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Lecce

Provincia di Lecce, ultimo atto

Venti minuti circa dopo le 14 di oggi, si sono chiusi i lavori dell’ultimo Consiglio provinciale di Palazzo dei Celestini.

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Venti minuti circa dopo le 14 di oggi, si sono chiusi i lavori dell’ultimo Consiglio provinciale di Palazzo dei Celestini. Le ultime parole a verbale sono state quelle del presidente Antonio Gabellone: “Per le professionalità e le competenze lascio un’Ente splendido e che mi ha umanamente arricchito”.


 


Martino Luigi Caroli, primo presidente della Provincia di Lecce

Martino Luigi Caroli, primo presidente della Provincia di Lecce


Ma, a rigor di cronaca, la giornata che segna la fine della storia istituzionale elettiva della Provincia di Lecce, iniziata il 9 luglio 1951 con l’insediamento del primo Consiglio provinciale, si è aperta con la cerimonia di svelamento del busto dedicato al primo presidente eletto della Provincia di Lecce, il senatore Martino Luigi Caroli, che guidò l’Ente fino al 1958 e fu poi senatore per tre legislature.


La cerimonia ha preso il via al primo piano di Palazzo dei Celestini (nel salone-corridoio che porta alla sala consiliare), con l’arrivo delle autorità e degli ospiti e l’ingresso dei gonfaloni della Provincia e del Comune di San Pietro in Lama, città natale del senatore Caroli.


A scoprire il busto, donato dalle famiglie Caroli-Memmo e custodito in questi anni presso l’omonimo museo a San Pietro in Lama, è stato il prefetto di Lecce Giuliana Perrotta. Sono seguiti gli interventi del presidente della Provincia di Lecce Antonio Gabellone e del difensore civico Giorgio De Giuseppe.


Antonio Gabellone, ultimo presidente della Provincia di Lecce

Antonio Gabellone, ultimo presidente della Provincia di Lecce


Antonio Gabellone ha ringraziato gli ex presidenti presenti, Urso, Marcelli, Costa, Ria per l’impegno profuso e il senatore De Giuseppe “che ha curato questo passaggio odierno, che segna l’inizio di un nuovo periodo storico per il Salento e per tutto il Paese, attraversato da nuove riforme che rivisitano l’architettura dello Stato”, ha detto. E ha aggiunto: “Con Caroli si ebbe la possibilità di iniziare un percorso arrivato fino ai nostri giorni. Con il passare del tempo è cresciuta la consapevolezza delle possibilità che il territorio ha e la capacità di affermare sempre più le potenzialità straordinarie del Salento, prima terra un po’ sconosciuta e ai margini”.


“Qual è la prospettiva a cui oggi è votato questo territorio? Apertura di una terra non più di passaggio, ma straordinaria piattaforma di servizi e di opportunità di fronte agli altri paesi del Mediterraneo. Questo è un momento significativo, occorre lottare perché il Salento possa essere sempre più protagonista sociale, culturale, morale. I sindaci, che in tanti hanno tenuto ad essere qui, dovranno essere pronti ad affrontare le sfide dei prossimi anni”, ha concluso il presidente.


A ricordare la figura e l’opera di Luigi Caroli si è soffermato il difensore civico Giorgio De Giuseppe: “Quando l’8 giugno 1951 Caroli, designato dal partito cui aveva aderito (DC), ottenne l’incarico di presidente della Provincia, egli sapeva che con la sua presidenza finiva la vecchia deputazione provinciale e cominciava un nuovo corso di vita di questa Amministrazione. Egli di fatto avviò l’Ente ed essere interprete e protagonista della volontà di riscatto di questa popolazione”.


“Aveva grandi capacità personali, ma fu aiutato da grandi intellettuali”, ha proseguito De Giuseppe, citando tutti gli assessori della sua giunta, tra i quali Vittorio Aymone e Francesco Ferrari. “All’epoca la Provincia aveva problemi di “costruire”. C’erano soltanto due strade asfaltate, un solo istituto tecnico per geometri, un agrario, 4 licei classici, quattro ospedali (dei quali tre erano infermerie). Tutto c’era da fare. Caroli mosse le sue attività impostandole con tre direttrici: la sovranità del Consiglio,  punto di riferimento per i sindaci del territorio; lo sviluppo e la difesa del territorio; la diffusione della scuola come condizione di uguaglianza dei cittadini”.

