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Cronaca

Giustizia, dal taglio dei tribunali la fanno franca quelli militari

Per rispondere ai criteri di efficienza adottati dal ministero della Giustizia, ciascun militare dovrebbe commettere almeno tre o quattro reati all’anno

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Con decreto legislativo di attuazione della legge delega 148/2011 il Ministro della Giustizia Paola Severino ha rivoluzionato la geografia giudiziaria italiana, sopprimendo 37 tribunali, 38 procure, 220 sezioni distaccate e 674 sedi di giudici di pace, per un totale di 969 uffici giudiziari. Il provvedimento, abbozzato in un periodo di furore governativo finalizzato all’attuazione di una disciplina di bilancio e revisione della spesa pubblica, a detta del Ministro nulla c’entra con l’opera di risanamento dei conti se non di riflesso ma attua invece una delega ereditata dal precedente governo “che consentiva la riorganizzazione dei tribunali e delle aree giudiziarie, per rendere efficiente giustizia anche attraverso la redistribuzione giudiziaria”.  Facciamo qualche considerazione.


Il primo punto da affrontare è il criterio adottato dal Ministro per decidere quali tribunali tagliare e quali sottrarre alla scure di via Arenula. Il criterio è quello dell’efficienza. Cosa vuol dire? In sostanza si è deciso che quei tribunali o uffici giudiziari che non rispondono a certi parametri o indicatori c.d. di efficienza sono da considerare dei rami secchi della pubblica amministrazione e come tali da sopprimere. Necessita a questo punto capire quali siano questi indicatori che introducono per la prima volta il concetto di efficienza agli uffici giudiziari. Si è detto che affinché un tribunale o ufficio giudiziario possa ricevere la patente di efficienza e quindi sopravvivere al processo di razionalizzazione deve rispondere a 5 indicatori i cui valori devono stare al di sopra di quelli convenzionalmente definiti: l’estensione del territorio (2.169 chilometri quadrati), il bacino d’utenza (382.191 – numero abitanti), i magistrati addetti in organico (28), i carichi di lavoro (18.094 carichi sopravvenuti) e le definizioni medie annue per magistrato (638,4). In difetto anche di uno solo dei cinque indicatori il tribunale o l’ufficio giudiziario sarà soppresso. Una linea rigida, non c’è che dire, soprattutto quando si volge l’attenzione a quegli uffici giudiziari carenti di uno di quegli indicatori e che insistono in territori ad alto rischio di criminalità organizzata. Se non vi è alcuna difficoltà a credere al Ministro quando afferma che in seguito alla revisione della geografia giudiziaria la giustizia stessa nel suo complesso non ne risentirà, un pensiero sull’impatto emotivo o su messaggi più o meno distorti che come tali possono essere recepiti quando si andrà ad abbassare la saracinesca di alcuni tribunali di frontiera del meridione è lecito averlo. Ma tant’è. La premessa era necessaria non per criticare la meritoria opera di questo governo nella sua complessiva azione di razionalizzazione della struttura giudiziaria, tantomeno per confutare i criteri adottati, ma per introdurre il secondo punto del discorso cioè la comparazione in termini di efficienza tra giustizia ordinaria e giustizia militare alla luce del predetto decreto.

Avendo consapevolezza che le due giustizie rispondono a esigenze ed a dicasteri diversi, una comparazione va fatta, se non altro per tre motivi fondamentali:


– Il processo penale militare è identico, salvo alcune differenze sull’azione penale del PM, a quello ordinario;

– I magistrati militari sono soggetti agli stessi meccanismi di progressione di carriera di quelli ordinari;

– I trattamenti stipendiali dei magistrati militari sono agganciati a quelli dei magistrati ordinari.

