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Cutrofiano…se la cava?

Capovolto giudizio negativo su compatibilità ambientale, ma cittadini e associazioni non mollano, in attesa del Consiglio di Stato

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Non dorme sonni tranquilli Cutrofiano. Ad agitare le notti di una porzione sempre crescente della cittadinanza locale, un progetto che sta per essere avviato nell’agro cutrofianese dalla Movit srl, società detenuta al 50% dalla più nota Colacem di Gubbio, proprietaria tra le altre cose di un cementificio a Galatina. Con un iter partito nel 2010 si staglia all’orizzonte del paese, in località “Piglia”, la realizzazione di una cava per lo sfruttamento di materiale calcarenitico su un’area di 14 ettari, delle dimensioni paragonabili a quelle di un intero quartiere del paese, il rione “Piani”.


Contro la nuova cava si battono, dalla prima ora, le associazioni in difesa del territorio. Queste, lo scorso 3 agosto, in un consiglio Comunale aperto monotematico, si son giocate le loro carte al cospetto (anche) dell’Ufficio Tecnico di Cutrofiano, nella speranza di vederlo agire in autotutela e bloccare l’iter giunto, nelle scorse settimane, ad una Valutazione d’Impatto Ambientale  positiva ma in attesa della pronuncia Consiglio di Stato.


Uno snodo fondamentale, ultimo capitolo di una lunga trafila che ha lasciato fiduciosi gli oppositori del progetto, pur non avendo portato frutti immediati: “L’ampia documentazione presentata in Consiglio sarà valutata nelle prossime ore dall’Ufficio Tecnico che deciderà se accogliere la richiesta di bloccare il progetto e renderà pubblica la sua decisione nel prossimo consiglio comunale, tra un paio di settimane circa”.


È Gianfranco Pellegrino, presidente di “Forum Amici del Territorio”, una delle associazioni in prima linea contro la realizzanda cava, a raccontarci l’esito della seduta ed a ripercorrere con noi la storia della cava che Movit punta a realizzare.


Gianfranco Pellegrino

Gianfranco Pellegrino


La vicenda ha iniziato a ruotare da subito attorno ad una Valutazione di Impatto Ambientale cui il Comune ha deciso di assoggettare il progetto. Noi siamo entrati in gioco attivamente proprio durante la sottoposizione a osservazioni del materiale inerente presentato dall’azienda al Comune”.


In che modo?


Abbiamo evidenziato li elementi critici, uno dei quali ha fatto insabbiare la procedura: nell’area interessata è stata riscontrata la presenza di sorgenti d’acqua. Su questo il Comune ha basato la Valutazione d’Impatto Ambientale negativa, giustificata proprio dal contrasto col Piano di Tutela delle Acque. Purtroppo questo è l’unico elemento ad opponendum addotto dall’Ente”.


Quali le altre criticità da voi evidenziate?


Innanzitutto l’area è un territorio caro al cittadino di Cutrofiano, perché tra i pochi non interessati da cave. Poi, proprio laddove è prevista la cava, ricade una ZAC, zona di addestramento di cani da caccia, prevista dal Piano Faunistico Venatorio della Regione e protagonista di eventi cinofili organizzati da Federcaccia. Inoltre il progetto è in contrasto con il PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico regionale) perché nelle vicinanze dell’area individuata per la coltivazione di materiale calcarenitico insistono elementi di rilevanza culturale, quali masserie (ben 4 nel raggio di poche centinaia di metri). Senza dimenticare la presenza di ditte dedite alla produzione di vini e oli di qualità.


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Il “no” delle masserie


Le masserie quindi sono schierate dalla vostra parte.


Certo. I loro proprietari hanno partecipato al consiglio comunale monotematico presentando delle memorie in cui hanno evidenziato una serie di elementi per scongiurare la realizzazione del progetto. E sono tra i 320 firmatari della petizione che abbiamo messo in piedi contro la cava e che ci ha permesso di ottenere l’ultimo consiglio monotematico.


La prima VIA negativa si è però trasformata in positiva. Come è successo?


