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La notte di San Martino: il Capodanno agrario del Salento leccese

L’annata agraria nel Salento leccese va dal 12 novembre all’11 novembre dell’anno successivo. Quindi per chi è stato abituato a vivere del lavoro di campagna, l’11 novembre

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L’annata agraria nel Salento leccese va dal 12 novembre all’11 novembre dell’anno successivo. Quindi per chi è stato abituato a vivere del lavoro di campagna, l’11 novembre è l’ultimo dell’anno agricolo! In questa nota le tradizioni legate a questa ricorrenza.


Come fare a non ricordare il lavorio della gente di campagna immersa nella vite? Già, la pianta della vite con le sue increspature, il tronco pieno di nodi che ti danno immediatamente la percezione di ogni anno che lascia un segno, un nodo dopo l’altro, sino a 40 anni data fatidica della sua fine del ciclo produttivo dopo la quale verrà sostituita da un’altra pianta. Una pianta all’altezza dell’uomo che ha preferito alla gara per la conquista del primato dell’albero più alto, la bravura nel dare l’uva, i grappoli da cui poi, quasi per miracolo, stilla il vino. Già il miracolo! Da quei grappoli come per magia una notte di un giorno preciso di ogni anno accade che sgorga un liquido pieno di odori e dai mille sapori, rosso o bianco oppure rosato: il vino! La notte dell’11 novembre, la notte di San Martino!


L’inizio dell’annata agraria è la stagione corrispondente al ciclo vegetativo annuale delle colture agrarie che danno il reddito all’impresa agricola. L’annata agraria nel Salento leccese va dal 12 Novembre all’11 novembre dell’anno successivo. Quindi per chi è stato abituato a vivere del lavoro di campagna l’11 novembre è l’ultimo dell’anno agricolo! L’ultimo dell’anno solare è San Silvestro mentre l’ultimo dell’anno agricolo è San Martino!


Per quelli che non sanno cosa accadeva ai contadini in quella notte, a quelli che non capiscono il perchè della festa, voglio significare i due stati d’animo che convivevano nel cuore di chi era destinato a passare nei campi tutta la sua vita; due stati d’animo opposti, alla gioia derivata dal raccolto buono e allo scampato pericolo della carestia si affiancava la paura per ciò che poteva accadere nel nuovo anno, il pericolo della carestia sempre incombente per chi ha tutti i suoi averi sotto al cielo e deve affidare all’incertezza dei fenomeni climatici la sua sopravvivenza e quella dell’intera famiglia.


Nel Salento leccese l’11 novembre si evoca il binomio morte-vita. Nessun’altra professione come quella dell’agricoltore e del Dottore Agronomo ha a che fare col tema della morte e della rinascita che corrisponde al il ciclo annuale delle stagioni. Forse solo il medico di famiglia, quello che segue tutta la nostra vita, ha qualcosa in comune, anche se devo dire che lui solo in parte ha un’attività simile alla nostra perchè assiste i suoi pazienti alla nascita o alla morte e solo raramente può fregiarsi di aver assistito una persona dalla culla alla bara. Invece noi agricoltori o Dottori Agronomi conviviamo con eventi mai uguali, siamo abituati al ritmo della natura fatto di rapide fortune e altrettanto rapide catastrofi in una precarietà da brivido, come se stessimo eternamente sulle Montagne russe! I contadini attendevano il giorno di San Martino perchè è più tiepido rispetto ai rigori invernali per il fenomeno dell’Estate di San Martino. Un po’ di calore per aprire le “ozze” (Anfore di creta) o le botti ed assaggiare il vino nuovo. Tutti intorno a quello scrigno pieno di liquido che rappresentava oro sonante, ricchezza e benessere per tutti! In quel giorno si concentravano le speranze della vendemmia e i sudori del lavoro nei vigneti. Erano radunati tutti intorno all’anfora di creta, e dopo averla aperta assaggiavano quel vino nuovo, al primo assaggio già capivano, giudicavano e definivano le caratteristiche del prodotto; una vero e proprio dibattito tra gli intervenuti con pareri e confronti, un seminario di esperienze, una condivisione senza limiti in un rito che lasciava tutti senza fiato.