In altri termini, posto che i magistrati militari svolgono lo stesso lavoro di quelli ordinari, godono degli stessi benefici di carriera e dello stesso trattamento economico di quest’ultimi, rimane da vedere se entrambe le categorie sono sovrapponibili anche dal punto di vista della produttività in seguito all’introduzione del concetto di “efficienza” degli uffici giudiziari.  Il magistrato militare, pagato e gratificato in carriera quanto il magistrato ordinario, produce quanto quest’ultimo? E’ agevole rispondere alla domanda prendendo a riferimento i dati del sito internet del Ministero della Difesa www.difesa.it e quelli illustrati nella relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario militare 2012 del Presidente della Corte Militare di appello dott. Vito Nicolò Diana.


Si apprende da quei dati che gli indicatori di produttività della giustizia militare sono abbondantemente al di sotto di quelli delineati dal Ministro di Giustizia per certificare l’efficienza di un ufficio giudiziario e per giustificarne la sua esistenza. Basti pensare che nessun tribunale militare dei tre esistenti (Roma, Napoli, Verona) raggiunge gli standard produttivi indicati dal Ministro, nemmeno se venissero accorpati in un unico ufficio. Tribunali con 10 magistrati in organico tra giudicanti e requirenti (1/3 rispetto all’indicatore di efficienza) che producono mediamente 60-70 sentenze all’anno fanno riflettere al cospetto degli indicatori che hanno decretato la chiusura di 969 uffici giudiziari. Procure militari e uffici del gip/gup che trattano mediamente 600 nuovi procedimenti all’anno (1/30 rispetto all’indicatore di efficienza) e che solo 1/10 di questi si traduce in un rinvio a giudizio danno l’idea dell’esigua mole di lavoro che interessa la magistratura militare se raffrontata con quella ordinaria. Tanto per dare qualche altro numero, dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2011 sono pervenuti al Gip-Gup dei tre tribunali militari 1802 fascicoli e ne sono stati esauriti 1727, dei quali 1281 con decreto di archiviazione, 198 con decreto che dispone il giudizio, 9 con decreto di giudizio immediato, 59 con sentenza di non luogo a procedere, 82 con sentenza di applicazione della pena su richiesta, 54 con sentenza a seguito di giudizio abbreviato e 44 con altri provvedimenti.

Il carico di lavoro dei 3 tribunali militari è stato gestito da circa 31 magistrati tra requirenti e giudicanti, con un numero di definizioni medie annue per magistrato di circa 60 (1/10 rispetto all’indicatore di efficienza). Inoltre, tra stucchi e arazzi di Palazzo Cesi (Tribunale militare Roma), di S.M. Degli Angeli a Pizzofalcone (Tribunale militare Napoli) e del comprensorio S. Lucia (Tribunale militare Verona), sempre nell’anno 2011, i 31 magistrati in servizio hanno portato a termine complessivamente 208 procedimenti di primo grado, producendo una media di circa 65 sentenze/anno per ogni tribunale.

La Corte militare di appello con i suoi 12 magistrati ha inoltre trattato 113 processi, avendone ricevuti 108. Ed infine la Procura Generale militare presso la Corte di Cassazione che con i suoi 2 magistrati ha definito 28 processi. Non va dimenticato il Tribunale militare di sorveglianza che con i 3 magistrati in organico si occupa dell’esecuzione della pena con i carceri militari praticamente vuoti. Un quadro abbastanza esaustivo che oltre ad indicare la facilità con cui si dà corso alle denunce presso le procure militari (1281 archiviazioni a fronte di 1727 procedimenti aperti) anche quando il fatto denunciato rientra in astratto nell’alveo dell’illecito disciplinare, delinea altresì una situazione di “inefficienza” alla luce dell’introduzione di quegli indicatori che hanno consentito la soppressione di importanti uffici giudiziari ordinari sul territorio nazionale. Tale quadro, se analizzato in un’ottica di razionalizzazione delle istituzioni e risparmio di risorse pubbliche potrebbe far divenire legittimo auspicio quel grido di allarme con cui il presidente della Corte Militare di appello all’inaugurazione dell’anno giudiziario militare 2012 ha provocatoriamente ed immaginificamente denunciato la marginalità della giustizia militare: “la Giustizia militare è sempre più evanescente, prossima ad uscire di scena per quindi trovare onorata collocazione nel museo degli istituti giuridici non più attuali”.


