famiglia le sue prime cento candeline
Cifra tonda per Maria Concetta Negro.
Nata il 26 febbraio 1925, a Tiggiano, Tetti ha spento con la propria famiglia le sue prime cento candeline.
Per l’occasione la visita del sindaco di Tiggiano, Giacomo Cazzato.
In occasione del suo speciale compleanno, il racconto della vita della centenaria attraverso le parole del nipote Mario Negro, che pone l’accento sulle difficili vicende che hanno caratterizzato la vita della donna, vissuta nel periodo della Seconda Guerra Mondiale.
LA VITA DI TETTI
“Immersa nella preghiera. Un rosario stretto tra le mani. Diffidente, sospettosa. La sua vita è segnata da una vicenda straziante che sconvolse la sua famiglia.
Appena diciottenne, nell’estate del ’43, in pieno conflitto mondiale, fu colta per diversi giorni da una febbre acuta che dovette curarsi con delle iniezioni.
Una di queste punture non venne eseguita correttamente tanto da procurarle un ascesso al gluteo e forti dolori all’anca. Non riusciva più a camminare e reggersi in piedi.
Le terapie dell’epoca seguite in casa non destarono miglioramenti. Si decise allora di ricoverarla all’ospedale di Gallipoli dove stette qualche giorno e, malgrado due interventi di incisione chirurgica alla cute, non volse ad un risanamento.
È proprio in quel periodo di degenza che a molti pazienti di quel nosocomio fu imposto un ordine di sfollamento teso a scongiurare severe perdite umane da eventuali bombardamenti della città, com’erano avvenuti in altre località salentine ritenute potenzialmente strategiche dalle forze militari in campo.
Quei degenti dovevano essere trasferiti altrove e, al padre di Tetti, Biagio, fu proposto di spostare la propria figliola a Napoli oppure a Porto Potenza Picena, sedi più idonee alla piena guarigione di quell’infermità e più sicure dall’avanzare delle truppe alleate ormai sbarcate in Sicilia.
Biagio escluse la città partenopea e diede il consenso ad accompagnare Tetti nelle Marche. Così, dopo i preparativi ed un interminabile viaggio in treno, i due giunsero nella nuova struttura sul litorale adriatico.
Consegnarono i documenti in accettazione ed attesero nell’atrio finché un’infermiera si prese cura di Tetti assegnandole un letto d’un grande stanzone gremito di malati.
Il babbo stette alcune ore al suo fianco e, quando la vide ben accudita, la salutò con un abbraccio, esortandola a scrivere una lettera appena sarebbe stata dimessa, in modo da poterla raggiungere in tempo e riaccompagnarla nel viaggio di ritorno.
Tetti cominciò a conoscere altri malati, tra cui molti militari provenienti d’ogni parte, insieme a volontari, suore e personale sanitario.
Ricevette le cure necessarie alla sua malattia e volgeva via via verso la guarigione.
Dopo qualche settimana, desiderava darne notizia ai familiari; si procurò una penna ed un foglietto intenta a scrivere di sé.
Presto, però, apprese che ciò che stava per fare sarebbe stato vano: quella lettera non poteva essere spedita in seguito ai devastanti eventi bellici che continuavano a minacciare l’intero Paese.
La posta e altri servizi pubblici erano stati bloccati.
Trascorsero così altri giorni di attesa, poi mesi e mesi sempre più difficili che non permisero comunicazioni.
La fine dell’alleanza dell’Italia con la Germania nazista dall’armistizio dell’8 settembre aveva scatenato molta confusione e ulteriori stragi, bombardamenti e rappresaglie.
Quel territorio era ancora controllato dai tedeschi. Eseguivano frequenti ispezioni all’interno dell’ospedale nella ricerca di ebrei, partigiani e disertori.
Tetti, ormai del tutto ristabilita al pieno delle sue forze, continuava a soggiornare nel nosocomio non avendo altra dimora che potesse ospitarla.