La Movit ha ricorso al Tar contro le motivazioni addotte dal Comune alla Valutazione d’Impatto Ambientale negativa. È stato evidenziato, e lo scorso novembre anche avallato dai giudici, che tutti i piani approvati prima del Piano di Tutela delle Acque vanno in deroga (come previsto dallo stesso PTA). Tra questi quindi anche il PRAE (Piano Regionale Attività Estrattive). A quel punto il Comune si è visto obbligato a invertire la Valutazione d’Impatto Ambientale, ma noi e le altre associazioni abbiamo spinto l’amministrazione a ricorrere al Consiglio del Stato. Il ricorso è stato presentato e la sentenza deve ancora arrivare. Nell’attesa, l’Ufficio Tecnico ha temporeggiato per il rilascio della VIA positiva fino a poche settimane fa, quando il legale rappresentante della Movit lo ha sollecitato all’emanazione del documento, preannunciando un perseguimento penale qualora non si fosse rispettata la sentenza del Tar. Si è arrivati così al parere positivo, vincolato però all’attesa pronuncia del Consiglio di Stato.


 Poi il Consiglio monotematico dello scorso 3 agosto, in attesa del prossimo responso. Siete fiduciosi?


Sì. Maggioranza e minoranza sono concordi nel contrastare la realizzazione della cava e l’amministrazione si è resa disponibile a contrastarla in tutte le sedi, anche al fianco di aziende agroturistiche e biologiche in eventuali dispute legali. Seguiamo una strada comune, tutti insieme. Lo stesso Ufficio Tecnico, pur operando in maniera autonoma rispetto al consiglio, sa di avere il completo appoggio della politica e della cittadinanza di Cutrofiano nella battaglia a questo scempio”.


Cosa significherebbe per voi perderla, questa battaglia?


Avrebbe un gusto doppiamente amaro, perché vanificherebbe non solo questi sforzi ma anche quelli di un’altra lotta in difesa del territorio portata a termine con successo in passato per scongiurare l’installazione, nella stessa area, di 108 ettari di pannelli fotovoltaici. Numero derivante dalla somma di tre progetti confinanti presentati nel 2010 che, complice anche la presa di posizione della cittadinanza attraverso le associazioni, l’amministrazione non avallò. Anche in quell’occasione tutelammo la zona mediante dei vincoli. Ora, vedere all’orizzonte una cava fa pensare che i pannelli sarebbero stati il male minore…”.


Lorenzo Zito


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Certezze ed incertezze del presente

Lo spettro della guerra, malavita, femminicidi, violenza dilagante nel mondo adolescenziale e giovanile. E il Salento? Terra di anziani residenti o fugaci vacanzieri…

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di Hervé Cavallera

di Hervé Cavallera

La Pasqua da poco trascorsa dovrebbe aver ricordato ai Cristiani che essa, per il tramite della passione, morte e resurrezione di Gesù, è l’invito al passaggio ad una vita migliore.

Le feste del Cristianesimo, infatti, possono essere considerate come una sollecitazione per un futuro che sia, per i singoli e per la collettività, più buono e sereno rispetto al passato.

Ma l’immagine del presente non è così.

In campo internazionale permangono almeno due conflitti e i rischi che i campi di battaglia si allarghino non sono da sottovalutare.

E non è un problema dappoco.

Poi, per quanto riguarda l’Italia (ma il fenomeno non è solo italiano) si può constatare un aumento della violenza.

E non ci si riferisce solo ai casi più eclatanti, ossia ai delitti legati al mondo della malavita e alla crisi delle relazioni sentimentali (basti ricordare i femminicidi).

Ci si riferisce particolarmente alla violenza diffusa nel mondo adolescenziale e giovanile con i tumulti nelle università volti ad impedire la libertà di parola a conferenzieri non graditi, alle dimostrazioni pacifiste che generano saccheggi e vandalismi di vario genere, alle conflittualità che serpeggiano in certe scuole in una contrapposizione tra docenti ed allievi, con la partecipazione talvolta dei genitori.

Si ha l’impressione di trovarci in un mondo in cui non si riesce più a controllare gli impulsi.

Così accade che le frustrazioni, che sicuramente la maggior parte di noi ha pure conosciuto nel corso della propria esistenza, non vengano superate rafforzando il carattere e abituando a saper affrontare le difficoltà, ma producano comportamenti aggressivi che si propagano con facilità.

Ciò significa che gli adulti, i genitori in particolar modo, devono ben essere attenti oggi più che mai alle dinamiche dell’età evolutiva dei giovani.

Per fortuna sembrerebbe un fenomeno che non riguarda in modo preoccupante il nostro Salento.

Non che manchino i fatti di cronaca nera, ma fenomeni di scontri di piazza da parte di minorenni sono assai pochi.

E qui allora emerge un’altra considerazione: quello dello spopolamento.

Le nascite sono da tempo in netto calo nella Penisola.

Secondo i dati dell’ISTAT in Italia nascono 6 bambini ogni mille abitanti.