D’altro canto è risaputo che l’apparato giudiziario militare si oppone strenuamente alla temuta (o certificata) marginalizzazione profetizzata dal dott. Diana ed iniziative parlamentari a difesa dello status quo ne abbiamo viste tante anche nel corso di questa legislatura (DDL Cirielli), poi fortunatamente abortite. Legittimamente dal loro punto di vista i magistrati militari rivendicano controriforme della giustizia militare che amplino la giurisdizione anche mediante una ridefinizione della geografia giudiziaria, devastata a loro avviso dallo tsunami che è stata la legge finanziaria del 2008. Ma non per questo ci si può sottrarre da riflessioni che portino ad un ripensamento della giustizia militare che vada nel senso contrario rispetto a quello dei legittimi interessi di parte, tanto più oggi alla luce delle nuove misure di razionalizzazione dello strumento giudiziario ordinario.

E’ lecito domandarsi per quale motivo sono stati soppressi o accorpati importanti uffici giudiziari in aree ad alta densità mafiosa e mantenuti quei 3 tribunali militari che servono a garantire giustizia ad un bacino di circa 300.000 militari (ben al di sotto dell’indicatore di efficienza di 382.191 abitanti previsto per un solo tribunale ordinario )?

E’ ancora attuale la specialità della giurisdizione per i militari così come è strutturata? O non è forse tempo di ripensare anche questo strumento? Si potrebbe ad esempio ipotizzare, se proprio si sentisse la necessità di non rinunciare alla giustizia con le stellette, all’accorpamento dei tre tribunali oggi esistenti in un unico tribunale militare con sede in Roma e portare così a compimento quel piano avviato con la finanziaria del 2008 che ridusse da 9 a 3 i tribunali militari, con considerevoli risparmi economici e utilizzo dei magistrati militari in esubero nella giustizia ordinaria. Oppure abolire del tutto la giustizia militare come ha fatto la Germania ed altri paesi europei alla fine della 2^ guerra mondiale, e questo avvicinerebbe senz’altro le forze armate italiane a quelle degli altri paesi della comunità europea e lo Stato italiano alla più virtuosa Germania in materia di spesa pubblica. Ad onor del vero va comunque detto che la magistratura militare ha svolto una meritoria opera di giustizia in importanti procedimenti come quelli sui crimini nazisti commessi nel periodo della 2^ guerra mondiale, ovviamente al netto dello scandalo dell’armadio custodito nelle segrete di Palazzo Cesi al cui interno furono rinchiusi, con le ante rivolte verso la parete, centinaia di procedimenti penali a carico di ufficiali delle SS i cui fascicoli furono dolosamente tenuti in barrique per più di 30 anni.

Esaurito quel filone giudiziario con scandali annessi e connessi, abolita la leva obbligatoria e smilitarizzati alcuni corpi armati dello Stato, oggi la magistratura militare, lasciata fossilizzare in una normativa sostanziale che ignora i nuovi reati (si pensi ai reati della sfera sessuale, ai reati telematici, al peculato d’uso, etc.), si occupa prevalentemente di questioni bagatellari che spesso rasentano il confine dell’illecito disciplinare.