Le avevano riservato un posticino in un attiguo capannone da cui, nel vivo delle belligeranze, poteva uscire qualche minuto al mattino per le vie del centro; assistette così al cannoneggiamento da parte dei tedeschi che, in ritirata verso la linea gotica, danneggiarono la torre e la piazza del paese.
Era giugno del ’44 e, pur volendo tornare a casa nel Salento, Tetti non poteva avventurarsi ad affrontare un viaggio pieno di insidie: vi erano tratti ferroviari interrotti e l’accesso ai treni era stato limitato e militarizzato.
A Tiggiano il papà Biagio si recava ogni giorno alla posta sperando di ricevere notizie di sua figlia.
Giungeva a testa bassa sotto la coppola. Posava lentamente la bicicletta davanti all’uscio dell’ufficio, sempre allo stesso punto, in un rituale che auspicava fiducia e speranza.
Entrando, salutava fugacemente i presenti; l’impiegato era pronto a ripetergli: “Non c’è niente”.
Ogni mattina restituiva a casa una nuova delusione che, tuttavia, non faceva vacillare la ferma convinzione che una lettera sarebbe presto arrivata.
Mamma Peppi si dilaniava dal dolore mentre, in costante inquietudine, si occupava della crescita di altri sei figli.
Era passato più di un anno che di Tetti non si sapeva alcunché.
Il papà voleva tornare a tutti i costi in quell’ospedale per verificare la situazione della figlia. In questo incognito viaggio fu vivamente sconsigliato. Lasciare il Salento sarebbe stato rischioso.
Oltreché all’assenza di treni disponibili, il suo nome avrebbe destato sospetto nel fermento generale degli schieramenti per aver gestito un ufficio di collocamento del regime e, qualora fermato ai controlli, poteva essere interrogato con inimmaginabili sorti.
A Porto Potenza Picena erano in molti a conoscere Tetti: la ragazza salentina che non riusciva a tornare nella sua terra.
La sua permanenza in paese era diventata estenuante e rientrava nei tanti ineluttabili drammi della guerra.
Un mattino, in astanteria, le si avvicinò un ufficiale delle truppe alleate che aveva partecipato alla liberazione dall’occupazione nazi-fascista della città.
Era un sottotenente polacco che girava con una Jeep Willys e, udito il racconto della sua vicenda, le propose un salvacondotto o di salire su d’un convoglio che s’apprestava a dirigersi a Brindisi.
Tetti non accettò, confidando: “Verrà mio padre a prendermi”.
Giorni dopo, altri pugliesi la invitarono ad unirsi in un incerto viaggio di ritorno verso casa. La risposta di Tetti era sempre la stessa, preferiva starsene lì, circospetta, pronta a nascondersi ed a ripararsi durante gli attacchi ed i rastrellamenti, certa che, un giorno, suo padre l’avrebbe raggiunta.
Al mattino saliva al quinto piano dell’edificio. Il mare che osservava dalle grandi finestre le echeggiava i felici momenti trascorsi insieme ai suoi familiari a raccogliere cicorie selvatiche, mirti e critimi sulla scogliera di Torre Nasparo.
Intanto, mamma Peppi a Tiggiano continuava a tormentarsi dai tristi pensieri.
L’ansia di saper qualcosa le procurava tanta trepidazione e, inopinatamente, nel sogno di una notte, le apparve sant’Ippazio che le diede un messaggio premonitore: “Non affliggerti. Tua figlia sta bene! Presto riceverai sue notizie.”
Era già la primavera del ’45.
Gli eventi storici spingevano verso la fine delle ostilità e, con l’aiuto di una suora, Tetti riuscì ad affrancare e spedire una cartolina per la sua famiglia, con la quale comunicava di star bene e di essere pronta ad aspettare il papà alla stazione ferroviaria di Potenza Picena-Montelupone.
Un paio di settimane e la missiva giunse alla posta di Tiggiano.
Quel mattino il papà Biagio, sorpreso d’immensa gioia, ritirò il messaggio e lo portò immediatamente a casa.
Mamma Peppi intravide il marito radioso che sventolava il cartoncino. Colse la notizia come un miracolo, suscitandole enorme meraviglia.