“Oggi siamo in un momento difficile della vita dell’istituzione, bene ha fatto il presidente Gabellone a non far morire la Provincia in silenzio, perché sarebbe stato un tradimento di quello che è alle nostre spalle”, ha concluso il senatore De Giuseppe.


Terminata la cerimonia dedicata a Caroli, nella sala consiliare si è svolta l’ultima riunione del Consiglio provinciale, che conclude di fatto il suo mandato elettivo in base alle disposizioni previste dalla riforma Delrio. Tema della seduta di congedo: “Chiusura del mandato elettivo. Svuotamento e democratizzazione delle Province: quali prospettive per i territori? Interventi”.


Si sono succeduti i contributi di numerosi consiglieri, tra cui Siciliano, Rampino, Gianfreda, Schiavone, Pendinelli, Caputo.


Biagio Ciardo, capogruppo di FI:  “Ho servito l’Ente dai banchi del Consiglio dall’84 ad oggi e ho avuto modo di incontrare tante personalità e tanti colleghi, uno per tutti il compianto Vittorio Potì”. E a proposito della riforma ha aggiunto: “Siamo di fronte ad un enorme paradosso. L’ortodosso Delrio, nominato dai partiti, scomunica i consiglieri eletti dalla volontà popolare. Perché? Per dare ai cittadini maggiori servizi, opportunità di sviluppo democratico, maggiore efficienza? No, perché bisogna risparmiare l’1% del bilancio generale, perché abolendo le Province salviamo le finanze dell’Italia. Si sacrificano le Province in nome di un risanamento finanziario che è solo nella testa di Delrio”. Ed ha concluso: “Il neonato salentino piange di più rispetto al neonato del Nord, perché il Salento sarà impoverito da questa politica di desertificazione. Saremo i cittadini dell’ex Provincia di Lecce, ma il legislatore, che può anche cancellare la parola Provincia con un tratto di penna, non potrà mai cancellarla dai nostri cuori”.


E’ intervenuto poi il consigliere Cosimo Durante (capogruppo PD): “Sono stati anni importanti, belli, faticosi, appassionanti, anni di spinta propulsiva per il Salento, punto di riferimento di progettualità, Nord del Sud per i temi di attenzione all’accoglienza, all’agricoltura, al manifatturiero, al turismo. Oggi termina un ciclo rispetto ad un modello di Provincia, ma abbiamo il dovere di pensare positivo. I nuovi amministratori sapranno trovare nuova linfa per un Salento che merita di continuare ad essere punto nevralgico della Puglia”.


Infine, a chiudere i lavori di questa storica giornata, il presidente Antonio Gabellone: “Cinque anni intensi e non sempre semplici, con l’aspetto finanziario che ha molto condizionato la nostra attività. Parallelamente, altro enorme macigno è stata la chiusura possibile e sempre dietro l’angolo dell’Ente e la sua abolizione. Sono rimasto alla guida mentre presidenti di altre Province, in un contesto di poteri sempre più ristretti, hanno abbandonato il campo; l’ho fatto per senso di responsabilità, ma anche in virtù delle grandi emergenze che ha affrontato e che vive il Salento”.


“Dal 2009 ad oggi, per la vita e gli investimenti dell’Ente sono venuti meno 35 milioni di euro. Eppure, abbiamo realizzato 150 milioni di opere pubbliche, 70 milioni di investimenti nell’edilizia scolastica e sulle strade, nel recupero ambientale e nella risoluzione dell’emergenza rifiuti”.


“Viene tagliato di netto un pezzo dell’architettura dello Stato senza un’alternativa, senza che si sappia chi e cosa si occuperà di servizi e istanze di un territorio e dei suoi cittadini. Un riordino non c’è, ma la possibilità di lasciare nel caos il nostro Salento sì. Il legislatore avrebbe dovuto, con cognizione di causa, preparare al meglio questo percorso, in termini di garanzie dei servizi e mantenimento dei livelli delle prestazioni offerte dalla Provincia così come è stata finora”.


“Abbiamo di fronte la sfida di non perdere la forza di questo sistema, che abbiamo sin qui creato, di sinergie positive tra forze attive, sindacati, istituzioni, per non cedere alla marginalizzazione di questa terra e delle sue istanze. Mi atterrò alla legge e porterò la Provincia nel nuovo corso con le sole competenze che attengono alla gestione commissariale”, ha concluso il presidente Gabellone.  


