News & Salento
L’olocausto del popolo meridionale
In questi giorni si parla tanto di olocausto, l’olocausto degli ebrei che si ricorda il 27 gennaio, l’eccidio delle Foibe nelle quali vennero gettati, anche vivi, centinaia di italiani istriani che si ricorda il 10 febbraio, ma nessuno parla e/o commemora i tre milioni di meridionali dispersi, morti, di cui centinaia di migliaia nei lager piemontesi, prima e dopo l’Unità d’Italia. L’olocausto di casa nostra. Un popolo, fedele al suo Re, tradito dai suoi generali e dai suoi ministri, che ebbe la forza di combattere e di tenere impegnato l’esercito piemontese per più di 10 anni (1860-1870) e che subì le più atroci sofferenze, deportazioni, paesi rasi al suolo (54), stupri, uccisioni di massa e fucilazioni senza distinzioni vecchi, donne, bambini, sacerdoti e frati. Furono chiamati briganti dalla propaganda piemontese, ma in realtà erano dei partigiani e guerriglieri che combattevano per il loro re e per la libertà della loro amata terra. Molti soldati, contadini, civili furono condotti prigionieri nel lager del carcere di Fenestrelle (Torino) dove sulla porta di entrata vi è ancora oggi la scritta “Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce”, motto antesignano del più celebre e sinistro slogan che si poteva leggere nei lager nazisti: “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi). La fortezza di Fenestrelle, in Piemonte, è simile ai gulag siberiani, abbarbicata ad un costone del monte Orsiera (metri 2893), può nevicarci anche a giugno; è composta da un imponente sistema difensivo di più forti, per la sua costruzione occorse più di un secolo; di qui nessuno poté mai evadere: la vita nella fortezza, anche per i più robusti, non superava i pochi mesi, si usciva solo per essere disciolti, per motivi “igienici” (morti o moribondi), in una gran vasca di calce viva. Furono smontati i vetri e gli infissi nei cameroni dove erano rinchiusi i prigionieri meridionali, rimasero solo le inferriate: “Le vittime dovettero essere migliaia, anche se non vennero registrate da nessuna parte. Morti senza onore, senza tombe, senza lapidi e ricordo. Morti di nessuno”.
Oggi una lapide, nel carcere, ricorda quelle morti. Inoltre, solerti medici carcerari e militari, in quel periodo e per anni, hanno spedito a Cesare Lombroso (controverso pioniere degli studi criminologici) il corpo o almeno il cranio dei Briganti, perché potesse studiarli. Si trattava di uomini e donne uccisi in battaglia da soldati e carabinieri oppure deceduti in galera o condannati alla pena capitale e morti per mano del boia. Cesare Lombroso li studiava, li misurava, li sezionava, per cercare di dimostrare la sua bislacca teoria del “delinquente per natura”. Era convinto che esistesse un nesso tra la conformazione di un essere umano e la sua propensione a delinquere. (Ora quei poveri resti si trovano nelle viscere del Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso” dell’Università di Torino). Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie contava circa 9 milioni di persone, nel 1890 ne contava meno di 6 milioni! Mancavano all’appello oltre 3 milioni di persone morte, disperse, svanite nel nulla. L’olocausto di casa nostra!
Rosario Mastroleo
Appuntamenti
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E sarà a questa Galatina che apriremo le porte sabato pomeriggio per una passeggiata gratuita tra i tesori della nostra cartapesta
Attualità
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Con la realizzazione di percorsi di assistenza alla socializzazione in favore di soggetti di età fino ai 21 anni con disturbi dello spettro autistico, residenti nei 14 Comuni dell’Ambito Territoriale Sociale di Gagliano del Capo…
Attualità
Sant’Isidoro, demolito vecchio fabbricato a due passi dal mare
Per anni ha ospitato la sede della Pro Loco. “Liberato” così l’orizzonte della marina. il sindaco Pippi Mellone: «L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione»
È stato finalmente demolito nei giorni scorsi nella marina di Sant’Isidoro il vecchio edificio in muratura a pochi metri dal mare, che ha ospitato per molti anni la sede della locale Pro Loco e il punto di soccorso estivo.
Un’autentica “bruttura”, del tutto incompatibile con la bellezza naturalistica del luogo, al pari di altre costruzioni (il comune di Nardò ne ha già abbattute altre tre, realizzate su aree demaniali in questo segmento di litorale) e di fenomeni di abusivismo edilizio e di compromissione dei contesti naturalistici che hanno mortificato la costa negli scorsi decenni.
L’intervento, eseguito (al termine di un lungo iter autorizzativo) da un raggruppamento temporaneo di imprese, rientra nel più ampio intervento di riqualificazione paesaggistica integrata della fascia costiera della marina, progettato dall’arch. Antonio Vetrugno e finanziato con 1,3 milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), già in corso da circa un anno e mezzo.
La demolizione del fabbricato, peraltro, ha incontrato e superato lo “scoglio” giudiziario di un ricorso al Tar da parte della Pro Loco.
Il giudice amministrativo, con una pronuncia del dicembre scorso, ritenendo non sussistente una proroga della concessione demaniale vantata dalla Pro Loco, ha ritenuto prevalente l’interesse pubblico all’ultimazione dei lavori di riqualificazione su quello privato (peraltro, ingiustificato) alla conservazione dello status quo.
«L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione», ha commentato con un post su Facebook il sindaco Pippi Mellone, «abbiamo speso un po’ di tempo in più, perché c’è stato qualche ostacolo di troppo. Ma abbiamo spazzato via, come sempre, anche quello. Adesso abbiamo liberato il panorama, il lungomare, le albe e i tramonti di Sant’Isidoro dal cemento e dalle brutture. Al suo posto, a poca distanza, una struttura polifunzionale in legno, ecosostenibile, che ospiterà il pronto soccorso. Stiamo demolendo i mostri ereditati dal passato e stiamo costruendo la città del futuro. Col cuore, come sempre. Ora anche Sant’Isidoro diventerà bellissima!».
Il progetto di riqualificazione, adesso, potrà essere ultimato. Prevede la realizzazione di aree per il parcheggio e di aree per la fruizione dei pedoni (con l’installazione di un nuovo sistema di illuminazione), l’eliminazione di altri manufatti, di spianamenti, scivoli e del piccolo molo a servizio delle imbarcazioni, un intervento di rinaturalizzazione ambientale con ripascimento delle superfici sabbiose della zona, oltre che la pulizia dalla vegetazione infestante e il recupero delle condizioni ambientali dell’inghiottitoio (o “spunnulata”) presente sul lungomare.
Nasceranno, inoltre, una struttura per la sosta e un tratto di pista ciclabile per favorire la mobilità sostenibile.
Un’altra struttura in legno è stata ultimata e destinata a nuova sede della Proloco e a punto di pronto soccorso estivo.
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