S’inginocchiò per qualche istante, poi, come per adempiere fedelmente ad un indubbio riconoscimento, si diede una ravvivata ai capelli, li strinse al fermaglio sulla nuca, sistemò la lunga gonna nera (cd. vistiano), ritoccò leggermente la spilla della Vergine fissata sul corpetto di lino (cd. sciuppareddhu) ed uscì di casa; iniziò a trascinarsi in ginocchio fino a giungere in chiesa e ringraziare il santo patrono.
La strada era battuta di pietrisco (cd. fricciu) che dopo pochi metri sfilacciò la sua veste e le sbucciò le ginocchia fino a farle sanguinare. Lei, come presa d’estasi, non avvertì alcun dolore e non se ne curò; continuava imperterrita il suo cammino penitenziale recitando lodi di gloria per tutto il percorso.
Il suo passaggio lasciava la gente sgomenta anche se, in paese, non erano insolite simili vedute di devoti; in molti assistevano a tali rituali con sentimenti di incoraggiamento e partecipazione.
I preparativi di Biagio per affrontare il lungo viaggio erano pronti. Nei sacchetti a tracolla (cd. pasazze) aveva sistemato un pezzo di pane, del formaggio e della frutta.
Attese il rientro della moglie, poi si diresse alla stazione. Salì sul primo treno per Lecce.
Il viaggio proseguì su d’un treno merci che giunto a Bari restò fermo l’intera giornata. La città era avvolta da una fitta nube nera. Nel porto c’era stata un’immensa esplosione (cfr. nave Henderson) che aveva provocato centinaia di morti e feriti.
Poi, a notte fonda, si diede il via alla ripartenza del treno e Biagio poté proseguire il suo viaggio sino a raggiungere Potenza Picena al mattino.
Quel giorno di aprile del ’45 il sole splendeva alto nel cielo. Tetti sedeva sulla panchina della stazione. Il papà la notò già dal finestrino e, appena sceso dal vagone, corse velocemente a riabbracciarla. Entrambi furono invasi da enorme commozione.
Biagio si guardò intorno, poi sedette anch’egli. Vide la figlia un po’ cresciutella. Dialogarono intensamente, ancor più guardandosi negli occhi senza proferir parole.
Tetti lo accompagnò alla fontana per dissetarsi e rinfrescarsi dal lungo viaggio compiuto. Era finito un incubo. Si poteva finalmente rientrare a casa. C’era un treno dopo qualche ora.
Tetti volle quindi salutare gli amici dell’ospedale unitamente al babbo; così fece con suor Antonia, suor Francesca e don Simone e tanti altri con cui spesso s’intratteneva, si confidava e si aiutava a vicenda.
S’abbracciarono con reciproca gioia per la terribile guerra ormai terminata e la fine di quel distacco dai propri cari che Tetti dovette affrontare per quasi due anni.
Tetti tornò a Tiggiano.
Il suo babbo le era stato accanto per tutto il viaggio. Arrivarono a casa. Ci fu una grande festa in famiglia.
Da quel giorno non si discostò più dalla madre finché Peppi non morì nell’84.
Non si unì con nessun uomo, nonostante avesse maturato un aspetto disinvolto da quell’esperienza vissuta e non le mancassero proposte di matrimonio alle quali, delle volte, rispondeva di non essere pronta, ma in cuor suo, seriamente, non le piacque alcun corteggiatore.
Restò nubile, sempre accanto ai genitori, legata a quella presenza fisica da cui dovette starne lontana per il lungo periodo della sua disavventura e per cui desiderava non separarsene più.
A Tiggiano non conoscevano la sua vicenda.
Quel periodo di assenza dal paese lasciava presumere che fosse stata ai lavori stagionali al magazzino del tabacco o nelle campagne brindisine o tarantine.
A lei, invece, piaceva raccontarsi per ricordare personaggi, luoghi, date storiche e misfatti della guerra.
Pensava fosse noto a tutti quanto accaduto, cercava dialoghi, conferme.
