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Andrano

La Caremma tra tradizione e innovazione

L’importanza di trasferire alle nuova generazioni, spesso attratte dal web e dal mondo virtuale, consuetudini e conoscenze del passato

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Non crediate che tutti conoscano le tradizioni, in speciale modo tra le ultime generazioni.


Vale per la cosiddetta Generazione Z quella nata tra il 1996 e il 2010  ma non confidate neppure sulla generazione precedente: i cosiddetti Millenial, cioè quelli nati tra gli anni ’80 fino al 1995.


Sono generazioni fortemente dinamiche, in continuo movimento, non si fermano se non per porgere attenzioni ai loro miti!


Vi domanderete, chi sono i loro miti?


Ebbene, i loro ideali, i loro miti sono prevalentemente il capitale virtuale.


Il Web: Facebook, Netflyx, Paramount Plus, Dazn, Infinity Plus, Instagram, e altro ancora che attiene il Meta.


Per reggere il passo dei giovani, e comprenderli, è necessario stare al loro passo, muoversi come loro, essere in movimento come loro. E soltanto in questo modo si potrà far comprendere loro le tradizioni, perché le tradizioni e le consuetudini sono tramandati dal passato.


Aspetti della nostra vita che viaggiano nel tempo, come l’uomo. Esattamente come i giovani. Come l’uomo appunto nel suo cammino. Ecco che allora, la tradizione, cresce e si evolve, ma lasciando sempre intatto l’essenziale. Vale a dire ciò che le conferisce immortalità.


Abbiamo posto questa premessa per parlarvi d’una tradizione molto avvertita in questo periodo alle nostre latitudini, non soltanto perché nasce nel Salento, ma anche perché essa, affonda le sue radici nella nostra identità cristiana e culturale.


Con tutte le sue sfumature di grigio se vogliamo aggiungervi qualche interrogativo.


In questi giorni di Quaresima ho constatato andando in giro per i paesi, la presenza della figura della Caremma.


L’ho notata con una rinnovata e innovativa immagine.


L’ho scorta in alcune vie di Miggiano: con abiti sgargianti, quasi pacchiani; con il “maccaturo” color grigio-nero, gli occhiali con grosse lenti, un grembiule di colore giallo e un paio di guanti da massaia, seduta all’entrata si un negozio, intenta quasi a rivolgere ai clienti, il gentile invito ad entrare.


L’ho notata sempre a Miggiano, sulla via Pesina, angolo via Scalella, con i tradizionali simboli ad essa attribuiti: l’arancia, con dentro conficcate le penne di gallina e il fuso. Segni distintivi di penitenza, per il periodo della Quaresima. Portava inoltre la scritta “Pro Loco”.


Stava adagiata su una vecchia sedia, stanca e afflitta secondo lo spirito ch’egli incarna.


Un’altra figura di Caremma, davvero suggestiva, l’ho vista ad Andrano (nella frazione di Castiglione d’Otranto in Piazza libertà), un altro paese del comprensorio salentino in una delle vie principali quasi a dare il benvenuto al forestiero di passaggio.


Seduta a ridosso del marciapiede, anch’essa con i relativi simboli.


Sul piano innovativo di cui parlavo sopra, volevo evidenziare invece di averne vista un’altra con in mano… un telefonino cellulare (!) a corredo dei tradizionali simboli.


Un’altra ancora sopra un balcone (di solito la sua giusta collocazione).


La storia della Caremma di cui si è parlato parecchio, anche in passato, non è altro che una  figura molto simile alla Befana, ma con il destino della “Magara” (streghe che finivano il loro destino bruciate): finirà arsa alla fine della Quaresima, cancellando secondo consuetudine, colpe e peccati.


Il suo percorso di sofferenza caratterizzato dai sette peccati capitali, durante le sette settimane che precedono la Santa Pasqua, trovano l’epilogo con la morte.


È l’allegoria dell’uomo nel suo percorso, attraverso il peccato, la sofferenza e la purificazione col pentimento. Prima di chiudere questo pensiero della Caremma, che è la moglie del Carnevale secondo tradizione, tanto per ribadirlo, raccontiamo un breve aneddoto relativo ad una vicenda che ha avuto luogo a Miggiano tanti anni fa.


In occasione d’un copione ad essa dedicato, un attore del folclore paesano, popolare, miggianese, che ha spesso recitato copioni in vernacolo, tale Pietro Carbone, attento alle tradizioni popolari, durante una recita dedicata alla Caremma giunse alla fine del copione improvvisando questa battuta “ carnuale meo chino de broie ieri maccaruni osci manco foie” (“Mio caro Carnevale,a causa dei tuoi imbrogli e malefatte se ieri hai mangiato così bene,maccheroni prelibati e gustosi,oggi non mangerai nulla,neppure la verdura che di gusto e prelibatezza ne sono privi”).