E tuttavia a meno che non si voglia per legge obbligare ciascun militare a commettere almeno tre o quattro reati all’anno per garantire un sufficiente numero di procedimenti, il carico di lavoro di questa magistratura è davvero esiguo se raffrontato a quello della magistratura penale ordinaria e la prossima riduzione di 30.000 unità di personale delle forze armate accentuerà sempre più detta criticità. Il dibattito sulla speciale giurisdizione per i militari non è fatto degli ultimi decenni ma risale ai primi anni dello stato post-unitario e giuristi del calibro di Mario Pagano e Arturo Bruchi hanno dato il loro prezioso contributo per spiegare l’inutilità di quello che già a fine 800 veniva percepito come un anacronistico strumento di giustizia. Cogliere l’occasione della razionalizzazione dello strumento giudiziario ordinario in un contesto di crisi economica e di spending review per definire una volta per tutte il destino da riservarsi alla giurisdizione penale speciale sarebbe un’ottima cosa, resta da vedere cosa ne pensano i ministri Di Paola e Severino, quest’ultimo profondo conoscitore della materia per essere stato nel periodo 1997-2001 vice presidente dell’organo di autogoverno di quella magistratura.

In onore alla memoria di uno dei due giuristi prima citati, Mario Pagano, è utile rileggere un passaggio di un’opera che scritta nel secolo XIX pare di estrema attualità, nella parte in cui in riferimento alla giustizia militare l’autore scriveva: “Ella è cosa avvertita da’ dotti, che le personali giurisdizioni sono funeste conseguenze del governo de’ barbari presso de’ quali le giurisdizioni furono personali tutte. I Romani non conobbero affatto siffatte perniciose distinzioni. L’uomo cinto di toga e quello armato di spada obbedivano del pari allo impero dello stesso Pretore” (Mario Pagano – Principii del codice penale e considerazioni sul processo criminale, Cap. XXVII).


Alessano

Da domani il 112 vale per tutti

Attivo anche nel distretto telefonico di Lecce, Gallipoli e Maglie quindi valido per tutti anche nella nostra provincia. Intanto sullo smartphone si può scaricare l’app “Where Are U”

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Da domani 112 NUE – Numero Unico di Emergenza Europeo sarà attivo in tutti gli Stati dell’Unione Europea.

Ovviamente, anche nel distretto telefonico di Lecce, Gallipoli e Maglie e quindi varrà per tutti i paesi della provincia di Lecce.

Il servizio, completamente gratuito, garantito 24 ore su 24, 7 giorni su 7, potrà essere utilizzato per ogni tipo di richiesta di intervento o soccorso.

Il 112 NUE sostituisce tutti quei numeri di emergenza attualmente utilizzati:

  • il 112 dei Carabinieri
  • il 113 della Polizia di Stato
  • il 115 dei Vigili del Fuoco
  • il 118 del Soccorso Sanitario
  • il 1530 dell’emergenza in mare

Il 112 farà capo ad una Centrale Unica di risposta del Dipartimento di Protezione Civile che provvederà ad indirizzare le chiamate a seconda del tipo di emergenza e assistenza necessaria nonché di priorità, avendo un quadro completo delle richieste sull’intero territorio.

Per tale motivo dalla Polizia di Stato invitano gli utenti residenti nei centri che fanno riferimento ai Commissariati di Galatina, Gallipoli, Nardò, Otranto e Taurisano a non contattare il numero diretto del Commissariato competente, ma di chiamare comunque il NUE 112 che sarà in grado di intervenire più velocemente.

Stesso discorso ovviamente per le caserme dei carabinieri, quelle dei vigili del fuoco per il soccorso sanitario e per le emergenze in mare.

Il numero può essere chiamato da rete fissa o mobile, anche da cellulare sprovvisto di SIM o privo di credito o bloccato ed è disponibile inoltre il servizio multilingue.

Inoltre il 112 NUE può essere chiamato direttamente scaricando dall’App store l’applicazione dedicata “Where Are U” che si consiglia di installare sul proprio telefono cellulari, in quanto la tecnologia utilizzata permette una localizzazione della chiamata in modo più preciso e veloce, particolarmente utile nel caso di chiamate mute o di utenti non udenti.