Alcuni l’ascoltavano un po’ increduli, qui non vi era traccia di quei lontani eventi e cominciarono a dubitare alle sue parole.
Altri non esitarono a farla passare per matta per cui non poteva che rattristarsene e chiudersi in casa.
A volte insisteva a narrare quanto aveva conosciuto della guerra ed a spiegare certi fatti a chi li ignorava.
Tranne casi sporadici non c’era alcun interlocutore. La gente trascurava quei discorsi e si mostrava insensibile a mantenere vivi quei ricordi.
La memoria di Tetti era destinata a perdersi.
E, man mano, si rese conto che quelle cose non interessavano a nessuno, non restava che meditarne con sé stessa, senza esternare il suo pensiero né toccare simili argomenti davanti agli altri.
Molti anni dopo, ormai ultrasessantenne, espresse il desiderio di tornare a Porto Potenza Picena per rivedere quei luoghi in cui aveva vissuto, immaginandoli cambiati in qualche aspetto, ma nella sua mente i ricordi del mare, della stazione e dell’ospedale erano nitidamente localizzati e custoditi in un angolo remoto dei suoi pensieri.
Non voleva tornarci da sola e, tantomeno, vi era qualcuno disposto ad accompagnarla per esaudire questa sua volontà.
Dopo la morte dei genitori continuò a vivere da sola per lunghi anni. Il pomeriggio faceva veloci passeggiate per incontrare fratelli, sorelle e nipoti.
Aveva 75 anni quando cadde vicino casa fratturandosi il femore e dopo un periodo di degenza in ospedale si ricoverò in una casa di riposo a Montesardo.
A 92 anni si fratturò l’altro femore che la obbligò dapprima su una carrozzina e poi quasi costantemente a letto.
È sempre lieta di parlare con chi va a visitarla. Pronta a ricordare tutto, chiede assiduamente come stanno parenti e conoscenti senza tralasciarne alcuno.
Piena di gioia di vivere, dice spesso: “Non voglio morire adesso!”.
Il suo esile corpo conserva un sano equilibrio interiore e, nel suo nascondimento, ha bisogno ancora di pregare su questa terra.
Quell’esperienza vissuta le ha definito la fragilità umana e come essa esprime le sue contraddizioni.
Quante anime nutre ancora quel rosario!”.
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Attualità
Uomo di Ugento arrestato in Spagna per gravi abusi su minore
Decisivo il lavoro dei Carabinieri. Il 69nne era latitante da 2 anni e si era nascosto a Tenerife località turistica della penisola iberica. I fatti risalgono al 2008. L’uomo dovrà scontare 4 anni e 2 mesi di reclusione
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Al termine di una prolungata e meticolosa attività di ricerca, i carabinieri del Comando Provinciale di Lecce hanno contribuito in maniera determinante alla cattura all’estero di un uomo destinatario di ordine di carcerazione definitivo, resosi irreperibile da oltre due anni.
Si tratta di un 69nne di Ugento, colpito da ordine di carcerazione emesso il 22 aprile 2022 dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Lecce, in relazione a gravi reati di violenza sessuale aggravata continuata in danno di una persona minorenne, commessi nel territorio ugentino nell’anno 2008 e, per i quali, dovrà espiare la pena di 4 anni e 2 mesi di reclusione.
A seguito della sua irreperibilità, accertata dal mese di aprile 2022, i carabinieri della Stazione di Ugento hanno mantenuto costante l’azione informativa e investigativa, curando gli sviluppi del procedimento e alimentando il circuito di cooperazione internazionale, anche attraverso i competenti canali istituzionali, che ha consentito di localizzare il ricercato all’estero, dove era gravato da Mandato di Arresto Europeo.
La costante attività dell’Arma ha condotto lo scorso 10 dicembre all’arresto dell’uomo a Tenerife (Spagna), con l’esecuzione del provvedimento restrittivo ai fini della consegna alle autorità italiane, grazie alla collaborazione delle competenti polizie estere.