La narrazione sulla storia della Caremma vuole soltanto rimarcare la sostanza e dialettica della nostra cultura.


Il fine di questa storia, è quello di evidenziare l’importanza delle le nostre tradizioni.


Poiché in esse sono racchiuse le nostre radici cristiane e culturali, patrimonio esclusivo e universalmente riconosciuto della nostra civiltà e della conoscenza.


Alberto Scalfari





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Ricci di mare, la Puglia vota il fermo pesca (tre anni)

La norma impone il divieto di prelievo, raccolta, detenzione, trasporto, sbarco e commercializzazione degli esemplari di riccio di mare e dei relativi prodotti derivati freschi

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Prima o poi doveva accadere.

Chi tra di voi, un po’ più in la con gli anni (ma neanche tanto), non ricorda quanta attenzione si dovesse mettere ogniqualvolta si attraversava il bagnasciuga per entrare in acqua?

Il rischio era sempre di mettere un piede su qualche riccio e patirne le conseguenze.

Oggi invece si può procedere tranquilli perché di ricci non ve ne sono praticamente più.

C’è poco da festeggiare, però, i ricci sono fondamentali per l’equilibrio biomarino e la loro assenza desta serie preoccupazioni per chi tiene alla salute del nostro mare.

Sperando che non sia troppo tardi, pare che ora se ne siano accorti anche nei palazzi baresi.

L’annuncio arriva dal consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo de La Puglia Domani: «Il consiglio regionale ha detto sì alla mia proposta di legge che dispone lo stop alla pesca dei ricci di mare nei mari pugliesi per tre anni. È un fermo necessario, anzi indispensabile, per non perdere definitivamente questa specie ormai decimata e a rischio estinzione, e per darle il tempo di riprodursi».

La proposta di legge è stata sottoscritta da 49 consiglieri su 51, incluso il presidente Emiliano, e il voto unanime di oggi è un segnale di coerenza importante.

La norma impone il divieto di prelievo, raccolta, detenzione, trasporto, sbarco e commercializzazione degli esemplari di riccio di mare e dei relativi prodotti derivati freschi.

La commercializzazione del riccio di mare non è vietata per gli esemplari provenienti da mari territorialmente non appartenenti alla regione Puglia.

Il fermo pesca è un passo decisivo per bloccare il prelievo massiccio dei ricci di mare, anche al di sotto della misura minima consentita per legge di sette centimetri di diametro. Non c’è più tempo da perdere: se cinquant’anni fa si potevano contare fino a dieci esemplari per metro quadrato nelle secche marine, oggi sono rarissimi e spesso di dimensioni inferiori a quelle consentite per il prelievo.

«Già in questi giorni è ripresa la razzia di ricci di mare, e bisogna intervenire con uno stop», sottolinea Paolo Pagliaro, «resta il rammarico per l’assenza di finanziamento per la seconda parte della legge, che prevede azioni di monitoraggio del rinascimento dei fondali e il risarcimento dei pescatori autorizzati con patentino per la durata del fermo pesca».

«Un vero paradosso, visto il plebiscito di firmatari della proposta di legge», secondo il consigliere regionale salentino, «eppure si tratta di un provvedimento che riguarda l’intera regione e che avrebbe dovuto avere una corsia preferenziale in bilancio. Confidiamo che siano stanziati almeno i fondi per la campagna di comunicazione e sensibilizzazione necessaria per informare i cittadini sullo stop alla pesca. Fondi assicurati oggi in aula dal presidente Emiliano. Intanto incassiamo un primo risultato importante, per impedire fin da subito l’ulteriore accaparramento».

Già da diversi anni i ricci e la polpa di riccio serviti nei ristoranti salentini e pugliesi non provengono dai nostri mari ma da quelli di altri Paesi, anche extra mediterranei: Spagna, Grecia, Portogallo, Croazia e Albania, addirittura Cile: «I nostri ristoratori potranno continuare a servire prodotto di importazione, regolarmente certificato.  

Intanto salvaguardiamo il nostro mare, per evitare di dilapidare irrimediabilmente una risorsa preziosa non solo dal punto di vista commerciale e gastronomico ma anche ambientale, visto che i ricci svolgono un’insostituibile azione di pulizia dei fondali rocciosi. Quindi cominciamo dal fermo pesca, ma rinnoviamo con forza la richiesta di fondi per finanziare le attività di monitoraggio e i ristori ai pescatori autorizzati, che abbiamo concordato nella lunga fase di gestazione della proposta di legge con il mondo accademico e le associazioni ambientaliste e della pesca».