Per gustare il vino c’è necessità di pasteggiare, di avere qualcosa che possa essere accompagnato dall’ebbrezza di quel liquido, ed ecco che dalla cantina o dal palmento si passa in cucina, che attraverso i sapori e i gusti del Salento leccese esalta gli aromi del vino nuovo rendendolo paragonabile, giudicabile, gustabile e vivibile. Il mio ricordo dell’11 novembre è indissolubilmente legato agli amici dell’adolescenza, agli acquisti della salsiccia da fare arrosto sulla brace, alle deliziose “pittule” (le “pittule” per i non salentini sono ottenute da farina di grano impastata e lievitata e quindi fritta a pugnetti nell’olio d’oliva) delle cicorie di Galatina (catalane) e dei finocchi da mangiare crudi, alle castagne, alle noci e alla cotognata. La cena di San Martino da fare tra amici, senza i genitori, tra noi. Era concesso per quella giornata mangiare e bere da soli, per festeggiare l’inizio di una annata agraria che coincideva con la vendita del vino nuovo, il frutto del lavoro dell’uomo del Salento leccese, la vendita di un anno di lavoro dell’intera famiglia.

Ho assistito per anni alla lotteria del premio dopo premio per lo svellimento dei vigneti di una scellerata Politica Agricola Comune a partire dagli anni ’70 sino ai giorni nostri, ettaro dopo ettaro tutti noi abbiamo assistito impotenti allo sterminio di “alberelli pugliesi” e solo “per un pugno di euro” tanto che delle belle e antiche distese di vigneti allevati ad alberello pugliese, simili ai vigneti che decorano i più bei paesaggi d’Italia, rimane ben poco. Solo poche zone conservano il colore rossastro delle foglie di vite che in autunno sono pronte a cadere nel terreno, dopo una primavera e un estate di fatica, perchè la vite possa finalmente andare in letargo sino al risveglio della prossima primavera. Ma nonostante tutto questo, nonostante che la maggior parte dei Salentini leccesi non abbiano più alcun guadagno dal vino, nella maggior parte delle famiglie del Salento leccese, il giorno di San Martino, l’11 novembre, si continua a imbandire la tavola con arrosti alla brace, verdure e castagne e poi frutta secca, mandarini e arance, il tutto innaffiato dal nettare degli Dei, dal vino del Salento leccese in una sorta di “riflesso condizionato”, una “coazione a ripetere” senza fine di cui si è perduto il senso.


Già il senso, la ragione, il motivo per cui si festeggia è andato perduto, dimenticato e celato dai mille Ipermercati “Regni del Consumo”, cattedrali innalzate alla vendita “sullo scaffale” dove nemmeno sappiamo da dove arrivino i vini e gli alimenti che vengono offerti a noi allucinati passeggiatori con carrello che guardano, prendono, riempiono quel cesto con le ruote e non scambiano una parola con nessuno! Le riunioni con gli amici l’11 novembre per festeggiare San Martino continuarono nella mia vita perchè faccio parte di una generazione che ha avuto l’adolescenza lunga, frutto degli studi universitari e di un matrimonio troppe volte rimandato. Nella casa in campagna di un mio amico di allora abbiamo continuato a festeggiare per anni e anni ogni 11 novembre e poi, finalmente sposato, eccomi a farlo di nuovo a casa mia, pur non avendo un vigneto né del vino da vendere da cui ricavare il sostentamento per l’intero anno. La verità è che noi del Salento leccese continuiamo a persistere nel mettere in atto antichi riti di iniziazione e la festa di San Martino dell’11 novembre di ogni anno ne è una delle dimostrazioni.


In tutto il Salento leccese si celebra questa festa, tutti aggregati e tutti consapevoli di poter trasgredire in maniera liberatoria. Infatti l’11 novembre a tutti è permesso di bere ed ubriacarsi, anche ai fanciulli che in questo modo vengono accolti nella cerchia degli adulti e quindi “iniziati” alla trasgressione. Festeggiamo a San Martino in casa, dinanzi al caminetto con amici e parenti. Voglio indirizzare una precisazione indirizzata a chi, per la notte di San Martino, acquista il vino novello. In questi anni c’è la tradizione di bere l’11 novembre vino novello che, si badi bene, nulla ha a che vedere con il vino nuovo. Il vino novello non è invenzione del Salento leccese né tanto meno nessun italiano può ascrivere a se l’invenzione di questo vino. E’ stato in Francia che nei primi del ‘900 nella zona del Beaujolais si è vinificata l’uva con la tecnica della macerazione carbonica ed il vino ottenuto, pretendendo il nome dalla zona in cui è stato prodotto per la prima volta, è nominato Beaujolais Noveau. Le cantine del Salento leccese lo producono sapendo bene che il novello non è un vino che può essere conservato per molto tempo a causa della mancanza di macerazione sulle bucce; ed è per questo che le circa 720mila bottiglie che vengono sfornate dalla Puglia devono essere consumate in tempi brevi. Quindi se per San Martino vi regalano una bottiglia di vino novello non conservatela ma bevetela subito!