L’operazione conferma il ruolo centrale dell’Arma dei carabinieri nella ricerca dei latitanti e nell’esecuzione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria, valorizzando la presenza capillare sul territorio e la capacità di operare in modo efficace anche nel contesto della cooperazione internazionale.
Attualità
Istituto penale per i minorenni: «Non può aprire in quelle condizioni»
L’onorevole salentino Leonardo Donno presenta interrogazione al ministero della Giustizia. «L’Ipm, inaugurato di recente e presentato come modello di riabilitazione all’avanguardia, riporta numerose criticità»
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«Ho presentato un’interrogazione al ministero della Giustizia per chiedere di fare chiarezza sulla situazione in cui versa l’Istituto penale per i minorenni di Lecce».
Lo ha annunciato Leonardo Donno, deputato e coordinatore regionale per la Puglia del MoVimento 5 Stelle.
«Come emerso da recenti articoli di stampa e da denunce di sindacati, l’Ipm, inaugurato di recente e presentato come modello di riabilitazione all’avanguardia, riporta numerose criticità», spiega davanti ai nostri taccuini il deputato di Galatina, «diverse organizzazioni sindacali hanno anche annunciato lo stato di agitazione del personale e chiesto il differimento dell’apertura».
Secondo i sindacati sono tante le carenze anche sul piano della sicurezza e funzionalità: «Carenze che ho potuto riscontrare anche durante la mia visita alla struttura ieri mattina, martedì 16 dicembre. Un’ispezione in cui ho avuto modo di constatare di persona diversi problemi, dalle aree che sulla carta risultano già consegnate ma che di fatto sono ancora cantieri aperti fino a criticità nei luoghi che dovrebbero ospitare i minori con derivanti rischi per la loro sicurezza e dei lavoratori. Ho avuto modo di visionare, inoltre, lavori e rifiniture che ritengo non eseguite a regola d’arte».
Altro punto contestato dalle associazioni di categoria è il personale: «L’assegnazione delle risorse è stata definita insostenibile. È chiaro che l’insieme di questi elementi non consentono alla struttura, la cui apertura era prevista per il 15 dicembre, di svolgere il ruolo per il quale è preposta. Apertura già slittata a domani, 18 dicembre, data in cui, a quanto si apprende, dovrebbero arrivare i primi minori».
Per tutti questi motivi Donno ha chiesto se «alla luce di quanto emerso, il ministero non ritenga opportuno intervenire con urgenza e posticipare l’apertura dell’istituto fino alla realizzazione completa dei lavori a regola d’arte e alla totale messa in sicurezza a garanzia e tutela degli ospiti e dei lavoratori. E se non ritenga inoltre che le risorse lavorative assegnate siano insufficienti per lo svolgimento del ruolo e preveda quindi una dotazione organica congrua».
Il deputato salentino evidenzia anche come siano state «eseguite opere pagate con denaro pubblico, e per questo sarebbe opportuna una verifica approfondita dai soggetti e responsabili interessati, per valutare la sussistenza di un possibile danno erariale».
«Unitamente ai sindacati, qualora non avessimo le dovute rassicurazioni», conclude con una per nulla velata minaccia Leonardo Donno, «valuterò una segnalazione ad Anac e alla Procura».
Attualità
Matino Comune Ambasciatore d’Italia
Si è distinto per il conseguimento del premio 100 ambasciatori nazionali e per il Premio ambasciatori d’eccellenza. il riconoscimento è stato assegnato al Comune di Matino, per l’innovativo progetto di raccolta differenziata porta a porta con contenitori intelligenti dotati di sistemi di tracciabilità, esempio virtuoso di sostenibilità ambientale, efficienza e partecipazione civica. Il sindaco Giorgio Salvatore Toma: «Son tornato da Roma», conclude il primo cittadino, «con grande orgoglio e con rinnovata responsabilità: continuerò a lavorare con determinazione affinché Matino possa crescere ulteriormente, mantenendo al centro il benessere della comunità e la valorizzazione del nostro territorio»z
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Momento centrale della cerimonia svoltasi svoltasi presso la Sala Koch di Palazzo Madama è stata la consegna del Premio Ambasciatori d’Eccellenza 2025, massimo riconoscimento dell’iniziativa, assegnato ai soli dieci vincitori individuati, tra i cento nazionali, nei principali ambiti strategici del Paese.
