News & Salento
Aumentano le esportazioni salentine: 337 milioni di euro (+10,7 per cento)
Ben 337 milioni di euro. Tanto vale l’export salentino. Una cifra da capogiro cresciuta del 10,7% nel 2010 rispetto all’anno precedente. Un segnale incoraggiante
Ben 337 milioni di euro. Tanto vale l’export salentino. Una cifra da capogiro cresciuta del 10,7% nel 2010 rispetto all’anno precedente. Un segnale incoraggiante per l’economia dopo la grave recessione del 2009 che registrò un calo del 45,5%. Lo rileva l’Ufficio Studi di Confartigianato, che ha analizzato gli ultimi dati Istat. In particolare, le imprese della provincia di Lecce hanno esportato beni e prodotti manifatturieri per un importo complessivo di 337 milioni, calcolati secondo il valore «Fob» (free on board) che corrisponde al prezzo di mercato alla frontiera del Paese esportatore e comprende il prezzo «ex fabrica», i margini commerciali, le spese di trasporto internazionali e gli eventuali diritti. Questi beni sono stati esportati, per il 43 per cento, nei 27 Paesi dell’Unione Europea, mentre il 57 per cento ha varcato i confini degli Stati membri. Nella classifica della dinamica dell’export, Lecce si colloca meglio di Bari che registra un incremento di appena l’1,8 per cento. Il capoluogo regionale esporta prodotti manifatturieri per un importo totale di due miliardi e 568 milioni, di cui la metà (49,9 per cento) destinati ai mercati extra-europei. Impressiona, invece, la crescita della provincia di Foggia (più 40,5 per cento) per un valore complessivo di 454 milioni. Seguono Brindisi che registra un aumento del 36,7 per cento per un fatturato di 899 milioni e Taranto (più 17,8) per un ammontare di un miliardo e 594 milioni. La Bat (Barletta-Andria-Trani) ha un giro di affari attorno ai trecento milioni. Sommando i volumi delle sei province, la Puglia esporta beni per un valore di sei miliardi e 152 milioni ed è lievitata del 19,2 per cento rispetto all’anno precedente. Ma rappresenta solo l’1,9 per cento dell’export totale in Italia. Nel Belpaese, infatti, le esportazioni «valgono» ben trecento miliardi e 340 milioni ed hanno avuto una variazione positiva del 16,3 per cento. Nel contesto nazionale, il Mezzogiorno è fanalino di coda con 36 miliardi e 825 milioni. Ma è l’area geografica che nel 2010 è cresciuta di più (26, 7 per cento) contro il 17,9 del Centro (51 miliardi e 980 milioni), il 15,2 del Nord-Est (102 miliardi e 272 milioni) e il 13,9 del più «ricco» Nord-Ovest (130 miliardi e 924 milioni).
“I dati dell’Ufficio studi confermano la crescente ricerca di qualità sui mercati esteri”, commenta Corrado Brigante, presidente di Confartigianato Imprese Lecce. “Le piccole e medie imprese – spiega – devono puntare sull’alta qualità per vincere l’agguerrita concorrenza dei Paesi asiatici e non solo. Ma devono possedere gli strumenti per aggregarsi e “fare rete”, affinché possano continuare a portare nel mondo l’eccellenza della manifattura italiana. Proprio, di recente – ricorda il presidente – la Camera di commercio di Lecce ha promosso il cosiddetto “contratto di rete”, quale importante opportunità di sviluppo per il nostro territorio. L’iniziativa – precisa – mira a favorire forme innovative di aggregazione. Costituisce una novità imprenditoriale significativa con cui, superando il concetto fisico di distretto, le aziende di micro e piccole dimensioni si aggregano per realizzare progetti comuni, diretti in particolare ad accrescere le capacità innovative e la competitività”.
“Dall’export – sottolinea il direttore di Confartigianato, Amedeo Giuri – riceviamo segnali incoraggianti. I prodotti “made in Italy”, nel mondo, sono sinonimo di alta qualità. Ma le istituzioni devono sostenere le piccole e medie imprese per preservare e valorizzare questo nostro modello produttivo. Possiamo difenderci e vincere la sfida dei mercati internazionali – conclude – solo se siamo capaci di fare sistema”.