A RISCHIO ESTINZIONE ANCHE PER L’INNALZAMENTO DELLE TEMPERATURE

Il fermo pesca si rende ancora più necessario perchè i ricci di mare che un tempo popolavano le acque del nostro mare oggi sono a rischio estinzione anche a causa degli effetti della crisi climatica.

Negli ultimi trent’anni, infatti, il mar Mediterraneo ha registrato un incremento della temperatura di ben 3°C.

Questo ha portato a un elevato aumento della mortalità dei ricci di mare, che rischiano di scomparire in  tempi brevi.

L’aumento della temperatura, da una parte influisce sulle risorse alimentari disponibili per i ricci e dall’altra favorisce specie invasive che competono con i ricci per tali risorse.

I ricci di mare sono, infatti, erbivori che si nutrono di alghe: tali alghe diminuiscono a causa del riscaldamento dell’acqua, lasciando i ricci senza cibo.

Se a tutto questo aggiungiamo la pesca indiscriminata com’è d’uso e costume alle nostre latitudini per il povero riccio non c’è più scampo.

Quindi ben venga il fermo pesca, per il bene di tutti.

Giuseppe Cerfeda

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Incendi nel Parco, incontro a Santa Cesarea

Incendi e cambiamenti climatici: presentazione dello studio interdisciplinare che ha coinvolto l’Università del Salento. Nella provincia di Lecce, penultima in Italia per superficie boschiva, solo da giugno a settembre del 2022 2.400 interventi per domare le fiamme

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Siamo alle porte della stagione estiva, il periodo giusto per discutere di un fenomeno che negli ultimi anni sta flagellando il Salento: gli incendi.

Per questo motivo, il Parco Otranto-Leuca propone un secondo incontro sul tema, questa volta coinvolgendo direttamente l’Università del Salento, per la presentazione di un importante studio condotto dall’ateneo leccese insieme a numerosi partner europei.

Lo studio, intitolato “Global warming is shifting the relationships between fire weather and realized fire-induced CO2 emissions in Europe”, ha visto la partecipazione di numerosi esperti internazionali tra cui anche il professor Piero Lionello, docente di Oceanografia e fisica dell’atmosfera del Dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche e ambientali dell’Università del Salento.

Sarà proprio il prof. Lionello a presentare i risultati della ricerca mercoledì 29 marzo, alle ore 17,30, presso il Centro congressi dell’albergo Palazzo a Santa Cesarea Terme.

Gli incendi stanno cambiando, aumentando di numero ed intensità: i cambiamenti climatici rappresentano oggi una chiave di lettura importante, in quanto le condizioni combinate di ondate di calore, stress idrici prolungati, condizioni fitosanitarie, trovano radici comuni e ci portano a dover affrontare eventi difficili da controllare.

Questo, per la provincia di Lecce, penultima in Italia per superficie boschiva, che solo da giugno a settembre del 2022 ha dovuto affrontare 2.400 interventi per la gestione degli incendi, è un tema da affrontare con serietà, mettendo in campo soprattutto azioni preventive e di mitigazione, con un approccio intersettoriale.

Prima che sia troppo tardi…

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Divieto di balneazione e navigazione ad Andrano e Marittima nel weekend

Imposto dalla Capitaneria di Porto di Gallipoli per permettere a Protezione Civile e sommozzatori il recupero di un natante affondato

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Sabato 25 e domenica 26 marzo il Coordinamento Provinciale di Protezione Civile di Lecce interverrà con il Nucleo Sommozzatori per le operazioni di recupero di una unita da diporto affondata sotto costa in località Chianca Liscia nelle acque di Marittima di Diso.

Pertanto il porto di Andrano e l’area delle operazioni sono interdette alla balneazione ed alla navigazione.

Ecco quanto si legge nella ordinanza emessa dalla Capitaneria di Porto di Gallipoli: “nei giorni 25 e 26 marzo 2023 dalle ore 08.00 alle ore 16.00 circa, in località “Chianca Liscia” di Marina di Marittima – Comune di Diso saranno effettuate le operazioni di recupero di un’imbarcazione da diporto spiaggiata a cura della Protezione Civile Comunale. Le predette operazioni interesseranno il porticciolo del Comune di Andrano nonché lo specchio acqueo prospiciente la scogliera in località “Chianca Liscia”, nell’area meglio individuata nell’allegato stralcio planimetrico che costituiscono parte integrante della presente Ordinanza”.

“Il recupero del relitto sarà effettuato dal Nucleo Sommozzatori della Protezione Civile, attraverso l’impiego di quattro unità (due natanti della Protezione civile e due unità navali messe a disposizione dal Comune di Diso). I detriti recuperati saranno indirizzati nell’area di carico posta in prossimità dell’imboccatura portuale dove sarà allocato un camion gru e appositi cassoni di supporto”.

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