Nel Salento al calo demografico si aggiunge poi il fatto che molti giovani compiono gli studi universitari in altre regioni d’Italia e non tornano più nel paese nativo.

Certo, vi sono anche coloro che tornano e con coraggio, come si è scritto su questo giornale, ma sono pochi.

Il Salento diventa la terra di anziani residenti o di fugaci vacanzieri.

E allora l’invito alla gioia che proviene dal suono delle campane pasquali si spegne in una triste rassegna.

Conflitti sempre più minacciosi tanto da spingere qualcuno a sostenere il ritorno alla leva obbligatoria, sviluppo della criminalità organizzata, violenze e tragedie domestiche, violenza giovanile, fragilità nell’affrontare le difficoltà connesse al quotidiano, spopolamento, stagnazione produttiva…

Occorre precisare che non si nega che esistano casi positivi, anzi di eccellenza nella imprenditoria, nei giovani, nella vita coniugale e così via, ma l’ombra del negativo è sempre più visibile e preoccupante.

LA COMUNICAZIONE DELL’EFFIMERO

Vi è poi la sensazione di una crescita dell’individua- lismo accentuato dai social, dalla facilità di esprimere pareri su tutto e su tutti.

Al tempo stesso la comunicazione digitale isola fisicamente l’utente pur avendo egli un contatto online con centinaia se non migliaia di persone.

È la comunicazione dell’effimero, mentre si continua a rimanere soli.

Come diceva l’antico filosofo, l’uomo è un animale sociale; ha bisogno di vivere concretamente, fisicamente col prossimo, non di limitarsi a parole diffuse con mezzi artificiali.

Ed è questo l’aspetto che è il lascito ideale delle recenti celebrazioni pasquali: quello di tornare ad essere una comunità.

Una comunità di persone che si incontrano e dialogano ed elaborano progetti che permettano una crescita economica e spirituale.

Tutto questo richiede buona volontà e competenza, richiede il mettere da parte l’attrazione per il proprio tornaconto, per il proprio particulare come diceva Guicciardini.

È un compito che devono tornare ad assumere quelle istituzioni ad esso preposte quali la famiglia e la scuola.

In un momento storico in cui i legami familiari diventano sempre più fluidi, bisogna che la scuola diventi davvero un centro di formazione di responsabilità oltre che di conoscenze e competenze.

Un futuro migliore è affidato da sempre ad una buona educazione e di ciò dobbiamo tornare a prendere consapevolezza.

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Il fallimento della democrazia

Astensionismo: nelle regionali del 2023 raggiunse il 60% in Lombardia e Lazio; nel 2014 in Emilia-Romagna votò solo il 37,7%. Nel 2020 l’affluenza alle regionali pugliesi è stata del 56,43%…

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di Hervé Cavallera

Il prof. Hervé Cavallera

Il 25 febbraio si è votato per la Regione in Sardegna.

I candidati alla Presidenza della Regione erano 4 e le liste presenti 25.

Ora, quello che particolarmente colpisce, a prescindere da vinti e vincitori e dalle stesse modalità di votazione (voto disgiunto, ad esempio), è l’affluenza degli elettori.

Poco al di sopra del 52%, quindi ancor meno dell’affluenza avuta nelle precedenti elezioni regionali.

Né si tratta di un fenomeno meramente sardo.

L’affluenza elettorale è effettivamente bassa e, come si suole dire, l’astensionismo è in assoluto il maggior partito in Italia (ma la situazione non è dissimile anche in altri Paesi europei).

Nelle regionali del 2023 l’astensionismo raggiunse il 60% in Lombardia e nel Lazio e nel 2014 in Emilia-Romagna per l’elezione del presidente della Regione votò solo il 37,7% degli elettori.

Nel 2020 l’affluenza alle regionali in Puglia è stata del 56,43%. Ciò non può lasciare indifferenti in quanto, se democrazia significa partecipazione, il “successo” dell’astensionismo significa fallimento della democrazia.

Esiste ormai nella realtà uno scollamento tra cittadini e politica.

È un dato inequivocabile che non può essere risolto con la diffusione del cosiddetto “civismo” ossia con la nascita di movimenti localistici.

Invero nel 1946 l’Assemblea Costituente introdusse il principio della obbligatorietà del voto che però all’art. 48 della Costituzione italiana risulta solo un dovere civico.

Nel 1957, col D. P. R. n.361, si rendeva obbligatorio il voto nelle elezioni politiche, dichiarando che occorreva fare un elenco degli astenuti.

Il tutto poi venne meno nel 1993 (D. L. 20 dicembre 1993, n . 534).