Attualità

Ma davvero i pugliesi sono i più infelici d’Europa?

Le indagini sono invece molto soggettive, e quindi discutili, quando vogliono entrare nella psicologia umana e valutare la felicità di una persona, felicità che non si può ridurre ad un dato statistico poiché è sempre personale sia per quello che uno desidera sia per i momenti della vita in cui si esprime

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ALLA FINE DEL GIORNO.  SIAMO FELICI O INFELICI?

di Hervé Cavallera

   Secondo un report ISTAT del 17 aprile scorso i lavoratori italiani sono trai più infelici d’Europa e tra gli Italiani i Pugliesi. Ciò riguarderebbe la percezione delle amicizie, l’utilizzazione del tempo libero, i rapporti familiari, la condizione economica e sociale. Un quadro certamente non esaltante e che sembra contrastare, per noi Salentini, quella che è considerata l’immagine ufficiale del “tacco d’Italia”, terra del sole, dell’ospitalità, dello svago. Si tratta quasi di squarciare il velo di autoprotezione e di scorgere una realtà ben diversa. 

    E tuttavia i dati sono da valutare con una certa cautela anche perché si entra nella dimensione intima dei soggetti e in essa l’emotività ha un ruolo notevole  e gli esseri umani sono spesso portati ad accentuare ciò che di positivo e di negativo hanno incontrato o incontrano nella propria esistenza. Dipende poi dalle diverse età della vita e dalle esperienze provate nella vicinanza del report. Immaginate un giovane intervistato a pochi giorni dal suo matrimonio con aperta davanti una luminosa speranza di vita e un giovane intervistato poco dopo la scomparsa di una persona a lui cara.

D’altra parte, secondo un discutibile report del 1923 attribuito all’ONU (Where young people are the happiest ossia Dove i giovani sono più felici) si troverebbero tra i più felici i giovani del nord Europa e in primo luogo i Lituani. Altri report giudicano la Finlandia lo Stato ove si vive meglio.

E questo sempre  tenendo conto del reddito pro capite, dell’aspettativa di vita sana, della libertà sociale. E a ciò si contrappone il fatto, attestato sempre da report, che il tasso maggiore dei suicidi avviene proprio nei Paesi Baltici  dove appunto esiste un più alto tenore di vita. E il suicidio, si capisce bene, è indubbia espressione di drammatica infelicità. Non è il denaro che assicura la felicità. 

   Insomma, non è facile tradurre in fredde classifiche, che vorrebbero essere oggettive e scientifiche, quelli che sono i sentimenti delle persone, sentimenti che variano non solo secondo le età e il successo lavorativo, ma appunto secondo lo stato d’animo del momento in cui si risponde ai quesiti dei report.

Nella percezione di sé gli elementi soggettivi si intrecciano inevitabilmente con  quelli oggettivi, sì da rendere molto dubbia la possibilità di una conoscenza oggettiva di come veramente si è. Le variabili sono tante e non codificabili.

Ad esempio, può naturalmente accadere che una persona con un reddito modesto possa  essere più sereno di un’altra con un reddito più alto ma con incombenze più pesanti. A voler poi richiamare la nostra tradizione cattolica, è pressoché difficile che nelle confessioni non si dichiarino delle colpe, degli errori, sia pur veniali. E il riconoscimento del peccato mostra come l’uomo non è mai esente dalle ombre, a meno che non si tratta di figure eccezionali di cui è riconosciuta la santità, ma anche loro hanno pur sofferto le “tentazioni”. Lo stato d’animo è fatalmente soggettivo e non può che riguardare il singolo individuo.

    Ciò non vuol dire che le classifiche, le statistiche, i “dati” siano da buttar via. Essi, quando veramente ben fatti e promossi da istituti di riconosciuti meriti scientifici, sono utili per individuare “frammenti” di vita, di aspirazioni, di stati d’animo, di aspettative; frammenti che possono servire come stimolo per venire incontro alle esigenze della comunità. 

I report sono certamente oggettivi allorché indicano dei dati come, ad esempio, stipendi, natalità, emigrazione, malattie, ecc. In questi casi dovrebbero costituire un pungolo nei confronti delle classi dirigenti politiche per migliorare in modo equo la qualità della vita dei cittadini.  