Faremo tutti, anche per il 2010, la festa di San Martino perchè siamo consapevoli che rappresenta una discontinuità alle solite uscite in pizzeria, pub e discoteche. L’11 novembre di ogni anno è la dimostrazione che ci si può divertire in un modo sempre uguale da secoli e, nello stesso tempo, in modo diverso dal divertimento della Movida dell’inizio XXI secolo. La verità è che, tutti noi del Salento leccese sappiamo bene che qualunque cosa si organizzi per l’11 novembre va bene! In quella notte l’unica cosa importante è stare insieme, ritrovarsi intorno ad una tavola imbandita e mangiare ciò che detta la tradizione (dal latino traditiònem deriv. da tràdere = consegnare, trasmettere). Il vino che l’11 novembre di ogni anno scorre a cascate, a fiumi, a mari, fino a provocare deliri e febbre da divertimento. Noi tutti davanti al caminetto, tutti intorno al fuoco e davanti all’immancabile chitarra per cantare e divertirsi. L’11 novembre 2010 come facevano i nostri padri, saremo davanti al fuoco con dentro gli occhi il rosso delle braci, sentiremo il calore dello stare insieme, canteremo, rideremo e balleremo scambiandoci carezze. Tutti intorno al fuoco, per vivere sul serio, perchè noi e l’Universo siamo un unico intero!


Antonio Bruno


Appuntamenti

Passeggiata tra la cartapesta e le chiese di Galatina. Oggi

E sarà a questa Galatina che apriremo le porte sabato pomeriggio per una passeggiata gratuita tra i tesori della nostra cartapesta

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Galatina è una città d’arte a tutto tondo. Molte sue chiese custodiscono, come scrigni, opere in cartapesta dei maggiori maestri leccesi dalla fine del settecento ai giorni nostri.
E sarà a questa Galatina che apriremo le porte sabato pomeriggio, a partire dalle 17,30, per circa un’ora di passeggiata gratuita tra i tesori della nostra cartapesta.
La “Passeggiata tra la Cartapesta di Galatina” è una delle prime iniziative pubbliche di “Incartheart”, progetto finanziato dal bando Luoghi Comuni della Regione Puglia, assessorato alle Politiche Giovanili, in coprogettazione con il Comune di Galatina.
Il progetto, oltre alla gestione dell’immobile di corso Porta Luce (ex casa museo del tarantismo), prevede anche attività laboratoriali e culturali di promozione e diffusione dell’arte cartapestaria sul territorio.
E l’iniziativa di sabato 27 rientra proprio in quest’ottica.
Appuntamento, come detto, alle 17,30, presso la sede del progetto per poi visitare le opere che si trovano nella Chiesa di San Luigi, nel Santuario della Madonna della Luce e nella Chiesa di Santa Maria della Grazia (collegio), il tutto per un’ora di immersione nella cartapesta galatinese.
Partecipazione gratuita ma prenotazione obbligatoria al numero 3388126831 (anche whatsapp) oppure messaggio in privato su Instagram o Facebook sulle pagine del progetto.
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Attualità

”FRIENDS 4 AUT”, parte il progetto del centro servizi per l’autismo

Con la realizzazione di percorsi di assistenza alla socializzazione in favore di soggetti di età fino ai 21 anni con disturbi dello spettro autistico, residenti nei 14 Comuni dell’Ambito Territoriale Sociale di Gagliano del Capo…