Tra questi dieci, relativamente all’ambito Comuni del Mezzogiorno, il riconoscimento è stato assegnato al Comune di Matino, per l’innovativo progetto di raccolta differenziata porta a porta con contenitori intelligenti dotati di sistemi di tracciabilità, esempio virtuoso di sostenibilità ambientale, efficienza e partecipazione civica.
La cerimonia di consegna del premio “100 Ambasciatori Nazionali”, come ha sottolineato il sindaco Giorgio Salvatore Toma, «rappresenta per il Comune di Matino un momento di straordinario valore istituzionale e simbolico. Ricevere questo riconoscimento nella sede del Senato della Repubblica, alla presenza di numerose e autorevoli personalità dello Stato, conferisce ulteriore significato al percorso intrapreso dalla nostra comunità. Questo premio testimonia il lavoro serio e costante portato avanti dall’amministrazione comunale, dagli uffici e dai partner coinvolti, volto a promuovere modelli di sviluppo basati su sostenibilità, innovazione e qualità della vita».
«È un risultato che appartiene all’intera città di Matino», aggiunge Toma, «e che valorizza l’impegno quotidiano di chi opera per rendere il nostro territorio sempre più efficiente, inclusivo e attento alle esigenze dei cittadini.
La partecipazione a un’iniziativa di rilievo nazionale, sostenuta dalle più alte istituzioni della Repubblica, rafforza la consapevolezza che anche i Comuni di dimensioni medio-piccole possono essere protagonisti di buone pratiche amministrative e diventare esempi virtuosi a livello nazionale».
«Son tornato da Roma», conclude il primo cittadino, «con grande orgoglio e con rinnovata responsabilità: continuerò a lavorare con determinazione affinché Matino possa crescere ulteriormente, mantenendo al centro il benessere della comunità e la valorizzazione del nostro territorio».
Il Premio Ambasciatori d’Eccellenza si conferma così un riconoscimento di riferimento a livello nazionale, volto a valorizzare il merito, le competenze e il senso delle istituzioni, contribuendo a rafforzare l’immagine dell’Italia come Paese di eccellenze riconosciute e riconoscibili nel mondo.
GLI ALTRI RICONOSCIMENTI
Per l’ambito Sicurezza Nazionale e Relazioni Internazionali, il premio è stato conferito al Generale di Squadra Aerea Luca Goretti; per la categoria Dirigenti di Enti Pubblici, Associazioni e Fondazioni, il riconoscimento è andato al consigliere Roberto Alesse, per l’elevata competenza istituzionale e la guida autorevole dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nonché per l’impegno nel rafforzare la credibilità e la cooperazione internazionale del Paese.
Nell’ambito Giuristi e Magistratura, è stato premiato il Presidente Franco Massi, per il ruolo svolto nella promozione di trasparenza, legalità e responsabilità nella gestione delle risorse pubbliche, rappresentando un punto di riferimento per la governance nazionale.
Per il settore Servizi, il Premio Ambasciatori d’Eccellenza è stato conferito a Poste Italiane.
Per il settore Ricerca e Salute, al Dott. Marcello Cattani, per il contributo allo sviluppo di studi innovativi e progetti a elevato impatto sociale, favorendo il miglioramento della qualità delle cure e il rafforzamento del dialogo tra istituzioni e comunità scientifica.
Per l’ambito Innovazione, il premio è stato conferito all’ASI – Agenzia Spaziale Italiana.
Per il settore Turismo, il riconoscimento è andato al Grand Hotel Le Sirenuse di Positano, simbolo di eccellenza nell’ospitalità di alta qualità e nella valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico italiano.
Nell’ambito Giornalismo, è stato premiato Paolo Liguori, per il contributo offerto a un’informazione rigorosa e responsabile, capace di incidere con professionalità e autorevolezza nel dibattito pubblico nazionale.
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