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Cronaca

Rapina a colpi di bastone, in manette 29enne

Operazione congiunta tra carabinieri e polizia di stato permette l’arresto del rapinatore violento

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È risultata decisiva la collaborazione interforze tra Carabinieri e Polizia di Stato che ha consentito di arrestare un rapinatore in merito all’aggressione con un bastone a una coppia di coniugi di Nardò.

In particolare i Carabinieri della Stazione di Nardò, unitamente al N.O.R. della Compagnia di Gallipoli, sono intervenuti presso un’abitazione del centro storico neretino, dove poco prima si era consumata una rapina.

Un uomo, a volto scoperto, dopo aver raggirato la donna con la scusa di aver bisogno di un bicchiere d’acqua per la propria moglie incinta, è riuscito ad intrufolarsi nell’abitazione.

Prima ha aggredito con un bastone la donna e poi si è fatto consegnare il portafoglio con le chiavi della loro autovettura.

Il marito, un uomo di 55 anni, ha anche provato a fermare il rapinatore per tutta risposta è stato ripetutamente colpito al capo dall’aggressore che poi si è dato alla fuga dileguandosi a piedi per le stradine del centro.

I militari della locale Stazione unitamente ai colleghi del Nucleo Investigativo di Lecce e i poliziotti del Commissariato di P.S. di Nardò, intervenuti presso l’abitazione dei richiedenti, hanno condotto un’immediata e celere attività info-investigativa che ha permesso una dettagliata ricostruzione di quanto avvenuto e la successiva individuazione dell’autore del violento raid.

Indispensabile è stata l’analisi dei filmati delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona che hanno ripreso l’uomo, poi individuato in un 29enne neretino.

Raggiunto dagli investigatori è stato arrestato e come disposto dal PM di turno presso la Procura della Repubblica di Lecce che conduce le indagini, è stato condotto presso la Casa circondariale di Lecce.

Presso la sua abitazione ritrovati l’abbigliamento che lo stesso aveva utilizzato nel compiere la rapina e la refurtiva.

I due coniugi, trasportati in codice rosso presso l’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, sono stati ricoverati per le cure del caso. Nessuno dei due, fortunatamente ha riportato conseguenze “irrecuperabili”.

 

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Andrano

Botrugno contro Amati, al centro il rimedio contro la Xylella

L’udienza, presso il Tribunale di Brindisi, che si sarebbe dovuta tenere il 9 maggio 2024, è stata aggiornata al prossimo 20 giugno, l’accusa: diffamazione.

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Prosegue la singolar tenzone che vede contrapposti il consigliere regionale Fabiano Amati (Azione), di Fasano e l’imprenditore Luigi Botrugno, di Castiglione di Andrano, creatore di NuovOlivo, il rimedio contro l’essiccamento degli ulivi dalla Xylella.

L’udienza predibattimentale, presso il Tribunale di Brindisi, che si sarebbe dovuta tenere il 9 maggio 2024, è stata aggiornata al prossimo 20 giugno, l’accusa: diffamazione.

Il fatto

Nell’ottobre di due anni fa, lo stesso imprenditore Botrugno, dopo le dichiarazioni del consigliere e presidente della Commissione Bilancio, Amati, che sosteneva che “si è trattato di un raggiro per evocare una fantomatica cura dalla Xylella”,  seguito da un post pubblicato dallo stesso consigliere in cui sosteneva che “era una truffa”, aveva seccamente chiarito a BrindisiReport: “Innanzitutto, io non ho ideato una cura per la Xylella per debellare il batterio. Ma il mio prodotto, NuovOlivo, riesce a far rinverdire gli ulivi essiccati. Inoltre, è bene chiarirlo, non sono un truffatore. E non ci tengo a passare per tale”.

Ora il tribunale di Brindisi dovrà decidere se il consigliere regionale Amati debba andare a processo o meno con l’accusa di aver diffamato l’imprenditore Botrugno.

Amati nell’ottobre 2023 era stato citato a giudizio dal pubblico ministero Pierpaolo Montinaro dopo la querela presentata dallo stesso Botrugno.

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