Tipologie di beni esportati
La turbolenza nei mercati delle materie prime spinge le vendite dei «prodotti intermedi» (più 25 per cento), a cui segue quella dei «beni strumentali» (più 21,2), mentre la dinamica meno accentuata dei «beni di consumo» (più 12,5) riflette la minore attività d’acquisto delle famiglie. Tra i comparti manifatturieri più rilevanti, con una quota dell’export superiore al cinque per cento, risultano il settore dei metalli (più 33,3 per cento), seguito dai prodotti chimici (22,7), dagli apparecchi elettrici (18,4), dai mezzi di trasporto (17,3), dalla gomma e materie plastiche (14,9), dalle macchine ed apparecchi (14,4), dai prodotti tessili e dell’abbigliamento (14), dai prodotti delle altre attività manifatturiere (12,8) e dai prodotti alimentari (12,4). In fermento soprattutto il comparto dell’energia che registra una crescita sia delle esportazioni (più 56,3 per cento) che delle importazioni (più 34,8) che rappresentano il 18,9 per cento degli acquisti mentre solo il 4,8 per cento delle vendite.
Paesi
Regno Unito e Germania «trainano» la domanda delle esportazioni italiane nell’Unione europea. Il primo registra una crescita del 21,2 per cento, il secondo del 18,8. Riguardo ai paesi extra-Unione Europea, la domanda più dinamica proviene dalla Turchia (più 42,1). Si confermano, poi, i mercati più lontani di Cina (più 30,2), India (23,9), Russia (23,2) e Stati Uniti d’America (19,4). Tra le nazioni geo-economiche continua il boom del Mercosur (che comprende Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), mostrando un aumento delle esportazioni del 47,6 per cento. Diminuiscono, però, le esportazioni verso il Nord Africa (meno 6,4 per cento nel primo trimestre dell’anno in corso), a fronte di una crescita delle esportazioni verso le altre aree extra Unione europea del 26,1 per cento. In soli tre mesi, le minori vendite dei prodotti italiani nei paesi nordafricani «pesano» per 186 milioni di euro.
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Attualità
Sant’Isidoro, demolito vecchio fabbricato a due passi dal mare
Per anni ha ospitato la sede della Pro Loco. “Liberato” così l’orizzonte della marina. il sindaco Pippi Mellone: «L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione»
È stato finalmente demolito nei giorni scorsi nella marina di Sant’Isidoro il vecchio edificio in muratura a pochi metri dal mare, che ha ospitato per molti anni la sede della locale Pro Loco e il punto di soccorso estivo.
Un’autentica “bruttura”, del tutto incompatibile con la bellezza naturalistica del luogo, al pari di altre costruzioni (il comune di Nardò ne ha già abbattute altre tre, realizzate su aree demaniali in questo segmento di litorale) e di fenomeni di abusivismo edilizio e di compromissione dei contesti naturalistici che hanno mortificato la costa negli scorsi decenni.
L’intervento, eseguito (al termine di un lungo iter autorizzativo) da un raggruppamento temporaneo di imprese, rientra nel più ampio intervento di riqualificazione paesaggistica integrata della fascia costiera della marina, progettato dall’arch. Antonio Vetrugno e finanziato con 1,3 milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), già in corso da circa un anno e mezzo.
La demolizione del fabbricato, peraltro, ha incontrato e superato lo “scoglio” giudiziario di un ricorso al Tar da parte della Pro Loco.
Il giudice amministrativo, con una pronuncia del dicembre scorso, ritenendo non sussistente una proroga della concessione demaniale vantata dalla Pro Loco, ha ritenuto prevalente l’interesse pubblico all’ultimazione dei lavori di riqualificazione su quello privato (peraltro, ingiustificato) alla conservazione dello status quo.
«L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione», ha commentato con un post su Facebook il sindaco Pippi Mellone, «abbiamo speso un po’ di tempo in più, perché c’è stato qualche ostacolo di troppo. Ma abbiamo spazzato via, come sempre, anche quello. Adesso abbiamo liberato il panorama, il lungomare, le albe e i tramonti di Sant’Isidoro dal cemento e dalle brutture. Al suo posto, a poca distanza, una struttura polifunzionale in legno, ecosostenibile, che ospiterà il pronto soccorso. Stiamo demolendo i mostri ereditati dal passato e stiamo costruendo la città del futuro. Col cuore, come sempre. Ora anche Sant’Isidoro diventerà bellissima!».
Il progetto di riqualificazione, adesso, potrà essere ultimato. Prevede la realizzazione di aree per il parcheggio e di aree per la fruizione dei pedoni (con l’installazione di un nuovo sistema di illuminazione), l’eliminazione di altri manufatti, di spianamenti, scivoli e del piccolo molo a servizio delle imbarcazioni, un intervento di rinaturalizzazione ambientale con ripascimento delle superfici sabbiose della zona, oltre che la pulizia dalla vegetazione infestante e il recupero delle condizioni ambientali dell’inghiottitoio (o “spunnulata”) presente sul lungomare.
Nasceranno, inoltre, una struttura per la sosta e un tratto di pista ciclabile per favorire la mobilità sostenibile.
Un’altra struttura in legno è stata ultimata e destinata a nuova sede della Proloco e a punto di pronto soccorso estivo.
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