   Le indagini sono invece molto soggettive, e quindi discutili, quando vogliono entrare nella psicologia umana e valutare la felicità di una persona, felicità che non si può ridurre ad un dato statistico poiché è sempre personale sia per quello che uno desidera sia per i momenti della vita in cui si esprime. Si pensi ad un giovane che ha di fronte un futuro che è sempre, nel bene e nel male, pieno di incognite.

Nel giovane ora possono prevalere l’entusiasmo e la speranza, ora la delusione e l’incertezza.

  Ma ciò vale anche per l’anziano. Nel meriggio della propria esistenza egli può fare un bilancio di quanto accaduto e necessariamente trova gioia e dolori, vittorie e delusioni, errori e illusioni, successi e affetti.

A quali dare più peso, considerato che tutti insieme hanno costituito e costituiscono la propria vita? Vivere significa anche accettare gioie e dolori, sperando di commettere pochi errori e non gravi. 

  Ora, tornando al nostro Salento e prescindendo dai diversi problemi personali che possono riguardare le aspettative che si riscontrano nel proprio ambiente lavorativo, il quale dovrebbe essere analizzato secondo le diverse tipologie, è chiaro che in generale qualcosa non va nel mondo giovanile, e ne sono espressione oggettiva lo spopolamento e il calo demografico. La maggior parte di coloro che vanno a studiare o a lavorare fuori Terra d’Otranto non torna più. E di tale problema dovrebbe farsi carico il mondo della politica regionale e nazionale, come lo stesso mondo deve affrontare il tema della natalità che, pur connesso ad un modus vivendi che talvolta non vuole assumersi responsabilità, potrebbe essere in qualche modo modificato con agevolazioni e contributi per la nascite. 

   Importante, in ogni caso, è saper vivere insieme e  sapersi spendere per vedere crescere i propri cari, la propria terra. Questo in vario modo hanno fatto i nostri genitori, i nostri antenati e a questo compito non ci si può e non ci si deve sottrarre.   

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Cronaca

L’incubo di incendi di auto nella notte: altre cinque coinvolte

I vigili del fuoco sono infatti intervenuti per spegnere due roghi nei quali sono stati distrutti i veicoli.

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Lecce si sveglia ancora con l’incubo delle auto incendiate: questa volta sono cinque le auto interessate.

I vigili del fuoco sono infatti intervenuti per spegnere due roghi nei quali sono stati distrutti i veicoli ed altre tre auto danneggiate.

Il primo verso le 2 e mezzo nel rione Borgo Pace, dove una Fiat 600 è stata avvolta da una fiammata; l’auto è di proprietà di una 58enne di origini brasiliane.

Oltre ai pompieri sono intervenuti anche i carabinieri, gli stessi che hanno cercato le videocamere installate in zona, per avviare le indagini e stabilire l’origine dell’accaduto.

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Cronaca

Lavoro… cinese: 4 lavoratori in nero e 4 ditte sospese

Sono irregolari a vario titolo il 100% delle aziende guidate dai cinesi e l’80% dei lavoratori occupati. In provincia Su 7 aziende ispezionate 4 sono state sospese. Elevate sanzioni amministrative e ammende per un totale di centomila euro

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È prevalentemente in nero o sottopagato il lavoro cinese in Italia.

Sono irregolari a vario titolo il 100% delle aziende guidate dai cinesi e l’80% dei lavoratori occupati.

È quanto risulta dall’operazione svolta dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Lecce unitamente a personale dell’ITL di lecce e dell’Arma territoriale nell’ambito di un’attività svolta dal 20 al 27 aprile nella provincia di lecce ed estesa a livello nazionale, coordinata dall’europol e finalizzata al contrasto dello sfruttamento del lavoro e irregolare delle imprese gestite da cittadini extracomunitari.

Le violazioni accertate hanno visto sia l’inosservanza della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro che quelle di natura amministrativa.

Le prime riguardavano la mancata valutazione dei rischi, la mancata sorveglianza sanitaria dei dipendenti e la non conformità dei requisiti idonei sugli ambienti di lavoro e locali spogliatoi e igienici mentre, le seconde il lavoro nero, pagamento in contante di parte della retribuzione, la mancata tracciabilità della stessa e l’ inosservanza dell’ orario di lavoro previsto dai CCNL.

Le verifiche hanno interessato il settore edile, attività commerciali e la filiera della ristorazione presenti nel territorio della provincia di lecce.

Su 7 aziende ispezionate 4 sono state sospese e sono state elevate sanzioni amministrative e ammende per un totale di centomila euro.

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