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E’ partito il progetto: ”FRIENDS 4 AUT” promosso dall’Ambito Territoriale Sociale di Gagliano del Capo e finanziato dall’assessorato al Welfare della Regione Puglia, in collaborazione  con “GLI AMICI DI NICO” -Centro servizi per l’autismo.
Il tutto si mescola delicatamente con la realizzazione di percorsi di assistenza alla socializzazione in favore di soggetti di età fino ai 21 anni con disturbi dello spettro autistico, residenti nei 14 Comuni dell’Ambito Territoriale Sociale di Gagliano del Capo.
In ultimo, l’ingrediente più prezioso, capace di rendere tutto unico e indimenticabile: i bambini ed i ragazzi coinvolti nel progetto, che verranno coadiuvati e supportati da bambini e ragazzi normodotati in un’ottica di integrazione. Senza definizioni, senza diagnosi, senza barriere né etichette, i partecipanti vivranno più giornate loro dedicate all’insegna del divertimento, della sperimentazione, della scoperta, ma soprattutto della vera inclusione.
Tali eventi, programmati, per il momento, nei comuni di Tricase, Ugento e Castrignano del Capo, accoglieranno diversi tipi di laboratori (piantumazione di piante da fiore, ortoterapia, pittura con tempere e acquerelli, sport all’aperto, musicoterapia), ma anche momenti di convivialità con ricchi e gustosi buffet di rinforzo ai quali parteciperanno altresì associazioni del territorio e famiglie.
Obiettivo generale del progetto è valorizzare l’autonomia, le abilità sociali, la capacità di autodeterminazione e promuovere lo scambio di competenze e valore reciproco. È importante sottolineare che ogni bambino è un individuo unico, con le proprie preferenze e stili di comunicazione.
Quindi, sarà fondamentale adattare le strategie di comunicazione alle esigenze specifiche di ognuno. Osservare attentamente il bambino, imparare a conoscerne i segnali non verbali e adattarsi alle sue preferenze per favorire una comunicazione più efficace e significativa.
Ma il sapore più intenso che lascerà questa esperienza è senza dubbio la condivisione, con un retrogusto di gentilezza.
Sì, perché i ragazzi che partecipano al progetto donano più di quanto ricevono. Ancora una volta queste pagine di vita danno a tutti noi la possibilità di comprendere quanto la diversità ci possa arricchire, quanto ancora possiamo e dobbiamo imparare da chi riesce a rendere un punto debole, un chiaro punto di forza!
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Attualità

Sant’Isidoro, demolito vecchio fabbricato a due passi dal mare

Per anni ha ospitato la sede della Pro Loco. “Liberato” così l’orizzonte della marina. il sindaco Pippi Mellone: «L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione»

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È stato finalmente demolito nei giorni scorsi nella marina di Sant’Isidoro il vecchio edificio in muratura a pochi metri dal mare, che ha ospitato per molti anni la sede della locale Pro Loco e il punto di soccorso estivo.

Un’autentica “bruttura”, del tutto incompatibile con la bellezza naturalistica del luogo, al pari di altre costruzioni (il comune di Nardò ne ha già abbattute altre tre, realizzate su aree demaniali in questo segmento di litorale) e di fenomeni di abusivismo edilizio e di compromissione dei contesti naturalistici che hanno mortificato la costa negli scorsi decenni.

L’intervento, eseguito (al termine di un lungo iter autorizzativo) da un raggruppamento temporaneo di imprese, rientra nel più ampio intervento di riqualificazione paesaggistica integrata della fascia costiera della marina, progettato dall’arch. Antonio Vetrugno e finanziato con 1,3 milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), già in corso da circa un anno e mezzo.

La demolizione del fabbricato, peraltro, ha incontrato e superato lo “scoglio” giudiziario di un ricorso al Tar da parte della Pro Loco.

Il giudice amministrativo, con una pronuncia del dicembre scorso, ritenendo non sussistente una proroga della concessione demaniale vantata dalla Pro Loco, ha ritenuto prevalente l’interesse pubblico all’ultimazione dei lavori di riqualificazione su quello privato (peraltro, ingiustificato) alla conservazione dello status quo.
«L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione», ha commentato con un post su Facebook il sindaco Pippi Mellone, «abbiamo speso un po’ di tempo in più, perché c’è stato qualche ostacolo di troppo. Ma abbiamo spazzato via, come sempre, anche quello. Adesso abbiamo liberato il panorama, il lungomare, le albe e i tramonti di Sant’Isidoro dal cemento e dalle brutture. Al suo posto, a poca distanza, una struttura polifunzionale in legno, ecosostenibile, che ospiterà il pronto soccorso. Stiamo demolendo i mostri ereditati dal passato e stiamo costruendo la città del futuro. Col cuore, come sempre. Ora anche Sant’Isidoro diventerà bellissima!».

Il progetto di riqualificazione, adesso, potrà essere ultimato. Prevede la realizzazione di aree per il parcheggio e di aree per la fruizione dei pedoni (con l’installazione di un nuovo sistema di illuminazione), l’eliminazione di altri manufatti, di spianamenti, scivoli e del piccolo molo a servizio delle imbarcazioni, un intervento di rinaturalizzazione ambientale con ripascimento delle superfici sabbiose della zona, oltre che la pulizia dalla vegetazione infestante e il recupero delle condizioni ambientali dell’inghiottitoio (o “spunnulata”) presente sul lungomare.

Nasceranno, inoltre, una struttura per la sosta e un tratto di pista ciclabile per favorire la mobilità sostenibile.

Un’altra struttura in legno è stata ultimata e destinata a nuova sede della Proloco e a punto di pronto soccorso estivo.

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