Il che è anche corretto poiché il concetto di liberta implica anche l’astensione. E tuttavia quando l’astensione raggiunge livelli elevatissimi sì da quasi superare il numero dei votanti, è chiaro che è in atto una crisi della sensibilità politica dei cittadini.

Si tratta di un processo che in Italia si può far risalire alla cosiddetta fine della prima Repubblica (1994) ossia con la fine dei partiti che esistevano nella Penisola dal 1946.

In realtà, il fenomeno rientra nel collo delle grandi ideologie e, di conseguenza, in una semplificazione della vita politica tra due schieramenti, etichettati come moderati o conservatori da una parte e progressisti dall’altra.

Non per nulla negli Stati Uniti d’America dove esistono praticamente solo due partiti, il repubblicano e il democratico, l’astensionismo tocca spesso punte del 70% a cui peraltro ci si è abituati.

Di qui un altro aspetto che va considerato: il ruolo decisivo del candidato alla presidenza.

Sostanzialmente si vota la persona più che le idee.

D’altronde tutti possiamo constatare che nei nostri Comuni sono pressoché inesistenti le tradizionali sezioni dei partiti, ove una volta i tesserati potevano discutere vari temi politici.

Di qui un ulteriore paradosso. Si ritiene che in una società democratica chi “comanda” o, per essere più corretti, chi ha la gestione della cosa pubblica sia la maggioranza.

Nei fatti, invece, proprio grazie all’astensionismo, la gestione del potere è comunque affidata ad una minoranza, mentre la maggioranza dei cittadini assiste con apatia, rassegnazione o altro, a quello che la minoranza decide.

Negli anni ’80 del secolo scorso il sottoscritto scrisse un libro sull’importanza dell’educazione politica, intesa non come educazione partitica, ma come educazione alla partecipazione responsabile alla vita pubblica.

Al presente, di fronte a fenomeni come l’astensionismo, la cancel culture, l’improvvisazione demagogica che talvolta si fa sentire per il tramite dei social, una riflessione articolata, ponderata e di largo respiro sulla necessità di una rifondazione della vita civile, in modo che non sia soggetta alle pulsioni del momento, sarebbe opportuna.

Naturalmente tutto riesce difficile ed è inutile evocare il ricordo della vecchia Educazione civica, anche se dal settembre del 2020 l’Educazione civica è considerata una disciplina trasversale che riguarda tutti i gradi scolastici.

In una società ove predomina il relativismo individualistico, mancano i grandi valori che danno davvero lo slancio vitale all’impegno civile che investa la collettività e tutto si risolve nel gioco degli interessi di piccoli gruppi o dei singoli.

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Galatina, il Liceo Vallone si mobilita “fa rumore” per le Donne

Sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

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In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale dei Diritti della donna, il Liceo A. Vallone, di Galatina, sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

Previsto in mattinata, alle ore 11.45, un corteo che partirà dalla sede centrale del Liceo, in viale don Tonino Bello, e si muoverà verso Piazza San Pietro dove si terrà un flash mob di riflessione chiuso con la lettura di Knocking on Heaven’s door, profondo monologo in voce maschile tratto da Ferite a morte, di Serena Dandini. 

“L’ignominia continua da Giulia…1,2,3…12 vittime” è il messaggio che gli studenti e le studentesse del Liceo porteranno in corteo, ribadendo che “Nessun delitto ha una giustificazione”!

Tutti gli studenti e le studentesse del Liceo, accompagnati dal personale scolastico, attraverseranno le strade principali della città (viale don Tonino Bello – via Ugo Lisi – C.so porta Luce – Piazza San Pietro) con l’obiettivo di fare un silenzioso rumore sull’inefficacia di questa ricorrenza, dipanando un drappo rosso lungo 30 metri, simbolo del dolore e delle violenze che le donne ancora subiscono, visto il perdurante divario di genere.

“Non si ha nulla da celebrare se non vi è uguaglianza. Non si celebra la Donna se non La si rispetta” Queste le parole della Dirigente Scolastica, prof.ssa Angela Venneri, che ha fortemente promosso e sostenuto l’iniziativa, in un’ottica di sensibilizzazione e condivisione d’intenti.

Non un’occasione per festeggiare, dunque, ma solo per riflettere e tenere alta l’attenzione, con l’auspicio che l’educazione culturale possa riaffermare un ineludibile principio di civiltà.

Da qui l’augurio conclusivo dei nostri studenti e studentesse a tutte le donne con i dolcissimi versi della poesia di Alda Merini, Sorridi donna.

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